venerdì 26 luglio 2019

RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI E ASSETTO COSTITUZIONALE

Coordinamento per la Democrazia Costituzionale




Tra qualche settimana la maggioranza farà approvare al parlamento una riduzione dei parlamentari inaccettabile che rischia di destabilizzare l’assetto costituzionale del nostro paese. 
Il Senato ha già votato nella sua seconda lettura la riduzione del numero dei parlamentari voluta dalla maggioranza verde gialla, in particolare dal M5Stelle. Tra qualche settimana toccherà alla Camera per la quarta e definitiva approvazione. L'approvazione del Senato é già sotto la soglia dei 2/3 dei voti a favore, quindi è possibile il referendum popolare previsto per le modifiche costituzionali che non arrivano al quorum previsto dall'articolo 138 della Costituzione. 
La proposta di ridurre i parlamentari è una storica posizione del M5Stelle che ora ha anche lo scopo di allungare la vita al governo giallo verde, evitando il voto anticipato per almeno un anno, e di tentare il recupero della perdita di voti delle europee.
La maggioranza verde gialla giustifica in modo povero e strumentale il taglio dei parlamentari. La motivazione principale è la riduzione dei costi, fingendo di ignorare che il funzionamento della democrazia ha inevitabilmente dei costi. Per di più se l’obiettivo è la riduzione dei costi, il taglio dei compensi dei parlamentari -per quanto discutibile -avrebbe avuto risultati più rapidi ed efficaci,senza cambiare la Costituzione.  
Non convince neppure l’affermazione che la riduzione dei parlamentari porterebbe ad una maggiore efficienza del parlamento. L’efficienza del parlamento non dipende dal numero degli eletti ma dai regolamenti di funzionamento delle Camere, dalla effettiva possibilità di esercitare in autonomia la funzione legislativa attualmente sequestrata dal governo, dalla capacità di rappresentare gli elettori, da cui dovrebbero essere scelti, mentre oggi i capi partito decidono chi verrà eletto.
Questo taglio dei parlamentari non ridurrà, semmai aggraverà i problemi, rendendo il parlamento ancora meno rappresentativo del paese e più subalterno al governo. 
Altro discorso potrebbe essere mantenere una sola Camera con funzione legislativa, con parlamentari eletti in modo proporzionale direttamente da i cittadini. In sostanza una storica proposta di Rodotà.
Inoltre la Lega è riuscita a fare approvare insieme a questa modifica della Costituzione una nuova legge elettorale, già in vigore, che è strettamente legata a questa modifica dell Costituzione. Legge elettorale che entrerà in vigore automaticamente quando questa modifica della Costituzione diventerà definitiva. Ancora una volta tra cambiamento della Costituzione e nuova legge elettorale c'é un rapporto inscindibile, come fu con le proposte di Renzi nel 2016.
La nuova legge elettorale riproporziona quella attualmente in vigore (Rosatellum) con la conseguenza che la soglia di eleggibilità minima alla Camera diventerà almeno il 5%, al Senato più del doppio, lasciando intere aree del nostro paese senza rappresentanza parlamentare. Le forze minori verranno cancellate dal parlamento e quelle che si formeranno difficilmente potranno entrarvi.
La legge elettorale in vigore impedisce agli elettori di scegliere i parlamentari.  Difetti che la nuova legge elettorale aggraverà.
 Oggi dovrebbe essere messo al centro l’obiettivo del rilancio della capacità di rappresentare i cittadini, dell’autonomia del parlamento, in sostanza il rafforzamento della democrazia rappresentativa. Mentre con questa modifica della Costituzione è concreto il rischio di un ulteriore indebolimento del ruolo del parlamento, cioé della rappresentanza eletta dai cittadini e poiché il parlamento é centrale nella nostra democrazia i rischi di un suo indebolimento sono preoccupanti, con effetti imprevedibili. 
Le difficoltà di governo sono dei partiti, mentre con questo taglio dei parlamentari è la Costituzione che viene cambiata.  Questo governo cerca di scaricare le sue difficoltà sulle istituzioni, mettendo in discussione il ruolo del parlamento, senza alcun riguardo al funzionamento della nostra democrazia, all'equilibrio e all'autonomia dei poteri che ne sono la garanzia.
Sono tempi difficili per la democrazia. Il ritorno di fantasmi autoritari dal passato gettano ombre preoccupanti sulla nostra democrazia conquistata dalla resistenza e dalla cacciata del nazifascismo. 
Per queste ragioni il giudizio su questa proposta di riduzione dei parlamentari non può che essere fondamentalmente negativo.

