sabato 22 settembre 2012

Cari consiglieri regionali del Partito democratico…

fonte: http://www.sostienecardulli.it


Cari consiglieri regionali del Pd,

vi scrivo questa lettera perché non facendo parte della direzione del partito non posso intervenire lunedì e dirvi le stesse cose in faccia, guardandovi negli occhi.

Da una settimana avete avuto la possibilità di mandare a casa la destra del Lazio, mandando definitivamente in pezzi il partito di Berlusconi e avviando un processo a catena che avrebbe fatto saltare, come dice lo stesso Berlusconi, Campania e Lombardia. Da una settimana avete preferito tacere, limitandovi a qualche comunicato stampa, all’annuncio di una mozione di sfiducia della quale non si ha traccia, alla richiesta di dimissioni della Polverini “perché – come dice il capogruppo Montino – non ha più la maggioranza”. Dite di spendere oltre settecentomila euro per i manifesti, ma in questo caso non avete stampato manco un volantino. Davanti al consiglio regionale, venerdì mattina c’erano dieci militanti della Federazione della sinistra a manifestare.

Vi scrivo non tanto perché preoccupato della vostra carriera politica, che da questa situazione – magari non ve ne siete accorti – riceverà una mazzata terribile. Ma perché quella che state gettando nel fango è la mia faccia. La mia faccia di militante del Pd che va a parlare con la gente, che apre il circolo, che attacca i manifesti.

Vorrei chiedervi cosa vado a dire domani ai cittadini?

Che cosa gli vado a dire: beh, ma noi abbiamo usato i fondi per le iniziative politiche, mica per le donnine e le Bmw?

Io, noi, quelli che non prendono rimborsi, diarie e indennità, ci mettiamo la faccia tutti i giorni. Non ci meritiamo di sentir dire “abbiamo sbagliato ad accettare quei soldi”. Facile, voi avete fatto il sacrificio di gestire oltre due milioni di euro, noi andiamo a raccontare ai cittadini che ci serve il loro contributo per pagare l’affitto del circolo e per stampare i manifesti.

E allora voi avete almeno il dovere di dirci dove stavate.

Dove stavate quando l’ufficio di presidenza approvava quel meccanismo nefasto di moltiplicazione dei fondi. Forse il vicepresidente Bruno Astorre era malato? E non se n’è accorto dopo? Era così difficile capire che distribuire 12 milioni di euro in un anno ai gruppi consiliari, per giunta senza alcun meccanismo di controllo, senza nessuna regola, era una cosa scandalosa?

Vi informo che la Regione ha chiuso ospedali, non paga i fornitori, taglia i fondi per i trasporti, taglia perfino il buono pasto ai dipendenti.

Mi chiedo dove stavate quando il Pdl presentava i suoi bilanci al Comitato regionale di controllo contabile. Forse anche il presidente Carlo Ponzo era malato?

E quando i soldi sono arrivati al gruppo, Esterino Montino non si è accorto che erano forse un po’ troppi. Anche lui malato. Oggi su Repubblica dice che avete fatto una riunione. Per rimandarli indietro? No, solo per stabilire le procedure per utilizzarli.

Mi chiedo dove state quando in Consiglio regionale si cambiano porte nuove, si comprano mobili nuovi per sostituire scrivanie che hanno due anni di vita per soddisfare il capriccio di qualche presidente di commissione. Mi chiedono dove state quando si fanno lavori inutili, senza appalto. Centinaia di migliaia di euro buttati, anche questi lavori sono spartiti fra voi?

Mi chiedo dove eravate quando l’ufficio di presidenza votava la delibera che distribuisce a pioggia un milione e mezzo di euro a testate locali in cambio della benevolenza verso qualche consigliere.

Mi chiedo dove eravate quando l’ufficio di presidenza distribuiva patrocini a pioggia, poche migliaia di euro che diventano milioni se le sommiamo tutte insieme.

Mi chiedo dove eravate quando si approvavano i lavori per fare la nuova biblioteca, tutta legni pregiati, lampade che raffigurano lo stemma della regione, pavimenti in marmo. Frequentatori zero.

E mi chiedo soprattutto perché non avete mai risposto a quelli che vi chiedevano di fare una battaglia perché le delibere dell’ufficio di presidenza fossero pubbliche, inserite sul sito come tutti gli atti del Consiglio regionale, come io stesso ho fatto per anni. Perché lì, nella segretezza di quelle decisioni di sei persone, stanno le radici del malaffare.

E dire che è tutta colpa di Fiorito non vi laverà la coscienza. Perché se lui è un ladro, come scrive Merlo su Repubblica, voi siete i pali, voi siete complici.

E voglio sapere, ne ho il diritto come iscritto a questo partito, chi avete pagato con quei 622 mila euro che dite di aver speso per i collaboratori del gruppo. Le 23 persone che lavorano al gruppo pagate dal consiglio regionale non bastavano? Chi sono questi collaboratori, chi li ha decisi? Prima di leggerlo sui giornali, avete assunto parenti, fratelli, amanti?

Malgrado avessi ben presente tutto questo mi sarei aspettato un sussulto di orgoglio, una battaglia in aula, dimissioni collettive, gesti clamorosi. Se lo aspettavano quelli che aprono le sezioni, vanno ad attaccare i manifesti e vanno soprattutto a chiedere quei voti che vi permettono di stare lì.

E invece nulla, manco per salvare la faccia. Sono stanco di leggere le dichiarazioni di chi si scusa. Sono stanco di leggere “siamo onesti, però abbiamo sbagliato ad accettare quei soldi”. Non capite che non è la vostra la faccia, ma la mia, la nostra? L’antipolitica non è Grillo, siete voi con la vostra arroganza e la vostra presunzione. Vi credete depositari di non si capisce bene quale verità assoluta perché “prendete le preferenze”. Eccole le preferenze: Fiorito 26mila, migliaia anche per Piccolo. Invece di pensare alle preferenze, per una volta pensate ai voti che ci fate perdere con le vostre facce impassibili. Sepolcri imbiancati di un sistema di potere che genera corruzione. Incapaci perfino di capire che tutto sta crollando.

Vi chiedo – a dire il vero con poca speranza – un sussulto di orgoglio. Dopo la frase “abbiamo sbagliato” nella prossima intervista, aggiungete “per questo mi dimetto”. Forse guardarvi la mattina allo specchio sarà più facile.

Il palo

Luciano Granieri

Non vi è alcun dubbio ormai che la regione Lazio fosse un covo di giannizzeri  dediti a gozzovigliare con i soldi pubblici. I consiglieri,  TUTTI,  di maggioranza e opposizione godevano,  prima della risibile spending review  votata dal consiglio ieri,  di lauti stipendi, oltre alle indennità di funzione e di ruolo, per un importo mensile  cadauno di € 16.500. A questo i si devono aggiungere   fondi per mantenere il rapporto fra eletto ed elettore  pari a circa 300mila euro annui  a consigliere .  Si obbietterà che c’è una bella differenza fra spendere questo esagerato fiume di denaro pubblico a scopo politico elettorale, come denunciato da i gruppi di opposizione Pd, Idv, Radicali e Fds  (organizzare convegni  o attaccare manifesti)   e invece usarlo, come accade fra i consiglieri di maggioranza Pdl in testa,  per scopo  personale rimpinzandosi di ostriche e caviale, organizzando festini, acquistando ville per se e parenti.  Resta comunque il fatto che Pd e Italia dei Valori,   a seguito della  sonora bocciatura  di una loro  proposta di legge atta  alla riduzione degli sperperi   presentata un anno fa, anziché dimettersi in massa per protesta, come vorrebbero fare oggi,  hanno continuato a riempirsi il portafoglio facendo buon viso a cattivo gioco, evitando di insistere ancora sulla questione. Inoltre anche nel Pd non tutti i denari  sono stati investite in attività politiche. Dalla nota  spese del Partito Democratico  sono spuntati 4500 euro spesi  dal capogruppo Montino in un’enoteca . Trattasi, secondo  quanto riportato, di beneficenza per i bambini disagiati.  Non sappiamo se il tentativo fosse volto ad avvinizzare i giovinetti  per fargli   dimenticare momentaneamente la loro precaria condizione,  certo è che ci troviamo davanti ad un modo ben strano di fare beneficienza. Dunque, se non proprio ladri, i gruppi del Pd e anche dell’Italia dei Valori quantomeno la funzione di palo della banda  l’hanno svolta. Abbiamo lasciato fuori i radicali che hanno fatto scoppiare il bubbone , e la Federazione della Sinistra  che con la proposizione del referendum  per l’abolizione dei vitalizi  agli assessori un minimo di sensibilità in più al problema l’ha mostrata anche se per il rotto della cuffia.

venerdì 21 settembre 2012

Basta con l'Europa dei diktat e dei banchieri

da una segnalazione di Giovanni Morsillo

Intervista a Luciano Canfora

di Paolo Valentini

Ce lo chiede l'Europa. Quante volte abbiamo sentito questa frase rintronare le nostre orecchie? Quante volte i media ci hanno riportato alla cruda realtà immobile dei tempi moderni, al diktat incontrovertibile che da Bruxelles, scivolando astioso verso le Alpi e infrangendosi violento e impietoso su Roma e il suo palazzo, è entrato nelle case di tutti gli italiani. Ce lo chiede l'Europa e tutto smette di essere complesso. Tutto diventa unilaterale. Sul tema, purtroppo, la sinistra esprime posizioni subalterne.

