sabato 20 febbraio 2016

LA NOTIZIA CENSURATA: COMPROMESSA LA SALUTE DEGLI ITALIANI

Giorgio Cremaschi



Come al solito le veline liberiste che guidano il sistema dell'informazione (?) in Italia hanno censurato il dato più importante dell'annuale relazione della Corte dei Conti. Tutti i mass media hanno presentato la relazione come moderatamente critica verso l'ottimismo renziano. Così in fondo non si è dato fastidio a nessuno, neanche al presidente del consiglio. Luci e ombre è la formulazione che si usa nel linguaggio sindacale per convincere i lavoratori ad accettare un accordo che fa schifo. Soprattutto all'informazione di regime è piaciuto enfatizzare le critiche della Corte alla gestione governativa della spending review. In questo modo si è potuto accreditare l'idea che il governo in fondo sia uno spendaccione e che ci sarebbero ancora un bel po' di tagli da operare, nella spesa pubblica e nello stato sociale. Così si è lavorato a due obiettivi: non approfondire troppo la critica a Renzi che vive un chiaro momento di difficolta, e indicargli la via di uscita. Cioè quella di proseguire sulla strada indicata da Draghi, da Monti, dalla Troika, quella delle controriforme liberiste che hanno distrutto la Grecia. 

Non sappiamo se i giudici della Corte dei Conti abbiano anch'essi accettato questa interpretazione della loro relazione per amore di quieto vivere. Ma sta il fatto che quella relazione non dice le banalità dei titoli dei giornali, ma in realtà presenta un dato terribile. I tagli lineari fatti alla spesa pubblica da questo governo, che si sommano a quelli precedenti, hanno compromesso, la Corte usa proprio questa parola, la funzionalità e la stessa fruizione di prestazioni e servizi fondamentali. In particolare la Corte sottolinea che questa compromissione è avvenuta nella sanità, con un danno irreversibile, aggiungiamo noi, alla salute e alle aspettative di vita della parte piu povera e più debole della popolazione.
Anni fa il PD criticava ferocemente la politica dei tagli lineari del ministro del tesoro Tremonti. perché non si poteva tagliare allo stesso modo le spese militari e quella per la sanità e la scuola. Ora il PD al governo pratica assiduamente quella scelta che criticava, anzi fa peggio perché mentre taglia la sanità aumenta le spese militari. Così la salute viene compromessa per chi non può permettersi di ricorrere alla sanità privata e a pagamento. Che ovviamente prospera e distribuisce regali ai politici compiacenti, come Lombardia insegna. 
Intanto le statistiche ci segnalano un inspiegabile (?) improvviso aumento della mortalità, da 50 a 60000 persone all'anno a seconda di come si leggono i dati. E anche l'allungamento dell'aspettativa di vita, usato per giustificare tutti tagli alle pensioni, pare essersi fermato. Certo in questo modo, con l'aumento della mortalita tra gli anziani, il sistema pensionistico pubblico potrà godere di bilanci migliori..Ma non mi sembra un bel risultato.
Se il sistema informativo non fosse in mano a banchieri e industriali, forse la notizia che i tagli di bilancio hanno compromesso la salute degli italiani sarebbe nei titoli di testa. Siccome così non è, lo affermiamo noi nel nostro piccolo e con il nostro linguaggio : 
I TAGLI ALLA SANITÀ SONO ATTI CRIMINALI IMPUNITI 

Hillary, la Bibbia e Israele

Robert  Fantina 

Le varie campagne  per le candidature Repubblicane e Democratiche alla presidenza, sono in  pieno svolgimento  con i caucus e le primarie che  si abbattono su di noi come  la piaga delle  locuste, facendo affrettare  tutti quanti verso  il rifugio delle proprie case dove possono osservare le duplici tragedie che si svolgono sugli schermi televisivi.
E a che spettacolo siamo soggetti! I Repubblicani  ( chi scrive li chiama i Pincopanco
e i Democratici (chi scrive li chiama   I Pancopinco) sono d’accordo su molto altro se non sulla loro adorazione condivisa per Israele, ma si può scoprire  un’analogia piuttosto strana. E’ il loro appello a Dio per giustificare, in un modo o in un altro, le loro tendenze razziste, sessiste, omofobiche, di fobia nei riguardi dell’Islam, xenofobe e/o generalmente terribili. Coloro che credono in un essere supremo, come lo scrivente, devono sentirsi dispiaciuti per lui, pensando che il suo nome venga invocato dai più  empi  tra gli empi,  può essere  soltanto doloroso.
Si può pensare che la religione e la sua utilità nell’ottenere i voti sia la sola prerogativa  della destra Repubblicana (una ridondanza di parole dato che non c’è nulla a sinistra del Partito Repubblicano tranne , sembra, che l’estrema destra). Ma no, una rapida occhiata dalla parte dell’opposizione smantella quell’idea.
Nel giugno dello scorso anno, la speranzosa candidata democratica alla presidenza,   Hillary Clinton ha fatto questa straordinaria dichiarazione: “A rischio di apparire prevedibile, la Bibbia è stata e rimane la più grossa influenza sul mio pensiero. Sono cresciuta leggendola, imparando a memoria dei passi ed essendo guidata da questa. La considero ancora una fonte di saggezza, di conforto e di incoraggiamento.” Bene, ecco qui. Non siamo tutti ispirati? Forse no. Si odia criticare il genere di lettura e  di comprensione che chiunque faccia del libro delle scritture; la Bibbia, come tutte le altre scritture, è aperta all’interpretazione che dipende dal contesto religioso dell’individuo, dalle sue convinzioni personali, dalla comprensione generale e da molti altri fattori. Ma è stupefacente per chi scrive come la Bibbia potrebbe guidare la Signora Clinton, indipendentemente da quanto liberale lei desideri essere riguardo alle interpretazioni di quel libro.
Forse guardare  due aree soltanto potrebbe aiutare a spiegare il dilemma di chi scrive.
Uno dei Dieci Comandamenti, una lista di principi che sono certamente una guida più che adeguata per chiunque, ammonisce le persone a non desiderare la “roba d’altri” . Quando si tratta della presidenza degli Stati Uniti, ci si deve chiedere se ci sia qualcuno così avido come la Signora Clinton. Lei che desidera indossare il mantello della democrazia e della libertà, sembra che farà di tutto  per acquisire la presidenza.  Lo scrivente ha in precedenza giudicato  l’evidente relazione amorosa  della Signora Clinton con Israele. Il miliardario Haim Saban, che ha detto di essere un elettore  che vota in base a un problema politico, cioè Israele, e  che donerà tutto ciò che è necessario per la campagna di Hillary Clinton, ha già dato a questo scopo oltre 6 milioni di dollari. Non un brutto malloppo da parte di un solo individuo.
Ma guardiamo per un momento questo suo progetto preferito: Israele. Proprio la settimana scorsa il Primo Assassino  Israeliano, Benjamin Netanyahu, quel campione di virtù che dice di volere soltanto la pace con i palestinesi, mentre ruba loro la terra, rapisce e uccide uomini, donne e bambini palestinesi, li fa morire di fame, e in generale li opprime nei modi più inenarrabili, ha dovuto dire questo: “Circonderemo tutto lo stato di Israele con recinzioni  barriere? La risposta è: sì. Nella zona in cui viviamo dobbiamo difenderci dalla bestie feroci.” Le ‘bestie feroci’ alle quali si riferisce sono, naturalmente, i palestinesi.
Inoltre il Signor Netanyahu ha detto che i palestinesi hanno ‘una cultura di morte’, sostenendo che essi non vogliono stabilire uno stato, ma distruggerne uno. Questo, ovviamente, era stato un suo tentativo di controbattere alla dichiarazione molto ragionevole di Ban Ki-Moon che la resistenza palestinese è la conseguenza naturale di decenni di oppressione. Il Primo Assassino Israeliano,  come la maggior parte dei leader mondiali, non è particolarmente interessato a considerare se stesso come il problema, una consapevolezza che gran parte del mondo sembra stia raggiungendo.
La Signora Clinton, tuttavia, è più che felice di abbracciare il Signor Saban fino a quando il suo sostanzioso portafoglio resterà  aperto per le sue avide mani. Dopo tutto, che cosa c’è di male in  un po’ di apartheid tra amici?
Oltre a condannare l’avidità, chi scrive sembra si ricordi di qualcosa nella Bibbia su: ‘non ucciderai’, di nuovo nella lista delle cose che si devono  fare e che  non si devono fare, che comunemente si chiama Dieci Comandamenti.  Ebbene, ripeto, mentre chi scrive odia giudicare, sembra che la sua interpretazione di quel particolare passo delle Scritture sia significativamente diverso da quella della  Signora Clinton. Secondo chi scrive, significa: “tu non ucciderai’. Sembra che la Signora Clinton lo precisi un poco, forse interpretandolo così: ‘Non ucciderai, a meno che non sia politicamente conveniente o se fare finta di non  vedere, farà in modo che  i ricchi donatori razzisti firmeranno dei  sostanziosi assegni a vostro favore, oppure se si può uccidere senza far del male a se stessi, come avviene nel caso di attacchi con i droni, o se le vittime sono giovani statunitensi con scarsa istruzione, sottoimpiegati,  ingenui che credono alle sciocchezze che  vengono loro raccontate circa gli Stati Uniti che combattono per la libertà’. Ecco; questo sembra includere tutto.
E così, per non essere superata  dalla destra religiosa, la Signora Clinton è, di fatto,    intervenuta, invocando la sua  particolare   interpretazione della parola di Dio. Quello che otterrà nessuno lo sa  ma si può essere piuttosto sicuri che qualunque cosa dica, qualsiasi dichiarazione di uso pubblico faccia,  è attentamente calcolata, ponderata in anticipo, e diffusa per lo scopo specifico di ottenere voti o denaro. Questa è la Hillary Clinton di cui parliamo: quando si possono guadagnare oltre 600.000 dollari in un solo anno, da una sola fonte (la Goldman Sachs), soltanto per ascoltare il piacevole suono della propria voce, non si lasciano fluire le proprie parole gratuitamente.
Fortunatamente per tutti coloro che sono coinvolti, la Signora Clinton, non parla spesso delle sue convinzioni religiose. La sua ipocrisia è sufficientemente nauseante riguardo a una vasta gamma di argomenti; non ha bisogno di aggiungere il danno alla beffa, rivelando la parte spirituale di se stessa.
Ma in un qualsiasi dato giorno, di fronte a un qualsiasi pubblico, una donna politica così abile come la Signora Clinton, dirà ciò che è necessario venga detto. Se significa lodare un regime crudele, sanguinario, che infrange la legge internazionale, oppure descrivere come lei viene guidata dalla Bibbia, la Signora Clinton farà qualsiasi cosa sia necessaria per ottenere lo scopo. E lo scopo è di acquistare un contratto d’affitto di quattro anni rinnovabili,  per la  Casa Bianca. Costa caro,  ma nessuno è più bravo della Signora Clinton a ottenere i finanziamenti necessari.
Il libro più recente di Robert Fantina è: Empire , Racism and Genocide: a History
of US Foreign Policy [Impero, razzismo e genocidio: la storia della politica estera statunitense],  (Red Pill Press).

