sabato 28 dicembre 2013

La menzogna delle attuali proposte per il lavoro

Luciano Granieri

La legge di stabilità appena licenziata  è aspramente criticata da sindacati e  Confindustria perché le risorse destinate alla riduzione del cuneo fiscale sono esigue.  Secondo le parti sociali un centinaio di euro in più in busta paga per i lavoratori e la stessa cifra di sgravi  fiscali per le imprese,  non sono sufficienti a far partire la crescita la cui conseguenza diretta dovrebbe essere un miglioramento delle condizioni economiche e il relativo aumento dell’occupazione. 

 In un Paese dove i salari sono fra i più bassi d’Europa  e la loro ulteriore compressione serve  a  sostituire la svalutazione monetaria come strumento utile a rendere la aziende competitive all’estero ed ad incentivare le esportazioni , neanche 300 o 400 euro in più in busta paga servirebbero a mettere in moto un processo tale da produrre una crescita occupazionale.  Neanche il job act di Renzi,  che pur nella sua genericità,  comunque prevede una maggiore flessibilità in uscita, escludendo dalle protezioni dell’art.18,  per tre anni,  i nuovi assunti, è utile a creare occupazione. In altri Paesi dove è consentito il licenziamento senza giusta causa, l’occupazione è in calo così come da noi. 

Se non  si esce dalla logica neoliberista del “MERCATO DEL LAVORO” non esiste alcun artificio utile a creare occupazione.  Il primo obbiettivo dell'ultraliberismo è quello di creare accumulazioni di capitale e profitti sempre più ingenti.  Una delle più importanti fonti necessarie ad alimentare profitti, oltre alle speculazioni finanziarie,   è  il   plusvalore determinato dalla forza lavoro. L’obbiettivo è di sottrarre sempre maggiori quote di questo plusvalore da lavoro   per destinarlo  alla generazione del profitto.  Con tale logica al lavoratore rimarrà poco o nulla della ricchezza che produce.  E’ quindi necessario per la prassi liberista il permanere  della disoccupazione e del  lavoro precario.  

Se il lavoro è una merce, questo sottostà alle regole della domanda e dell’offerta. E’ interesse  della casta  ultra  liberista che l’offerta di lavoro   sia sempre e comunque di molto inferiore alla domanda di occupazione,    in modo  da creare una dinamica contrattuale sempre più favorevole all’offerta.  La  compressione dei diritti sul lavoro  non ha come primo obbiettivo quello di abbassare i costi di produzione  per aumentare la competitività sul mercato, ma quello di aumentare la quota di plusvalore da destinare al profitto. Se si da per assodato il contesto capitalista e neoliberista, nessun provvedimento, nessun programma potrà essere pianificato per creare occupazione.  

E’ necessario smetterla di pensare al “MERCATO DEL LAVORO” .  Bisogna ritornare a considerare il LAVORO come un diritto naturale necessario a donne e uomini per vivere un’esistenza dignitosa.  Se l’offerta di occupazione  è limitata rispetto alla domanda, allora è necessaria una redistribuzione del lavoro esistente in modo da soddisfare completamente  la domanda. Lavorare meno, lavorare tutti  a parità di salario. Questa potrebbe essere una prima risposta. 

Prevedere la diminuzione delle ore di lavoro, un  ampio utilizzo del part-time, magari con un contributo dello Stato consistente nel farsi carico di una parte del salario  del lavoratore part-time in modo  tale che l’azienda, che usufruisce delle prestazioni di questi addetti,  non abbia l’onere di pagare il salario per intero.  Alla redistribuzione del tempo di lavoro si dovrebbe affiancare la creazione di nuovo lavoro. In tal senso si potrebbero  individuare settori  diversi bisognosi della creazione  di  beni e servizi. 

Settori come la sanità, la scuola, i servizi agli anziani, ai bambini, ai disabili, sono in continua emorragia di addetti. Blocco del turn-over, chiusura di strutture sociali, scuole, ospedali,  sono all’ordine del giorno. In quest’ambito  si potrebbero creare enormi opportunità occupazionali. Un altro settore che ha fame di addetti è quello relativo alla salvaguardia del territorio. L’Italia, come è noto e come ogni giorno le cronache non smettono di ricordare, è un paese ad alto rischio idrogeologico e sismico. Ma un programma di tutela del territorio non esiste.  Un altro campo potrebbe riguardare la ristrutturazione di immobili in degrado per destinarli ad alloggi popolari anche in questo caso si potrebbe creare occupazione. E’ evidente che i nuovi occupati in questi settori, dovrebbero essere assunti dallo Stato.  

Tutto ciò quanto ci costa?  La domanda sorge spontanea.  Contributi alle aziende che assumono part-time per la quota eccedente la metà del salario, nuove assunzioni dirette,  sicuramente avrebbero un costo notevole. Ma i soldi si possono trovare.  Ad esempio togliendo i contributi alla sanità e alla scuola privata, destinando   alla tutela del territorio i fondi delle grandi opere,  aumentando  la tassazione sulle rendite finanziarie, sui grandi patrimoni e sui profitti della speculazione finanziaria. 

Inoltre molte risorse potrebbero arrivare da una seria lotta all’evasione fiscale, da una maggiore tassazione a carico delle agenzie pubblicitarie, da una drastica riduzione delle spese militari.  Anche una rideterminazione della spesa sociale potrebbe liberare risorse. Ad esempio la rimodulazione degli assegni familiari, pensioni di invalidità. Prestazioni che oggi vengono erogate a tutti ma dalle quali si potrebbero escludere le famiglie più ricche.  Il  risparmio ottenuto potrebbe risultare cospicuo. 

E’ evidente che in questo modo si disinnesca il ricatto neoliberista e dunque tali misure non saranno mai adottate in un ambito che considera ineluttabili le regole del mercato.  Quindi l’azione  primaria che sta alla base di queste politiche a favore del lavoro è rovesciare il regime ultraliberista. Qualsiasi organizzazione  e movimento, sindacale o politico, che propone programmi  a favore del lavoro senza partire da un contrasto al liberismo e al capitalismo non è credibile.  Tutte le proposte che oggi sono sul tavolo  esplicandosi in un contesto liberista, più o meno mitigato da un improponibile controllo della politica, non sono assolutamente credibili, sanno di grande presa in giro. 


venerdì 27 dicembre 2013

Comunismo di ogni giorno e “Spirito del Natale”

di Jérôme Roos – 26 dicembre 2013. fonte http://znetitaly.altervista.org/

In questi tempi di crisi è cruciale ricordare che i semi di una società migliore hanno già radici nelle contraddizioni di quella attuale.