Luciano Canfora ha un'idea precisa su questo. Ha da poco pubblicato un libro per Laterza (È l’Europa che ce lo chiede. Falso!) in cui analizza la condizione attuale, smascherando senza pietà le trappole e i luoghi comuni che buona parte della classe politica, anche quella di sinistra, continua a ripetere fino allo sfinimento.

Questo suo libro ha un titolo molto netto, che non lascia spazio a fraintendimenti. Lei sostiene che la costruzione dell'Europa è stata una forma di commissariamento progressivo? Parla di gangsterismo bancario?
Si potrebbe dire che la questione riguarda sia gli storici sia gli economisti. L'Europa non ha una storia unitaria, a parte l'impero romano. Storicamente, è un concetto astratto dei cui confini si discute ancora oggi. Essa dal Cinquecento in avanti è il continente che ha dato l'assalto al mondo creando gli imperi coloniali, come sostiene Toynbee, uno dei maggiori storici del novecento. L'Europa ha aggredito il mondo. Dopodiché la storia del novecento ha visto due volte l'Europa dividersi su fronti contrapposti che ci hanno portato alla catastrofe. Poi, di colpo, essa è diventata buona, ha professato la fratellanza universale e l'unione politica.

Una ricerca di redenzione?
Si anche se tardiva, direi. Dal punto di vista economico, invece, è un agglomerato di Stati con la Germania al centro. Dopo poco più di sessanta anni la Germania può dirsi la vera vincitrice del secondo conflitto mondiale.

Come interagisce la sinistra in questo scenario?
Quando cominciarono i progetti di unificazione europea i confini erano piccolissimi, venivano dettati dalla guerra fredda. Questa è l'Europa di Carlomagno. Allora la sinistra rifiutò quel tipo di idea. La vera idea di Europa era quella di Mazzini. Ma questa non somiglia affatto a quella di Mazzini. Sono troppo piccoli i confini e le ambizioni. Si intuì subito che le economie più forti avrebbero avuto la meglio. Questa è un'Europa costruita per le ambizioni della germania, che impone agli altri delle condizioni proibitive.

Lei parla di europeicità come una forma di ideologia? La sinistra ha contribuito a questa costruzione?
Ciò che è sempre più manifesto a sinistra è il fatto che essa abbia perso ogni altro riferimento culturale. Ha svuotato la sua storia. Una volta si diceva Marx, Lenin, Stalin, Mao Tzetung. Oggi è rimasto solo Bobbio. E pure lui diceva che destra e sinistra sono diversi. Ma pure questo concetto è stato messo da parte in nome della coesione. L'europeismo è un'ideologia che non appartiene alla sinistra, che era internazionalista.

La critica che lei fa ci interroga su un’altra questione: che cos'è la democrazia oggi?
Lei parla di crisi drammatica dei sistemi rappresentativi. Come se ne esce? I poteri decisionali vengono delegati a delle istituzioni non elettive dislocate geograficamente lontane. Ai parlamenti nazionali rimane ben poco da decidere. Giocano a fare le leggi elettorali più lambiccate e più contorte possibili. C'è una forma surrettizia di parlamentarismo che però non produce quasi nulla.

L'Europa è usata per lo più per imporre scelte impopolari che nessun politico si prende la responsabilità di effettuare. Ma l'Europa, in passato, ci ha chiesto anche di adeguare i salari alla media europea, di avere leggi che riconoscano molti diritti civili ancora peregrini in Italia. Il salario minimo non esiste mentre in molti paesi si. Insomma usano solo quello che ci conviene?
Proponiamo a Marchionne di aumentare il salario come quello dei cittadini tedeschi. Io sottoscriverei e diventerei un europeista convinto. Il problema è che questa Europa per come è stata costruita è una gabbia d'acciaio. È disumano pensare che gli impiegati greci debbano essere licenziati per risanare un bilancio.

So che è un argomento doloroso per lei. Parlando di sinistra usa la parola “fusinistra ”. C'è un modo per costruire la sinistra del futuro senza essere nostalgici?
Se lo avessimo a portata di mano lo avremmo già sperimentato. Gli storici hanno sempre sbagliato nel prevedere lo sviluppo storico. Ci sono variabili imprevedibili che nel presente non vengono mai contemplate. Potrei fare tantissimi nomi di persone che ci hanno provato, ma sarebbe un cimitero. Il motore, il fuoco della sinistra, il globo incandescente presente nella persona umana è e continua a essere l'aspirazione all'uguaglianza. E la lotta prenderà forme che noi non immaginiamo nemmeno. Marchionne sta dando un contributo in questo senso. Sta esasperando a tal punto le condizioni degli operai che sta mettendo insieme un coagulo di persone unite dagli stessi obiettivi. Sta provocando una reazione collettiva forte.

Lei sostiene che il profitto non è l'approdo della storia umana. Quale è l'approdo secondo lei?
Lo disse una volta un pontefice di grande spessore come Wojtyla, in un dialogo intenso insieme a Fidel Castro. L'approdo è nella libertà; che non è affidato a misure empiriche ma a una storia di salvezza. La storia deve essere vissuta come un cammino di libertà.

Nonostante tutto, ha ancora dei sogni in mezzo alla catastrofe?
Uno fortissimo: nella società italiana, la scuola che ritorna al primo posto. Ora è una cenerentola bistrattata da tutti. Il ritorno della scuola al centro della società è una mia grande speranza. La scuola è il luogo dove si apprende, è fondamentale.

C'è un personaggio o un'epoca dell'antichità che può riassumere le caratteristiche del tecnico o della tecnofinanza di oggi?
Si. Ce n’è uno su tutti. Marco Licinio Crasso: l'uomo più ricco della Roma repubblicana. Quando gli schiavi, con Spartaco a capo della rivolta, si ribellarono furono dati poteri assoluti per soffocare la rivolta con ogni mezzo.