venerdì 19 febbraio 2016

Ora spostare l’attenzione sulla rapida attuazione della legge regionale n.5/2014

Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone


19/02/2016 – Dopo tanti anni l’assemblea dei sindaci ha fatto il suo lavoro. Sprecando diverse ore in una discussione per affermare una primogenitura contestata, i 77 sindaci presenti hanno avviato la procedura di risoluzione del contratto, espresso il parere negativo all’incorporazione di Acea Ato 5 in Acea Ato 2, assunto la necessità di premere nei confronti della Regione Lazio perché approvi in tempi brevissimi la proposta di legge 238/2015 di attuazione della Legge Regionale 5/2014 ‘Tutela, governo e gestione pubblica delle acque’, assunto l’obiettivo di arrivare alla modifica della Carta dei Servizi con la partecipazione dei Comitati e delle Associazioni sulla base delle proposte che, come Comitato Provinciale Acqua Pubblica di Frosinone, abbiamo presentato alla Consulta d’Ambito il giorno 8 Febbraio u.s. Oggi è un buon giorno come lo erano stati il 21/12/2009, il 13/07/2011, il 04/04/2014. Ma domani è un altro giorno ed è necessario il massimo impegno perché quello che oggi si è ottenuto non venga vanificato. Rispetto ai dubbi sollevati dal sindaco di San Giovanni Incarico Antonio Salvati sulla validità della votazione in Assemblea noi rispondiamo che l'Assemblea dei Sindaci è regolata solo dalla Convenzione di Cooperazione che non dice che nell’Assemblea si debba votare per chiamata nominale ma richiede solo che le decisioni abbiano la doppia maggioranza (per numero di comuni e per numero di abitanti). Allora per conoscere l'esito di una votazione che presenti una spaccatura nell'Assemblea il voto nominale diviene una necessità di fatto per verificare se la maggioranza dei comuni favorevoli rappresentino o meno anche la maggioranza dei comuni rappresentati. Ma nel caso di un voto unanime (anzi col voto contrario del solo Salvati) questa verifica non è necessaria. Questo perché, come succede in qualsiasi assemblea, quando questa è dichiarata valida (e questo avviene al suo inizio) lo resta sino ad un'aventuale verifica che stabilisca la non permanenza del numero legale dei partecipanti. Nel caso in esame peraltro la legittimità delle decisioni assunte è confermata dalla votazione successiva. Capiamo che i signori di una precisa parte politica ed i loro tirapiedi abbiano la necessità in qualche modo di giustificare il fatto che non sia stato consentito loro di piantare la bandierina su un atto fondamentale (e tutt'altro che risolutivo) di questa vicenda, ma è comunque inaccettabile che arrivino a fare gli avvocati d'ufficio di ACEA innescando una polemica strumentale utile solo agli interessi di questa. D'altra parte sono anche coloro che fingono di non sapere che 90 o 180 o 300 giorni sono la stessa cosa se il quadro normativo nazionale si consolida prima che la Regione Lazio si decida ad attuare la legge n.5 consegnando comunque il nostro territorio ad ACEA S.p.A. Il prossimo immediato passaggio è quindi in Regione. L’assessore Refrigeri aveva preso dinanzi al Consiglio regionale l’ennesimo impegno di portare in aula la proposta di Giunta per l’attuazione della Legge Regionale 5/2014. Come purtroppo ci ha abituato, le sue promesse sono rimaste tali e, per il tempo che ci rimane, non possiamo consentire che la Regione continui a perdere tempo, pena la permanenza di Acea (magari sotto altro nome). Chi finge che tutto si possa risolvere in una lite di condominio con il portiere, o non ha capito nulla o in realtà fa gli interessi di Acea

giovedì 18 febbraio 2016

SONO STATI INGANNATI, ANCORA UNA VOLTA, I CITTADINI E LE FAMIGLIE CIOCIARE.