Nel mondo occidentale, almeno, il Natale è un periodo profondamente schizofrenico dell’anno. Da un lato le festività fanno emergere alcuni degli aspetti migliori di ciò che significa essere umani: ci si riunisce per condividere cibo e doni in uno spirito comunitario che temporaneamente rompe con l’alienazione della vita di ogni giorno. Ma, al tempo stesso, le festività gettano luce su alcuni degli elementi peggiori del consumismo e sulle false apparenze che hanno finito per pervadere il tessuto sociale: file infinite di essere umani ridotti a zombie che si muovono meccanicamente in centri commerciali decorati pretenziosamente alla ricerca del più recente aggeggio o biglietto d’auguri inutile, confermando ancora una volta che il solo modo di esprimere valore nella società tardo capitalista è mediante l’accumulo di merci inutili, pur mentre ci sono persone che di notte dormono per strada all’addiaccio.  
Quando Charles Dickens si abbandonò al lirismo a proposito della morte, dell’avidità e della miseria nel suo classico Canto di Nataleebbe ben presenti le distorsioni sociali causate dal capitalismo industriale. Naturalmente la critica del capitalismo di Dickens mancava di un’analisi politico economica approfondita e alla fine non riuscì ad andare oltre l’indignazione morale per la povertà e il declino delle virtù umane. Ma detto questo, persino Karl Marx espresse il parere che Dickens, nella sua vita, aveva “diffuso nel mondo più verità politiche e sociali di quante fossero state formulate da tutti i politici, i pubblicisti e i moralisti professionisti messi insieme”. Il Canto di Natale fu pubblicato nel 1843, appena cinque anni prima del Manifesto del Partito Comunista e dell’onda rivoluzionaria del 1848. Se dovessimo scrivere un Canto di Natale per i nostri giorni, il racconto sarebbe davvero molto diverso?
Buona crisi e felice nuova paura
Il personaggio di Scrooge sembra tuttora onnipresente, dai ricchi investitori di Wall Street che non hanno pagato un centesimo per il caos finanziario che hanno creato nel portarci alla crisi attuale, ai politici affamati di potere che si circondano letteralmente d’oro mentre annunciano un’Era d’Austerità per tutti gli altri. Sono tuttora diffuse miseria e morte mentre le reti di sicurezza sociale sono sacrificate all’altare del mercato, mentre milioni sudano semplicemente per far quadrare i conti, sopravvivendo con le misere paghe di lavori del tutto privi di significato e sempre più precari, persino mentre sono oberati da tasse e debiti sempre maggiori. E, specialmente in questo periodo dell’anno, non sono solo le privazioni materiali che contano; il trauma psicologico della persistente insicurezza economica e dell’atomizzazione sociale semina disastri su una scala che a fatica possiamo appena immaginare, un assassino che si prende migliaia di vite di cui non sapremo mai nulla.
Mi sono recentemente trasferito ad Atene, dove la rappresentazione dickensiana del capitalismo nudo è in piena mostra ogni singolo giorno: gente comune che dorme di fronte a banche e supermercati come cani randagi; decine di migliaia di cartelli “affittasi” che coprono le pareti degli appartamenti; immigrati che si nascondono in edifici cadenti, troppo impauriti per uscire per il timore di essere aggrediti dalla polizia o dalla feccia razzista. Uno strato di smog incombe sulla città mentre le persone ricorrono al fuoco di legna e plastica per riscaldarsi. I padroni di casa hanno chiuso il riscaldamento centrale in tutto il paese, semplicemente perché gli inquilini non sono più in grado di pagare il combustibile. Solo poche settimane fa una tredicenne è morta per aver respirato monossido di carbonio dopo che sua madre aveva cercato di combattere il freddo gelido del loro appartamento. L’elettricità era stata tagliata perché non era in grado di pagare le bollette. Non si tratta di incidenti isolati. Una povertà da Terzo Mondo si sta facendo strada nel centro stesso dell’occidente “sviluppato”.
La povertà e la disuguaglianza sono in ascesa in tutta Europa e nell’intera America del nord. Una cifra record di48 milioni di statunitensi – 22 milioni dei quali sono bambini – dipende dai buoni alimentari per sopravvivere. L’Oxfam ha recentemente avvertito che l’Europa rischia un “decennio perduto” di povertà ed emarginazione, con il direttore delle campagne della ONG che lamenta che “siamo stati fondati nel 1942 a causa della carestia in Grecia; nessuno avrebbe creduto che dopo settant’anni saremmo stati ancora qui a dire che la Grecia è in una condizione terribile”. E, di nuovo, la Grecia non è l’eccezione; la cosiddetta culla della democrazia è semplicemente l’esempio universale di una tendenza terrificante in tutto il mondo, con i regimi nominalmente democratici che ricorrono a misure sempre più autoritarie e disumane per far valere il dogma neoliberista che può essere sintetizzato in una formula semplice: privatizzare gli utili, socializzare le perdite. Scrooge incombe oggi su tutti noi, agitando manganelli e candelotti lacrimogeni.
Non è per caso, allora, che i rivoltosi che sono scesi in piazza ad Atene e in città di tutta la Grecia nel dicembre del 2008, dopo l’omicidio, da parte della polizia, del quindicenne Alexis Grigoropoulos, abbiano immediatamente attaccato e incendiato l’enorme albero di Natale che era stato così ostentatamente eretto a piazza Syntagma di fronte al Parlamento. Pochi giorni dopo le parole di un profeta sono state scarabocchiate su un muro cittadino: buona crisi e felice nuova paura! [In inglese l’espressione è meglio assonante con il tradizionale ‘Buon Natale e Felice Anno Nuovo’, rispettivamente: “merry crisis and a happy new fear” e “Merry Christmas and a Happy New Year” – n.d.t.].

