sabato 5 novembre 2016

Il terremoto, la crisi e il referendum

Piattaforma Comunista


Nuovi forti terremoti hanno devastato Norcia e altre città dell’Italia centrale, provocando feriti, gravi danni agli edifici,  alle infrastrutture, al patrimonio artistico.
A due mesi dal primo sisma, decine di migliaia di sfollati hanno bisogno di assistenza. La situazione nella zona è critica e le scosse non si fermeranno in poco tempo, date le caratteristiche geologiche dell’Appennino.
Il governo Renzi sta facendo il contrario di quello che serve per varare un piano nazionale per la prevenzione e la sicurezza antisismica, la ricostruzione e la manutenzione.
L’aspirante ducetto fiorentino punta a introdurre una vergognosa tassazione a forfait per i miliardari e spinge gli enti locali a istituire la “tassa sulla disgrazia”, laddove ci vuole una patrimoniale sulle ricchezze dei borghesi per pagare i danni del terremoto, delle alluvioni e avviare la ricostruzione.
Si fa bello con la richiesta di “tolleranza” all’UE sui decimali del deficit, laddove bisogna stracciare gli accordi internazionali che impediscono le spese indispensabili per affrontare la grave situazione sociale ed economica esistente.
Le chiacchiere e le mille promesse di Renzi fanno parte di una cinica strategia referendaria.
Ma i fatti parlano chiaro: in due anni e otto mesi di governo il fanfarone ha tagliato le spese sociali e sanitarie, ha aumentato quelle militari, ha distrutto i diritti dei lavoratori e peggiorato le loro condizioni di vita, condannando un’intera generazione al precariato e all’emigrazione. 
Ora ha anche la faccia tosta di chiamare all’unione nazionale in nome dell’emergenza, allo scopo di rimanere in sella se vincerà il NO.
Il problema posto e da risolvere è liberarci al più presto dal suo governo reazionario e aprire con la lotta la strada a un governo che rappresenti gli interessi vitali del proletariato, della massa impoverita e oppressa, per un’uscita rivoluzionaria dalla profonda crisi originata dalla decomposizione dell’imperialismo. 
Nell’immediato, mentre rafforziamo la solidarietà alle popolazioni colpite, dobbiamo rivendicare la tassazione dei capitali, dei profitti, delle rendite, una vera lotta all’evasione, per reperire le risorse necessarie alla ricostruzione e messa in sicurezza delle case e del territorio, per risolvere i problemi urgenti dei lavoratori e dei giovani!
Esigiamo il ritiro delle truppe inviate all’estero e un forte taglio delle spese militari a favore di quelle sociali! Aiuto prioritario agli operai, ai disoccupati, alle donne e agli anziani poveri!   Il 4 dicembre produciamo il sisma politico che farà crollare il suo governo di miseria e di guerra, votando in massa “NO”! 
 

Istanza rinnovo autorizzazione inceneritore pneumatici fuori uso – lettera aperta al Sindaco di Anagni

Anagni Viva, Comitato Osteria della Fontana, Legambiente Anagni, Retuvasa 


Martedì 8 novembre, presso la Regione Lazio, si aprirà la Conferenza dei Servizi istruttoria dedicata all’istanza di rinnovo dell’inceneritore di pneumatici fuori uso Marangoni, nato come impianto di cogenerazione a servizio dell’impianto produttivo di pneumatici, ormai chiuso da anni.
Limitiamoci a ricordare solo alcuni fatti salienti, in estrema sintesi:


  • La normativa regionale vigente non consente impianti di trattamento rifiuti (e tantomeno inceneritori) a una distanza inferiore di 500 metri dalle abitazioni, che sono invece numerose intorno a quello in causa;
  • È vigente, dal 2009, a causa di contaminazione di PCB, un’ordinanza comunale di divieto coltivazione e razzolamento animali in località “Quattro Strade” (accanto agli impianti Marangoni), per un raggio di 500 metri;
  • È in corso, su richiesta del Tribunale di Frosinone, un’indagine epidemiologica al fine di accertare la presenza di picchi di alcune patologie tumorali fra i residenti della località “Quattro Strade”;
  • È nota, da alcuni anni, la presenza di una contaminazione di PCB e diossine, dovuta a cause non ancora accertate, in un’ampia area situata a 1-2 km. a ovest dell’inceneritore in oggetto;
  • L’inceneritore si trova nel perimetro del SIN Valle del Sacco;
  • È nota la pessima situazione ambientale ed epidemiologica del Comune di Anagni e dell’intera Valle del Sacco, confermata dai recenti dati ARPA Lazio (29 settembre 2016);
  • È noto che i pneumatici fuori uso si riciclano, con trattamenti non impattanti sull’ambiente, e sono utilizzabili in numerose applicazioni, ad esempio per i manti stradali;
  • L’inceneritore in oggetto, che impiegherebbe solo poche unità lavorative, troverebbe l’unica ragion d’essere negli incentivi per le energie impropriamente considerate “alternative”.

Le sottoscritte associazioni confidano che il Sindaco di Anagni, massima autorità sanitaria del territorio, saprà ben rappresentare, con queste e numerose altre ragioni,  l’opposizione dell’ente  all’istanza di rinnovo.

Anagni (FR), 05.11.16

LE ASSOCIAZIONI

Anagni Viva
Comitato Osteria della Fontana
Legambiente Anagni
Retuvasa 

giovedì 3 novembre 2016

La Ministra Madia incontra il Forum Acqua e conferma stralcio servizio idrico

Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua


Questa mattina si è svolto l'incontro tra il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, la Ministra della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, e il suo staff.

La Ministra ha confermato la volontà di dare seguito alle dichiarazioni fatte nelle settimane scorse e, quindi, inserire nella versione finale del decreto sui servizi pubblici, che a breve sarà portato in Consiglio dei Ministri, lo stralcio totale del servizio idrico integrato.
Stralcio che avverrà mediante il rinvio alla disciplina di settore, al pari di quanto il decreto prevede in materia di gas ed energia elettrica, ed eliminando da questa le disposizioni che, rimandando a loro volta alla normativa generale sui servizi pubblici locali, creerebbero un pericoloso corto circuito giuridico.

Inoltre, la Ministra ha assicurato che seguirà le indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni competenti di Camera e Senato, su cui come movimento per l'acqua nelle scorse settimane abbiamo fatto una forte azione di pressione, volte ad escludere l'attuale disparità tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista, e quindi sarà soppressa la norma che impone agli Enti Locali che scelgono l’affidamento diretto di deliberare con provvedimento motivato, dando conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato.
In ultimo, rispetto alla possibilità di cedere la proprietà delle reti e degli impianti è stato riferito che questa disposizione sarà modificata impedendo che ciò si possa verificare.

A riguardo abbiamo ottenuto anche la conferma che tali impegni verranno con certezza recepiti nel testo finale del decreto.
La Ministra, infatti, ha dichiarato che su questi è stato già raggiunto un accordo all'interno del Governo e, inoltre, ha precisato che sono stati già condivisi con il Presidente del Consiglio.

Rispetto a tale quadro, risulta evidente come lo stralcio del servizio idrico dall'ambito di applicazione del decreto sia un elemento di assoluta rilevanza e sia il frutto di una diffusa opposizione sociale al decreto Madia. Una mobilitazione del movimento per l'acqua e non solo che ha prodotto decine di iniziative territoriali e la raccolta di 230.000 firme in calce alla petizione alle Camere e che ha permesso l'apertura di un'interlocuzione con la Ministra della Pubblica Amministrazione alla quale va riconosciuta la disponibilità al confronto e a recepire, seppur in parte, le nostre richieste.

D'altra parte come movimento per l'acqua ci teniamo a ribadire che questo costituisce solo un primo passo indietro nel tentativo del Governo di sovvertire l'esito referendario. Oltre a ciò, infatti, andrebbero eliminate tutte le norme che puntano alla privatizzazione dei servizi locali, che vietano la gestione pubblica tramite aziende speciali, oltre a quelle che permangono e creano, comunque, una disparità tra le diverse forme di gestione con un evidente favore per quelle privatistiche.