Antonio Salvati

Purtroppo, ancora una volta, hanno fatto un REGALO ad ACEA, in quanto la Deliberazione di risoluzione del Contratto, proposta dalla Provincia, era sbagliata, nelle premesse e nel deliberato.
Infatti, non sono stati indicate, in modo specifico, come prevedono la legge e la Convenzione, le gravi inadempienze di Acea, e non sono state indicate le conseguenti Penali applicate, oltre ad altri macroscopici errori.
Alla fine hanno sbagliato pure la votazione, che, per legge, doveva essere fatta con doppio conteggio, altrimenti è nulla, e l'Acea pertanto ne approfitterà e ci andrà a nozze dinanzi al Tar.
Ancora una volta HANNO FATTO FINTA di mandare a casa Acea, ma purtroppo questa Società resterà nella nostra Provincia ancora per tanto tempo.
Le Famiglie ciociare ed i Cittadini SONO STATI INGANNATI e continueranno a subire le azioni dannose di Acea, ed a dover pagare le Bollette ingiuste ed esose.
È una vergogna.
Sono stato l'unico Sindaco ad aver votato contro, dopo aver tentato, in ogni modo, di far correggere la Deliberazione sbagliata proposta dalla Provincia, ma è stato inutile:
PER I SOLITI FURBI la Deliberazione di risoluzione DOVEVA RIMANERE SBAGLIATA, così ora l'Acea la impugna al Tar e la fa sospendere, ed in questo modo tutto resterà come prima, con Acea che continuerà a fare il bello e cattivo tempo nei nostri territori, alla faccia della gente ciociara".

Antonio SALVATI
Sindaco di San Giovanni Incarico

Il giallo del voto su Acea, Salvati: «Errori su delibera e votazione: il gestore ne approfitterà»

fonte: http://www.linchiestaquotidiano.it/

FROSINONE - Un "giallo" sul voto per il via all'iter della risoluzione contrattuale con Acea. Quello sollevato dal sindaco di San Giovanni Incarico Antonio Salvati che è stato l'unico a votare contro la delibera per la risoluzione nell'assemblea di oggi. Il sindaco specifica di essere a favore della risoluzione ma parla di un sostanziale assist ad Acea in vista di eventuali ricorsi sia per quanto riguarda il testo della delibera che per quanto riguarda la votazione, che è avvenuta per alzata di mano e non per appello nominale. «Non sono stati indicate, in modo specifico, come prevedono la legge e la Convenzione, le gravi inadempienze di Acea, e non sono state indicate le conseguenti Penali applicate, oltre ad altri macroscopici errori - dice Salvati - Alla fine hanno sbagliato pure la votazione, che, per legge, doveva essere fatta con doppio conteggio, altrimenti è nulla, e l'Acea pertanto ne approfitterà e ci andrà a nozze dinanzi al Tar. Ancora una volta hanno fatto finta di mandare a casa Acea, ma purtroppo questa Società resterà nella nostra Provincia ancora per tanto tempo. Le Famiglie ciociare ed i Cittadini sono stati ingannati, e continueranno a subire le azioni dannose di Acea, ed a dover pagare le Bollette ingiuste ed esose. È una vergogna. Sono stato l'unico Sindaco ad aver votato contro, dopo aver tentato, in ogni modo, di far correggere la Deliberazione sbagliata proposta dalla Provincia, ma è stato inutile: per i soliti furbi la Deliberazione di risoluzione doveva rimanere sbagliata, così l'Acea la impugna al Tar e la fa sospendere, ed in questo modo tutto resterà come prima, con Acea che continuerà a fare il bello e cattivo tempo nei nostri territori, alla faccia della gente ciociara».  

BastAcea: via libera dei sindaci all'iter per la risoluzione

fonte: http://www.linchiestaquotidiano.it/


FROSINONE -  Via all'iter per la risoluzione del contratto con il gestore del servizio idrico da parte dei sindaci. Il voto è arrivato alla fine di un pomeriggio lunghissimo in cui i sindaci si sono divisi sul tempo da dare al gestore per adempiere. I primi cittadini si sono spaccati su due posizioni: dare 90 o 180 giorni? Alla fine si è optato a maggioranza per i 180 giorni. Sul via all'iter per la risoluzione con Acea i sindaci hanno votato all'unanimità dei 74 presenti. Contrario solo il 75 sindaco presente, quello di San Giovanni Incarico Antonio Salvati, favorevole alla risoluzione ma critico rispetto a come era impostata la delibera. Esultano i comitati che chiedevano dal 2009 questo passo ai sindaci. A molti cittadini è stato impedito di partecipare all'assemblea dei sindaci, non senza polemiche. 


Il dibattito sull'utero in affitto La nostra posizione

Commissione Lavoro Donne - Pdac



Tra le procedure della scienza moderna tecnicamente avanzate che consentono a coppie sterili di avere figli, c’è la surrogazione di maternità (o “gestazione per altri” o “gestazione d’appoggio”) vale a dire il procedimento per cui una donna mette a disposizione il proprio utero e porta avanti la gravidanza per conto di committenti.
Questa pratica medica che avrebbe funzione risolutiva dell’impossibilità di avere figli, è nota anche come “utero in affitto”, denominazione più prosaica e dunque forse più adeguata nel sistema capitalistico per il quale “tutto diventa merce”, come aveva avvertito Marx già nell'Ottocento.
In Italia è illegale. La legge sulla procreazione medicalmente assistita (L. 19 Febbraio 2004, n. 40, una delle leggi più reazionarie che dispongono della capacità riproduttiva della donna), punisce, all’art. 12, l’attività di organizzazione, realizzazione o pubblicizzazione dell’attività di surrogazione di maternità con la reclusione da dieci a venti anni o la multa fino al non indifferente importo di un milione di euro.
Ed attorno a questa pratica si è aperto un dibattito in Italia che ha diviso il mondo delle femministe prima e l'intero mondo politico e sociale, poi.

C’è chi dice no. C’è che dice sì.
All’inizio di dicembre è uscito su Repubblica un articolo intitolato “Femministe contro la maternità surrogata: non è un diritto”, che presentava un appello del movimento di donne “Se non ora quando-Libere” contro la cosiddetta pratica dell’utero in affitto. Qualche mese prima un manifesto simile era stato firmato da alcune femministe francesi.
Nell’appello italiano si chiedeva la messa al bando della pratica in Europa. “Noi rifiutiamo di considerare la maternità surrogata un atto di libertà o di amore.” – si leggeva nell’appello (1) - “In Italia è vietata, ma nel mondo in cui viviamo l’altrove è qui: committenti italiani possono trovare in altri Paesi una donna che porti un figlio per loro. Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione: non più del patriarcato ma del mercato”. Facendo leva sul concetto di maternità come libera scelta, ritenuta oggi possibile per la donna, l’appello si basava sostanzialmente su un richiamo “morale”. Su analoghe posizioni di avversione alla pratica della surrogazione di maternità e facendo riferimento diretto al suddetto appello, si è schierato tutto il fronte cattolico reazionario che ha dato testimonianza di sé nella difesa della famiglia tradizionale nell’ultimo Family Day.
Le risposte a tali prese di posizione non si sono fatte attendere. Intanto è stato chiesto che dal sottotitolo dell’appello pubblicato da Repubblica e rimbalzato immediatamente in rete, fosse tolta la dicitura “Snoq” (Se non ora quando) (2) poiché le posizioni espresse sarebbero state discusse da un solo comitato e non rappresenterebbero dunque la sintesi del dibattito sviluppatosi nell’intero movimento. In seguito, per tutta risposta, è stato pubblicato un contrappello nel quale, pur precisando di essere contraria alle pratiche mercantili, l’altra metà del femminismo borghese italiano ha espresso un giudizio favorevole alla pratica della surrogazione di maternità. “La solidarietà esiste”: e dunque perché impedire che con un grande atto d’amore gratuito una donna possa volontariamente rispondere al desiderio di maternità di un’altra donna? Impedire questa pratica significherebbe, per questo fronte del sì, limitare l’autodeterminazione delle donne rispetto al proprio corpo, affermare che esse sono incapaci di decidere per se stesse, aprire la strada ad altre misure restrittive nei confronti della sessualità femminile, tanto a lungo repressa e faticosamente liberata. Dunque, come ovvia conseguenza, meglio normare questa pratica piuttosto che impedirla.
L’insana passione per un tema che è normato in Italia dal 2004, nasce oggi dall’attualità di un altro dibattito, quello sulla normativa sulle unioni civili attualmente in discussione in Parlamento, la cui prima firmataria è Monica Cirinnà del Pd. L’istituto della stepchild adoption, previsto dal disegno di legge, grazie al quale diventerebbe possibile l’adozione del figlio naturale del partner, anche nel caso di coppie omosessuali, secondo i settori più omofobi e reazionari nasconderebbe l’avallo dell’utero in affitto per le coppie di uomini, che non hanno altro modo di ottenere un figlio se non quello di usare, dove è consentito, una madre surrogata.