Comunismo si ogni giorno e crisi dei nostri tempi
Ma non è tutto qui. Proprio come il Natale, i tempi di crisi tendono a essere profondamente schizofrenici, producendo sia pericoli estremi di disintegrazione sociale sia opportunità senza precedenti di cambiamento sociale radicale, mentre nessuna delle due cose sembrava possibile nel precedente stato di normalità. Incorporato nelle contraddizioni stesse del capitalismo c’è il potenziale latente sia della sua disintegrazione in una mostruosità, sia della sua estinzione e trascendenza in qualcosa di migliore.
In greco antico la parola greca ‘krisis’ si riferiva esattamente a questo: un momento di separazione, di decisione o giudizio, come un punto di svolta in una malattia che decide il destino del paziente: un momento di vita o di morte. In modo determinante, il termine implica ‘conflitto’: due possibili esiti ci sono davanti; le nostre azioni di oggi decideranno del mondo per decenni a venire.
Dopo essermi trasferito ad Atene ho rapidamente scoperto perché il paziente è riuscito sinora a sopravvivere alla sua crisi. Ovviamente ciò non ha nulla a che vedere con i tagli al bilancio dei salvataggi di UE e FMI. Tutto dipende dall’aiuto reciproco e dalla solidarietà comunitaria. Senza la gente comune che semplicemente si aiuta vicendevolmente a tirare avanti, la società greca si sarebbe trovata molto peggio. Non fosse stato per i genitori che si sono ripresi in casa giovani disoccupati sulla ventina, le mense dei poveri che hanno offerto cibo agli affamati, per cliniche autonome che hanno offerto assistenza medica gratuita ai non assicurati e centri sociali che hanno distribuito vestiario gratuito a chi ne aveva bisogno, è difficile immaginare come mai la gente ce l’avrebbe fatta. Ciò ci induce a una conclusione ironica: se non fosse stato per il senso di comunità e di aiuto reciproco – che sfidano entrambi la logica dell’egoismo di Smith e di Hayek – il capitalismo di per sé non sarebbe stato in grado di sopravvivere. In realtà nessuna società può funzionare senza una sana dose di altruismo. Il trucco, allora, sta nel produrre tale altruismo non come mezzo per sostenere il capitalismo, bensì come arma con cui ucciderlo.
David Graeber chiama questo caposaldo sociale di solidarietà comunitaria “comunismo di ogni giorno”. Basandosi sull’opera dell’antropologo francese Marcel Mauss, Graeber distingue tra tre tipi diversi di relazioni sociali: relazioni gerarchiche basate sul precedente, relazioni formalmente paritarie basate sullo scambio e relazioni genuinamente paritarie basate sulla condivisione, il vecchio principio comunista “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”.  Questi generi diversi di relazioni sociali non sono mai monolitici e perciò non essere totalizzanti: nessuna società si basa solo sul precedente, lo scambio o la condivisione. Le tre cose, invece, coesistono in gradi diversi in tipi diversi di società. Le società feudali possono essere contrassegnate dalla prevalenza della gerarchia; le società capitaliste dal predominio dello scambio e le società genuinamente comuniste dalla condivisione. Ma anche in quest’ultimo tipo di società, la gerarchia e lo scambio non spariranno mai del tutto; saranno semplicemente subordinate a una logica culturale e sistemica diversa: la logica della condivisione avrà la precedenza nella riorganizzazione radicale delle priorità.
Naturalmente le cose non sono così semplici. Ma in questo periodo dell’anno, e in questo periodo di crisi, Mauss e Graeber indirizzano la nostra attenzione a qualcosa di molto importante: persino nella società capitalista continuano a esistere relazioni “comuniste” (di altruismo e condivisione). In effetti, per molti versi, “siamo già comunisti”, specialmente nei confronti della famiglia e degli amici, e specialmente in un giorno come questo. Sarebbe del tutto inconcepibile per chiunque tra noi presentare ai nostri genitori, fratelli e sorelle o figli il conto del pranzo di Natale che abbiamo appena cucinato per loro; proprio come sarebbe totalmente assurdo che le madri addebitassero ai figli le cure e l’allattamento al seno. Allo stesso modo è totalmente assurdo che gli Scrooge di oggi – di fronte a una crisi che loro stessi hanno causato – oggi cerchino di socializzare le loro perdite forzando giù per la gola a tutti l’austerità e schiaffando un cartellino del prezzo su beni comuni quali l’acqua e il sapere. Se portata ai suoi estremi, questa logica di crudo egoismo alla Rand condurrebbe semplicemente alla totale disintegrazione sociale; ed è precisamente a essa che il neoliberismo sta spingendo oggi il mondo.  
Il fantasma dei Natali a venire
Stiamo vivendo un momento del giudizio in cui il destino deve decidersi il destino dell’umanità. In questi tempi bui, quando sembra persa ogni speranza e persino i più comunitari tra i rituali sociali stanno soccombendo allo spettacolo dello stolido consumismo, è cruciale ricordare a noi stessi che i semi di un mondo migliore hanno già radici nella terra bruciata di quello attuale; e che la nostra sfida, da “radicali” o “rivoluzionari”, non consiste necessariamente nella creazione di un’intera società nuova partendo da zero, bensì nella liberazione e attualizzazione delle potenzialità di altruismo e vita comunitaria che attualmente sono represse sotto la minaccia di un fucile. Questo dovrebbe darci speranza per la lotta: non dobbiamo necessariamente innovaretanto il nuovo, quando piuttosto dobbiamo abbattere il vecchio e rafforzare il nuovo che già esiste.
Nel Canto di Natale Scrooge alla fine era trasformato in un uomo migliore, che abbracciava lo Spirito del Natale e il senso di gioia e di comunità che rappresentava, ma non prima di essere visitato da tre fantasmi: il Fantasma dei Natali Passati, il Fantasma del Natale Presente e il Fantasma dei Natali Futuri. Il primo gli mostrava gli mostrava il suo io del passato, il bambino lieto di condividere; il secondo lo metteva di fronte all’uomo totalmente spregevole che era diventato, attaccato al suo denaro come se non ci fosse domani; e l’ultimo gli presentava la terrificante immagine di cosa lo aspettava se avesse insistito nei suoi modi da spilorcio dal cuore di pietra:
 
“Il Fantasma si avvicinò lentamente, gravemente, silenziosamente. Quando gli fu vicino, Scrooge cadde in ginocchio poiché nell’aria stessa attraverso la quale lo Spirito si muoveva esso sembrava gettare tenebre e mistero. Era avvolto da un ampio manto nero, che gli celava la testa, il volto, la forma e non lasciava null’altro di visibile che ma mano tesa … Gli diede un fremito di vago, incerto terrore sapere che sotto il polveroso sudario c’erano occhi spettrali intensamente fissi su di lui, mentre lui, anche se si sporgeva al massimo, non poteva vedere altro che una mano spettrale e un abisso di tenebra.”
Trasformiamoci in questo tetro spirito; nel fantasma del futuro che dal suo manto tormenta il taccagno prima dell’ora di andare a letto. Rendiamoci lo Spirito dei Natali a Venire, lo spettro del comunismo già esistente che perseguita il capitalismo attuale da terreno solido di un futuro ancora da venire. Rendiamoci lo Spirito della Rivoluzione reincarnata, che abbatte gli Scrooge del nostro tempo proprio mentre le tenebre sembrano avviluppare il mondo. Buon Natale a tutti. Il maggio del 2014 sarà la data della nostra spettrale riapparizione.