Pubblico 20 settembre 2012

giovedì 20 settembre 2012

Squilli e strilli

Giovanni Morsillo


Il Ministro Fornero stavolta ha ragione: Vauro ha fatto cilecca, con la sua vignetta dove la definisce "Ministro-Squillo". Ha ragione il Ministro a tirare in ballo l'offesa alle donne, il maschilismo e la grettezza di un autore che di solito è sì dissacrante e caustico, ma proprio in difesa dei valori sociali e politici, come quelli di cui le donne sono portatrici a prescindere. Siamo con il Ministro, ne sosteniamo l'indignazione e, se potessimo, vorremmo che Vauro ne venisse a discutere con noi, per ricordargli queste ed altre basi imprescindibili della civiltà, che non è esclusa dall'arte della satira.
Come si fa a trattare così delle povere squillo? che responsabilità hanno nel disfacimento economico e politico del Paese? Accomunarle anche solo per celia ad un Ministro ne offende la dignità e ne ridicolizza la condizione di supersfruttate. E del resto, definire la Fornero Ministro-squillo è quanto meno inesatto: quando mai la signora ha fatto mercimonio del suo corpo? Una vita irreprensibile, tutta dedita allo studio ed all'insegnamento delle tecniche di rapina sociale che chiamano "mercato", senza mai deflettere, per quanto se ne sa. Semmai svende senza battere ciglio (dopo un primo avvio lacrimante) la pelle degli altri, dei lavoratori, dei pensionati, dei malati e dei giovani, ed anche delle donne (nessuna discriminazione, perbacco!) ma non certo la sua. Forse si potrebbe pensare in questo senso ad un ruolo di maitresse, più che di squillo, ma anche qui non ci siamo: le persone che la Signora Ministro vende sono in realtà sacrifici umani su altari disumani, quelli delle banche e del profitto esagerato ma necessario a mantenere il tenore di vita di gente come lei. Ecco, avesse scritto di un Ministro-sacerdotessa, avrebbe riscosso più fiducia, forse avrebbe aftto ridere di meno, ma sarebbe stato più calzante. E' vero che la satira stravolge la realtà mettendo in vista i dettagli più nascosti, esagerando i difetti intenzionalmente, ma non può inventarli, i difetti, altrimenti diventa diffamazione.
Una cosa però ci viene da contrapporre alla sicurezza con cui Fornero dichiara che si tratti di maschilismo: forse il termine "squillo" riferito a certe praticanti mondane andrebbe aggiornato, e comprendere finalmente anche battone di sesso maschile. Non sono forse così vicini al concetto anche personaggi come Lusi, Belsito, Fiorito e Formigoni?
Saluti da marciapiede
GM

Ridiamo per non piangere

Luciano Granieri


 Non possiamo farci nulla se molti  si accorgono solo adesso di quanto sia cialtrona  e maneggiona    la destra laziale.  Prima del caso Fiorito-Battistoni,  ha furoreggiato la gestione clientelare del Comune di Roma ad opera del  camerata Alemanno, il quale ha piazzato nelle municipalizzate parenti, amici e  camerati, ha acquistato con i soldi dei contribuenti palazzetti di pregio per i suoi mocciosi fascisti del terzo millennio. Poi quando  uno dice che i partigiani hanno abbandonato il fucile troppo presto viene tacciato di terrorismo!  Ma anche la governatrice Polverini ha poco da accusare i membri della sua giunta di sperpero e latrocinio, tentando  addirittura il colpo di teatro delle dimissioni.  Chi ha deciso i vitalizi per gli assessori non eletti?  Gente  del Pdl che doveva essere risarcita perché  trombata dal mangia panini a tradimento Alfredo Milioni.   Chi ha utilizzato mezzi della protezione civile per presenziare alla sagra del peperoncino di Rieti?  Chi ha occupato un intero reparto dell’Ospedale Sant’Andrea (30 posti letto)  per farsi estirpare dalla gola quegli stessi tumori che alla Pisana  infestano la giunta? Lei la signora moralizzatrice dell’ultima ora, Miss frangetta nera Renata Poverini. Nei cittadini della Regione monta la rabbia e l’indignazione. Ma il tutto durerà fino alle prossime elezioni, quando in cambio dell’ennesima bolletta pagata e della solita cena verrà tutto dimenticato. E allora sapete quale sarà la rivoluzione che scaturirà da tutto sto’ casino. La Polverini si candiderà a sindaco di Roma, Alemanno a governatore del  Lazio e magari vinceranno pure. Tutto cambia per non cambiare nulla. E ciò che più fa rabbia è  che a pagarne le spese è la città di Anagni la quale  assurge agli onori della cronaca, non per la sua valenza storico artistica, ma per aver dato i natali, al Batman sfiorito. Non so se avremo ancora la voglia di scrivere in merito a queste misere e indecorose vicende. Per intanto proponiamo un nostro riassunto in video della sporca storia sperando che  faccia ridere per non piangere.




Pdl e centro destra laziale al capolinea

Per l'associazione 20 ottobre Oreste Della Posta


In tempo di crisi, c’è chi non riesce ad arrivare a fine mese e chi, invece, fa stampare banconote con la sua immagine e stappa champagne. La situazione è insostenibile. È un vero e propriop schiaffo alla crisi.
Il discroso della Presidente Polverini in aula ha trasfgormato la vicenda da  tragedia a a tragicommedia. È stato un discoro forte, eclatante ma che non  va lalla radice del problema. I  provvedimenti proposti sono solo di facciata. Di fatto si taglia solo alla Presidenza del Consiglio e non alla Giunta. I consulenti non vengono toccati. Certo, è un primo passo, ma non basta. A noi sembra un’ennesima truffa.
Il PDL ed il Centrodestra Laziale sono al capolinea, testimonianza ne sono le continue liti intestine ed il blocco totale dell’azione amministraiva della Consiglio  e della Giunta Regionale, investiti quotidianamente da scandali.
Come Associazione crediamo fermamente nell’operato della magistratura ed aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso, ma al cospetto di questo ennesimo scandalo chiediamo alla Presidente Polverini di agire immediatamente, non con operazioni di facciata ma con azioi concrete. Quali?
Basta dare risposta ad una domanda semplice. Come mai le imprese che hanno lavorato e lavorano per conto della Regione Lazio sono da mesi in attesa dei soldi che spettano loro senza ricevere un centesimo e si vedono costrette a mandare a casa i lavoratori mentre i partiti hanno tutti i soldi che spettano loro pronta cassa?  I soldi ci sono o no? O ci sono soolo per alcuni?
È mai possibile che il Presidente del Cosiglio Regionale del Lazio, carica non esecutiva, abbia 18 collaboratori personali mentre la Presidente, carica esecutiva, ne ha solo 9? Al primo non basterebbero?
È ora di intervenire al priù presto. Dopo i “tagli”, sono necessarie le dimissioni della Presidente Polverini per dare voce al popolo e restituire alla Regione un Consiglio che legiferi ed una Giuta che metta in atto provvedimenti e non che sia costretta a rimediare a continui scadali.

POCO CREDIBILE LA MAGGIORANZA MORALIZZATRICE

PEDUZZI-NOBILE (FDS):


“Dopo aver coperto di vergogna l’istituzione regionale, il centrodestra tenta l’ultima carta per galleggiare nel fango che ha prodotto: vestire i panni di moralizzatore. Un’operazione poco credibile visto che tutti i bilanci sono stati approvati con i voti di fiducia imposti dalla Giunta, che ha sempre impedito una discussione nel merito sulle nostre proposte di taglio dei privilegi”. Così, in una nota congiunta, il capogruppo e il consigliere della Federazione della Sinistra alla regione Lazio, Ivano Peduzzi e Fabio Nobile.
“I tagli che oggi propone la presidente Polverini –proseguono- sono solo piccola parte di quelli che noi proponiamo da anni. La governatrice, infatti, non si spinge dove noi vorremmo e dove vorrebbero i cittadini del Lazio: nessun taglio alle consulenze, ai costi della Giunta e a quelli per le nomine dei cda degli enti e delle agenzie regionali, nessuna riduzione degli assessori esterni, niente abolizione dei vitalizi. Tagliare questi sprechi –continuano i consiglieri- vorrebbe dire toccare privilegi veri e far saltare gli equilibri della maggioranza più famelica e spartitoria degli ultimi 20 anni. Una maggioranza sempre più allo sbando e moralmente inaffidabile che suggerisce che la Giunta Polverini è arrivata al capolinea. Quando si dimetterà?”.
“Per quanto ci riguarda, -concludono Peduzzi e Nobile- le risorse a disposizione del gruppo consiliare e gran parte delle nostre indennità sono state messe al servizio dell’attività politica e delle lotte della Federazione della Sinistra, a partire dalla promozione del referendum per abolire i vitalizi degli assessori e dei consiglieri del Lazio già da questa legislatura”.
Roma, 18 settembre 2012

Dove sono finiti gli enti bilaterali?

Per l'Associazione 20 ottobre. Oreste Della Posta


Con la crisi che morde, con la disoccupazione che avanza e con le imprese in difficoltà, dove sono finiti gli enti bilaterali, organismoi indipendenti finanziati dai lavoratori e dalle imprese per fare formazione e ricerca?
In Provincia di Frosinone non se ne ha traccia propriop ora che sarebbero indispensabili. Sono loro infatti, che dovrebbero essere i promotori di una formazione che risponda alle esigenze delle imprese, che faticano, quando serve, a cercare lavoratori qualificati. Soprattutto in tempo di crisi, un’adeguata formazione è uno degli strumenti essenziali.
Per questo, pur  consapevoli dell’assoluta autonomia di questi enti, chiediamo al Presidente Iannarilli di convocarli e di spinarli affinchè si attivino.
È impensabile, che enti finanziati con i soldi dei lavoratori e che sono solidi dal punto di vista finanziario, siano fermi ed inoperosi.

