sabato 16 febbraio 2013

I vent'anni del Neoriformismo

Paolo Favilli da "il manifesto" del 16/02/2013


Non è quantitativa la differenza tra riforismo "debole" e riformismo "forte". Si tratta di scegliere tra normalizzazione della democrazia e critica dell'economia politica
La campagna elettorale in atto è dominata dagli «equilibrismi della mistificazione», dalla «fraudolenza retorica», da un meccanismo accelerato di distruzione della lingua, la risorsa profonda del legame sociale. (P.P. Portinaro, la Repubblica 3 febbraio). È del tutto illusorio, quindi, pensare che le dichiarazioni fatte dalla grande maggioranza degli uomini politici in questa contingenza possano modificare lineamenti di fondo, iscritti nelle logiche di più lungo periodo. Ad esempio, non ha niente di realistico credere che in seguito alle polemiche della campagna elettorale, i corposi incroci, nei fatti, delle agende di Monti e di Bersani, finiranno per scomparire nella nuvola della retorica funzionale al breve respiro delle tattiche di posizionamento. Quanto aderenti, invece, all'immanenza dei percorsi già sedimentati i molti contributi che il manifesto ha sempre continuato a pubblicare (Gianni, Pizzuti ed altri) sui processi della trasformazione economica, della trasformazione sociale. Contributi fortemente ancorati alla «realtà effettuale» tramite analisi ed argomentazione sulle «cose» e non sulle «parole». Non è, forse, il momento migliore per porre l'accento sulle questioni che la politica deve affrontare in combinazioni temporali assai più complesse. Tuttavia bisogna sforzarsi di ragionare anche sugli incroci dei tempi brevi e dei tempi lunghi, sul senso che assume in questo presente il nostro venire «da lontano» Nella prospettiva della costruzione/ricostruzione di una sinistra che si ponga davvero come «erede della storia del movimento operaio» i risultati delle prossime elezioni avranno certamente un peso. Saranno in grado di rallentare o accelerare un percorso. Un percorso, comunque, già iniziato ancor prima della pur positiva fase di aggregazione rappresentata dalla lista di «Rivoluzione Civile». I tempi di un processo così complesso sono ben lungi dall'esaurirsi in una tornata elettorale. Torniamo a riflettere, dunque, su questa storia del movimento operaio. Sulle lezioni di questa storia in un diverso ciclo di accumulazione capitalistica. Sul senso delle cesure e delle continuità.   ERIC HOBSBAWM, l'eminente storico recentemente scomparso, ci ha lasciato quello che può essere considerato il più vasto e complesso cantiere, costruito ed in costruzione, concernente la storia del movimento operaio. Non solo i suoi studi hanno coperto il percorso quasi bisecolare di questa vicenda essenziale della nostra modernità, ma si sono svolti in un arco temporale di circa sessanta anni. Hobsbawm, cioè, ha vissuto sia la temperie culturale e politica dei primi anni cinquanta che quella del primo decennio del nuovo millennio. Il suo sguardo critico in un lungo periodo fatto di mutamenti di orizzonte ci è, dunque, particolarmente prezioso per ragionare su quella «eredità». In un saggio scritto ancora negli anni Cinquanta, quando cioè il termine «riformista» era oggetto di rifiuto da tanta parte delle forme organizzate del movimento operaio, in particolare da quelle di ispirazione comunista, il grande storico, che pure era comunista, scriveva che i movimenti socialisti e i sindacati «debbono, nelle loro attività quotidiane, agire come se il capitalismo fosse permanente». «Fatta eccezione per i rari periodi di crisi rivoluzionaria», dunque, la storia del movimento operaio finiva per declinarsi all'interno di una pratica riformista. Senza nessuna velleità di improbabili paragoni, nei miei lavori sul «riformismo» ho avanzato questa tesi: «nella lunga storia del movimento socialista ed operaio il riformismo è stato l'ordinaria normalità, la normalità strutturale delle pratiche organizzative e politiche. Le rivoluzioni in atto, non il discorso sulla rivoluzione, ne sono state le contingenze extraordinarie, le cesure dell'ordinario svolgimento strutturale» ( Riformismo alla prova ieri e oggi, Milano, 2009). Quali sono i nessi che hanno collegato ieri le prospettive di lungo periodo su un ordine sociale diverso e la necessità di agire « come se il capitalismo fosse permanente»? In che misura questi nessi possono avere senso nella fase che stiamo attraversando? Sul primo aspetto i tempi della storia del movimento operaio ci hanno dato risposte chiare. In ogni momento del conflitto (sindacale e/o politico) nel capitalismo supposto permanente devono essere ricercati, insieme, il risultato immediato e il mutamento di equilibrio, anche se minuscolo, nei rapporti sociali. Gli elementi di un rapporto economico-sociale considerato naturale devono esser continuamente messi alla prova. La sinistra ispirata alle teorie critiche del capitalismo - scrive ancora Hobsbawm - «ha sempre avuto una funzione reale se non rivoluzionaria nel movimento, cioè quella di rendere il riformismo effettivamente riformista .È necessario uno sforzo speciale, per impedire al movimento di scivolare nel riformismo puro e semplice ».   Questo è il punto. Questo il risultato storico della secolare vicenda del movimento operaio: la civilizzazione del capitalismo come premessa per ulteriori percorsi. Sulla «funzione reale se non rivoluzionaria» durata per quasi due secoli non ci sono dubbi storiografici. La ricerca a proposito continua a confermare le proposizioni di Hobsbawm. Come può funzionare, però, quel meccanismo in una fase in cui il riformismo non è più riformismo ? Il riformismo socialista , infatti, è stato un modo particolare di declinare l'«antitesi» di cui era parte integrante. Il neoriformismo è un modo particolare di declinare le ragioni necessarie della normalizzazione dell a democrazia . Il neoriformismo di oggi è il rovescio del riformismo socialista. (Per il problema mi permetto di rimandare ad uno studio in cui ho analizzato più a fondo la questione: Il riformismo e il suo rovescio , Milano, 2009). In tale contesto manca la condizione di fondo perché possa essere espressa la suddetta «funzione reale». Quello che divide la sinistra ispirata alle teorie critiche del capitalismo dal neoriformismo è, appunto, il rifiuto netto da parte del neoriformismo della critica dell'economia politica in qualsiasi forma. Non si tratta di una questione teorica, o, peggio, di dottrina, bensì di questione di estrema rilevanza per i comportamenti pratici delle forze politiche. Quasi vent'anni di storia reale del neoriformismo (teorico e politico) hanno un peso rilevantissimo, rappresentano una prova decisiva. Questi vent'anni hanno fissato un baricentro di forze che è del tutto illusorio pensare di modificare, nella sostanza, con le retoriche a sfondo elettoralistico. La differenza tra la cultura politica, tra gli strumenti di analisi economica e sociale dei neoriformisti e quelli di coloro che si muovono nell'ambito delle teorie critiche del capitalismo è netta e profonda. La consapevolezza di tale dato di fatto non esclude la possibilità di rapporti politici, e, in caso, anche la necessità di rapporti politici. Tali rapporti politici possono dare buoni frutti soltanto se avvengono tra «forze» che fanno della loro autonomia culturale la leva essenziale della loro autonomia politica. Il meccanismo così bene messo in luce da Hobsbawm non può funzionare nel contesto attuale. Non ci troviamo all'interno di una differenza quantitativa tra riformismo debole e riformismo forte. La differenza è qualitativa e quindi la costruzione/ricostruzione della sinistra non è possibile se non fuori dal quadro del neoriformismo. Del resto anche l'antitesi politica e sociale dell'età del movimento operaio si è costruita fuori (spesso contro) i presunti affinismi del progressismo generico. La tornata elettorale che ci apprestiamo ad affrontare è anche uno di quei momenti di conflitto politico, che, come dice Hobsbawm, deve esplicarsi tramite compresenza di realismo e di volontà positiva per una prospettiva altra. Chi sceglie di vivere tale conflitto all'interno della gabbia neoriformista rifiuta nei fatti, e nei fatti che contano, di sperimentare davvero le potenzialità di futuro insite nel momento attuale.