Colleferro, caro Signor Amministratore ti denunciamo perché non fai la raccolta differenziata.

Rete per la tutela della Valle del Sacco e Comitato Residenti Colleferro

La Rete per la Tutela della Valle del Sacco e il Comitato Residenti Colleferro hanno presentato in data 21 dicembre 2013 un esposto-denuncia alla Corte dei Conti della Regione Lazio contro l’Amministrazione comunale di Colleferro per il mancato raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata (RD) fissate dalla Legge n. 152/2006.

“Un atto dovuto” afferma Alberto Valleriani,  “un obbligo di legge” aggiunge Ina Camilli, rappresentanti rispettivamente dell’Associazione e del Comitato, “che deve essere osservato, mentre anche questa volta, proprio come per tutte le varie sollecitazioni che abbiamo presentato insieme ad altri gruppi associativi dell’area comunale, non hanno mai avuto un seguito”.

“In questi anni abbiamo sempre chiesto il rispetto della legge e messo in pratica tutto ciò che per noi era possibile, senza mai avere avuto un riscontro positivo dall’Amministrazione del nostro Comune. Se andiamo a verificare le percentuali di RD nel Comune di Colleferro dal 2006, anno di emanazione della Legge n. 152 ad oggi, ci rendiamo conto che l’inefficienza dell’Amministrazione è oggettiva ed evidente”. “ Si passa dal 4,9% del 2006 all’ 11,25% del 2009, fino al 16,53% del 2011 per scendere al 15,25% del 2012”, quando la soglia fissata dall’art. 24 della citata legge è del 65% entro il 2012. Praticamente vi è stato il totale disinteresse negli ultimi anni ad applicare quanto stabilito da una Legge vigente, emanata in ottemperanza alle Direttive Europee.
Il comportamento omissivo dell’Amministrazione, ovvero il colpevole ritardo nell’applicazione della legislazione si traduce in una violazione contabile sanzionabile come danno erariale per l’ente comunale, e quindi per i cittadini contribuenti, a causa del mancato raggiungimento della quota prevista dalla normativa in materia di raccolta differenziata, a partire dal 2006.

Questo è quanto ha stabilito la Sentenza n. 83 del 27/05/2013, emessa dalla Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale della Liguria, in merito alla analoga situazione del Comune di Recco.

In conclusione, a carico degli Amministratori comunali e dei dirigenti del servizio Ambiente si configura un comportamento di sostanziale inerzia riguardo a legittime e doverose attività volte al miglioramento ed al costante monitoraggio del livello qualitativo e quantitativo del servizio di raccolta differenziata; tale comportamento denota inescusabile negligenza e grave trascuratezza nella cura dell’interesse pubblico, che avrebbe dovuto essere, invece, tutelato attraverso il doveroso e diligente svolgimento delle funzioni istituzionali e degli obblighi di servizio loro attribuiti. Tutto ciò evidenzia la sussistenza di quell’elemento soggettivo indispensabile per l’affermazione della responsabilità amministrativo-contabile individuale e personale, riconosciuta dalla citata Sentenza di Recco.

Nonostante il collegato ambientale alla Legge di Stabilità per il 2014 intenda tutelare l’inefficienza di Amministrazioni come la nostra, prevedendo una proroga, noi abbiamo il dovere, affermano i ricorrenti, di presentare l’esposto alla Corte dei Conti per la violazione di un adempimento inderogabile, posto a tutela dell’interesse generale, per il grave pregiudizio creato alla finanza locale, per i maggiori oneri a carico dei contribuenti, per i danni alla salute pubblica e all’ambiente.

La proroga non basterà a salvare quegli Amministratori e Amministrativi comunali che al 31 dicembre 2014 non hanno raggiunto la soglia del 35% di raccolta differenziata, come nel caso della nostra Giunta Comunale che si ferma molto al di sotto e per questo farà si che venga applicata una maggiorazione del 20% del relativo tributo di conferimento in discarica, che va a gravare sulle finanze comunali, cioè sui cittadini e di conseguenza sulla possibile erogazione di servizi di welfare.

“Alle associazioni, ai comitati e ai cittadini”, conclude Valleriani, “spetta avviare un processo virtuoso di rispetto del diritto, anche quando una Legge Nazionale va in soccorso dei Comuni”, “perché è il cittadino che chiede”, commenta Camilli, “l’accertamento di eventuali profili di illegittimità nei comportamenti dei nostri Amministratori e dirigenti comunali in termini di responsabilità erariale.”