Ci teniamo anche a sottolineare come il nostro giudizio rimane negativo in merito ai diversi provvedimenti che questo Governo e quelli passati hanno adottato con l'obiettivo di sterilizzare l'esito referendario.

Rimaniamo in attesa della pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale fiduciosi che quanto ci ha comunicato la Ministra sia confermato.

Dichiariamo da subito che proseguiremo la mobilitazione per la piena attuazione dell'esito referendario e per una gestione pubblica e partecipativa dell'acqua e dei servizi locali.
Mobilitazione che si concentrerà anche sulla legge sull'acqua in discussione al Senato poichè laddove venisse approvata in via definitiva diventerà la nuova normativa del settore. A nostro avviso si tratta di un disegno di legge su cui non possiamo esimerci dal ribadire il nostro giudizio estremamente negativo in quanto svuotata e stravolta nel suo impianto generale e nei principi essenziali, a partire dalla soppressione dell’articolo che disciplinava i processi di ripubblicizzazione.

A riguardo abbiamo richiesto alla Ministra l'impegno del Governo a presentare un emendamento che ripristini la possibilità di gestione del servizio idrico tramite azienda speciale.
In merito la Ministra ha dichiarato che si farà portavoce di questa richiesta all'interno del Governo e nelle sedi opportune.

Sui rifiuti una strategia per rispondere a oltranza

Anagni Viva
Circolo Arci “Montefortino ‘93”
Coordinamento Comitati di Quartiere Colleferro
Comitato Residenti Colleferro
Laboratorio comune alta valle del Sacco
Legambiente Anagni
Legambiente Sgurgola
Retuvasa Colleferro-Anagni
UGI.

Venerdì 28 ottobre si è svolto un incontro partecipato tra comitati ed associazioni di Colleferro e della Valle del Sacco.
Alla luce dell’ultimo consiglio regionale straordinario sui rifiuti e del rinnovato clima di emergenza che, ancora una volta porta a scelte che penalizzano il nostro territorio - come la richiesta della Marangoni di Anagni di riattivare l’attività di incenerimento di pneumatici - ci si è confrontati sulla capacità delle amministrazioni locali di sviluppare un’ azione concreta e coordinata, una progettualità alternativa, a partire dalla costituzione di un ambito territoriale in cui strutturare il ciclo dei rifiuti dalla raccolta differenziata al riciclo-recupero attraverso una opportuna dotazione impiantistica. A comunicati e dichiarazioni non è corrisposta sino ad ora un’ azione concreta.
Ci si è confrontati su informazione, coinvolgimento e partecipazione attiva dei cittadini, laddove una politica calata dall’alto, un’ informazione sporadica e confusa portano come conseguenza rassegnazione, indifferenza e passività.
Da qui la necessità di giungere ad un confronto più serrato con le istituzioni e soprattutto la volontà di informare capillarmente i cittadini, di confrontarci sugli effetti concreti di inceneritori e discarica. 
Prendiamo atto quindi della posizione assunta dai sindaci di Colleferro, Paliano e Valmontone nei confronti della regione Lazio, che rivendica l’avvio del percorso che porterà alla chiusura della discarica entro il 2019. Dobbiamo peraltro notare che questo incontro e dichiarazioni sono avvenute dopo l’allarme suscitato dalle notizie sulla sopraelevazione della discarica di Colle Fagiolara. 
Ad oggi la concordia delle intenzioni, delle amministrazioni con quella regionale, ci  sembra più un obiettivo  auspicabile che conseguito. L’autorizzazione oggi negata a “Rida Ambiente” era stata in precedenza concessa ed allo scopo era stata autorizzata la sopraelevazione.
Altrettanto da verificare quanto le intenzioni delle tre amministrazioni concordino con tutte quelle delle amministrazioni che fanno parte del Coordinamento dei sindaci della Valle del Sacco, soprattutto per quanto riguarda la volontà di gestire autonomamente il ciclo dei rifiuti in ambiti territoriali. 
Sul destino degli inceneritori non intravediamo all’orizzonte novità diverse dal revamping.
Non ci sono alternative alla partecipazione ed alla mobilitazione dei cittadini di Colleferro e della Valle del Sacco, la ribellione ad un destino segnato di discarica dei rifiuti metropolitani è la condizione necessaria affinché ci sia una svolta immediata nelle scelte a livello di città metropolitana e regione.
Occorre trovare una strategia e una programmazione tali da non dover far in modo che sia la provincia a soccombere delle mancanze romane.