No Muos, una prima importante vittoria

 Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo (CARC)


La Regione Sicilia ha deciso di revocare le autorizzazioni alla costruzione dell’impianto radar della Marina militare USA a Niscemi
NO MUOS, UNA PRIMA IMPORTANTE VITTORIA
E’ una vittoria che dà fiducia e rafforza tutti coloro che da un capo all’altro del paese lottano per difendere il territorio, la salute pubblica, la pace e i diritti democratici contro un pugno di guerrafondai, di speculatori e di affaristi.
Il segnale che arriva dal movimento popolare contro il MUOS e dall’azione del M5S all’Assemblea regionale siciliana mostra concretamente cosa devono fare candidati ed eletti nel Parlamento e nelle assemblee elettive locali per svolgere un ruolo positivo: non fermarsi alla denuncia e all’indignazione, ma agire per conto e sotto il controllo delle masse popolari organizzate che sono le uniche e vere artefici della costruzione della nuova governabilità e della democrazia partecipativa. Nello stesso tempo l’azione dei grillini all’ARS costituisce una conferma che, come ha indicato il (n)PCI, “il M5S è la lista che più delle altre liste di oppositori dichiarati della politica di macelleria sociale ha la possibilità di portare oppositori nel Parlamento della Repubblica Pontificia e di disturbare la copertura parlamentare del suo futuro governo”.
 
E’ una vittoria che conferma molti degli insegnamenti del movimento NO TAV…
1. Alla base della decisione della Regione Sicilia ci sono i comitati NO MUOS che sono sorti a Niscemi e nel resto della Sicilia e il coordinamento che hanno costruito intorno all’obiettivo comune con altre associazioni, partiti, singoli. Organizzarsi è il primo, necessario e fondamentale passo per trasformare l’indignazione, la rabbia e lo scontento in una forza in grado di cambiare il corso delle cose, per tradurre gli interessi e le aspirazioni delle masse popolari in azione, per far valere la forza del nostro numero, per dare gambe ai sentimenti, ai valori e alle aspirazioni migliori, più avanzati delle masse popolari.
 
2. I comitati NO MUOS non si sono fermati di fronte al fatto che la costruzione del MUOS era una decisione già presa, in questo caso per di più da tempo e in alto loco (governi Berlusconi e Monti, vertici militari USA, ex presidente della Regione Lombardo). Contro le misure di miseria, devastazione e morte delle autorità borghesi è possibile e necessario lottare prima per impedire che vengano decise e, se vengono comunque decise, lottare dopo per impedirne e boicottarne l’attuazione. E’ il contrario della “opposizione di opinione” della sinistra borghese per cui si fanno proteste contro, commissioni e sottocommissioni, ma quando le cose vengono decise dalle autorità bisogna rassegnarsi, non c’è più niente da fare, la partita è chiusa.
 
3. Raccolta firme, appelli pubblici, campagne di informazione e denuncia, ricorsi in Tribunale si sono combinate con manifestazioni, presidi, blocchi stradali e altre forme di lotta, applicando praticamente il criterio che “è legittimo quello che è conforme agli interessi delle masse popolari, anche se è vietato dalle leggi”. E’ il bilancio rigoroso, scientifico e pratico della violazione (l’ultima in ordine di tempo!) dell’esito del referendum sull’acqua da parte del governo Monti e prima di lui di quello Berlusconi. O delle sentenze dei Tribunali a favore della FIOM spudoratamente ignorate e inapplicate da Marchionne negli stabilimenti FIAT, a partire da Melfi e Pomigliano. 
 
4. Gli interessi e le aspirazioni delle masse popolari vengono prima delle leggi, delle norme e delle decisioni di un pugno di guerrafondai, di speculatori e di servi degli imperialisti USA e che per di più sono leggi, norme e decisioni che aggirano o calpestano apertamente lo spirito e la lettera della Costituzione ancora in vigore. Che lo facciano pacificamente o meno, sono gli attivisti NO MUOS, NO Dal Molin e quanti lottano contro le basi USA in Italia, la corsa agli armamenti, la partecipazione del nostro paese alle guerre di aggressione (spacciate per guerre umanitarie, guerre contro i dittatori e per la libertà, guerre per la “pace” e per “esportare la democrazia”) gli unici e veri garanti della Costituzione che “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 11)!
 
5. Il movimento NO MUOS ha combinato la mobilitazione popolare con quella dei sinceri democratici, degli amministratori locali, dei tecnici e sfruttato le contraddizioni esistenti in campo nemico (lotta su “due gambe”).
Ha messo a contribuzione tecnici ed esperti separando “il grano dall’oglio”, cioè sbugiardando gente come Patrizia Livreri, docente di ingegneria dell’Università di Palermo ed esperta di onde elettromagnetica, che nel 2011 avevano dato parere positivo al MUOS dal punto di vista ambientale e della salute: era stata ingaggiata (e pagata) dalla società URS di Milano controllata dalla URS Corporation  con quartiere generale a San Francisco-California!
Ha messo alla prova la pattuglia grillina eletta all’Assemblea regionale siciliana (ARS) che ha risposto positivamente: per tre giorni hanno fatto mancare il numero legale impedendo l’approvazione del documento di programmazione economico e finanziaria della Regione (“qui si ferma tutto se non si mette la parola fine al Muos”). E’ stata la spinta finale alla decisione di revoca delle autorizzazioni, con buona pace delle rimostranze di Crocetta: “i grillini se pensano di mettere il governo in difficoltà sono fuori strada, non siamo sotto scopa. Fare mancare il numero legale all’ARS sul Dpef è una prova di grande immaturità. Che vuol dire che aspettano la revoca del Muos prima di votare il Dpef? Non siamo alle elementari o all’asilo. Potevamo non portarlo in aula, ma l’abbiamo fatto per una questione di trasparenza, possiamo anche ritirarlo: ma un documento va approvato o respinto”.
Ha messo la Regione contro il governo centrale, che per bocca della ministra Cancellieri aveva dichiarato il MUOS “un sito di importanza strategica per la difesa della nazione e dei nostri alleati” e qualche giorno dopo aveva scagliato le forze dell’ordine contro cittadini e manifestanti che presidiavano le vie di accesso per impedire il passaggio dei convogli con i mezzi per il montaggio delle antenne. 
 
… e fa intravvedere la strada da percorrere per farla finita con la subordinazione del governo italiano agli imperialisti USA e con il vortice di miseria, devastazione ambientale e guerra con cui gli “italiani che contano” (i vertici della Repubblica Pontificia) e la comunità internazionale dei grandi capitalisti, dei banchieri e dei guerrafondai cercano di tenere in vita il loro sistema di relazioni economiche, politiche e sociali e il loro “ordine mondiale” nonostante la crisi generale del capitalismo. 
 
Giustamente Elvira Cusa, esponente del Comitato No MUOS di Niscemi, dice “prendiamo atto delle dichiarazioni del Presidente della Regione Rosario Crocetta che assicura di aver predisposto il decreto che avvia il procedimento di revoca delle autorizzazioni ai lavori. Ma in attesa di poter conoscere l’esatto contenuto degli atti, noi continuiamo a presidiare la base di morte e ai impedire che i lavori, illegittimi, possano comunque continuare. I segnali che giungono dal governo di Roma, l’anomalo attivismo dei diplomatici statunitensi in Italia sono allarmanti. Siamo convinti che si tenterà in tutti i modi di imporre il completamento dei lavori, con o senza la sospensione o la revoca delle autorizzazioni da parte della Regione. Le nostre proteste continueranno sino a quando non verrà definitivamente chiusa la partita, il governo revocherà il permesso di utilizzare il territorio italiano per installare un sistema di aggressione bellica ad uso esclusivo USA e si avvierà lo smantellamento delle 46 antenne già esistenti, responsabili di un pericolosissimo inquinamento elettromagnetico nella città di Niscemi”. 
 