Stabilità: una legge da archiviare

Guido Marcon. Fonte http://www.sbilanciamoci.info/


La riduzione del cuneo fiscale non avrà effetti significativi sulle tasche dei lavoratori e non darà ossigeno alle imprese. La riforma della tassazione della casa aggraverà la situazione degli inquilini. La finanziaria del governo destina poco e niente alle emergenze sociali del paese
La legge di stabilità approvata definitivamente dal Parlamento è lo specchio di una politica economica, quella del governo Letta, inadeguata e sbagliata di fronte alle gravissime emergenze sociali del paese. Una manovra finanziaria contraddittoria e confusa, che non affronta i nodi drammatici della crisi: il lavoro, le diseguaglianze, il declino del sistema produttivo, la crescente e diffusa povertà nel paese.
I due provvedimenti principali della legge di stabilità – la riduzione del cuneo fiscale e la riforma della tassazione sulla casa- sono misure propagandistiche e sostanzialmente inutili. La riduzione del cuneo fiscale (11 miliardi in tre anni) non ha effetti significativi sulle tasche dei lavoratori (una ventina di euro al mese, al massimo) e non darà ossigeno alle imprese. La riforma della tassazione della casa ha introdotto nuove sigle, ma poco cambierà per le famiglie, che si troveranno a pagare più o meno le stesso importo delle vecchie imposte. Anzi, per gli inquilini sarà un po' peggio. E anche per i comuni, che - con le nuove tasse a regime - si troveranno ad avere meno risorse.
Per il lavoro, la misura più concreta contenuta nella legge è la copertura di altri 17mila esodati, ma non c'è la soluzione strutturale del problema creato dalla legge Fornero e soprattutto non ci sono misure significative per dare e creare lavoro. Ci si continua ad interrogare nel dibattito di questi giorni su quali altri sgravi ed incentivi servano per assumere, quando il problema non è l'art. 18 o un nuovo 47° contratto di lavoro atipico, ma sono le politiche per creare lavoro per chi non ce l'ha e per chi rischia di perderlo. Per il sociale nella manovra finanziaria ci sono poco più che un modesto allargamento dell'applicazione della Social Card e la reiterazione del fallimentare “credito per i nuovi nati”, mentre tutti i fondi sociali nazionali (per l'infanzia, la famiglia, la non autosufficienza, ecc.) sono ridotti al lumicino o in alcuni casi azzerrati. L'ambiente non sembra trovare cittadinanza nella legge: risorse falcidiate per la difesa del suolo e per i parchi e troviamo nel provvedimento persino un mini condono per i concessionari delle spiagge che in questi anni non hanno pagato i canoni demaniali.
E poi la legge di porta altre notizie cattive: mentre si tagliano (nel 2015-6) 1 miliardo e 150 milioni al Servizio sanitario nazionale, si stanziano più di 2miliardi di euro per le navi da guerra Freem. All'ultimo momento il governo - per fare un favore alle banche e ai mercati finanziari - ha messo lo stop anche all'approvazione di un'imposta sulle transazioni finanziarie (la tobin tax) che avrebbe portato 1 miliardo e 400 milioni nella casse dello Stato.
Grazie al lavoro (e agli emendamenti) dell'opposizione, ed in particolare di Sel, durante la discussione della legge di stabilità in commissione bilancio sono stati ottenuti alcuni risultati: tra gli altri, 50 milioni in più per il diritto allo studio e per gli interventi contro il dissesto idrogeologico, 10 milioni (comunque una miseria) per la cooperazione internazionale, 50 milioni per i contratti di solidarietà e 9 milioni per l'istituzione dei corpi civili di pace.
Ma nonostante questi piccoli e limitati miglioramenti, questa legge di stabilità è pessima: è tutta dentro la cornice delle politiche restrittive e di austerità delle istituzioni finanziarie europee, alimenta la depressione economica e non intacca il dramma della disoccupazione, delle diseguaglianze e delle povertà. Di altro ci sarebbe stato bisogno: di un vero e proprio “piano del lavoro”, di ridurre la spesa militare, di recuperare le risorse colpendo le rendite/transazioni finanziarie e i grandi patrimoni, di investire nella scuola e nel welfare.
Tra l'altro l'ottimismo che il governo continua a diffondere è assolutamente privo di fondamento: Saccomanni (l'ha scritto nella nota ggiuntiva del Def di settembre) pensa irrealisticamente di portare in due anni lo spread a 100 punti base e di avere un Pil in crescita sulla media europea. A parte che, da settembre ad oggi, la previsione di crescita del Pil nel 2014 si è già dimezzata, ma soprattutto negli ultimi 10 anni il Pil italiano è andato sempre peggio della media degli altri paesi europei. In questo contesto, il peggioramento dei contipubblici è assicurato.
Una legge di stabilità, dunque, da archiviare e a cui contrapporre una politica economica radicalmente diversa da quella liberista e imperniata sull'austerità, ben conosciuta negli ultimi anni: una politica economica che rimetta al centro il lavoro ed i diritti, la lotta ai privilegi (dei grandi patrimoni e delle ricchezze, dei mercati finanziari) e alle diseguaglianze, la costruzione di un modello di sviluppo sostenibile e fondato sulla giustizia economica e sociale.

giovedì 26 dicembre 2013

S'è rotto il preservativo

Luciano Granieri

Dai e dai il preservativo si è definitivamente rotto.  Lo Spritzbeton che incapsula l’apice della frana sul viadotto Biondi, dopo essersi smagliato si è sbrindellato,  sotto il peso di un “EIACULAZIONE” precoce  all’incontrario che ha seguito lo smosciamento  e il crollo di tutto l’organo rivestito dal profilattico cementizio. Come  infatti già detto in altro POST. La rottura del cappuccio è provocata dall’intensificarsi della frana dovuto ,sicuramente alle piogge, ma anche   alla  pressione che il peso dello Spritzbeton ha  esercitato  sull’apice del fenomeno franoso, favorendo il crollo della collina .  La funzione del cappuccio di cemento, secondo gli illuminati consulenti del sindaco, avrebbe dovuto essere quella   di proteggere il terreno   friabile  dalle infiltrazioni di acqua causate dalle piogge.  Un telone non sarebbe stato sufficiente?  Mettere un preservativo normale, non così pesante, non avrebbe prodotto  un risultato  migliore e con minore spesa  senza smosciare il membro?  Già ma vuoi mettere l’effetto che fa sui cittadini la visione da via Aldo Moro dell’imponente struttura rispetto ad un insignificante  e fragile telo? Non dimentichiamolo cittadini, queste è la giunta degli  EFFETTI SPECIALI.  Com’è come non è,  la difesa contro  le gravidanze non volute e i crolli indesiderati, si è sbriciolata, chillu fatt s’è smosciato, s’è smosciato comm’a cchè. 