mercoledì 2 novembre 2016

il 18 novembre alle 10 torneremo all’Aquila

Rete di solidarietà femminista



Se toccano una, toccano tutte!
Due donne della rete di solidarietà femminista sono state denunciate dal noto avvocato di un efferato stupratore per aver diffuso una lettera in cui si denunciava la condotta processuale del penalista, tutta tesa a insinuare che la vittima fosse consenziente e in cui si diceva che alla Casa internazionale delle donne di Roma, presso cui l’avvocato era stato invitato a un convegno, maschi del genere era meglio non entrassero.
Lo stupro, il processo, le denunce sono avvenute a L’Aquila ed è per questo che vogliamo tornarci in tante il 18 novembre, con un presidio davanti al tribunale, per ripetere che se toccano una, toccano tutte!
È il 12 febbraio del 2012 quando Rosa si trova con una sua amica in una discoteca a Pizzoli. È sabato sera e a L’Aquila fa molto freddo. Nella discoteca non ci sono tante persone se non quei militari che il terremoto ha portato là per l’operazione “strade sicure”. Verso le 4 del mattino Rosa verrà ritrovata in mezzo alla neve, con una temperatura sotto lo zero, mezza nuda, sanguinante e in stato di non coscienza. Altri cinque minuti e sarebbe morta. Quello che Rosa ricorderà sarà solo che si trovava al guardaroba a parlare con la sua amica. Si risveglierà poi in sala operatoria. Lo stupro è evidente e anche la brutalità con la quale è stato commesso. Il militare del 33° reggimento artiglieria Aqui dell’Aquila Francesco Tuccia, difeso dagli avvocati Antonio Valentini e Alberico Villani, sarà l’unico indagato e condannato per i fatti.

Quello che è avvenuto in seguito allo stupro di Pizzoli in termini di mancato soccorso alla donna, conduzione delle indagini, istruzione del processo, condotta del dibattimento processuale e racconto mediatico, ha svelato ancora una volta che a dominare nella nostra società è una evidente cultura di complicità e legittimazione dello stupro, della violenza maschile sulle donne.

La solidarietà femminista ha fatto sì che l’esperienza di quell’osceno processo non passasse inosservata, attirando così ostilità nei nostri confronti.
Un’ostilità che si è fatta rabbiosa quando nel novembre del 2015 abbiamo impedito che proprio l’avvocato Antonio Valentini partecipasse a un convegno, organizzato dall’associazione Ilaria Rambaldi Onlus di Lanciano, presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma, un luogo simbolico per la libertà e integrità delle donne.

In seguito alla campagna con cui abbiamo etichettato l’avvocato Valentini come “indesiderato”, due donne della rete femminista di solidarietà, sono state denunciate per diffamazione aggravata, perquisite, private delle proprie apparecchiature elettroniche di uso quotidiano (cellulari, computer, tablet) per aver diffuso una mail che ribadiva l’atteggiamento provocatorio e sprezzante del difensore di Tuccia nei confronti di Rosa, dove si ricostruiva il clima morboso e pesante di un agghiacciante processo per stupro e si attribuiva allo Stato stesso la responsabilità di quello stupro, per le politiche emergenziali e di militarizzazione del territorio aquilano in seguito al terremoto.