Per “chiudere la partita” con il MUOS e le altre basi, centri di telecomunicazioni, depositi di munizioni, campi di addestramento USA e NATO di cui è disseminato il territorio italiano la direzione del paese deve essere presa in mano da un governo di emergenza composto da persone di fiducia delle organizzazioni operaie e popolari (comitati NO MUOS e NO TAV, RSU e altre organizzazioni operaie, comitati di lavoratori, disoccupati e precari, pensionati, studenti, gruppi di cittadinanza attiva, reti di ambientalisti, progressisti, antifascisti, di mutuo aiuto, ecc.) e decise ad attuare i provvedimenti che zona per zona esse indicano, anche se vanno contro gli interessi e le regole dei poteri forti italiani e internazionali.
 

venerdì 15 febbraio 2013

Ci vuole la lotta di classe

Luciano Granieri


 Spesso mi si accusa di essere un utopista. Secondo qualche mio amico blogger la solidarietà fra gli uomini non può stabilirsi per natura.  L’uomo nasce individualista e per il proprio bene è portato a sacrificare e  il bene degli altri. Sono perfettamente d’accordo con questa analisi. Ma proprio perché la solidarietà non è insita nelle cose umane bisogna organizzarsi contro chi ti calpesta per emergere e cercare quanto più possibile di imporsi per non soccombere.  Spesso, anzi quasi sempre, questa  lotta è impari. Nella guerra  alla sopravvivenza non  tutti possiedono  lo stesso arsenale  . Pochi dotati di spregiudicatezza  e spietatezza ma anche destinatari di condizioni più fortunate, partono indubbiamente da posizioni di vantaggio che usano per primeggiare ancora di più distruggendo e umiliando tutti gli altri. Allora gli “ALTRI” quelli che partono da condizioni svantaggiate non hanno che l’unica possibilità di unire le proprie esigue forze per farle diventare più incisive utili a ritagliarsi uno spazio vitale dignitoso.   Qui si innesta il concetto di solidarietà  così come io la intendo,  che non è quello ecumenico e cristiano,  ma è quello  proprio di una PARTE, di una “CLASSE” di persone  che si organizza e combatte “PER VINCERE” contro l’altra classe che si arricchisce dal loro sfruttamento.  Sono i principi della lotta di classe sic et simpliciter. Principi che mentre  la classe capitalistico -finanziaria ha sempre praticato con spietata efficienza, la CLASSE degli altri li ha annacquati  dentro il miraggio tutto riformista  della collaborazione fra capitale e lavoro.  L’utopia vera non è la solidarietà di classe, ma è l’imbroglio della solidarietà fra grande impresa , finanza   e mondo del lavoro.  Questa è la grossa menzogna che ha portato il proletariato, vecchio e nuovo, di cui fanno  parte ormai anche i piccoli imprenditori,  a disgregarsi, a soccombere e a peggiorare progressivamente la propria condizione  di vita.  E’ bene tornare a convincersi che la grande impresa    non ha  gli stessi interessi dei lavoratori, così come i lavoratori non hanno gli stessi interessi della grande impresa. Tutto ciò per dire che alla base del percorso necessario alla riappropriazione di qualche diritto fondamentale sta la cara vecchia lotta di classe.  Ciò è sacrosanto soprattutto in Italia dove l a lotta di classe diventa anche conflitto per la legalità e  finanche lotta di libertà.  La classe imprenditoriale italiana, oltre a rigenerarsi e a costituirsi sempre delle solite famiglie,  pratica sistemi reazionari  e perfino  criminali  per imporsi.  E non da adesso. Sin dagli inizi degli anni venti.  I signori dell’industria,  FIAT in primis,  avevano usato le squadracce fasciste per reprimere le prime insurrezioni operaie aprendo la strada al regime.  Durante  il ventennio l’imprenditoria   accattona ha  fatto affari con Mussolini  contribuendo a  al disastro economico, sociale e umano che la dittatura fascista ha provocato.  La Montecatini ,  gruppo chimico finanziario  potentissimo  antenata dell’attuale ENI,  realizzò  profitti milionari con la battaglia del grano essendo la unica produttrice dei concimi necessari ad aumentare il raccolto. Con l’autarchia il colosso chimico passò al controllo di tutta la produzione nazionale della siderurgia e alla raffinazione di un carburante di derivazione chimica altamente inquinante con il  quale si sopperiva alla mancanza di idrocarburi non più importati . Nel periodo autarchico Montecatini assicurò  dividendi per i propri azionisti pari a 260 milioni di lire per tre anni , avvelenando l’aria delle città e diminuendo le retribuzioni degli addetti.  Il regime con i soldi dei piccoli risparmiatori drenati dalla casa depositi e prestiti  salvò dal dissesto la Banca Commerciale  che,  avendo  acquisito aziende agricole in fallimento, in pagamento di crediti inesigibili concessi ai contadini, si era trovata in crisi patrimoniale e di liquidità.  Dalle  macerie della guerra la classe imprenditoriale e finanziaria continuò a fare affari sulla pelle della povera gente. Anche in periodi di crescita e prosperità  economica, come negli anni ’60 i grandi imprenditori hanno lucrato. Le grandi famiglie industriali trattavano con lo stato l’entità delle tasse da pagare, il meno possibile evidentemente, lasciando al lavoro dipendente l’onere di finanziare lo stato sociale. E quando all’inizio degli anni ’70 la crisi economica cominciò a mordere, costringendo il governo  con la riforma Visentini del 1971, entrata in vigore nel 1973, a introdurre il regime di tassazione progressiva, i grandi accattoni  hanno iniziato a trasferire i propri capitali nei paradisi fiscali. In tal modo lo Stato si è visto  costretto ad emettere debito pubblico per sopperire alle mancate entrate fiscali, causate dall’evasione.  Titoli acquistati per lo più da quegli stessi grandi imprenditori accattoni con i  capitali frutto dell’ evasione. Per cui questi signori oltre a non pagare le tasse erano anche i maggiori creditori degli interessi sul debito  nazionale, truffando due volte la popolazione.  Proprio l’irreversibile svilupparsi di questa dinamica è stata una delle maggiori cause del disastro economico e sociale attuale.  E siamo all’oggi. I Riva, finanziatori della campagna elettorale del 2006 sia di Bersani che di Berlusconi,  con l’aiuto del governo avvelenano la popolazione  di Taranto non curandosi nemmeno di modificare i sistemi di trasferimento delle polveri ferrose dalle navi alla banchina.  E sono anche fra i beneficiari del regalo che Berlusconi , con l’abile regia dell’allora banchiere Corrado Passera , fece a loro e ad altri campioni dell’intraprendere italico come il gruppo Marcegaglia, Benetton, Toto. La compagnia aerea di bandiera Alitalia.  Sotto lì’abile guida di questi cialtroni, la compagnia si sta disintegrando, truffa i propri passeggeri,  spacciando voli low cost made in Romania come voli di lusso firmati Alitalia, sbanchetta i velivoli incidentati.  Per non parlare di Fiat che da 113 anni continua a succhiare il sangue dei cittadini sfruttando gli operai e negli ultimi anni facendosi beffa, così  come i Riva,  delle sentenze della magistratura che li condanna.  Gli scandali finanziari che stanno coinvolgendo il Monte dei Paschi ma che,  siamo sicuri, presto coinvolgeranno anche altre banche, le mazzette di Fincantieri agli indiani,lo  scandalo Eni Saipem, toh chi si rivede,  e tutte le altre squallide vicende di mazzette che stanno scuotendo il capitalismo privato e di Stato, sono la concreta dimostrazione che la lotta di classe, loro l’hanno vinta senza farsi scrupoli dei mezzi adottati.  E’ dunque una malattia così incancrenita non si estirpa con terapie riformiste, ma va sradicata con la lotta. Non si tratta di qualche  mela marcia ma dal sistema che è marcio e non da oggi.  Dunque bisogna tornare a agitare un conflitto classista, puntando alla gestione delle fabbriche da parte dei lavoratori e alla gestione delle banche da parte dei cittadini. Questo è l nocciolo del problema, il resto è propaganda elettorale.