Habermas l’europeo e il ruolo della Germania

fonte:  http://sbilanciamoci.info/


Sigmar Gabriel, capo del partito socialdemocratico tedesco, ha invitato il filosofo Jürgen Habermas a partecipare alla stesura del nuovo programma elettorale per le elezioni del 2014
Il risultato è un contributo, scritto in collaborazione con il filosofo Nida-Rümelin e l’economista Peter Bofinger, apparso sulle pagine del Frankfurter Allgemeine Zeitung lo scorso agosto. Sono due i punti chiave che traspaiono sin dalle prime battute: la critica alla gestione della crisi da parte del governo tedesco, definita “senza prospettiva”, e la volontà di passare da una “democrazia di facciata”, lasciata in balìa dei mercati finanziari, a una reale integrazione politica che sappia rispettare la promessa del modello sociale europeo e dare all’Europa un peso adeguato nel concerto politico mondiale, a cui le singole entità nazionali dovrebbero altrimenti rinunciare.
La crisi ha origini ben precise che il governo di Berlino non sembra aver individuato, affermano i tre accademici. L’euro rimane una valuta stabile e il debito europeo complessivo è minore di quello giapponese e americano. La crisi è causata da un mancato sistema di protezione a livello comunitario per quei paesi con elevato debito pubblico che faticano a rifinanziarsi sul mercato a causa degli elevati tassi di interesse. A dispetto degli impegni presi con i programmi di salvataggio il governo tedesco non ha avuto il coraggio di affrontare quei problemi strutturali di governance economica che affliggono l’Unione monetaria, portando la Grecia sull’orlo del fallimento e Italia, Spagna e Portogallo in grave recessione. Le misure di austerità imposte ai paesi in crisi per accedere al fondo di salvataggio hanno solamente aggravato le già deboli economie nazionali. Una corretta strategia anticrisi prevede invece risposte sistemiche a problemi sistemici. Occorre quindi che una grande potenza economica come l’Eurozona assuma il ruolo che le compete con un consolidamento del processo di integrazione verso un sempre maggiore coordinamento delle politiche fiscali, in modo da ridurre gli squilibri finanziari tra gli stati membri, invece di lasciare tale compito a misure di recupero temporanee che minano la solidarietà tra le popolazioni.
Mai come ora torna di attualità lo slogan della lotta per l’indipendenza americana, No taxation without representation, aggiungono i tre studiosi. Occorrono istituzioni che garantiscano che il legislatore democraticamente eletto sia in grado di decidere delle politiche fiscali europee, tanto dell’imposizione dei tributi quanto della loro ripartizione. Il governo tedesco, in quanto maggior contribuente, dovrebbe inoltre guidare l’iniziativa per un processo costituente europeo che passi attraverso misure di legittimazione popolare. Solo una risposta positiva a tale quesito potrà legittimare l’utilizzo di strumenti economici adeguati a restituire ai popoli d’Europa la sovranità sottratta dai mercati finanziari. Tali cambiamenti saranno i fondamenti di un nuovo nucleo monetario europeo, aperto a nuovi stati come la Polonia, tuttavia non orientato al modello federalista.
La crisi economica ha risvegliato l’interesse delle grandi masse. “È stata la prima volta nella storia del capitalismo che una crisi causata dalle banche viene pagata dai contribuenti” tuonano le pagine del Frankfurter Allgemeine. È il momento, concludono i tre professori, di una discussione aperta e di ampio respiro sul ruolo dell’Europa nel nuovo corso della storia mondiale.

Quale democrazia per l'Europa? Una risposta a Habermas


Articolo apparso su Liberation il 3 settembre 2012
La crisi europea cambia l'assetto dei poteri, modifica l'equilibrio instabile dei rapporti tra gli stati, e tra il livello nazionale e quello europeo. Le decisioni sull'economia non lasciano spazio ai processi democratici. Ma senza democrazia non c'è Europa
Jürgen Habermas ha parlato alto e chiaro sulla situazione europea e le decisioni che essa esige nell’articolo scritto assieme all’economista Peter Bofinger – membro del Consiglio tedesco dei saggi – e all’ex ministro bavarese Julian Nida-Ruemielin, uscito sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung il 3 agosto scorso (in italiano su Repubblica del 4 agosto) con il titolo “Rifiutiamo una democrazia di facciata”, nel quale prende di mira le allusioni di alcuni membri del governo sulla elezione a suffragio universale di un presidente dell’Europa per legittimare il patto di bilancio europeo.
Nell’essenziale la tesi di Habermas è che la crisi non ha nulla a che vedere con le “colpe’ degli Stati spendaccioni che gli stati “economi” stenterebbero a risanare (in tedesco “Schuld” significa sia “debito” sia ”colpa”). Ha invece tutto a che vedere con l’incapacità degli Stati, messi in concorrenza dagli speculatori, di neutralizzare il gioco dei mercati e a premere per una regolamentazione mondiale della finanza. Per cui non si uscirà dalla crisi se l’Europa non si decide a “varcare il passo” verso l’integrazione politica che permetterebbe insieme di difenderne la moneta e affrontare le politiche di riduzione delle ineguaglianze al proprio interno che è la sua ragione di esistere. Terreno naturale di questa trasformazione è il “nocciolo europeo » (Kerneuropa), cioè l’eurozona più gli Stati che dovrebbero entrarvi (in particolare la Polonia). Ma la condizione sine qua non è una democratizzazione autentica delle istituzioni comunitarie, che Habermas intende essenzialmente come formazione d’una rappresentanza parlamentare dei popoli finalmente effettiva (attraverso un sistema a due livelli che egli distingue dal “federalismo” di tipo tedesco), dotata di poteri di controllo politico a livello continentale, in particolare sulla dimensione e l’utilizzazione delle imposte che sosterrebbero la moneta comune, secondo il principio degli insorti americani: «No taxation without representation!».
Bisogna felicitarsi di questo intervento e non lasciarlo isolato. Esso viene dopo una serie di coraggiose prese di posizione con le quali Habermas ha attaccato “il nuovo nazionalismo della politica tedesca e i pregiudizi unilaterali” che esso copre. E comporta un notevole sforzo per tenere assieme il piano politico, quello economico e quello sociale, come a prefigurare il contributo che l’Europa potrebbe portare a una strategia di uscita dalla crisi su scala mondiale, basata sugli imperativi di una protezione dei diritti sociali (che non significa la loro immutabilità) e di una regolazione dei meccanismi di credito che proliferano “sopra la testa” dell’economia reale. Per ultimo, Habermas afferma senza ambiguità che un’Europa politicamente unificata (la si chiami o no «federale ») non è possibile che a condizione d’una democrazia sostanziale che investa la natura stessa dei suoi poteri e della loro rappresentatività, dunque legittimità. Da parte mia, da tempo sostengo una tesi più radicale (qualcuno dirà più vaga): una Europa politica, senza la quale non c’è che declino e impotenza per le popolazioni del continente, non sarà legittima, e quindi possibile, se non sarà più democratica delle nazioni che la compongono, se non farà un passo avanti rispetto alle loro conquiste storiche in tema di democrazia.
Il ragionamento del filosofo di Francoforte comporta tuttavia, ai miei occhi, due punti deboli fra loro connessi. Il primo è che non tiene in conto il tempo passato, e dunque la congiuntura: come se la crisi non si dispiegasse da anni; come se si potessero riportare indietro gli effetti che ha prodotto e realizzare ora quel che sarebbe stato necessario fare per evitarla, essenzialmente al momento di mettere in atto il sistema monetario europeo. Non credo che sia così. Converrebbe almeno sviluppare l’indicazione di Habermas relativa alla accettazione dell’imposta e il controllo del suo uso. Non ci sarà uscita dalla crisi, né in Europa né altrove, senza una “rivoluzione fiscale” che implica non solo imporre tasse su scala continentale e vegliare sulla loro giusta ripartizione, ma di utilizzarle in un’ottica diretta alla crescita dell’occupazione che la crisi ha devastato, alla riconversione delle attività produttive e alla riorganizzazione del territorio europeo. Qualcosa come un New Deal o un piano Marshall intereuropeo. Cosa che implica il ritorno a una politica monetaria equilibrata fondata sul circuito di scala non meno che su quello bancario (che è, vedi caso, quello che alimenta la speculazione).
Il secondo punto debole dell’argomentazione di Habermas è che si attiene a una concezione esageratamente formale della democrazia – sempre meno soddisfacente in una fase in cui sono in atto potenti processi « sdemocratizzazione » nella nostre società, che derivano anche dalla crisi, ragioni di opportunità ed efficacia a favore di una “governance” dall’alto. Non si tratta soltanto di correggerli, occorre contrastarli e opporre loro delle innovazioni democratiche “materiali”. Non mi si fraintenda: non ricuso affatto il bisogno di rappresentanza. Al contrario, la storia del 20mo secolo ne ha dimostrato assieme la necessità e i margini di fluttuazione, fra la semplice delega di potere e il controllo effettivo. Bisogna approfondire questo dibattito su scala europea. Ma anche introdurre altre modalità di democrazia, o meglio di democratizzazione dell’istituzione politica. È la chiave per risolvere la famosa aporia del «demos europeo». Il demos non preesiste come condizione della democrazia, ne deriva come un effetto. Ma neanch’essa esiste se non nel corso e nelle forme delle diverse pratiche di democratizzazione. Come democrazia rappresentativa, certo, ma anche come democrazia partecipativa, il cui limite è il comunismo autogestito (la costruzione dei comuni », direbbe Negri), e come democrazia conflittuale («contro-democrazia», direbbe Rosanvallon), che vive di rivendicazioni e proteste, di resistenze e di indignazioni. Sono modalità in equilibrio instabile – è vero – che ci allontana da un costituzionalismo «normativo». Non potrebbero esser messe in atto da decisioni prescrittive, quale che ne sia il modo di legittimazione (come altri, Habermas evoca con insistenza la possibilità delreferendum sul futuro dell’euro e dell’Europa). Può perfino sembrare che andando oltre la possibilità di una gestione da parte dei governi, dando vita alle virtualità dell’autonomia o del dissenso, esse vadano incontro all’obiettivo di una « rifondazione » dell’Unione europea: come fare unità con la molteplicità e la contraddizione, stabilità con l’incertezza, legittimità con la contestazione? Ma inversamente, si può chiedere a Habermas, come immettere democrazia nella costruzione europea senza un «salto» o un «passo di lato» rispetto alle strutture e procedure che sono state concepite per escluderla, neutralizzarla, e che i metodi di gestione della crisi, essenzialmente destinati a evitare l’intervento dei cittadini, hanno sistematicamente bloccato? Bisognerà pure che, su questo e altri punti («l’Europa sociale»…) si faccia avanti qualcosa come un’opposizione o un movimento.
Non lasciamo passare l’occasione che Habermas e suoi colleghi ci offrono di un dibattito sull’Europa per gli europei e fatto dagli europei. Esso si delinea in forme diverse dovunque è imposto dalla gravità della crisi: in Grecia, in Spagna, pochissimo in Francia malgrado l’allarme che dovrebbe provocare la valanga (di chiusure industriali e di polemiche) del rientro dall’estate, che sembra un remake delle campagne del 1992 e del 2005, con la sola differenza che non è previsto nessun referendum. Nulla che esca dalle frontiere nazionali. Nulla, quindi, che spinga la politica al livello che esigerebbero sia le urgenze sia i principi.