Il quadro mondiale
Innumerevoli i siti d’informazione e i portali delle cliniche che pubblicizzano la pratica dell'utero in affitto come un prodotto perfetto, con un’assistenza completa per tutta la durata del cosiddetto “programma”. Fecondazione in vitro, impianto, parto. (3) Tali siti ovviamente si guardano bene dal pubblicizzare con altrettanta chiarezza i rischi non solo legali ma anche di salute che la realizzazione del “prodotto perfetto” comporta e che arrivano fino alla morte della donna e alla malformazione del feto. Capitolo a parte i costi, che ne fanno un vero business da 12-20mila euro in India, a 40mila in Ucraina, ai 100mila in alcuni degli Stati Uniti d'America.
Sono le agenzie intermediarie a stipulare un vero e proprio contratto con il committente: del compenso pattuito, alla madre va una minima parte (ma anche se alla madre andasse l'intero importo, ciò non renderebbe la questione meno grave). Se durante la gestazione i controlli evidenziano anomalie nel feto, il committente può, per contratto, obbligare la madre surrogata ad abortire senza neppure consultarla e quasi sempre senza poi pagarla. (4) A volte il contratto include anche la possibilità di scegliere il sesso del nascituro. Gli agenti intermediari selezionano accuratamente la madre surrogata: ciò che conta è che sia una ‘portatrice sana’ e che venga ben nutrita e controllata nel suo stato di salute durante i nove mesi di affitto. Tra le varie proposte commerciali c’è anche chi promette la scelta della donatrice d’ovuli tra le candidate disponibili (bionda, occhi azzurri, ecc.): una vera e propria selezione della “razza”, o meglio, ricerca di mercato del “prodotto”, come quando, appunto, si acquista un oggetto. La madre in affitto trascorre la sua gravidanza in residenze protette, per assicurarle una nutrizione adeguata e tenere sotto controllo le condizioni igieniche e sanitarie, le viene impedito di incontrare il proprio marito, per evitare il rischio che contragga malattie sessualmente trasmissibili, in pratica per essere certi che il prezioso prodotto commissionato non si possa avariare o deteriorare! Il bambino viene sottratto subito dopo il parto impedendone l’allattamento alla madre naturale, alla quale non viene neppure detto se è maschio o femmina. Le residenze protette servono anche per impedire alla donna di scappare con il figlio appena partorito per mettere al riparo i vari committenti dal rischio che la ‘donna incubatrice’ abbia ripensamenti. È una vera e propria transazione commerciale, per cui spetta ai clienti porre le condizioni del servizio per il quale pagano (la maternità surrogata) ed ottenere il “prodotto” commissionato (il bambino).
Nel panorama mondiale degli uteri in affitto, l’industria indiana della maternità surrogata è stimata produrre un indotto complessivo enorme, circa due miliardi di dollari, con un migliaio di cliniche, spesso non regolari. Sono di recente denuncia ad opera di organizzazioni per i diritti umani, casi di ragazze comprate in villaggi poveri con l’illusione di un lavoro come domestica, che vengono ridotte in schiavitù nel mercato degli uteri in affitto. (5) Secondo il tariffario (!) pubblicato dal New York Times, una madre surrogata indiana costa in media 25mila euro (dai 10.000 ai 35.000 dollari), una madre americana tre volte di più (tra 59.000 e 80.000 dollari), ma ci sono casi di compensi che sfiorano anche i 150mila euro. A Creta i costi più bassi: un figlio costa in media 12mila euro. Il Guatemala è un mercato emergente: si possono risparmiare più di 10mila dollari. Altro Paese emergente nel mercato globale delle gravidanze conto terzi è la Thailandia. Seguono Ecuador, Bolivia e Haiti. L’Argentina sta valutando l’opportunità di rendere legale la pratica che si sta diffondendo, anche in Europa, soprattutto in Russia e Ucraina, ma anche Polonia e Romania.