Keynes non serve: ci vuole Marx!

Alberto Madoglio


Santorini è il nome di una splendida isola greca nel mar Egeo che ogni estate accoglie milioni di turisti provenienti da tutto il mondo. Da qualche giorno quel nome (insieme a Nota Italia e Atlantia) è legato allo scandalo che ha colpito la terza banca italiana, il Monte dei Paschi di Siena (Mps).
Nel capitalismo situazioni di questo genere sono la norma, non l’eccezione. In Europa abbiamo, ad esempio, avuto il caso riguardante la definizione del tasso Libor (che serve come riferimento alle banche per calcolare mutui, prestiti alla clientela e fra loro stesse) per il quale una banca inglese, la Royal Bank of Scoltand, ha dovuto pagare una multa di centinaia di milioni di euro. In Italia, proprio in questi giorni, ci troviamo di fronte a un ex colosso della new economy, Seat Pagine Gialle, che ha visto in pochi anni il valore delle sue azioni passare da oltre 7 euro a pochi millesimi di euro (sì, avete letto bene) e che non è in grado di rimborsare le migliaia di piccoli risparmiatori che hanno sottoscritto le sue obbligazioni (mentre si indaga sul fatto che importanti fondi di investimento siano riusciti, sfruttando informazioni riservate, a salvaguardare i loro investimenti).
Mentre scriviamo, infine, è balzato agli onori della cronaca un altro scandalo, Saipem/Eni (il cane a sei zampe è una delle maggiori multinazionali a livello mondiale), che rischia di far derubricare quello della banca di Siena a livello di piccolo furto di paese.
La banca senese non è nuova a truffe, imbrogli e raggiri. Qualche anno fa era stata coinvolta nel caso MyWay e ForYou, prodotti finanziari venduti alla clientela, nascondendone i rischi, che causò grossi guadagni per la banca e ingenti perdite agli investitori. Il nuovo scandalo però ha raggiunto dimensioni ragguardevoli diventando un caso politico, economico e finanziario che mette sotto accusa l’intero sistema capitalistico italiano, la totalità delle sue classi dirigenti borghesi e la connivenza delle cosiddette autorità di controllo indipendenti (Banca d’Italia, Bce, Eba) che per anni hanno taciuto davanti a una truffa dalle dimensioni colossali.
I guai per l’istituto di Rocca Salimbeni, sono iniziati con l’acquisto dagli spagnoli di Santander della banca Antoveneta, che venne acquista per un prezzo maggiorato del 50% rispetto a quanto pagato dagli iberici solo sei mesi prima. La quasi contemporanea esplosione della crisi finanziaria e economica, ha costretto la banca ha porre in essere una serie di spericolate operazioni finanziarie (citate sopra) per tentare di celare le perdite dovute all’acquisto della banca dagli spagnoli e della quasi certa “mazzetta” che quella operazione ha creato.
Oggi tutti gridano allo scandalo. Politici, banchieri e grand commis dello Stato e dell’Unione europea sostengo la loro estraneità, cercando di addossare le colpe alle smisurate ambizioni di qualche ex dirigente bancario colpito da manie di grandezza. Si tratta di un tentativo comprensibile: ma assolutamente privo di credibilità. Tentiamo di vedere perché.
Una truffa che colpisce l'intero sistema politico-economico italiano
Da quasi venti anni la banca è stata privatizzata. La maggioranza delle azioni è in mano a una Fondazione i cui vertici sono l’espressione del Comune e della Provincia di Siena, della regione Toscana, dell’Università, della Camera di Commercio e dell’Arcivescovato della cittadina toscana. Come si vede, tutte le classi dirigenti nazionali sono state direttamente coinvolte nelle gestione della banca.
Se è vero che i membri della Fondazione di nomina degli enti locali sono espressione del maggior partito della sinistra borghese, il Partito Democratico, le votazioni in cui venivano proposti i nomi sono state approvate all’unanimità, con i voti del centro destra, Pdl in testa. In una gestione totalmente bipartisan: ricordiamo i 700 mila euro di finanziamento al Pd dell’ex ad. di Mps, che tra le altre cose concludeva i congressi della federazione senese del partito di Bersani; ma ricordiamo anche i milioni di prestito concessi a un piccolo istituto di credito che aveva tra i maggiori azionisti Verdini, strettissimo collaboratore di Berlusconi. A politici di entrambi gli schieramenti borghesi venivano affidati incarichi dirigenziali nelle varie società controllate da Mps.
In questa gestione, che i mass media nazionali definiscono opaca, ma che in realtà ha rappresentato un vero e proprio crimine del capitalismo contro i lavoratori, un ruolo non secondario lo hanno avuto le burocrazie sindacali, Cgil in testa. Fare carriera sindacale in banca è stato per molto tempo condizione necessaria per diventare sindaco della città, e gestire quindi le nomine nella Fondazione Mps, o dirigenti di alto grado nella banca stessa. E’ per questo motivo che il sindacato di Susanna Camusso ha scelto una sorta di basso profilo in tutta la vicenda.
Adesso, scoppiato lo scandalo, contabilizzate perdite di diverse centinaia di milioni causate dalla sottoscrizione dei titoli derivati, che salgono a diversi miliardi (si parla di una somma di svariati miliardi, superiore all’intera capitalizzazione di borsa) se si sommano i bilanci degli ultimi anni, tutti cercano di trovare una soluzione.
Nazionalizzare le perdite dopo aver privatizzato gli utili
La  soluzione più probabile è quella di un intervento da parte dello Stato nel capitale della banca. Dopo la sottoscrizione dei Tremonti bond nel 2011 per un miliardo di euro, oggi si parla di un prestito di altri 3,9 miliardi. A prima vista si dovrebbe essere soddisfatti di un simile intervento. Per la prima volta il governo abbandona l’ideologia liberista e agisce per difendere gli interessi della comunità. Il prestito poi non è a fondo perduto, ma è fatto a un tasso molto oneroso, circa il 9%. Se la banca non fosse in grado di onoralo, lo Stato diverrebbe azionista e proprietario della stessa. Un vero e proprio miracolo, un vero e proprio blitz di stampo keynesiano, dal lieto fine assicurato. Purtroppo la realtà è differente da come vuole rappresentarla certa propaganda.
Abbiamo avuto negli ultimi anni vari casi di cosiddette “nazionalizzazioni” di aziende in crisi. I più noti riguardano l’industria automobilistica americana. Lì lo Stato ha prestato soldi alle aziende, a patto che queste riducessero drasticamente il salario, diretto e indiretto, dei lavoratori. Una volta terminata questa operazione, le aziende sono tornate completamente in mano agli azionisti privati, i quali hanno ricominciato a fare utili enormi, mentre i lavoratori continuavano ad avere stipendi da fame. I presunti guadagni dello Stato (anche in quel caso il prestito era oneroso) sono stati utilizzati non per finanziare e potenziare il welfare pubblico, ma per concedere agevolazioni fiscali ai grandi capitali, a prestare soldi alle banche e così via.
Credere che in Italia le cose possano andare in un modo diverso è pura illusione. Ma se anche ciò avvenisse, e facciamo solo un’ipotesi di scuola, i problemi non sarebbero risolti. Infatti se il governo italiano dovesse fare una nazionalizzazione senza diminuire i livelli salariali e occupazionali dei lavoratori di Mps, vedrebbe comunque il suo deficit e debito pubblico aumentare considerevolmente. E’ immaginabile che ciò creerebbe delle tensioni sui mercati che trattano titoli di Stato italiani, Bot, Bpt ecc. Questa situazione contribuirebbe a sua volta ad aumentare il debito, spingendo il governo a effettuare una ulteriore politica di tagli per diminuire il peso della propria esposizione finanziaria.
Keynes non serve: ci vuole Marx!
E’ un cane che si morde la coda. In un sistema come quello capitalistico, per i lavoratori non c’è via d’uscita. Direttamente o indirettamente sono loro a doversi far carico dei costi di scandali, truffe e crisi di ogni sorta. E’ solo per loro che non esistono pasti gratis, mentre la grande borghesia continua ad abbuffarsi a nostre spese.
Il caso Mps mette quindi all’ordine del giorno non solo la assoluta insostenibilità del sistema bancario nazionale, dei suoi intrecci con i partito borghesi, delle truffe ai danni dei piccoli risparmiatori e dei lavoratori per avvantaggiare pochi grandi speculatori privati. Mette in discussione l’intero sistema capitalistico nazionale e le sue interconnessioni con la finanza mondiale.
Ecco perché la vera soluzione non può essere rappresentata da maggiori poteri di controllo affidati alla Banca d’Italia o al ministero delle Finanze. Non si può, davanti al rischio concreto che migliaia di impiegati di Mps siano licenziati, proporre i contratti di solidarietà come fanno i sindacati, Cgil in testa, cioè offrire riduzioni di salario nell’ordine del 15 o 20%.
La sola alternativa concreta è quello di rivendicare e imporre la nazionalizzazione senza indennizzo sotto controllo operaio di tutto il sistema bancario nazionale, e lottare per la creazione di un istituto di credito nazionale gestito dai lavoratori. Che i grandi patrimoni accumulati dalle banche siano a loro volta espropriati e utilizzati per opere di utilità sociale (infrastrutture pubbliche, scuola, sanità, welfare ecc.). E’ necessario ripudiare il debito pubblico, accumulato in decenni di ruberie e concessioni al grande capitale, tutelando solo le somme che rappresentano i risparmi dei lavoratori e dei pensionati.
Bisogna, in conclusione, creare -a partire dall'unione e sviluppo delle lotte- i rapporti di forza per rovesciare questo sistema economico, politico e sociale in putrefazione.
Solo un processo rivoluzionario, una rivoluzione socialista (non la presunta rivoluzione civile di Ingroia, Ferrero e Diliberto), può adempiere a questo compito gigantesco ma ineludibile.