Foto tratta dal sito www.frosinoneweb.net

























Foto tratta dal sito www.frosinoneweb.net



























Foto tratta dal sito www.frosinoneweb.net 

PETIZIONE POPOLARE PER PENSIONI EQUE E GIUSTE

Promossa da oltre 150 RSU contro la riforma Fornero

La legge Fornero  è sbagliata o dannosa per i lavoratori e il Paese
Essa sta provocando disastri sulle condizioni dei lavoratori che non riescono più ad andare in pensione, sui giovani che anche per questo motivo, non entrano nel mondo del lavoro, sulla produttività delle imprese che sono bloccate nella possibilità di attuare il dovuto ricambio generazionale. Il sistema  previdenziale oggi si fonda su una solidarietà a rovescio: pagano di più e godono meno dei benefici  i lavoratori a basso reddito, i precari.
La politica del far pagare il costo della crisi ai pensionati  e ai lavoratori, senza mai intervenire sulle grandi ricchezze e i possessori di rendite finanziarie , non risolve le cause della crisi e genera  gravi ingiustizie.
Pertanto è necessario cambiare a legge.  Il sistema previdenziale deve prevedere:
-Salvaguardia del potere d’acquisto delle pensioni
-flessibilità in uscita
-ripristini dei vecchi requisiti , 65 anni per gli uomini, 60 per le donne e i 40 anni di contributi per l’accesso alle pensioni di vecchiaia e di anzianità, in particolare per coloro che hanno iniziato a lavorare  in età precoce per i lavoratori usuranti
- il superamento della attuali sostanziali sperequazioni  per le donne ,  per le quali non si tiene conto né del lavoro  di cura che svolgono, né della non voluta maggiore discontinuità  nell’attività lavorativa;
- garanzia di una  pensione dignitosa per i giovani, i precari e i migranti;
- a superata l’attuale giungla dei fondi integrativi _
-deve essere realizzata la separazione tra assistenza, previdenza e politiche  rivolte al mercato del lavoro.
Le risorse vanno ricercate nei grandi patrimoni  finanziari e immobiliari e in una effettiva tassazione progressiva dei redditi  come prevede l’articolo 53 della Costituzione e nella parità di contribuzione e prestazione per tutte le categorie sociali.


Per la fornitura dei moduli per la raccolta firme potete contattare il blog.

52ENNE MIRACOLATO: VA A MEDJUGORJE E TORNA ATEO

Manuel Pica. fonte: http://www.lercio.it/


Un altro, incredibile miracolo è avvenuto circa una settimana fa nella cittadina di Medjugorje, famosa nel mondo cristiano per aver dato i natali alla seconda vita di Paolo Brosio. Il 52enne siciliano Vincenzo Scaldamaglia, si era recato con altri fedeli in pellegrinaggio nella località bosniaca, grazie a un pulmino messo a disposizione dalla sua parrocchia. Un viaggio di fede e speranza, coinciso con il periodo dei saldi, nel tentativo di trovare un miracolo a un prezzo accessibile.
Vincenzo infatti, credente da generazioni, sperava di risolvere il grave problema che lo affliggeva ormai dall’inverno del ’98. Da allora non aveva mai smesso di colargli il naso. Una volta rientrato a casa, è accaduto ciò che nessuno poteva immaginare: Scaldamaglia si è accorto di essere diventato ateo. “Non capisco come abbia potuto credere a tante assurdità per tutti questi anni”, ha dichiarato un incredulo Scaldamaglia, intervistato mentre ritirava le analisi che attestavano la sua allergia al legno dei crocifissi.
La scienza, come spesso in questi casi, non riesce a spiegare l’accaduto. Intanto, dal loro sito ufficiale i sette veggenti di Medjugorje assicurano che un evento come questo da loro non si era mai verificato, e che se il signor Scaldamaglia avesse presentato le ricevute del viaggio, avrebbero potuto sostituirgli il miracolo entro sette giorni.

mercoledì 25 dicembre 2013

Salva Roma o salva banche?

Luciano Granieri

Il governo ha rinunciato a convertire in legge il ddl enti  locali, meglio noto come decreto salva Roma.  I termini per la conversione   sarebbero scaduti il 30 dicembre.   Il ddl salva Roma come al solito era diventata un enorme cloaca riempite dalle peggiori nefandezze e regalie ai clientes delle varie lobby partitiche.  Dalla norma sulla impossibilità di recedere  dagli affitti d’oro pagati dalla pubblica amministrazione a noti palazzinari romani, all’abrogazione  della norma che prevede l’incompatibilità fra la  carica  di sindaco di città con un numero di abitanti compreso   fa i 5.000 e i 20.000 e il mandato  parlamentare, a condoni vari e ad altre porcherie similari. Alla notizia della rinuncia del governo a convertire il DDL Salva-Roma  grillini e lega hanno brindato insieme a Forza Italia, felici perché  tutto il casino messo in scena nelle aule,  e la relativa tracimazione sui media, ha costretto il governo a questa decisione. In effetti il clamore scaturito  dalle  proteste è stato imponente e molto opportuno. 

Infatti mentre ci si accapigliava sul Salva-Roma, un provvedimento che   sarebbe costato agli italiani non più di 350 milioni, in senato passava , senza fare tanto rumore,  il documento di stabilità. Zitti zitti, i senatori hanno approntato un bel regalo di natale per gli amici    banchieri. Altro che 350 milioni!  Questo cadeau alle banche  costerà ai contribuenti svariati miliardi di euro. 

In primo luogo agli istituti bancari è consentito dedurre più velocemente le eventuali sofferenze.  Si calcolano vantaggi fiscali, a seguito di questa norma, pari a venti miliardi  da qui al 2022.  A seguire si sono inseriti  altri  600 milioni di sconti fiscali, più un ulteriore regalo di  350 milioni di maggiori dividendi l’anno dovuti alla rivalutazione delle quote di Bankitalia giacenti nelle pance dei vari istituti.  Per finire in  bellezza si è approvata  la costituzione di un fondo di garanzia,  finanziato sempre con i soldi dei contribuenti,  dal quale le banche potranno attingere per coprire eventuali  perdite provocate dalla gestioni di derivati tossici.   A margine di questo provvedimento si aggiunge la garanzia della Cassa depositi e prestiti su   finanziamenti che le banche accorderanno alla piccola  e media  impresa. Ovvero le eventuali insolvenze che le banche dovessero subire  a seguito di tali prestiti, verranno coperti dalla Cassa depositi e prestiti, cioè dai soldi dei contribuenti e  dei piccoli risparmiatori che si sono affidati alle poste.  