Torneremo quindi a L’Aquila il 18 Novembre alle 10 con un presidio davanti al tribunale in via XX settembre per ripetere in tante che se toccano una toccano tutte !
Invitiamo tutte a un’assemblea il 5 Novembre a CaseMatte (viale Collemaggio, L’Aquila) dalle ore 17 per confrontarci e preparare insieme il presidio.
per info e per firmare la mail incriminata vai qui

martedì 1 novembre 2016

Caso Addimandi, la giustizia sembra finalmente arrivata

Coordinamento provinciale Retuvasa Frosinone


La sentenza 284/16 della Corte dei Conti sezione del Lazio (di cui riporteremo nel seguito alcuni passi tra virgolato) pronuncia finalmente un verdetto di colpevolezza, sebbene di primo grado, relativamente a una delle vicende giudiziarie ambientali del Frusinate più importanti e tristi degli ultimi anni.

Per quelli, molti, che avranno perso la memoria storica degli eventi, è bene ricordare alcuni aspetti salienti della questione. Vincenzo Addimandi, Responsabile del Servizio Risorse idriche e naturali, suolo, rifiuti e bonifiche della Sezione Provinciale di Frosinone di ARPA Lazio, fu accusato di aver modificato nel 2007 il dato analitico relativo allo zinco del campione di scarico di acque reflue della ditta Eurozinco (Anagni), che finivano nel Rio Mola Santa Maria e quindi nel Fiume Sacco. Per la precisione, cercò di costringere un tecnico ad alterare il dato analitico, in modo che risultasse nei limiti di legge; «al rifiuto opposto dal [tecnico] di modificare il dato, di suo pugno lo avrebbe corretto», sostituendo il rapporto di prova originale inviato alla Finanza. 

Rinviato a giudizio solo nel 2011 per i correlati reati, il procedimento penale si concluse nel febbraio 2015 per prescrizione dei termini. La Corte dei Conti ha però proseguito il proprio procedimento amministrativo-contabile, iniziato nel maggio 2015, volto a tutelare gli enti pubblici da eventuali danni finanziari. Riconoscendo la colpevolezza dell’imputato per i fatti ad esso ascritti, lo ha condannato al pagamento di € 5.304,24 «risultante dalla somma del danno patrimoniale indiretto pari alle spese legali affrontate da ARPA Lazio per avvalersi per la costituzione di parte civile (€ 2.516,80) e del danno da disservizio (quantificato in misura pari alla quinta parte di uno stipendio mensile lordo, e cioè in € 2.787,44)».

Si potrebbe concludere che il Dirigente, tornato dopo un breve periodo di sospensione di servizio ad un incarico di pari livello lautamente retribuito presso la struttura capitolina di Arpa Lazio, se la sia cavata con poco, visto che la sua colpevolezza non ha assunto rilievo penale e che l’ammenda è tutto sommato modesta in rapporto alla sua posizione retributiva. Ma la sentenza della Corte dei Conti è importantissima per due motivi.

Il primo consiste nel rilievo etico della vicenda, nel morale che infonde ai tecnici di Arpa Lazio che ebbero il coraggio di denunciare l’operato del dirigente, con quali difficoltà e sofferenze si può immaginare. La sentenza ricorda che, nel corso di un interrogatorio del 2010, Addimandi dichiara «di non considerare idoneo al suo ruolo il [suddetto] tecnico di laboratorio, che definisce psicolabile»; nonché le «prove documentali con le numerose dichiarazioni raccolte nel corso delle indagini da diversi dipendenti dell’ARPA che hanno dichiarato di avere subito pressioni dall’Addimandi». La sentenza della Corte dei Conti rende dunque giustizia al coraggio e all’onestà di queste persone.

Il secondo motivo è relativo agli equilibri interni ad Arpa Lazio, a quella che ci sembra un’infinita lotta tra dirigenti e tecnici più e meno onesti (alcuni di questi ultimi più che encomiabili), con conseguenze ambientali deleterie nel caso del prevalere dei secondi. Di fronte a una sentenza non si possono chiudere gli occhi. Ciò fa dunque sperare in un’Arpa Lazio più pulita. 

domenica 30 ottobre 2016

Sulla polemica UNESCO/Israele/Palestina

Vincenzo Brandi



Tutti a parlare della Risoluzione Unesco "contro" Israele. Ma qualcuno l'ha letta?