mercoledì 13 febbraio 2013

Lettera aperta ai Candidati alle elezioni politiche

Rete degli studenti Lazio


Gentile Candidato,
Siamo Studentesse e Studenti che vivono nel Lazio, il tuo collegio elettorale. Siamo la Rete degli Studenti Medi, il sindacato studentesco, presente sul territorio nazionale e nelle provincie di questa regione. Il nostro lavoro di difesa e rappresentanza dei diritti degli studenti ci rende interessati, quindi, a conoscere il tuo parere rispetto ad alcuni temi a noi particolarmente cari, certi che nel tuo eventuale operato parlamentare, saprai dar voce alle necessità che nascono dal territorio da cui proviene.

In merito al diritto allo studio, vorremmo sapere cosa ne pensi della situazione attuale che vede diversi studenti, anche negli anni dell'obbligo scolastico, pesare notevolmente sul bilancio familiare per raggiungere il proprio istituto, visti i costi (degli abbonamenti) dei trasporti e vista la mancanza di concrete ed efficaci agevolazioni rispetto all'età, allo status, al reddito familiare, al numero di utenti in famiglia.

Allo stesso modo, ci domandiamo quanto sia giusto per te che ogni famiglia con dei figli in età scolare debba spendere centinaia di euro ogni anno in libri di testo, considerata la moda delle case editrici di pubblicare di frequente nuove edizioni, che di nuovo hanno spesso solo il titolo, rimanendo il contenuto sostanzialmente lo stesso. Con l'informatizzazione dei libri si potrebbe migliorare qualcosa, sperando che la fregatura non venga in futuro venduta solo in un diverso formato, non più cartaceo ma pdf.

Ci preme anche ricordarti la lacuna legislativa in materia di stages studenteschi. Manca infatti una regolamentazione specifica, che tuteli lo studente sia nella sua persona che nella sua formazione. Crediamo sia un'esigenza prioritaria e sentita, soprattutto in una regione operosa come la nostra, di cui potrebbe sicuramente farsi portavoce un parlamentare proveniente da questo territorio.

L'edilizia è un altro tema che può risultare banale ma che, nella sua semplicità, racchiude tutta la sua importanza. Lo abbiamo sperimentato in prima persona in regione, date le pessime condizioni degli edifici scolastici. A questo proposito ti proponiamo la nostra idea, che prevede un aumento del fondo per gli interventi ordinari e straordinari, affinché questi possano essere mirati, repentini e senza sprechi.

Infine, ti esponiamo, non senza rabbia e delusione, questa nostra perplessità:

A fronte di tante aspettative e promesse sul nostro futuro, su una cultura ed una formazione migliori, ci chiediamo perché le uniche riforme da troppo tempo ad oggi non siano state altro che tagli camuffati. Perché allora non porre concretamente l'istruzione tra le priorità del Paese e non mettere seriamente in discussione i costi della politica, i finanziamenti per le grandi opere e le spese militari? Non trovi sarebbe un primo segno della volontà di un cambiamento vero verso gli studenti?

Ti preghiamo di risponderci con molta franchezza e onesta intellettuale. Non vogliamo frasi fatte o retorica, vogliamo un impegno concreto perché è di questo che si tratta. La costruzione di una società della conoscenza e l’uscita della crisi passa necessariamente per un forte investimento in scuola, università e ricerca. Questo investimento, però, non è una questione di costi, debito pubblico o pareggio di bilancio; per noi è una questione di priorità politica e visione del Paese, della società e del modello sviluppo, per questo siamo sinceramente interessati al tuo parere.

Un curioso e attento saluto,

le Studentesse e gli Studenti della Rete degli Studenti Medi del Lazio

”OLTRE LE ELEZIONI POLITICHE - Costruiamo a Roma un percorso politico e sociale per l’alternativa”


Sinistra Critica – Circolo di San Lorenzo “Francesco Babusci”