Si sono accapigliati su 350 milioni, ma nessuno ha fiatato sui miliardi regalati alle banche.  La radiografia del disastro sta tutta qui. Il governo del  fare, fa , eccome se fa.  L’immobilismo sulla legge elettorale, le questioni  sulle riforme istituzionali ferme al palo,   è tutta fuffa buona a nascondere ciò che il governo del fare realmente fa.  Cioè destinare ulteriori denari a coloro i quali  hanno provocato la crisi dal quale si vorrebbe uscire.  Sarebbe quindi utile scendere in piazza  per denunciare il rinnovarsi delle regalie governative  e parlamentari  ai soliti signori del capitalismo finanziario, veri e unici responsabile del disfacimento economico e sociale della collettività. Questo è il tema cari signori della sinistra ex radicale per riprendersi le piazze. La corruzione, i costi della politica, la casta, sono cosucce, è miseria,  è roba per i forconi,  per i populismi più o meno parlamentari.  Il furto  devastante è quello che  toglie denari ai lavoratori, all’economia reale e li trasferisce nelle tasche di banche e speculatori finanziari. Scendiamo in piazza per questo dannazione !!!

Invertire la rotta

Appello

Al Pre­si­dente della Repub­blica, Gior­gio Napolitano

Al Pre­si­dente del Con­si­glio dei Mini­stri, Enrico Letta

Al Pre­si­dente della Com­mis­sione Euro­pea, José Manuel Barroso

Al Gover­na­tore della Banca Cen­trale Euro­pea, Mario Draghi

La crisi dura ormai da sei anni. Inne­scata dalla povertà di massa figlia di trent’anni di neo­li­be­ri­smo, esa­spera a sua volta povertà e disu­gua­glianza. Mol­ti­plica l’esercito dei senza-lavoro. Distrugge lo Stato sociale e sman­tella i diritti dei lavo­ra­tori. Com­pro­mette il futuro delle gio­vani gene­ra­zioni. Pro­duce una gene­rale regres­sione intel­let­tuale e morale. Mina alle fon­da­menta le Costi­tu­zioni demo­cra­ti­che nate nel dopo­guerra. Ali­menta rigur­giti nazio­na­li­stici e neofascisti.

Con­ce­pita nel segno della spe­ranza, l’Europa unita arbi­tra della scena poli­tica con­ti­nen­tale rap­pre­senta oggi, agli occhi dei più, un potere ostile e minac­cioso. E la stessa demo­cra­zia rischia di appa­rire un mero simu­la­cro o, peg­gio, un peri­co­loso inganno.
Per­ché? È la crisi come si suole ripe­tere la causa imme­diata di tale stato di cose? O a deter­mi­narlo sono le poli­ti­che di bilan­cio che, su indi­ca­zione delle isti­tu­zioni euro­pee, i paesi dell’eurozona appli­cano per affron­tarla, in osser­vanza ai prin­cipi neoliberisti?
Noi cre­diamo che quest’ultima sia la verità. Siamo con­vinti che le ricette di poli­tica eco­no­mica adot­tate dai governi euro­pei, lungi dal con­tra­stare la crisi e favo­rire la ripresa, raf­for­zino le cause della prima e impe­di­scano la seconda. I Trat­tati euro­pei pre­scri­vono un rigore finan­zia­rio incom­pa­ti­bile con lo svi­luppo eco­no­mico, oltre che con qual­siasi poli­tica redi­stri­bu­tiva, di equità e di pro­gresso civile. I sacri­fici impo­sti a milioni di cit­ta­dini non sol­tanto si tra­du­cono in indi­genza e disa­gio, ma, depri­mendo la domanda, fanno anche venir meno un fat­tore essen­ziale alla cre­scita eco­no­mica. Di que­sto passo l’Europa la regione poten­zial­mente più avan­zata e fio­rente del mondo rischia di avvi­tarsi in una tra­gica spi­rale distruttiva.
Tutto ciò non può con­ti­nuare. È urgente un’inversione di ten­denza, che affidi alle isti­tu­zioni poli­ti­che, nazio­nali e comu­ni­ta­rie il com­pito di rea­liz­zare poli­ti­che espan­sive e alla Banca cen­trale euro­pea una fun­zione prio­ri­ta­ria di sti­molo alla crescita.
Ammesso che con­si­de­rare il pareg­gio di bilan­cio un vin­colo indi­scu­ti­bile sia potuto appa­rire sin qui una scelta obbli­gata, man­te­nere tale atteg­gia­mento costi­tui­rebbe d’ora in avanti un errore imper­do­na­bile e la respon­sa­bi­lità più grave che una classe diri­gente possa assu­mersi al cospetto della società che ha il dovere di tutelare.
Étienne Bali­bar, Alberto Bur­gio, Luciano Can­fora, Enzo Col­lotti, Mar­cello De Cecco, Luigi Fer­ra­joli, Gianni Fer­rara, Gior­gio Lun­ghini, Alfio Mastro­paolo, Adriano Pro­speri, Ste­fano Rodotà, Guido Rossi, Sal­va­tore Set­tis, Gia­como Tode­schini, Edoardo Vesen­tini 







  

lunedì 23 dicembre 2013

Buone Feste dalla città più bella del mondo

Luciano Granieri





Buone feste dal capoluogo della Ciociaria, la terra in cui tutti vorrebbero vivere

Buone Feste da Frosinone la cui aria è famosa in tutto il mondo per essere ricca di sostanze salubri come il PM10, polveri sottili varie, anidride carbonica ed altre emissioni di pregio per  pneumologi e oncologi.

Buone feste da Frosinone . Un posto in cui i cittadini sono talmente attaccati al proprio comune da essere felici di pagare le tariffe più care del mondo  per i bus scolastici, la mensa , la cura della Villa Comunale e del Cimitero .

Buone feste dal capoluogo della Ciociaria, un luogo dove i cittadini si trovano, senza nemmeno  essersene accorti ,  50milioni di debiti sulle spalle, che dovranno restituire in 10 anni.

Buone feste dalla cittadina del basso Lazio più bella del mondo dove la disoccupazione aumenta in modo  vertiginoso, ma il  lavoro   per gli organi inquirenti non manca mai  anzi è sempre in aumento. 

Buone feste dalla città  che riveste un grande valore urbanistico e amministrativo per  molte procure.  Su  P.zza Risorgimento,    Forum,    piastra Cavoni ,  videosorveglianza ,  raccolta rifiuti e molto altro ancora  Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno trascorso giornate stimolanti ed indimenticabili ad inseguire scandali e mazzette in libertà.