COME NELLA FIABA DEL LUPO E DELL’AGNELLO: L’UNESCO CHIEDE IL RISPETTO DELLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI A ISRAELE CHE INVECE SI ATTEGGIA A VITTIMA

Il 18 ottobre scorso il Consiglio esecutivo dell’UNESCO (l’agenzia dell’Onu per l’istruzione, la cultura e la tutela del patrimonio storico-archeologico nel mondo), riunitosi a Parigi, ha approvato una risoluzione che riguarda il mantenimento e la difesa degli statuti e delle convenzioni internazionali relative ad alcuni luoghi sacri di Gerusalemme Est, Betlemme ed Al Kalil/Hebron, messi in discussione e violati dagli occupanti israeliani, e del diritto della popolazione di Gaza alla ricostruzione e alla fine del blocco imposto da Israele.

La risoluzione, che riguarda tutte località ed edifici facenti parte dei territori palestinesi sotto occupazione militare israeliana a partire dal 1967, ha provocato furibonde proteste da parte di Israele, che ha sospeso le relazioni conl'UNESCO. In soccorso di Israele sono venuti una miriade di giornalisti e politici occidentali: e non solo sionisti sfegatati come la colona fuori di testa Fiammetta Nierestein, ma anche, tra gli altri, Renzi e Gentiloni, con dichiarazioni polemiche l’uno e “scuse” rivolte a Israele per l’astensione, l’altro. Queste dichiarazioni lascianostupefatti perché sembra quasi che chi protesta e polemizza non abbia nemmeno letto e valutato la risoluzione, che non mette minimamente in discussione l’importanza che alcuni luoghi sacri hanno per tutte le tre grandi religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo, Islamismo), ma chiede semplicemente che l’occupante non profitti della sua posizione di forza per mutare lo status di questi luoghi a favore di una sola religione e rispetti i diritti che le convenzioni e gli statuti internazionali assicurano ai cittadini sotto occupazione.

Infatti, da una lettura attenta e puntuale della risoluzione, si nota che - dopo una premessa che ricorda tutte le convenzioni (come quelle di Ginevra e dell’Aja), gli accordi ufficiali e gli statuti che regolano i rapporti occupante-occupato e i luoghi della Palestina - al punto 3 del documento viene sottolineata chiaramente l’importanza che “Gerusalemme e le proprie mura” hanno per tutte le tre religioni monoteiste. Successivamente (al punto 36) lo stesso discorso - sul particolare significato che i luoghi sacri hanno per tutte le tre religioni monoteiste - è fatto anche per i luoghi sacri di Betlemme (Tomba di Rachele) e Al Kalil-Hebron (Tomba dei Patriarchi e relativa moschea).

Al punto 5 viene invece stigmatizzato il fatto che Israele, quale "potenza occupante" (e quindi garante dell'integrità e dell'accessibilità dei luoghi), si abbandona invece a scavi e lavori di trasformazione illegali nell’area della città vecchia di Gerusalemme.

A partire dal punto 7, e fino al punto 20, si enumerano gli impedimenti che vengono posti dagli occupanti all’accesso dei fedeli musulmani alla Spianata delle Moschee, dove si trovano le moschee di Al Aqsa e della Roccia (posta sulla cima del colle dove un tempo sarebbe sorto - secondo la tradizione ebraica - il tempio di Salomone restaurato da Erode e poi distrutto dai Romani, di cui non è rimasta più traccia).

Vengono ricordati gli “assalti”, le “continue aggressioni israeliane verso i civili”, gli “abusi provocatori”, i danni causati dagli estremisti ebraici che pretendono di avere la piena agibilità sui luoghi oggi sacri ai Musulmani in violazione dei precedenti statuti, l’avvio di lavori illegali sulla base di progetti che stravolgono lo stato dei luoghi e invece il divieto di dare inizio ai “necessari lavori di restauro” dei danni, la demolizione abusiva di resti storici di epoca ottomana, mamelucca, e persino omayyade.