Il percorso di “Cambiare si Può” ha rappresentato una occasione perduta. Attorno all’appello “Cambiare si può” si erano raccolte migliaia di cittadine e di cittadini, di militanti politici, sindacali, ambientalisti, di movimento che, in un processo assembleare fortemente partecipato, hanno delineato la possibilità di costruire una proposta elettorale nettamente e apertamente alternativa a tutti gli schieramenti che nel corso degli ultimi decenni si sono succeduti al governo. Purtroppo, anche grazie all’assalto elettoralistico di partiti come il Prc, il PdCI, l’IdV e i Verdi, spaventati dall’idea di non poter nuovamente sedere in Parlamento, quel processo è approdato ad un esito che ha gravemente deluso le attese. Numerosissimi sono stati coloro che di fronte a questo esito si sono disimpegnati dal sostegno militante ma spesso anche solo elettorale alla Lista Ingroia, e per questi motivi Sinistra Critica ha deciso che in queste elezioni non sosterrà alcuna lista né darà alcuna indicazione di voto.
Tuttavia crediamo che ci siano le condizioni affinché l’impegno e l’entusiasmo di tante persone che avevano partecipato al percorso di “Cambiare si Può” non vada disperso. Al contrario, pensiamo che le energie che si sono messe in moto e le migliaia di persone che hanno partecipato alle assemblee a Roma possano costituire il punto di partenza per costruire nella nostra città un percorso democratico e partecipato di alternativa di classe alle politiche che hanno dominato questa città e che l’hanno ridotta ad una invivibilità sempre maggiore per i ceti popolari, per i lavoratori/trici, per le donne e per i giovani. Occorre intrecciare questo percorso con le lotte e le resistenze che hanno attraversato Roma in questi anni: dalle lotte dei lavoratori contro la crisi, da quelle per il diritto all’abitare, a quelle degli studenti e dei precari, a quelle dei quartieri contro le speculazioni e per i servizi sociali, a quelle per l diritto alla cultura. Un percorso che disegni una città in cui praticare politiche alternative al montismo, al liberismo, all’austerità ed alle politiche di massacro sociale, in tutte le sue varianti, specie quelle fintamente “progressiste”. Vogliamo che si concretizzi la possibilità che questo percorso giunga alla presentazione di una lista indipendente e di una candidatura radicalmente alternativa al centrodestra e al centrosinistra, che sia il riferimento di quelle lotte e che sia diffusa nel territorio. Questo progetto, questa prospettiva possono costituire un mezzo ed una opportunità per costruire luoghi di elaborazione e di conflitto sociale e di riaggregazione/ricomposizione di classe.
Per cominciare a parlare di e praticare la possibilità di costruire questo progetto, il Circolo di Sinistra Critica di San Lorenzo ha organizzato un
INCONTRO – DIBATTITO
Giovedì 14, ore 18,30 in Via dei Latini 73 - San Lorenzo
”OLTRE LE ELEZIONI POLITICHE - Costruiamo a Roma un percorso politico e sociale per l’alternativa”
Partecipano e intervengono
                                                                        Sandro MEDICI
    (Presidente X Municipio e candidato Sindaco di Roma)
    Armando MORGIA
    (Coordinamento romano di Sinistra Critica)
    LUCA D'INNOCENTI
    A.L.B.A. - Roma
    Prima del dibattito ci sarà un aperitivo a sottoscrizione
    Siete tutti/e invitati a partecipare ed intervenire

martedì 12 febbraio 2013

Carnevale ai tempi della crisi

Luciano Granieri


Il pomeriggio non è particolarmente freddo. Dopo una giornata di neve, tuoni e fulmini, le condizioni meteo sembra posano consentire la sfilata dei carri di carnevale. Dopo aver imposto la chiusura delle scuole in un giorno uggioso di pioggia, ma orfano della temuta neve, dopo aver lasciato aperte le scuole in una giornata in cui la neve è caduta veramente, il sindaco di Frosinone non se la è sentita di prendersi il rischio di fermare il generale Championnet causa maltempo. Dunque via libera ai carri e che Dio ce la mandi buona. Avvicinandomi a Corso della Repubblica, non avverto la solita atmosfera . Urla e schiamazzi restano lontani, giungono ovattati .  Altra sorpresa si trova parcheggio addirittura sotto i Piloni, sarà la paura che sprofondino, o la partecipazione popolare a questo carnevale è veramente misera e poco sentita? Di fronte al monumento di Norberto Turriziani un po’ di gente resta in attesa dei carri, ma non è la solita calca Ragazzi mascherati con i cenci trovati nelle soffitte e nella cantine guerreggiano spruzzandosi con la schiuma da barba sintetica. Qualche spruzzo collaterale fa secco il mio giubbotto, per fortuna non è quello buono. Manca il solito carro che distribuisce il vino, ma la gente ubriaca o strafatta  è presente numerosa .  Ci  tocca dividere due che se le stanno dando di santa ragione mentre i loro amici, anziché intervenire per sedare la rissa, riprendono tutto con il telefonino. Roba buona per You Tube. Sarà il tempo grigio e freddo, sarà che il largo non è pieno come al solito sta di  fatto che sotto un’allegria ostentata e costruita si respira una inesorabile aria di tristezza. E’ proprio un Carnevale triste! Finalmente compare un primo carro. E’dedicato ai cartoni animati di Winnie  the Pooh, non viene molto considerato nemmeno dai bambini. Ormai è chiaro questo è il carnevale dei tempi della crisi. Non ci sono fondi. In un periodo di tagli alla sanità alla scuola, alle funi dell’ascensore inclinato, non si può pretendere che ci sia la voglia di festeggiare. Comunque un poco del fondo della cassa comunale è stato destinato all’organizzazione del carnevale, è un evento storico culturale, non c’è dubbio, ma magari trovare i soldi per assumere i lavoratori della Multiservizi e assicurare un minimo di servizi sociali alla cittadinanza , avrebbe reso quelle facce in attesa di Championnet  un po’ meno tirate nella loro finta allegria. Ma c’è la crisi! E poi c’è da risparmiare per costruire la macchina di San Silverio e Sant’Ormisda, così come fanno a Viterbo  con Santa Rosa!  Frosinone ha ben due santi patroni che meritano di essere scarrozzati dalla cittadinanza per le vie del centro su una sfarzosa e gigantesca costruzione. C’è anche il caso che il nuovo Papa colto da tanto opulento atto di fede scelga il nome di Papa Silverio I. Ma torniamo al carnevale falcidiato dai tagli. Sono talmente evidenti questi tagli che a farne le spese è anche Pippo. Sul carro dedicati ai personaggi della Walt Disney, il povero amico di Topolino si presenta con la testa mozzata di netto. Il capoccione  giace  mesto sul fondo del carro. No! Tagliate tutto ma Pippo no! Finalmente compare , lui,  il generale, ma la musica  che precede  la carrozza  dell’ufficiale francese si sente  appena.  Due trombe, un trombone, un corno francese, qualche tamburo. Tutto qui.  Questo è  quanto rimane  dell’imponente banda che scortava Championnet  nelle precedenti edizioni. Neanche le divise sono concesse ai prodi musici che  devono  intonare la ben nota marcia “essiglie essi glie, essiglie è” vestiti  nell’occasione così come si trovavano per casa. I radecari, pochi per la verità, cercano di coinvolgere gli astanti ma con scarso successo. Patacca e gli ammuto purtroppo sono venuti a mancare e Dio solo sa quanto pesi la loro assenza. Il sindaco fa capolino, niente a che vedere col suo predecessore Marini il quale  non si perdeva per niente la mondo un giro con i radecari.. E del resto nel partito di Ottaviani a fare il buffone ci pensa già abbondantemente il capo, l’unico e il solo ad avere il diritto di farlo.  Insomma nel carnevale dei tempi della crisi il panem è quasi scomparso, sono finiti i fondi per comprarlo  e i circenses si sono nascosti umiliati dai grandi buffoni professionisti  della giocoleria elettorale che in questo periodo di elezioni  imperversano nelle tv cercando di accaparrarsi il voto promettendo mirabolanti imprese  e miracoli . Come è triste il carnevale ai tempi della crisi.