Buone feste dalla ridente cittadina ciociara in cui la cultura, principalmente il teatro, offrono un attrazione di prim’ordine. Regolarmente da anni presso il teatro della sala consiliare, va in scena la rappresentazione “Abbiamo ma non mordiamo”  Una piece teatrale scritta dai grandi impresari edili in cui giunte di centro destra e giunte di centrosinistra, ora dai banchi della maggioranza, ora dai banchi dell’opposizione, fanno finta di sfidarsi salvo poi, a rappresentazione finita,   brindare a tarallucci, vino  e organetto,  alla faccia dei cittadini.

Buone feste da Frosinone. Una città che tiene  molto ai suoi ammalati, tanto  da trattenerli al pronto soccorso, per intere settimane e mesi, in un clima di caotica allegria, sperando che non schiattino. Ma se disgraziatamente  ciò dovesse accadere il complesso delle camere mortuarie è quanto di più accogliente e funzionale  possa  esistere per assicurare assistenza ai cadaveri.

Buone feste da Frosinone,  la città che assicura illimitate ricchezze    ad intere generazioni di signori del mattone e    ad  eroi dell’alta finanza. In nessun posto come a Frosinone, questi  trovano periferie da conquistare, spazi da cementificare, affari  immobiliari su cui lucrare.

Buone feste    da Frosinone. La mia città malgrado tutto. E non c’è augurio migliore per l’anno nuovo, che sperare l’esatto contrario di ciò che fino ad oggi ha reso questa  mia città la peggiore al mondo. Eppure Frosinone  avrebbe   le potenzialità per diventare,   se non  la migliore, una delle più  vivibili. Ma molto dipende da tutti noi. Da noi  che non credono più al melodramma che da anni va in scena nel teatro dell’aula consiliare. Da noi che dovremmo preparaci sin dall’inizio del prossimo anno  a fischiare sonoramente  gli attori del centro destra e del centro sinistra, il regista sindaco e gli impresari edili.

AUGURI SINCERI A TUTTI.
 


Messaggio di Natale dedicato ai torturati di Lampedusa

Questo messaggio è stato recuperato in un tratto di spiaggia della Sicilia, in un freddo giorno di gennaio del 1997.
L’abbiamo tradotto e ve lo riportiamo come testimonianza e contributo per la chiusura dei CPT (oggi CIE). Grazie

Francesco Giordano




MESSAGGIO NELLA BOTTIGLIA

“La barca oramai assume potenti movimenti ritmici e sempre uguali, è atroce sentirla muoversi in questo modo.
La tempesta pare non interrompersi, a questo punto prosegue con lo stesso ritmo da diversi giorni, la pioggia che scende, abbondante e fitta, ci arriva addosso, salata come quella che entra, altrettanto copiosa, direttamente dal mare.
Siamo schiavi del mondo e delle sue leggi, completamente.

L’unica cosa rimasta per noi è di prepararci a morire, non vi sono speranze di salvezza, non c’è da aspettare la grazia all’ultimo istante, non vi è una “pubblica opinione” che in questo momento sta manifestando da qualche parte, siamo irrimediabilmente soli e saremo morti da qui a poco (dico poco ma in realtà non ne ho la minima idea, tranne la certezza che finiremo tutti, uomini, donne, bambini in fondo al mare, scarnificati dai pesci, e non so se augurarmi che questo succeda prima o dopo l’annegamento.
Ma come ci si prepara a morire?

Io, nei 25 anni di vita, ma anche i miei fratelli, ci siamo dovuti preparare a superare innumerevoli difficoltà, come vivere privi di cibo o senza acqua, come dormire al freddo senza morire assiderati, come non perdere la dignità nella miseria, come mantenere lo sguardo in alto superbo ed orgoglioso, anche se con i vestiti laceri e pezzenti, ma ora che dobbiamo prepararci a morire non so cosa fare, che consigli dare ai miei amici

Mi ero legato ad un legno per non finire in acqua, che assurdità!

Il contatto con Iman che è al mio fianco mi fa sentire calore nonostante il freddo, strano, ma penso sia dovuto al fatto che ci unisce e sostiene la solidarietà di classe, il vivere le stesse ragioni.

Ragioni? Ecco, forse ho trovato il modo di prepararmi a morire, devo pensare le ragioni per le quali mi trovo qui.
Cercando le ragioni, la memoria mi riporta al villaggio dove sono nato, alla capanna entro cui mia madre ed altre donne mi hanno aiutato a nascere, il calore del suo petto e dei vestiti puliti con cui mi hanno coperto ed asciugato.
Ricordo anche le mosche che hanno accompagnato la mia infanzia, mamma quante erano, tutte attratte dallo sporco e dal caldo, sempre attorno alla mia faccia di bambino malnutrito.
Poi ricordo la fatica dei piedi nudi e secchi a contatto con la mia terra anch’essa secca e nuda.

Che bello il cielo del mio paese, così intenso e basso, che pareva baciarci tutte le volte che sdraiati a sognare lo guardavamo
Lo ricordo e mi chiedo se quella non sia una delle ragioni per cui mi trovo qui, è forse la punizione per averlo lasciato?

E i colori del mio paese? intensi e leggeri, profumati e meravigliosi.
E’ un altro dei motivi per essere punito e per trovarmi qui a dovermi preparare a morire?

Di colpo mi torna alla mente l’immagine di Leilha a 15 anni e del nostro primo bacio, nascosti dietro un cespuglio, il calore delle sue labbra e le carezze, che confusione mi aveva creato nella testa e nel cuore, e sono trascorsi appena 10 anni.

La tempesta cresce e la barca oramai da segni di non reggere più, qualcuno dei miei compagni non riesce a stare a bordo, legarsi è pericoloso, viene trascinato tra le onde e subito risucchiato nel ventre di questo mare, che come certi uomini non sente pietà.

Io stesso chiuso dentro questo misero ma provvidenziale anfratto devo spostarmi e non potrò più scrivere, ora si avvicina l’ora in cui non vi è in ogni caso più tempo per i pensieri ed i ricordi, anche se davvero non so da che parte cominciare, devo prepararmi a morire e non so come, non so perché.

P.S.: Fra pochi giorni, nel paese dove eravamo diretti sarà natale, auguro a tutti di trascorrere dei giorni sereni, noi non ci saremo ad infastidirvi agli angoli delle strade, e certo non toglieremo il lavoro a nessuno.
Addio”

Mohamed,
dicembre 1996