La nostra posizione
Come si evince dai dati, le fabbriche di maternità sono prevalentemente nei Paesi poveri e gli acquirenti sono i ricchi. Esiste dunque un mercato riproduttivo globale nel quale, in sostanza, le donne povere, soprattutto orientali, vengono pagate dalle donne ricche per condurre le gravidanze al posto di queste ultime o da single e coppie omosessuali per colmare il desiderio di famiglia tradizionale. L’utero in affitto è insomma una nuova schiavitù per i poveri, un nuovo business e un lusso per ricchi, qualunque sia il loro orientamento sessuale.
Nel coro di voci a favore e contro, non possiamo ancora una volta che distinguerci.
Distinguerci da chi dice sì. A prima vista la surrogazione di maternità può sembrare una pratica emancipativa, una di quelle situazioni in cui la donna sarebbe libera di decidere del proprio corpo. Noi non siamo d’accordo perché un esame più approfondito ne rivela l’aspetto più importante in questo mondo guidato solo dalle leggi del mercato e cioè che a regolare questo passaggio, per cui una donna cede il proprio utero ad altri, è la fredda logica della domanda e dell’offerta, vilmente tradotta nella mercificazione del corpo, della madre e del figlio. Le motivazioni addotte dal fronte del sì per cui in questa pratica si rivelerebbe in tutta la sua compiutezza la possibilità per le donne di autodeterminazione del proprio corpo, rivendicata e parzialmente ottenuta attraverso le lotte degli anni Settanta per l’emancipazione femminile, decadono di fronte alla legge di mercato: qui non si tratta di gestire autonomamente il proprio corpo poiché non può esistere libertà di scegliere in un sistema basato sulla mercificazione dell'essere umano, sullo sfruttamento di classe e su profonde differenze tra Paesi imperialisti e Paesi coloniali e semicoloniali. Molte donne che vivono oggi in Paesi coloniali e semicoloniali, costrette dall’oppressione e dallo sfruttamento globali a vite sotto la soglia di povertà, accettano in cambio di pochi soldi di “solidarizzare” con chi è meno fortunato (per dirla con le femministe borghesi!) in questa ricerca di maternità. Senza contare che la presunta solidarietà di queste donne vittime del sistema, che le relega ai margini della società costringendole a scegliere di farsi tramite della felicità altrui, si infrange miseramente su se stessa se inquadrata nelle reali condizioni materiali in cui queste donne vivono. Le madri in affitto sono le stesse donne che nei loro Paesi non hanno diritto all'aborto, che non possono contare su nessuna politica sociale a sostegno della maternità, che non conoscono o non hanno accesso ai metodi contraccettivi, che sono vittime nella quotidianità di violenze domestiche e sociali, come per esempio il mancato controllo sullo sfruttamento della prostituzione.
Queste condizioni pesano su tutte le donne proletarie, anche quelle dei cosiddetti Paesi sviluppati, in realtà avvolti nella crisi decennale in cui si dibatte il capitalismo globale. In nessun caso si può parlare di una scelta volontaria! Sempre, di costrizione per necessità economica.
Ci distinguiamo anche da chi dice no perché il nostro è un NO differente. Non si origina da questioni di morale piccolo borghese o da sentimentalismi romantici, né tantomeno dalla necessità di tutelare la famiglia tradizionale. Il capitalismo ha bisogno della famiglia per perpetuare il meccanismo di trasmissione della ricchezza e del patrimonio: senza la famiglia tradizionale, in cui si riproduce il meccanismo di successione, non potrebbe esistere il capitalismo. E' solo per questo che il sistema enfatizza il ruolo di madri delle donne e ampi settori della borghesia, in Italia, si ergono a difensori della famiglia, ignorando intenzionalmente il fatto che, proprio nella famiglia, si perpetua l'oppressione della donna, tanto più nelle fasi di crisi economica come quella che stiamo vivendo. Come dimostra l'aumento della violenza domestica, le donne sono sempre meno indipendenti economicamente e, quindi, sempre più costrette a subire violenze maschiliste tra le mura domestiche. Lo stesso “desiderio” di maternità, così come ci viene imposto dalla società, che spinge fino all’aberrazione della compravendita di una maternità surrogata, non ha nulla di romantico: è spesso indotto dalle esigenze del sistema che ha necessità di mantenere un ordine, un equilibrio tra le classi per continuare lo sfruttamento e l’oppressione di una classe su un’altra. “Il borghese vede nella moglie uno strumento di produzione” (come scrivevano Marx ed Engels nel Manifesto del Partito comunista), e se tale strumento non funziona, occorre sostituirlo, qualunque sia l’alternativa. Diversamente, se la reale preoccupazione fosse per la donna e per il bambino, di qualunque classe sociale, sarebbero altre le strade da percorrere per la salvaguardia della vita dignitosa di entrambi: servizi gratuiti, facilmente accessibili che sostengano la donna e i bambini in ogni aspetto della vita. Ma sono strade troppo costose per il povero capitale e che minerebbero quell’ordine tra le classi.
Il nostro NO nasce prima di tutto contro lo sfruttamento e l’oppressione perché non è accettabile che una donna venda il proprio corpo per accontentare i “desideri” di ricche/i borghesi, siano questi desideri sessuali o di maternità. Il nostro NO nasce contro il mercimonio di ogni cosa, persone incluse, che questa società consente, stabilendo cosa e quanto possa diventare merce, cosa e quanto si possa comprare per mantenere in vita un sistema agonizzante.
Nel sistema capitalistico, strutturalmente basato sulla disuguaglianza e sullo sfruttamento, l'autodeterminazione del proprio corpo rischia, in ogni momento, di tramutarsi nell'esatto opposto, cioè in mercificazione del proprio corpo. Noi ci battiamo per una società diversa, socialista, liberata dalla proprietà privata dei mezzi di produzione e, quindi, dal connesso bisogno di trasmettere il patrimonio ai figli attraverso la famiglia: una società di uomini e donne veramente liberi e uguali, senza differenze di classe e dove le donne abbiano piena indipendenza economica e sociale. Pensiamo che solo in una società di questo tipo le donne, gli omosessuali e gli eterosessuali, in coppia o single, avranno la reale possibilità di disporre liberamente dei propri corpi e di scegliere se e come essere madri e padri. Difendere l'autodeterminazione delle donne e i diritti del mondo lgbtq significa quindi prima di tutto lottare per abbattere il capitalismo.
 
Note
(1) Per l’appello completo: 
http://www.cheliberta.it/2015/12/04/appello-che-liberta/ 
(2) Il movimento Se non ora quando (Snoq) nasce nel 2011 da un appello lanciato da un gruppo promotore di donne diverse per età, professione, provenienza, appartenenza politica e religiosa, appartenenti ad associazioni e gruppi femminili, del mondo della politica, dei sindacati, dello spettacolo, del giornalismo, della scuola e di tutte le professioni. Si definisce movimento trasversale, aperto e plurale.
(3) Per avere un’idea delle “proposte”, si vedano i siti 
http://www.maternitasurrogata.info/ oppurehttp://www.uteroinaffitto.com/?gclid=Cj0KEQiA89u1BRDz8enExq7rvN0BEiQAaFCHmzxNd1n5CtWDbrtvkyogbw-uoAiFfrNa3XsymZnTdtoaApOZ8P8HAQ
(4) Il materiale disponibile in rete è moltissimo; a titolo esemplificativo si veda l’interessante reportage de Il Corriere:http://27esimaora.corriere.it/articolo/il-mio-viaggio-nella-clinicadove-si-affittano-gli-uteri/ ;http://27esimaora.corriere.it/articolo/laltruismo-i-dubbi-e-il-primo-decessoparlano-le-donne-che-affittano-lutero/
(5) Sulla situazione indiana: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/26/utero-in-affitto-in-india-e-boom-clienti-anche-dallestero-ma-madri-no-hanno-tutele/454192/

mercoledì 17 febbraio 2016

Il jazz che piace alla gente che piace

Luciano Granieri

Venerdì 19 febbraio 2016 continuerà  il nostro  viaggio negli Stati Uniti del jazz. Presso la sala dell’associazione culturale “Oltre l’Occidente”  in L.go Aonio Paleario, n. 7 a partire della ore 16,00, presenteremo il sesto appuntamento del seminario-dibattito:  “Jazz suoni ritmi e pulsioni vitali dell’era post moderna”.  Tratteremo di quel  jazz che negli anni ’50 riuscì a trovare, oltre che un notevole successo commerciale, anche l’apprezzamento dei centri di potere.  Era  un jazz “per bene”  suonato da bianchi, una musica in smoking adatta alle  sale da concerto. Un’espressione  totalmente diversa da quella urlata dei  club della 52° strada di New York. Infatti la  musica, che piaceva  alla gente che piaceva, nacque ed   ebbe la sua massima diffusione in California. Ascolteremo , fra l’altro, brani che in qualche modo portarono   la loro notorietà  oltre i confini del contesto afroamericano  riuscendo a vendere molti dischi anche in Europa. Siamo sicuri che alla fine dell’incontro diversi partecipanti usciranno fischiettando dalla sala.

Acea: sindaci dell'Ato2 compatti contro la fusione e contro l'assenza "colpevole" di Roma

Coordinamento romano acqua pubblica



Questa mattina a Palazzo Valentini si è giocata una partita fondamentale per la gestione dell'acqua e per la democrazia di 112 comuni del Lazio. 

Compatti oltre 100 sindaci della Provincia di Roma hanno detto NO all'istanza di fusione tra il gestore idrico della provincia di Roma e quello della Provincia di Frosinone, approvando un documento ufficiale in cui annunciano battaglia legale contro Acea, nel caso l'azienda non tenesse conto del dissenso espresso. 

Il paradosso della partecipatissima assemblea dei sindaci di questa mattina è stata infatti l'assenza del Comune di Roma, un'assenza arrogante e colpevole, come affermato da più interventi, perché punta a rendere nullo il voto degli altri 100 comuni, configurandosi, di fatto, come un assenso ad Acea.