W Sanremo. W il Papa

Luciano Granieri


 Evadere dall’evasione. E’ stato sempre un nostro  motto. In nome di questo assunto, ogni anno abbiamo scritto il nostro bravo post contro quel carrozzone nazional -popolare che è il festival di Sanremo. Dai Jalisse, a Vittorio Emanuele e Pupo, da Alessandro Canino  a Toto Cutugno, i campioni rappresentati del popolino  borghesuccio anzichenò  non sono mai  mancati. Quest’anno invece l’invito a vedere Sanremo parte proprio da noi. Non dipende dal fatto che al timone dalla contesa canora c’è Fabio Fazio con Luciana Littizzetto, né la natura dei partecipanti è un po’ meno nazional -popolare del solito. E’ che ci siamo stancati di sentire i “CANTANTI” in corsa per il Parlamento  ammorbarci, un giorno si e l’altro pure, con le loro fandonie, le loro pantomime ridicole e volgari. Insomma siamo stanchi di farci prendere per il culo da chi prima mette le tasse, poi promette di togliertele, da chi assicura condoni tombali,  miliardi di posti di lavoro e “CCHIU PILU PE’ TUTTI”. Ma ci pensate che bello!!! Una settimana intera in cui i protagonisti diventano i cantanti veri, la giuria della critica e la giuria popolare. I Porta a porta, I Ballarò, tutto passa in secondo  piano. Niente più spazio ai bofonchiamenti di Bersani stretto fra i banchieri  DEMOCRISTIANI di Monti e gli pseudo sinistri di Vendola ossessionato dall’incubo di riuscire ancora una volta a perdere elezioni  già  vinte . Basta  con i tentativi patetici di Monti di imitare Berlusconi nel farsi pisciare addosso da una cagnetta e nel promettere di togliere  quelle stesse tasse che proprio il suo governo e quello del suo predecessore guitto  hanno imposto. Basta con le urla di Grillo dalle piazze e con i proclami lacrime e legalità di Ingroia. Tutti a guardare Sanremo. Si dice in genere che le disgrazie non vengono mai sole, stavolta  sono  state le fortune a  coalizzarsi . Iinfatti all’evento del  festival di Sanremo, si è aggiunta  la decisione storica di Papa Benedetto XVI di dimettersi dal soglio pontificio.  Altro materiale buono per togliere pagine, video e web alle cialtronerie elettorali. Già si rincorrono ipotesi di complotti orditi alle spalle del “Pastore Tedesco”, si tira in ballo lo  Ior e sospetti intrallazzi con i santi manager del Monte dei Paschi di Siena, già si sprecano le ipotesi su chi sarà il nuovo Papa. A  proposito! Noi qualche nome ce l’abbiamo. Zdenek Zeman, ad esempio,  è libero, da poco esonerato dalla Roma, sarebbe un ottimo condottiero dell’esercito di Cristo, darebbe vita  al Concilio Vaticano  IV III III, condannerebbe i preti pedofili, si batterebbe contro gli scandali dello Ior, anzi farebbe proprio chiudere la banca Vaticana. Riempirebbe le chiese di fedeli è vero, ma mi sa che la Chiesa non è pronta a tanta innovazione. E allora una seconda proposta potrebbe essere un’interim  al “minestraro” Bortolo Mutti, lo specialista delle salvezze all’ultima giornata, fino a quando il Real non si deciderà a cacciare  Mourinho,  che libero da impegni con il club madri lista, potrà salire sulla panchina….pardon sul soglio pontificio e riportare il Vaticano a quei fasti che lo hanno contraddistinto fino ad oggi. Comunque fra Sanremo e le dimissioni del Papa forse per un settimana saremo meno succubi delle cazzate. GUARDIAMO TUTTI SANREMO.

lunedì 11 febbraio 2013

Casa Pound aggredisce Sandro Ruotolo

Cinzia Gubbini. Fonte http://popoff.globalist.it/

Sedie per aria. Insulti e minacce. Un fumogeno all'ingresso della sala. E poi, ovviamente, la fuga. Sandro Ruotolo, giornalista di Servizio Pubblico e candidato con Rivoluzione Civile oggi pomeriggio ha subito una violenta aggressione da parte di alcuni militanti di Casa Pound a Civita Castellana, in provincia di Viterbo, dove stava svolgendo un incontro pubblico per la campagna elettorale. 

"Mi hanno aggredito": "Oggi intorno alle 12.30 una decina di giovani con uno striscione di Casa Pound hanno fatto irruzione nella sala Pablo Neruda di Civita Castellana: mi hanno minacciato e insultato - racconta Ruotolo - Sono volate le sedie, hanno acceso un fumogeno all'ingresso dell'edificio poi sono fuggiti''. Sullo striscione c'era scritto "Ruotolo maleducato". ''Stavo incontrando i cittadini ed era presente anche il vice-sindaco ma nonostante fosse un incontro pubblico, non c'erano rappresentanti delle forze dell'ordine - sottolinea Rutolo - Abbiamo chiamato i carabinieri che sono venuti successivamente e ora sono loro che dovranno fare le indagini. Alcuni dei cittadini di Civita Castellana presenti all'incontro hanno riconosciuto alcuni dei giovani che hanno fatto l'irruzione''. ''Sono nel mirino di CasaPound - aggiunge Ruotolo - perché in occasione dell'incontro dell'8 febbraio con gli altri candidati presidenti del Lazio ho rifiutato di stringere la mano al candidato di CasaPound, perché sono convintamente anti-fascista. Oggi non si sono avvicinati a me perché si sono frapposti i cittadini. Dopo l'irruzione è arrivato anche il sindaco di Civita Castellana ad esprimermi solidarieta''. Insomma, questione di "onore", l'offesa di Ruotolo andava punita. Ma che fino a che punto sono disposti a spingesi "bravi" di casa Pound?

Ma quale aggressione? Solo goliardia. Ma Casa Pound respinge le accuse, trincerandosi come sempre dietro alla foglia di fico della "goliardia". Peccato che si divertano solo loro. "E' stata solo un'azione goliardica contro l'antidemocratico Ruotolo", dice in una nota Casa Pound di Viterbo. "Evidentemente non tutti sono stati fortunati come noi che abbiamo potuto ricevere un'educazione adeguata - afferma Alberto Mereu, responsabile locale e candidato al consiglio regionale del Lazio di Cpi - Perciò ci siamo sentiti in dovere di 'riprendere' Ruotolo, che alla tenera età di 58 anni non ha ancora imparato a relazionarsi con i suoi avversari politici". Giusto, come diceva qualcuno bisogna riorganizzare la popolazione dal punto di vista morale e fisico...

La telefonata di Fini La solidarietà all'esponente di Rivoluzione Civile è stata vasta, dai "compagni" di Rivoluzione Civile - Di Pietro, Ferrero, Orlando, Bonelli - fino a la presidente dei Senatori del Pd al Senato che ha denunciato "una violenza politica inaccettabile". Ma Ruotolo ha ricevuto una telefonata addirittura da Gianfranco Fini, presidente della Camera dei Deputati, di cui però non sfugge il passato fascista che quindi rende ancora più significativo il gesto. Fini ha espresso solidarietà a Ruotolo e ha condannato il gesto.

Ingroia: "Il Viminale dia garanzie": "Come presidente di Rivoluzione civile chiedo al ministero dell'Interno che sia garantita a tutti i candidati delle nostre liste la sicurezza e la libertà nel partecipare a una campagna elettorale gia' fin troppo aggressiva e violenta nei toni. E' gravissimo quel che è accaduto oggi a Sandro Ruotolo - ha detto il candidato premier di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia - "Esprimo solidarietà personale a Sandro Ruotolo, giornalista coraggioso che non si è mai fatto intimidire da mafiosi e camorristi e che, da vero partigiano della Costituzione, non ha mai piegato la schiena ad ogni forma di fascismo - prosegue Ingroia- estendo l'appello anche agli altri leader politici affinché sia garantito un clima sereno e civile nel proseguo della campagna elettorale. Dopo la censura, quindi, anche le intimidazioni e gli atti di violenza. Non solo ci oscurano sui media ma vogliono impedirci di parlare ai cittadini minacciando i nostri candidati e interrompendo, com'è accaduto oggi, con atti di violenza le nostre manifestazioni Evidentemente Rivoluzione Civile fa paura".

domenica 10 febbraio 2013

"Il fascismo non è politica; esso è la negazione della politica".- Sandro Pertini