martedì 18 settembre 2012

Genocidio Sabra e Shatila

fly may 1000

 Ricordare credo sia un dovere di tutti...perchè non accada più...perchè l'umanità resti umana e non una bestia senza amore...perchè la vita va difesa sempre e comunque.....ad ogni costo....perchè non ci sono " ragioni " per uccidere...M A I.
Voglio un mondo all'altezza dei miei sogni!!!!!




Una madre ...
"In questi giorni
in questa ricorrenza di sangue,
di ferite che non si rimarginano
vive di sangue,
come la mia testa che non smette di scappare.
Eri una bambina in gioco
con quella voglia di baci bianchi.

Sei morta
come fossi una
terrorista,
ti hanno strappata
dalle mie braccia,
hai cominciato a gridare
il nome mio,
e mi sentivo tagliare la carne,
colpi come siluri diretti per uccidere,
lacerante vuoto
mi ha fermato il cuore per sempre.
Ti hanno uccisa e gettata via
come
fossi un pezzo carne,
eri solo una bambina,
che rideva di niente.
In un giorno di lucida follia umana ,
in quelle 40 ore di mattanza
mi hanno uccisa lasciandomi
viva.
Sono morta,
vivo
solo per ricordare
che eri viva,
eri
una bambina
che rideva di niente.
Solo in questi giorni
torno ad essere
madre
che
accudisce il ricordo,
con la tua fotografia
sul cuore,
mostro il tuo volto
a
persone che
arrivano dal mondo
e scoprono
che
esitevi
figlia mia.


No Monti Day a Roma il 27 ottobre



Un ampio schieramento di persone, organizzazioni sociali e sindacali, forze politiche e movimenti civili, si è assunto l'impegno di dare voce e visibilità  alle tante e ai tanti che rifiutano Monti e la sua politica, dando vita il 27 ottobre a Roma a una giornata di mobilitazione nazionale, NO MONTI DAY.
I punti fondamentali di questa mobilitazione sono:
No a Monti e alla sua politica economica e sociale, oggi e domani.
No all'Europa del Fiscal Compact e delle misure che hanno distrutto la Grecia e ora fanno lo stesso in Italia.
No all' attacco autoritario alla democrazia e  no alla repressione contro i movimenti ed il dissenso.
Vogliamo manifestare per mostrare che, nonostante la censura del regime informativo montiano, c'è un'altra Italia che rifiuta l'austerità ed il rigore nel nome dell'eguaglianza, dei diritti e dello stato sociale, dei beni comuni e della democrazia per tutte e tutti, nativi e migranti. Un'Italia che vuole  e lotta per un'altra Europa rispetto a quella sottoposta alle decisioni autoritarie dei governi liberisti e antipopolari in primis quello tedesco, della Bce e della Commissione, del grande capitale e della finanza internazionale.
Promuoviamo una manifestazione rigorosa e radicale nei contenuti, pacifica nella sua forma, per far sentire ovunque la voce dell'altra Italia ed esprimere il massimo sostegno a tutte le lotte in atto per i diritti e per il lavoro, dalla Vallesusa al Sulcis, da Taranto agli inidonei e ai precari della scuola .
Vogliamo che la manifestazione, che partirà alle 14 da piazza della repubblica, si concluda con una grande assemblea popolare, ove si possa liberamente discutere di come dare continuità all'opposizione a Monti.
Proponiamo a tutte e tutti coloro che sono interessati a questa percorso di costruirlo assieme, specificandone e ampliandone i contenuti, fermi restando i punti di partenza e le modalità qui definiti.
Per queste ragioni ci ritroviamo Il 19 settembre alle ore 16 al Rialto occupato a Roma (v. S. Ambrogio, 4), per definire conclusivamente la piattaforma e l'organizzazione della mobilitazione, in una riunione, su un piano di assoluta parità, di tutte le persone e le forze organizzate che vorranno esserci.

Il comitato promotore provvisorio

Poritutti (Roma-Bologna 2-3)

Kansas City 1927


Che poi, dimose la verità. Sta sosta dele qualificazioni ai mondiali pe fa giocà er campionato ha mpo rotto. Nse interompe nemozione azzura, nse fa così. Noi che eravamo così carichi, così orgojosi, ma soprattutto così interessati ale gesta dei Prandellici, noi così affezionati a quer team nonostante un nome che ricordava più l’industria autarchica da ventennio che il calcio: l’ItalRoma. Stavamo tanto bene, segnavano i nostri, se vinceva, era facile, era bello, la sistolica stava sotto i 170. Envece no, amo dovuto rimettese le majette rosse e giocà Corbo Logna, amo dovuto soffrì come le bestie, amo dovuto fasse er battesimo ner sangue.