È emerso chiaramente come l'assenza del Sub-Commissario Spadoni, addetto alle partecipate e al patrimonio pubblico di Roma, sia stata il frutto di una precisa scelta politica da parte del governo commissariale: le fusioni e le privatizzazioni piacciono al Governo Renzi, piacciono ai vertici di Acea... piacciono anche a Spadoni, come più volte da lui stesso affermato, quindi l'espressione democratica e contraria di 111 sindaci è un fastidio, un ostacolo da aggirare, magari con un accordo sottobanco con il Presidente di Acea Ato2 Saccani, lui sì oggi presente.

Ma quello di oggi certo non si può certo definire "silenzio-assenso" alla fusione, secondo la formula che Acea Ato2 vorrebbe far valere, fingendo che la votazione di oggi non sia mai esistita. Una votazione che, se Roma fosse stata presente, avrebbe finalmente messo un freno anche alla pratica dei distacchi idrici, inserendo nel nuovo regolamento l'obbligo dei flusso idrico vitale anche nei casi di morosità. Forse a Spadoni piacciono anche i distacchi idrici...

Sullo stesso punto si pronunceranno domani a Frosinone i sindaci dell'Ato5, dopo il no della consulta d'ambito.

Si apre una nuova fase di scontro sull'acqua nel Lazio, in cui i sindaci e le comunità locali dovranno essere protagonisti, per non farsi schiacciare da logiche aziendali che nulla hanno a che fare con l'interesse dei cittadini, come questa vicenda dimostra. 

Uno scontro che non può lasciare fuori la giunta regionale e l'Assessore Refrigeri: è sempre più chiaro che il suo immobilsmo sulla Legge 5/2014 fa il paio con il silenzio del Sub-commissario Spadoni: un regalo ad Acea!

È invece il momento di uscire allo scoperto, e scegliere se stare con l'acqua pubblica, o con Acea!

Conferenza dei Sindaci, alcuni interventi audio:

Approvazione conclusiava O.d.G.:
https://www.dropbox.com/s/ahk6rcqozvvsnoz/7%20Approvazione%20O.d.G..m4a?dl=0


Acea Ato5 chi rescinde muore!

Luciano Granieri


Domani a partire dalle 14,30 gli 85 sindaci dell’Ato5 dovranno discutere presso la sede della Provincia a palazzo Gramsci, i destini del rapporto fra Acea e il territorio in relazione all’erogazione del servizio idrico.  In  base all’ordine del giorno, i sindaci saranno chiamati ad  esprimersi sulla fusione per incorporazione di Acea Ato5 in Acea Ato2 e  a deliberare sull’avvio della procedura,  ex art.34 della convenzione,  relativa alla messa in mora del gestore, finalizzata alla risoluzione contrattuale per inadempienza. 

Tanto per rendere sereno il clima e non influenzare i primi cittadini, Acea attraverso il suo organo di stampa  ufficiale “Il messaggero” ( non sfuggirà neanche ai più sprovveduti che la proprietà del quotidiano romano è anche azionista Acea)  in articolo pubblicato nella cronaca locale di oggi, elenca, una per una ,tutte le  devastanti conseguenze che  sindaci e popolazione dovranno subire , qualora la rescissione contrattuale dovesse andare in porto. Della serie: chi rescinde muore. 

Si comincia con l’addebitare all’utenza  un costo di 170 milioni di euro, perché  secondo le nuove norme, emanate dal governo Renzi, che Dio lo abbia in gloria,  al  gestore uscente devono essere riconosciuti anticipatamente tutti i mancati introiti derivanti dalla rescissione anticipata del contratto. L’importo dovuto è definito dal    nuovo tariffario approvato il 28 dicembre scorso dall’AEEGSI . In base a questo calcolo Acea fa sapere, sempre attraverso il suo fedele organo di stampa,  che al 31 dicembre 2015 i residui ammontano a 76,5 milioni di euro, ma non finisce qui. Ricordate i 75 milioni di euro, quantificati del commissario ad acta,  che Acea reclama  per  mancato adeguamento tariffario, figlio dell’insipienza dei sindaci? Ad oggi ne mancano ancora 40,2 e devono essere corrisposti. Inoltre sono dovuti, altri 53,2 per conguagli post 2012 riconosciuti al gestore dall’Autorità garante (di chi?) solo pochi giorni fa. Questi soldi graverebbero su ogni bolletta per un importo di 950 euro oneri esclusi? Caro cittadino incazzato, voi sbarazzarti di Acea? Paga. 

In base alle nuove norme tali somme, sempre secondo la gazzetta di Acea alias “il messaggero” , vanno erogate  comunque, indipendentemente dalle eventuali inadempienze accertate  del  gestore.  Fra l’altro Acea fa sapere che di tali inadempienze è del tutto all’oscuro, perché la  segreteria tecnico operativa (STO) che le ha  certificate, per  gli anni 2010-2012,  le ha rese note a tutti tranne che al gestore stesso. In pratica di tutto ciò a Via Roma non sanno nulla  . 

 Ma, cari sindaci,  non è finita qui. Acea si perita di avvertire che, in caso di risoluzione contrattuale, ricorrerà al Tar, chiedendo l’immediata sospensiva del provvedimento e in ogni caso provvederà alla gestione del servizio fino a quando non sarà dato l’incarico ad un nuovo gestore. Quindi , cari sindaci, dal momento che la legge vieta una gestione in economia, dovrete costituire una  nuova società  in house. Ogni  comune dovrà mettere a disposizione risorse per costituire e capitalizzare la società  e,  con la crisi di fondi che attanaglia gli enti comunali,  è ben difficile che la Corte dei Conti autorizzi un’operazione di questi tipo. Comunque l’assemblea dei sindaci potrebbe cercare sul mercato un nuovo partner privato, attraverso un bando europeo. In questo caso Acea parteciperebbe  alla gara con buone possibilità di vittoria vista la presenza storica   nel territorio. 

In buona sostanza il messaggio lanciato dall’house organ di Caltagirone è chiaro. Se  in caso di rescissione i cittadini devono pagare 170 milioni, se  i Comuni non possono, causa veto  della Corte dei Conti ,  costituire una società in house  per la gestione del servizio in sostituzione del gestore liquidato,  e se, dopo aver speso tutti sti' soldi, comunque Acea potrebbe tornare  ad essere l’unica azienda ad erogare l’acqua nella Provincia,  che ci andate a fare sindaci e cittadini a ciaccolare   nel palazzo di Via Gramsci, per invocare  un provvedimento che vi metterà spalle al muro?  Perché passare dalla padella alla brace?  Statevene a  casa, o al massimo, comportatevi come nelle altre riunioni, giocate a carte, fatevi  una passeggiata per le sale del palazzo.  

Non è  dato sapere se moriremo democristiani, ma è ceto che moriremo vessati da Acea. A proposito, volete sapere chi è l’autore dell’articolo uscito oggi sul megafono della multi utility romana “ il messaggero”?  Non si sa il pezzo non è firmato. Evviva la libertà di stampa.


martedì 16 febbraio 2016

Five Brothers il propellente dei Saxes Machine

Luciano Granieri


I fratelli del jazz, ovvero the  four brothers. Chi erano costoro. Pariamo di quattro straordinari sassofonisti, fiori all’occhiello dell’orchestra di Woody Herman.  I sassofonisti tenori: Stan Getz, Zoot Sims, Herbie Steward, insieme col il saxbaritonista Serge Chaloff, costituirono la potente sezione sassofoni  di un’orchestra che rese il suo band leader, Herman,  ed essi stessi,  famosi in tutta la California e   li consacrò poi come  icone del jazz cool, o progressivo (lasciamo ai critici  stabilire la definizione più adatta),  protagonisti della scena jazzistica mondiale . Il brano che li rese famosi  Four Brothers ,  per l’appunto,  registrato a Hollywood nel 1948,  ebbe la fortuna di essere il primo pezzo di jazz ad entrare nella classifica dei dischi più venduti nel periodo. 