ANPI - Frosinone


Il vilipendio della memoria, il turpiloquio, l'arroganza priva di ogni rispetto  non solo politico ma umano è la cifra distintiva del fascismo, in qualsiasi veste si presenti. E' aberrante che l'Italia che ripudia il fascismo nella sua Costituzione permetta a formazioni che dichiarano con i fatti oltre che con le parole di appartenere al lugubre strascico che il fascismo ha lasciato a sporcare il mondo. Una volta ceduto rIspetto al dovere dell'antifascismo istituzionale non può meravigliare (e non meraviglia certo gli uomini delle istituzioni compiacenti) che essi ne approfittino nei modi che conoscono, ossia con prepotenza.
Campagne elettorali come l'attuale, tutte concentrate solo su temi contingenti e giocate sulle promesse in merito a IMU e spread e senza alcun riferimento valoriale non promettono un futuro migliore.
Occorre, lo diciamo da sempre, una forte rimessa in gioco della coscienza civile del nostro popolo, che siamo convinti ne sia ancora portatore. Occorre cioè andare oltre i singoli episodi, non attendere queste provocazioni di bassa cucina squadristica per riprendere il filo della costruzione di una civiltà democratica, ossia antifascista.
I tre Martiri toscani, fucilati al Curvone di Frosinone subiscono oggi una nuova infamia, sebbene il loro sacrificio non possa essere offuscato da ignobili pantomime. Così come non basta ai fascisti di oggi violare le lapidi ed i cippi partigiani in tutta Italia per ottenere consenso né rivincite impossibili.
L'Anpi invita tutti coloro che non intendono tacere a promuovere iniziative di conoscenza e divulgazione della nostra storia, unico mezzo per contrastare ogni revisionismo al servizio di una certa concezione del potere, della società, dell'umanità stessa. E' necessario essere presenti continuamente nelle scuole, nelle piazze e nei luoghi di aggregazione per marcare il discrimine fra valori irrinunciabili e tentativi di reazione, considerando le parole di Sandro Pertini come guida: "Il fascismo non è politica; esso è la negazione della 
politica".Ringraziamo gli studenti medi di Frosinone e la loro organizzazione e tutti coloro che, in forma privata o organizzata, faranno sentire la loro voce e riterranno di voler produrre iniziative in tal senso non solo nell'immediato, ma in modo costante e duraturo. La democrazia non si difende una volta per tutte, 
essa è sempre minacciata e offesa e sempre richeide attenzione ed impegno per resistere e fortificarsi.
L;'Anpi è disponibile a collaborare, nei limiti delle sue forze, a tali iniziative, promuovendo essa stessa occasioni unitarie di lavoro.


ORA E SEMPRE RESISTENZA!




Video di Luciano Granieri

Il partigiano Collalti racconta le sue storie di resistenza ad alcuni studenti, nei pressi della stele che ricorda i martiri toscani a Frosinone.

10 febbraio - "Giorno del ricordo"... FOIBE ? VOGLIAMO PARLARNE ? OK…

Italia Libera, Civile e Laica = Italia Antifascista




ATTENZIONE ! Questo video non fa assolutamente apologia delle Foibe. Anzi ! Dobbiamo ricordare le vittime delle foibe (ci furono civili ma pure partigiani ammazzati ! I criminali fascisti vivi o morti sono da maledire sempre ! Nessuno rispetto per gli aSSaSSini, primi responsabili delle foibe). Dobbiamo ricordare come in Germania ricordano le vittime del bombardamento alleato di Dresda nel febbraio 1945. Destra e sinistra uniti ricordando le vittime di quel massacro e contemporaneamente mandando a fanculo l’estrema destra che recupera il triste evento. Ed in Italia ?

Chi condanna le foibe e che contemporaneamente ha nostalgia per la DITTATURA FASCISTA (in gran parte responsabile delle foibe per di più) NON HA NESSUNA CREDIBILITÀ E LEGITTIMAZIONE e deve solo vergognarsi ! Esattamente come quelli che sono indignati per quel che è successo al dittatore a Piazzale Loreto senza condannare la sua dittatura, i suoi crimini !!! 


1) " Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani" 
(Benito Mussolini, 1920)

2) "So che siete dei buoni padri di famiglia; questo va bene a casa, ma non qui, qui non sarete mai abbastanza ladri, assassini, stupratori".
(Generale fascista Mario Roatta ai soldati italiani in Montenegro. Il 18 marzo 1942 venne nominato comandante della 2a Armata in Croazia dove ordinò nella guerra partigiana di "...applicare le sue disposizioni senza false pietà", dando così inizio ad una vera e propria azione di terrore contro i civili che davano supporto logistico alle bande partigiane. Vennero devastati numerosi villaggi.)

3) « SI AMMAZZA TROPPO POCO !»
(da leggere qui ben altro molto interessante :http://www.criminidiguerra.it/DocumRob.shtml )

4) Bilancio delle vittime slovene in 29 mesi di terrore fascista, nei 4.550 Km quadrati di questo territorio:

Ostaggi civili fucilati .......................n. 1.500
Fucilati sul posto.............................n. 2.500
Deceduti per sevizie...........................n. 84
Torturati e arsi vivi..........................n. 103
Uomini, donne e bambini morti nei campi di concentramento..............................n. 7.000
Totale.........................................n. 13.087

I criminali di guerra che ordinarono ed eseguirono questa carneficina non furono neppure differiti ad un tribunale del nostro paese. Non un solo processo.

5) Foibe, è il caso di parlarne
("Le prime foibe nascono da qui, nascono da un odio sedimentato da oltre vent'anni di soprusi e violenze perpetrate dal regime fascista contro le popolazioni istriane...".)

6) Foibe. Una verità rovesciata 

7) Foibe: cause ed effetti





8) VIDEO : Cosa c'è stato PRIMA delle foibe?




9) Le Foibe e la questione di Trieste

10) I crimini dell’esercito italiano in Jugoslavia

11) I crimini del fascismo contro i popoli jugoslavi

12) 1941-1943: i regimi d'occupazione italiani in Jugoslavia

13) I campi italiani
1941-43: i campi di concentramento nella Jugoslavia occupata
  
14) VIDEO : Crimini di guerra dell'Italia fascista in Yugoslavia



15) VIDEO : "Italiani tutti buoni, anche i fascisti..."




16) CRIMINI DI GUERRA (Lista dei ricercati confermati
da Nazioni Unite - Commissione per i crimini di guerra)

17) Crimini impuniti

18) Elenco dei criminali nazistifascisti in Italia (formato pdf)


PENSIERO DELLA PAGINA : 

La democrazia ha pure lei dei nemici e tra questi l'estrema destra (secondo Bruxelles è il primo nemico insieme al terrorismo) ! Una volta al potere l’estrema destra aSSaSSina la Democrazia ! 

I fascisti devono assumere il fatto che hanno nostalgia per una DITTATURA e non fare le vittime in nome di Valori umani e civili... VALORI NOSTRI ! Fare la vittima in nome della Democrazia e dell'articolo 21 della Costituzione mentre vomitano sia sulla Democrazia che sulla Costituzione nata dall’antifascismo !

I fascisti sono nemici della Democrazia, dei Diritti Umani, della Costituzione italiana la migliore al mondo che garantisce i migliori diritti umani e civili a TUTTI !

I fascisti sono oggi liberissimi con i migliori diritti (grazie ai loro nemici gli eroici Partigiani, padri della Costituzione) e hanno nostalgia per una DITTATURA dove quelli come noi per 20 anni sono stati umiliati perseguitati esiliati torturati aSSaSSinati !

NESSUNO SPAZIO ! NESSUNA TOLLERANZA PER I FASCISTI !
SEMPRE PRESENTI CONTRO I NEMICI DELLA DEMOCRAZIA E CONTRO I NOSTALGICI DELLA DITTATURA !