E dì che era cominciata così bene.
 Pe il tifoso ancora saturo de istrionismo asturiano, vedè la formazione che ce s’aspetta è sempre un piccolo brivido, na cosa che riscalda e rassicura, senza sorprese, senza paure, da Franco a Destro passando pe Taccidis ce stanno tutti quelli che oggi voremmo in campo. Co na piccola novità tattica: er Santone l’ha separati.
Zema ha deciso che Pjanic e Totti non ponno giocà dalla stessa parte. Pare che nce siano stati problemi dopo ste comunicazioni tattiche. Cioè, na signora dele pulizie a Trigoria ha trovato un fojetto mezzo strappato co scritto “L’UNICO BOEMO BUONO E’ UN BOEMO MORTO”, e un giardiniere dell’Olimpico ha dovuto rizollà diversi punti della fascia sinistra dove era stato inciso “F+M WAS HERE”, e su na piastrella der cesso della security è stata cancellata la scritta ACAB ner senso de All Cignos Are Bastard, ma nessuno ha dato peso a st’indizi, e co tranquillità e convinzione s’è scesi in campo.
S’è scesi in campo e stavamo subito a giocà a pallone, ma bene, tanto da facce pensà che quell’atto de bullismo situazionista mutuato dar Subbuteo a cronometro ancora fermo non sia na stronzata da consegnà agli annali dele tante prese per il culo subite ma na specie de Haka der Cuppolone, na roba che impressiona e te fa partì già in vantaggio, na roba da fatte urlà tremate corete ariva lo squadrone giallorosso, e ringraziate che ce sta sta cazzo de ligna de centrocampo che ce regge (“lassame ligna, lassame, fammannà a menaje, lassame!” pensano i nostri nell’attesa dell’avvio).
 E quindi pronti via, pure stavorta er dueotto se schiera.
Du difensori dietro a convice se stessi e er pubblico der fatto che faranno er lavoro loro fin dar carcio d'inizio, e tutti l'artri a rombà er motore come centauri coatti, co Lamela e er Colosso tarmente convinti de sta cojonella da bulli da spot da aspettà er fischio d'inizio nela posizione der loto zemaniano, quella a gambe flesse su blocco de partenza co sguardo a tera a aspettà lo sparo boemo, come se poi, na vorta battuto er carcio d'inizio, non ce fossero comunque undici ostacoli bolognesi da sartà.
Ma la polaroid quest'anno è tradizione e annuncio der dogma che tosto s'impone a botte de sovrapposizioni in avanti, a ritroso e in buffering in quantità e qualità tali da far sì che su Youporn appaia tra le novità la categoria "bohemian sovrapposition".
E siccome quando se scoprono le gioie der sesso poi ce se va notoriamente a ròta, e siccome quando sei milite pure la commedia all'itagliana te lo impone, se dopo mille pippe ravanate e mille chilometri macinati hai finarmente scoperto quant'è bello fa all'ammore, la voja de rifallo subito te se magna vivo.
De San Siro ancora tremulo ma de rincore mai frenulo, Sturmentruppen Florenzi sbuffa, tosto si erge, turgido se pompa, ansimando se presenta: "Capitanomiocapitano, duro come un muro, puro come un mulo, mi ridia la palla per favore, a Milano ha funzionato! Posso rifarlo ancora!", implora audace la spina.
- “Chi ha parlato? Chi cazzo ha parlato? Chi è quel lurido stronzo comunista checca pompinaro che ha firmato la sua condanna a morte? Ah non è nessuno eh?”, replica sereno Ercapitano.
- “Sono io Signore, quello che ha segnato domenica Signore!”
- “Non dire cazzate che Osvaldo non c'è e Marquinho è in panchina! Come ti chiami sacco di lardo?”
- “Signore Florenzi Signore!”
- “Florenzi? Il tuo è un nome da renziano, tu sei renziano? Tu sei un rottamatore che ce l'ha con noi vecchi?”- “Signornosignore!”
- “Non mi piace il nome Florenzi, solo finocchi e marinai si chiamano Florenzi, d’ora in poi tu sarai Chiara!”
- “Come Chiara?”
- “Chiara! Ho deciso di darti tre secondi, esattamente tre fottuti secondi per toglierti quel sorriso cretino dal muso, in caso contrario ti rimando in Aspromonte! Ormai er nemico ce sa e non posso rimette la palla sula testa come a Milano!”
- “Non capisco Signore!”
- “Tu prepara la stecchetta tua che io carico lo steccone mio!
”Toc! Stung! Frrrrr... è suono, musica, tutti i birilli giù.
Come Lo Scuro Ercapitano tira, crea l'universo, smonta un palo e spalanca la porta dove Sturmentruppen, vedendo finarmente luce, precocemente de capoccia ribatte e pe primo insacca, come in cielo così in terra, come a Milano, così a Roma.
E così sia.
 E non c'è manco er tempo de temè che il bel gioco fine a se stesso possa esse fine a se stesso che subito se raddoppia. Caricato pure lui a pallettoni de renzismo spinto, dopo na settimana che gne se po parlà che come je dici na cosa te risponde "Adesso!", co l'occhi ignettati de ricambio generazionale e la spietatezza de chi deve soddisfà le sue esigenze Primarie (tirà e fa gò), Lamela va dritto ar punto. Se ne sbatte de un mezzo morto rottame dela seconda repubblica che je intrarcia er cammino verso la leadership, se ne fotte dei compagni che cercano de allargà il suo consenso a destra e a sinistra pe costruì na piattaforma programmatica condivisa, se ne strafotte cor fischio e cor botto der collettivo, arza la testa, vede Ercapitano co la faccia de Bersani, Destro co quella de Letta e Piris co quella dela Bindi e al grido de "Adesso!" lascia partì un sinistro che de paletto se insacca bello bello. Manco er tempo de esurtà che subito precisa "sì, ho segnato de sinistro, ma la palla ha sbattuto sur palo destro, e comunque non ero defilato, stavo al centro, non mettiamo inutili etichette su sto gò che è un gò de tutti". Pjanic, che oggi non po vedè nessuno, je sussura disgustato: "Ammerda, voi fa le scarpe ar SegretarioCapitano, nu lo capisci che sei solo npupazzo nele mani der potere vero, ma quanno cresci?"
"Adesso!"
"Ma non me pare proprio, me pari er solito rigazzino pieno de brufoli da schiaccià"
"Adesso!"
"No, adesso me fa schifo, te li schiacci tu, e poi fai così perchè mo hai segnato, ma n'è che de solito te la senti meno calla"
"Adesso!"
"Senti. Io già me so svejato coi problemi mia e co ncerchio ala testa. Me so preso du Oki appena svejo. Nun strillà. Tu non c'entri gnente ma è nattimo che ce vai de mezzo. QUARCUNO c'ha messo sula stessa fascia, famo er lavoro nostro ebbasta, ndovemo esse amici tanto se raccoje SOLO AMAREZZA A ESSE AMICI DENTRO A STA SQUADRA. Mo dimme, quand'è che te devi dà na carmata?"adesso."
"O vedi che quanno voi capisci".
 E Insomma, non solo dopo poco già se stamo a preoccupà de non mettese Corbo Logna nele stesse condizioni future create pe anni Corca Tagna dopo avejene fatti 7 un dì, ma grazie ala sfrontatezza de Nadolescente s'è finarmente messo nargine a quer vezzo antico ma sempre attuale che rende er carcio ridicolo all'occhi de chi carcio non mastica. Insomma, buttasse pe tera pe fermà azioni artrui simulando fratture pe corpa de no spiffero è ostruzionismo degno dei radicali dei bei tempi, pratica da ignorà e punì senza rispetto, e che a squarcià la tela de ipocrisia dei finti svenimenti sia stato Nadolescente, pe nattimo, ce fa ritrovà improvvisa fiducia nele generazioni nove. E quando tutto ciò avviene e la figura de merda è fatta ar punto che manco i compagni tua te difendono, per il bolognese che invano svenne passà da Lazzaro a Kill Bill rosicone è nattimo, ragion per cui er Poroperez da Guarente guarisce pe partì all'arembaggio dele guarnizioni dela Sacra Tibia Dercapitano, arzalla uruguagiamente da tera e venì ammonito. Ulula e sibila l'Olimpico ar foco de sto sole de settembre che ce scalla i cori e ricolora l'abbronzatura ormai spellata. Canta e balla l'Olimpico nel ripassar geometrie tanto ignote ai tempi dela scola quanto zemanianamente introiettate ai tempi dela disoccupazione. Commenta e opinionizza l’Olimpico nel rimaner desto a studiar Destro che mesto poco lesto resta. Urla e s'encazza l'Olimpico quando er Poroperez, mai domo e mai pago dela figura de cui prima, capisce che senza espursione e un femore pe trofeo da riportà a chi lo sta a vede in video a Montevideo non potrà più tornà. Qui ce vole nespursione uruguagiamente bella e nosso duro da azzannà, se possibile brasiliano, che a Montevideo come lo videano te lo pagano de più, e tanto basta ar Poroperez pe puntà er Libertador Castan, sfasciallo, rimontallo e a testa china, ormai espursando (come colui che sta per essere espurso), dirigese verso lo spojatojo.
 Ma come noi sapemo mejo de lui, quando nun è giornata nun è giornata, e non c'è gnente de peggio che fa de tutto pe fasse buttà fori e trova er libero arbitrio de narbitro che, ignorando i regolamenti de carcio e taekwando, te obbliga a rimané in campo. E se continua così, 11 contro 11, Corcapitano a riprovacce da lontano trovando i guanti gajardi d'Ajardi e noi a pensà "mejo così", che a noi le goleade ce fanno quasi più paura dele rimonte. L'intervallo c'ha er gusto piacevole ma stordente de na pennica dopo un pranzo d'estate dove te potevi abboffà ma te sei tenuto pe continuà al risvejo.
Però nun se risvejamo.
 Se ritorna molli, mezzi stanchi, mezzi svagati, mezzi mezzi. Non è che se gioca male, è che se gioca sempre meno noi, sempre più loro. E dì che in sto meno ce sarebbe comunque occasione de chiudela sta partita, senfosse che Ajardi proprio sto venerdì all’ultimo minuto utile prima che chiudessero l’uffici s’è iscritto ar noto sindacato RI.D.E.P.CO.LA.R. (RIcordasse De Esse Portieri Contro La Roma) e co la collaborazione della porta anch’essa de recente affiliazione al RE.CO.LA.R. (REstringese COntro La Roma) il risultato è che la capocciata Dercapitano genera solo nurlo strozzato, ninutile arzata in piedi, nantro stress test pe le arterie e pe i legni de na porta troppo corta.E comunque dai, semo vivi, daje co le forze fresche.L’incisivo rileva Lamela, Riscattinho rileva che a Pjanic je rode er culo e cerca de ammorbidillo co la sua ars oratoria: “non la prende così male/ è alternanza naturale/ ce lo sai, comanna er miste/ famme largo a me e ale buste”. Er Malincosniaco non lo degna de no sguardo e sembra assente, finchè non vede che er nuovo entrato nse mette a destra ndo stava lui, ma viene immediatamente spostato alle spalle Dercapitano. Na vampa de sangue barcanico je va ala testa, assartà er Santone è questione de millisecondi, ma Taddei, unico maggiorenne rimasto in panca, je mette na mano sulla spalla: “Lascia perde, passi daa parte der torto, na così bella domenica, non c’è motivo de rovinalla”.
Già, non c’è motivo.