 Trent’anni più tardi, altri fratelli di sax non mancarono di iscrivere le loro gesta musicali, nella storia del jazz italiano, europeo  e mondiale. Erano cinque, non quattro, e sotto la sapiente direzione del maestro d'orchestra, arrangiatore  e batterista, Bruno Biriaco, supportati da un ritmica formata dalla stesso Biriaco alla batteria, Franco D’Andrea al pianoforte e Giovanni Tommaso al contrabbasso,  dettero vita ad  uno straordinario ensemble tutto italiano: i Saxes Machine.  Gli alto sassofonisti, Baldo Maestri e Gianni Oddi, i tenorsassofoisti, Beppe Carrieri e Sal Genovese, insieme con il saxbarotonista Carlo Metallo, furono quei five brothers, protagonisti di  Nouami, un disco splendido, registrato dai Saxes Machine  nel dicembre del 1978  a Roma ed edito dalla  Edi Pan.  

I “five brothers “ italiani hanno fatto la storia del jazz nel nostro Paese, attivi nelle diverse orchestre della Rai, sono stati compagni di viaggio di jazzisti blasonati. Oddi, per esempio, vanta collaborazioni con Dizzy Gillespie, Bob Brookmeyer, Ray Charles, per citare i più famosi. Baldo Maestri è stato animatore della scena jazzistica italiana già a partire dall’era oscura del ventennio fascista quando la musica afroamericana era più che clandestina. Ricordiamo Sal Genovese splendido solista dell’orchestra di “Quelli della notte”  Beppe Carrieri, viene da una solida e consolidata tradizione blues e Carlo Metallo è una perfetta sintesi di tutta l’evoluzione jazzistica dal New Orleans all’Hard Bop.  

A supportare queste leggende del jazz italiano, come detto,   musicisti straordinari ed eclettici come Bruno Biriaco, batteria, Franco D’Andrea, pianoforte, Giovanni Tommaso contrabbasso. Già proprio la sezione ritmica del  Perigeo, gruppo che sin   dalla metà degli anni ’70, con Tony Sidney alla  chitarra e a Claudio Fasoli al sax,  si  stava imponendo   con il suo jazz-rock  sperimentale e raffinato.  Giova ricordare che Gianni Oddi e Baldo Maestri, sono stati docenti presso il Conservatorio Licinio Refice di Frosinone. 

Il pezzo che proponiamo, tratto per l’appunto dal disco Nouami  è Miss Laura. Un blues che come evoluzione armonica può essere assimilato a  Four Brothers (in realtà il pezzo di Woody Herman entrò più tardi nel repertorio anche dei Saxes Machine) . E’ evidente però che  in più di   trent’anni di acqua ne è passata sotto i ponti dal jazz.  

Da quel lontano 1948  quando  Getz, Sims, Stewart e Chaloff, registrarono il loro successo negli studi di Hollywood, gli arrangiamenti di Gil Evans, le partiture di Thad Jones, l’hard bop dei Messengers  di Art Blakey, fino a John Coltrane ed oltre, avevano  proposto  molteplici evoluzioni.  E infatti lo stile dei Saxes Machine  assorbe tutto questo patrimonio e lo rielabora, grazie alla versatilità degli arrangiamenti di Bruno Biriaco, proponendo un jazz fresco, sanguigno.  

Già   la composizione del gruppo con una sezione di sassofoni  che interloquisce con una sessione ritmica, senza utilizzare ottoni,  offre un sound molto particolare. Nelle esecuzioni dei Saxes Machine, la preziosità degli arrangiamenti, si combina con la fluidità delle improvvisazioni, fornendo uno quadro armonico-ritmico unico.  Dopo l’incisione di Nouami, le macchine da sassofono di Bruno Biriaco hanno continuato ad imperversare nel panorama jazzistico italiano e non solo. Un po’ come accaduto per i Messengers di Art Blakey, i quali hanno  visto alternarsi nel gruppo  i migliori jazzisti americani, da Clifford Brown , fino a Wynton Marsalis, nei Saxes Machine  si è esibito il fior fiore dei jazzmen italiani come, fra gli altri,  il contrabbassista Massimo Moriconi o il pianista Enrico Pieranunzi.  Ma è ora di far tacere il ticchettio della  tastiera  e far suonare gli straordinari sax degli italianissimi  Five Brothers .

Good Vibrations.

Valle del Sacco e smog, perché nascondere la polvere sotto un tappeto?

Rete per la Tutela della Valle del Sacco

Premessa
“Passata la festa, gabbato lo santo”, si diceva nella tradizione popolare. Accade analogamente per le polveri sottili, le PM10 e PM2,5 che puntualmente ogni fine anno, da molti a questa parte, emergono come problema, dati gli immancabili superamenti dei limiti stabiliti per legge in gran parte delle città italiane monitorate. E ogni anno politici e amministratori accolgono il fenomeno come una novità inaspettata.
Appena però arriva la prima pioggia salvifica o inizia l’anno nuovo, il contatore dei superamenti viene riportato a zero e il problema rientra e si sgonfia. Eppure, da inizio anno al 13 febbraio sono già molti i superamenti dei limiti nelle cittadine della valle (Ceccano 31, Frosinone Scalo 27, Colleferro 11, Alatri 17, Ferentino7).
 
Quando, come a fine 2015, il fenomeno è più grave del solito, le Amministrazioni e il Governo si affrettano ad indicare soluzioni inefficaci e di breve respiro, incapaci di affrontare un problema così complesso e dipendente da molteplici fattori, con scelte coraggiose e lungimiranti quanto necessarie. In questo contesto rientra anche la valle del Sacco, citata negativamente nelle cronache nazionali a causa dell’inquinamento atmosferico di Frosinone.
Tempo fa abbiamo avviato un osservatorio delle PM10, il particolato sottile monitorato dalle centraline dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Lazio (ARPA) nell’intera valle del Sacco. Oggi lo riproponiamo con i dati aggiornati, cercando di fornirne una lettura di inquadramento e, se possibile, trarne delle conclusioni.
 
Per una più facile lettura abbiamo estrapolato dal sito di ARPA i valori giornalieri di monitoraggio per diverse centraline installate a Colleferro, Anagni e Frosinone dal 2006, e per Ferentino, Alatri e Ceccano dal 2011. La serie storica è quindi abbastanza significativa, trattandosi di dieci anni. Per Frosinone ci limitiamo alla lettura della centralina dello Scalo, mentre per Colleferro a quella di viale Europa.
 
Abbiamo monitorato essenzialmente i parametri di legge relativi al numero di superamenti e al valore medio annuale, parametri al di sopra dei quali sono riconosciuti danni all’organismo umano.
 
Come vedremo in dettaglio, i dati sono chiari e indicano che l’inquinamento da PM10 nella Valle del Sacco ha sede stabile da anni, si ripete ciclicamente e in maniera puntuale.
 
PM10
La nostra serie storica prende in considerazione solo le polveri sottili PM10 perché, seppure più pericolose per la salute umana, le PM2,5 non sono monitorate nella valle del Sacco.