Queste accuse non sono arbitrarie, ma si riferiscono ovviamente a episodi reali, quali la “passeggiata” provocatoria di Sharon sulla Spianata delle Moschee, nel
2000, che dette origine alla Seconda Intifada e alla più recente irruzione degli estremisti sionisti e dei soldati israeliani nella Moschea Al Aqsa.

Nei successivi punti 30 e seguenti si stigmatizzano le uccisioni di civili, gli attacchi alle scuole e agli edifici culturali, il perdurante blocco e gli impedimenti posti ai lavori di ricostruzione della martoriata Striscia di Gaza.

Ai punti 35 e seguenti si ricorda che i luoghi sacri di Betlemme e Al Kalil/Hebron fanno parte della Palestina. Si denuncia il fatto che, nel caso di Betlemme, gli occupanti elevino muri ed impediscano l’accesso ai fedeli di altre religioni alla Tomba di Rachele, violando statuti ed accordi ufficiali. Nel caso di Al Kalil/Hebron, gli occupanti, non solo tentano di impossessarsi di parti della Tomba dei Patriarchi (oggi divenuta una moschea), ma elevano muri e creano posti di blocco che dividono l’intera città rendendo problematica la vita ai cittadini (di questa drammatica e quasi insostenibile situazione anche chi scrive è stato testimone diretto). Persino i bambini delle scuole sono aggrediti dai coloni ebraici e dai soldati.

La risoluzione appare quindi moderata e ben argomentata, con semplici richieste di porre fine alle espropriazioni e alle illegalità, di permettere l'accesso ai luoghi sacri, di porre fine alle aggressioni e ai lavori che modificano lo stato dei luoghi, di permettere le necessarie ricostruzioni a Gaza.

La violenta reazione israeliana è ammantata del solito vittimismo: ci si lamenta in particolare che nella risoluzione i luoghi sacri vengano indicati con i nomi arabi e che non si faccia menzione del cosiddetto “muro del Pianto”, un muro di contenimento della collina sulla cui cima si stende la Spianata delle Moschee, di epoca ottomana, eletto a luogo di preghiera dagli ebrei. Questa reazione vuol celare una realtà che è esattamente l’opposto di quanto si vuole far credere. Gli israeliani proseguono senza sosta nella loro politica di colonizzazione e annessione dell’intera Palestina occupata. I coloni già sono almeno mezzo milione e le colonie spezzettano il territorio palestinese occupato. Mentre vengono abbattuti milioni di ulivi, cioè la maggiore ricchezza della Palestina, e Israele sequestra tutte le fonti d’acqua, intere zone, come la valle del Giordano subiscono una progressiva pulizia etnica con l’imposizione di una serie di vincoli che rendono impossibile l’agricoltura e la pastorizia con la scusa che si tratta di zone di interesse militare. In quest’area la popolazione si è già ridotta di oltre il 50%.

La progressiva espropriazione dei luoghi sacri, l’effettuazione di lavori che li stravolgono, gli impedimenti all’accesso dei fedeli, le provocazioni e le angherie servono a cancellare anche l’identità culturale di un popolo, quello palestinese, che è legata anche a luoghi storici simbolici.

D'altra parte Israele, sostenuta da USA UE e NATO è abituata all'uso della pura forza e si comporta come il lupo della favola di Esopo, che - oltre a mangiarsi l’agnello - voleva anche avere ragione e faceva la parte della vittima. I politicanti ed i giornalisti occidentali che abboccano a questa retorica intrisa di falsità lo fanno un po’ forse per ignoranza, ma soprattutto perché è noto che chi vuole fare carriera, e diventare magari Presidente del Consiglio o Presidente della Repubblica, deve rendere omaggio, attraverso Israele, al padrino USA e alla potente lobby ebraica americana, molto ben rappresentata tra i più estremisti tra i falchi “neocons” che determinano la politica USA.


( Fonte: lantidiplomatico.it )