E però poi ariva quer minuto là.
Ariva quer minuto che se vai ar bagno e ritorni pensi che te sei sbajato.
Ariva quer minuto che ce stai a ripensà da 24 ore.
Ariva quer minuto che ce penserai tutto l’anno e chissà quanti anni ancora.
Ariva quer minuto che gli esperti dicono "è nel Dna della squadra".
Ariva quer minuto che te chiedi quanto possa costà un trapianto de Dna, più o meno de un terzino?
Ariva quer minuto che Poropiris se perde Gilardino.
Ariva quer minuto che palla in mezzo e riparti in 8 come se niente fosse.
Ariva quer minuto che na partita po esse fero e po esse piuma.
Ariva quer minuto che pure io paro Piris e non so più chi so e me perdo pure Diamanti.
Ariva quer minuto che Poritutti, Poriloro che dormono in campo, Porinoi che se svejamo sugli spalti.
Ariva quer minuto che guardi l’orologio, er tabellone, i bruscolini pe tera.
Ariva quer minuto che guardi l’amici intorno che guardano te che guardi loro che guardano te.
Ariva quer minuto che diventi più vecchio ancora.
Due a due.
Ma come cazzo se fa.

Ner tempo che passa dar decide d'annà ar cesso a rinunciacce, piamo du gò sufficienti e necessari a ogni settore de ssadio pe facce ricordà che se in tutto er monnonfame semo solo noi quelli che sur duazzero vorebbero er terzo pe sta tranquilli e che comunque sur treazzero vorebbero er quarto pe sta tranquilli e sur quattrazzero, ecco, forse lì, no, puro lì ce piacerebbe tanto un quinto pe sta tranquilli, quarche motivo ce sarà pure. E mentre lo pensamo se ricordamo però che la ssoria meno recente nostra ogni tanto se colora puro de partite ripiate de core e de gò predestinati e occasionali de bomber che all'improvviso s'appaleseranno all'urtimo minuto pe dacce la gioia che pensamo de merità. Uno tipo Destro, presempio, uno che wikipedia te spiega ala noia che ogni vorta che ha esordito co na maja nova ha purgato, uno che so armeno tre quarti d'ora che se je passa na palla accanto se sposta pur de non toccalla, uno così, ecco, questo è er momento suo o no? O armeno, se ce giocasse contro o sarebbe o no? Ma a noi la sorte quando ce bacia in bocca lo fa ar massimo pe facce pareggià Corca Tagna e pe facce capì quanto sarà dura che se riconceda, se o fa o fa co la maschera da Incisivo. E se oggi la sorte ha distribuito ali Arcapitano pe volà in cielo a incornà ma puro a Ajardi pe volà all'incrocio a parà, lento come Ercolosso realizzi che ar peggio, pure oggi,  potrebbe non essece fine. Quanno na percentuale troppo arta de occasionali da sssadio già ha lasciato i seggiolini pe annà a disquisì i dogmi der Santone tra nparcheggio e l'artro, quanno Ercapitano se fa uruguagio e cerca de fasse buttà fori piando a pizze l’avversari, na palla rasotera loro taja l'area grossa nostra verso l'area piccola nostra che monnonfame è monnonfame è soprattutto sua, sua de Franco. “Esci Franco!”, imploramo rochi e muti quer che basta pe sprigionà gli ultrasuoni sufficienti, tanto che Franco se stende e esce e abbranca e urla "miaaaaaaaaaa!!!!!!"  (o armeno, a noi c’è sembrato naturale che urlasse "mia").Ora, fa dialogà nolandese co nargentino, soprattutto dopo la finale der '78 co tanto de coriandoli, carta igienica e colonnelli a bordo campo, tanto facile non è stato mai. Fanne dialogà uno co conclamate difficortà de espressione co nantro abituarmente dedito all'espianto d'organi de chunque osi esprimese intorno a lui, diventa impresa più bellicosa de na missione de pace. Fidasse reciprocamente, in queste condizioni, se fa scommessa da over, motivo per cui quando Burdisso ariva urlando "Franco nun te vedo e nun te sento!", chi li conosce pensa a na reciproca presa per il culo, ma chi non li conosce, perché notoriamente ai margini der carcio che conta, decide de non fa sconti, trascinando er gambone s'insinua, insinuandose svirgola e svirgolando insacca all'angolino.
L'angolino de Gilardino.
Gilardino che ce fa er violino e ripete, perché Paganini nun va più de moda. E così, mentre lui sta là a fa Stradivari, pensi ale strade varie nostre, a quante se ne so prese anche solo durante l'urtima ora e a come possa bastà nattimo a perde bussola, finì benzina e bucà fino a ritrovasse sorpassati sur traguardo.Romabologna treaddue, pe loro. Na cicatrice nova se fa strada tra le vecchie.“Non sei all’artezza nostra, sgomma” je urlano Romaliverpool e Romalecce. “Camhere” je sibila Mancesteroma. “Niet, tovarisc, viè qua che so ancora fresca” je dice Romaslova.Ma er posto suo sur core nostro pare esse nantro.
“Taa ricordi Romaintecinquaqquatro sì?” urlano invertendo i numeri i più fatalisti e avvelenati tra quelli che per età pensano de avelle viste tutte ma sanno che co la Roma non ne vedranno mai abbastanza. “Co Zema è così!”, chiosano gli stessi dimenticando che un conto è fasse fa du gò da Gilardino artro fasseli fa da Ronardo. E quanno a casa accenni la tv pe vedé se davero è successo quello che hai visto ao sssadio, cerchi invano de fatte nopinione tua dando ragione tanto a chi se la pia cor solito Zema quanto a chi se la pia co le solite pippe.E mentre t’addormi quasi te vergogni de pensà an tempo antico e banale ar punto che, quando na squadra annava in vantaggio de un gò e poi de du gò, a na certa decideva che bastava e paradossarmente s’aroccava a difenne er risultato. E quasi te vergogni a pensà che quella squadra era la tua e o faceva nonostante fosse spesso la più forte de tutte. Un tempo in cui vedevi e vivevi e pensavi cose semplici e lineari, cose fie de na prima repubblica che nseventava gnente, cose der tipo levi nattaccante metti ncentrocampista, der tipo levi ncentrocampista metti ndifensore, cose der tipo che poi ce vincevi le partite e sì, tocca ammettelo, costi quer che costi, oltre le Asturie e la Boemia, te sentivi schiavo del risultato, ai limiti der provinciale. E mentre te giri e te rigiri e er senso de corpa pe avé pensato brutto te devasta, ala fine t’addormi.
Pure i rivoluzionari erano pieni de dubbi e speravano un giorno de poté vince er campionato.