Cominciamo con la quantità di superamenti del limite di 50 µg/m³ (microgrammi per metro cubo) giornalieri come da normativa nazionale. Ilgrafico 1 riporta mese per mese, da gennaio 2006 a dicembre 2015, quante volte è stato superato questo limite. I paesi presi in considerazione sono Colleferro, Anagni, Frosinone, Ceccano, Alatri e Ferentino, E’ evidente l’andamento analogo per tutti i siti, cosa che indica come la valle sia un sistema strettamente interconnesso. È altrettanto evidente l’andamento ciclico del numero di superamenti: in inverno si raggiunge il picco, arrivando a situazioni in cui il limite viene superato tutti i giorni del mese; in estate le cose migliorano.
I nostri amministratori sanno quindi perfettamente che, con altissima probabilità, a fine anno il problema si ripresenterà puntualmente.


 











Il grafico 2 riporta invece per ciascuna città il numero annuale di superamenti, sempre dal 2006 al 2015.


Si osserva che la situazione in generale negli anni è andata migliorando, ma rimane sempre molto critica, evidenziando che quasi tutti i paesi considerati hanno ampiamente superato la soglia fuorilegge di 35 giorni e in molti casi anche quella di tolleranza di 50 giorni ad eccezione di Anagni.


Infine, il grafico n. 3, mostra la media annuale del valore delle PM10 per ciascun paese dal 2006 al 2015. Si conferma il miglioramento della situazione che permane comunque critica: la media annuale deve essere infatti inferiore a 40 µg/m³, superata ogni anno dalle centraline di Frosinone e Ceccano, segno di cronicità.



Qualche considerazione


Non vogliamo spingerci in analisi sulle cause locali del fenomeno, che richiederebbero mezzi e strumenti che non abbiamo.

Ad esempio, quanto incide sul miglioramento la deindustrializzazione dell’area? Quanto pesa la presenza di impianti altamente inquinanti come cementifici, inceneritori e grandi vie di comunicazione? E il riscaldamento domestico? Sicuramente c’è una stretta correlazione con la situazione meteorologica, che in inverno spazza via le polveri in maniera meno efficace.

Sta di fatto che la nostra valle è un sistema strettamente interconnesso e che l’aggiunta di qualunque altra fonte di inquinamento dell’aria ad un sistema già così compromesso sarebbe estremamente pericolosa.
 
PM2,5


Tra PM2.5 e PM10 ci sono delle differenze che dipendono non solo dalla sorgente di emissione ma anche dalla meteorologia/climatologia. Rimanendo ad un livello molto generico, possiamo considerare le seguenti fonti di emissione di particolato:

1)                 le sorgenti industriali e i riscaldamenti moderni emettono prevalentemente particolato fine inferiore a 2.5 micron;
2)                 le automobili emettono particolato fine dal tubo di scarico (a parte i vecchi diesel che emettono fumi  di granulometria maggiore);
3)                 le auto emettono particolato anche per abrasione (gomme, asfalto, freni, frizione) e risospensione di polveri dal terreno. Queste emissioni non trascurabili indicate tecnicamente come "non-exhaust",  sono in parte grossolane (maggiori di 2,5 micron) e sono prodotte da qualsiasi tipo di veicolo, anche elettrico;
4)                  le combustioni all'aperto (fuochi agricoli, rifiuti etc) producono sia particolato fine che grossolano. Dal punto di vista tecnico, c'è sempre più convergenza nell'attribuire l'inquinamento delle piccole città dell'interno alla penetrazione della biomassa da riscaldamento, dal camino integrativo alle nuove stufe a pellets;
5)                 l’azione del vento risolleva polveri producendo particolato grossolano.


In inverno la quantità di particolato sottile PM2,5 è poco diversa da quella delle PM10. In estate la frazione grossa cresce, ma le concentrazioni, soprattutto per le condizioni meteorologiche, sono molto più basse. I picchi episodici nei quali la frazione grossa aumenta per breve tempo sono dovuti ad eventi particolari, ad esempio l’avvezione di sabbie sahariane.

Il contenuto delle polveri dipende dalle emissioni locali ma anche dagli inquinanti secondari (nitrato, solfato, ammonio) che si formano in atmosfera.
Passando ai dati circa le polveri ultrasottili, le PM2,5, gli analizzatori su Roma offrono un quadro che andrebbe approfondito.

Verificando i bollettini settimanali si evince che sussiste un rapporto tra PM10 e PM2,5 e, aggregando i dati, si potrebbe concludere che il rapporto si attesta in media sul valore di 0,7, con un minimo di 0,6 sulla centralina di Villa Ada e un massimo di 0,8 sulla centralina di Corso Francia (Grafico 4 - Fonte Arpa Lazio).
 
Se abbiamo, ad esempio, un superamento di 100 microgrammi/mcubo per le PM10, il valore per le PM2,5 si attesta su 70 microgrammi/mcubo. Di fatto se il valore di 100 microgrammi/mcubo indica il superamento del doppio rispetto al limite consentito per le PM10 (50 microgrammi/mcubo), il valore limite per le PM2,5 (25 microgrammi/mcubo) verrebbe superato di circa il triplo.


Il riferimento è l’ultimo bollettino settimanale dell’anno 2015 con esclusione della centralina di Fontechiari dove il rapporto in alcuni giorni è addirittura pari a 1.
Ribadendo che la correlazione necessita di studi approfonditi, riteniamo necessario che questa possa diventare elemento di discussione.
Non ci spingiamo oltre a definire quali possano essere i rischi per la salute in quanto a questi possono rispondere in maniera più competente le autorità e i professionisti sanitari.
 
Conclusioni
La condizione di inquinamento atmosferico, nella città di Frosinone ed in tutta la Valle del Sacco, segnalato dal superamento della soglia delle polveri sottili, è indubbiamente aggravato dalle condizioni atmosferiche, ma trova la sua causa strutturale nella particolare circolazione atmosferica che impedisce lo smaltimento degli inquinanti e li accumula nella conca della Valle. 
 
Gli enti locali non si sono risparmiati nel favorire questo processo, evitando misure restrittive sulle emissioni degli stabilimenti industriali, non prendendo minimamente in esame piani urbani per il traffico sempre più insistente favorendo in modo opposto urbanizzazione e l'antropizzazione degli spazi naturali della Valle. I cambiamenti climatici rendono sempre più drammatica una condizione già grave.
 
A ciò si aggiunge il fallimento evidente del piano regionale per la qualità dell'aria, che non ha fornito le giuste linee guida per incidere sulle cause strutturali dell'inquinamento.
 
Tutte le matrici ambientali (aria, acqua e terreno) del nostro territorio sono gravemente inquinate; dobbiamo bonificare ciò che in passato è stato devastato; dobbiamo ridurre drasticamente le fonti di inquinamento; è necessaria una moratoria nei confronti dell'insediamento di nuovi impianti inquinanti.

Il sistema della mobilità delle persone e delle merci deve essere ridisegnato, dando ampio spazio al servizio pubblico di qualità e realmente senza scopi di lucro, fattore quest’ultimo che rende qualunque discorso o iniziativa traballante e non incisivo. Non c’è altro tempo da perdere.

È in gioco la salute di tutti gli abitanti della valle: la sua difesa richiede un monitoraggio costante e capillare che si scontra con lo smantellamento in corso della rete dei servizi sanitari. Non sono sufficienti rimedi palliativi, e neppure misure d'emergenza. Come da anni andiamo ripetendo, e non da soli, è necessario ripensare un modello di sviluppo che è miseramente fallito.

Un tale cambiamento richiede la partecipazione attiva di tutte le componenti della società: sin da subito è necessario stabilire meccanismi di consultazione e di coordinamento tra amministrazioni, reti associative ed economiche per una progettazione di lungo periodo e per l'attivazione di tutte le misure, anche drastiche, da mettere in atto, tali da ridurre il danno nell’immediato.