lunedì 17 settembre 2012

Svenduti

Luciano Granieri

 Francamente non riesco a capire lo stupore  e lo sdegno con cui governo e sindacati (Cisl Uil) hanno accolto l’annuncio dell’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne in merito all’annullamento del programma Fabbrica Italia. Quel programma  - usato come ricatto affinchè  gli operai di Pomigliano e quelli di Mirafiori,  accettassero  la riduzione in schiavitù,  e sbandierato per giustificare la chiusura di Termini Imerese e della Irisbus -  prevedeva l’investimento di 20 miliardi  di euro per un piano industriale  in cui sarebbe stato ulteriormente ampliato l’impianto  G.B. Vico di Pomigliano ,dove si produce la Panda , con la riassunzione di tutte le maestranze precedentemente licenziate. Inoltre erano  previste:   l’organizzazione delle linee del nuovo mono volume 500L presso Mirafiori -in sostituzione dei modelli Idea e Musa - l’aggiornamento del sito di Cassino con le linee per la realizzazione di due Suv, e il nuovo progetto della vettura  segmento B, la Punto per intenderci, destinato a Melfi . Non era difficile capire sin dalle prime avvisaglie che il Piano Fabbrica Italia non si sarebbe mai realizzato  per il semplice fatto che non era mai esistito nella realtà, era solo un contenitore vuoto. Ad esempio dei quattro miliardi di euro destinati a Pomigliano  ne sono stati  investiti solo 800milioni, non tutti gli operai sono stati riassunti  come promesso. Poco meno della metà è rientrato  in fabbrica e, ovviamente,  fra questi non figuravano gli iscritti alla FIOM. La catena della 500L, originariamente prevista a Mirafiori, è stata dirottata in Serbia dove gli operai guadagnano una miseria e la metà di questa miseria viene corrisposta dallo Stato Serbo. Dei Suv destinati a Cassino e della nuova  Punto, o come si chiamerà, non c’è traccia. Nel frattempo si è andati avanti aumentando a dismisura le ore di cassa integrazione,  discriminando, espellendo dalla rappresentanza sindacale le organizzazioni non gradite  (FIOM),  cercando di esportare il modello  Pomigliano agli altri comparti Fiat, e  ad altre aziende non del gruppo, comprimendo sempre di più i diritti sotto il ricatto dalla fuga dall’Italia. Oggi Marchionne sostiene l’impraticabilità di quel  piano che doveva concludersi nel 2014. La ragione è che il mercato dell’auto è calato del 20% quindi  attualmente, per produrre le vetture necessarie a soddisfare la domanda,  sono sufficienti solo due stabilimenti.  Un buon manager come si ritiene Marchionne, prima di mettere in piedi Fabbrica Italia, avrebbe dovuto prevedere un calo simile  considerando che la grave crisi economica ha colpito e sta colpendo le classi medie, target principale degli  acquirenti potenziali dei modelli Fiat.  Dunque la convinzione che fra il 2010 e il 2014 la domanda di veicoli sarebbe tornata ai livelli record del 2007  si è rivelata,  solo dopo due anni,   un madornale errore di valutazione o forse era semplicemente un gettare fumo negli occhi  dei sindacati  di regime e del  governo per ottenere la svendita dei diritti dei lavoratori.  Quale sarà il prossimo imbroglio? Parzialmente già lo si conosce.  L’Ad in maglioncino  aspetta l’evoluzione del mercato . Se la ripresa auspicata si manifesterà entro due anni, se la 500L avrà un buon successo di vendite , è possibile che Marchionne si limiterà ad un utilizzo massiccio della cassa integrazione,  costringendo gli operai a campare con mezzo stipendio , succhiando  ancora più denaro pubblico necessario per finanziare gli ammortizzatori sociali. Se invece la crisi avrà tempi più lunghi allora necessariamente almeno due stabilimenti verranno  chiusi. Altro che nuovi  investimenti.  E’ inutile però prendersela con Sergio Marchionne. Lui il suo mestiere lo sa fare molto bene. Delocalizzare, comprimere a dismisura i costi di produzione,   attentando alla dignità  dei lavoratori, determina un aumento dei profitti finanziari. Non a caso gli azionisti sono entusiasti di acquisire dividendi notevoli e, non a caso, lo stesso Marchionne, non più di un mese  fa ha percepito  un bonus di 50milioni di euro quasi esentasse.  I veri truffatori  sono quei sindacati che hanno svenduto i diritti dei  lavoratori non accorgendosi di ciò che era chiarissimo, cioè che quanto proposto in cambio della schiavizzazione degli operai era una bufala. Ricordate quando Bonanni   segretario di quella manica di maggiordomi del potere che è la Cisl disse, rivolto alla FIOM, che non si poteva combattere per i diritti sul lavoro se il lavoro non c’era? Bene oggi non ci sono né i diritti e né il lavoro. Ha poco da lamentarsi Angeletti  dell’altra premiata ditta serva del padrone la, Uil. Non ricorda il segretario quando redarguiva la FIOM  nel 2010 intimando  ai metalmeccanici della Cigl l ’accettazione supina  del risultato del referendum di  Pomigliano, rinunciando riaprire qualsiasi trattativa  , sbandierando come una grande vittoria  sindacale il risultato di un consultazione truffa dove il 60% dei lavoratori con la pistola del licenziamento puntata alla tempia   scelse  di  accettare condizioni di lavoro disumane?   Cosa pretende il segretario della Uil?  Che il padrone Marchionne stia a sentire le lamentele di chi lo ha servito  e continua a servirlo così fedelmente?  Ma anche il partito riformista per eccellenza  non ha alcun diritto di stracciarsi le vesti   per il voltafaccia di Marchionne. Non era Fassino che invitava gli operai di Mirafiori a cadere nella trappola preparata dell’ad italo canadese,  accettando a mezzo referendum le stesse condizioni capestro di Pomigliano?  E che dire del rottamatore  Matteo  Renzi  il quale da sempre si è dichiarato a favore del piano Marchionne convinto, non sappiamo se per dabbenaggine o per piaggeria, che l’illuminato manager stesse investendo sul futuro dell’azienda ?  I veri  truffatori sono loro sindacati di regime e riformisti del Pd, doppiogiochisti incalliti che  fingendo  di fare gli interessi del popolo e dei lavoratori, ne hanno svenduto  la dignità  in cambio di posti privilegiati nei salotti buoni dei poteri forti .  Dunque la prima azione da fare per riaffermare il potere di chi  realmente manda avanti il paese, ovvero i lavoratori, è quella di smascherare il doppio gioco.  E per fare questo è necessario sin da subito rilanciare la lotta sociale,  nelle piazze, nelle fabbriche  evitano di cadere in certi tranelli affinchè  presto gli ostacoli attendisti posti  da  chi si finge alleato  dei lavoratori siano definitivamente rimossi.