mercoledì 24 luglio 2019

L’ONU insorge contro Israele per la demolizione di decine di abitazioni ed edifici palestinesi a Sur Bahir, quartiere alla periferia di Gerusalemme Est occupata

La Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese


Il 22 luglio, a firma dei massimi rappresentanti dell’ONU presenti a Gerusalemme, Jamie McGoldrick (Ufficio Coordinatore Umanitario), Gwyn Lewis (Direzione UNWRA delle operazioni in Cisgiordania), e James Heenan (Capo Uffcio Diritti Umani nei Territori Palestinesi Occupati) è stata diramata una “dichiarazione congiunta” di ferma condanna dell’ arbitraria demolizione ad opera dell’esercito occupante israeliano di decine di abitazioni ed edifici legittimamente abitati dalla popolazione palestinese a Sur Bahir, quartiere alla periferia di Gerusalemme Est occupata. I tre funzionari dell’ONU denunciano senza esitazione l’illegalità dell’operazione affermando che "La politica israeliana di distruggere le proprietà palestinesi non è compatibile con gli obblighi dettati dalla legge internazionale …Per di più provoca espulsioni e contribuisce al rischio di ulteriori trasferimenti forzati di molti palestinesi". E richiamano la condanna del 2004 della Corte penale internazionale per la costruzione del Muro.
La Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese, nel diffondere  il testo integrale della Dichiarazione e la relativa traduzione in italiano, denuncia con grande tristezza questo ennesimo atto violento e ingiusto che colpisce brutalmente persone palestinesi già rifugiati, che adesso devono subire la seconda espulsione della loro vita. 
Se il furto della terra e delle vite palestinesi continua e Israele ancora una volta può espellere illegittimamente e tuttavia impunemente la popolazione palestinese dai suoi territori è perché mai la comunità internazionale si è levata a contrastare efficacemente la politica espansionistica di Israele ed il suo colonialismo di insediamento. 
La colpevole inerzia della comunità internazionale è la ragione per cui il genero di Trump Kushner ha potuto osare di proporre il suo piano, noto anche come “l’Accordo del Secolo”, che tanto ha occupato i media particolarmente nell’ultimo mese.
Kushner, che ha generosamente finanziato i progetti dei coloni con la fondazione di famiglia, ha messo in piedi un’astuta e subdola strategia mirante a vincere perdendo. In realtà, il piano è stato pensato per costringere i palestinesi in un angolo dal quale l’unica loro risposta possibile all’accordo di pace proposto (denaro contro la Terra Palestinese) non avrebbe potuto che essere un secco rifiuto. Ed infatti, la popolazione Palestinese, unita, ha rifiutato categoricamente di partecipare alla conferenza in Bahrain. Tutti i palestinesi, di qualsiasi orientamento, sanno che "l’Accordo del Secolo" è contro le leggi e le risoluzioni internazionali e contro i diritti dei profughi. 
La popolazione Palestinese è sempre più vulnerabile poiché la strategia delle autorità israeliane rende la vita dei Palestinesi sempre più difficile, i loro diritti sempre più violati, la loro terra più ridotta. Ma i Palestinesi non perdono la loro fierezza e non rinunciano alla loro dignità. Hanno bisogno, però, più che mai del sostegno internazionale in applicazione di leggi e trattati sottoscritti da tutti gli Stati.



QUESTA E’ LA DICHIARAZIONE CONGIUNTA DEI SEGUENTI 3 UFFICI ONU sulle demolizioni delle abitazioni palestinesi in corso.

Dichiarazione ufficiale sulle demolizioni a Sur Bahir 

Dichiarazione congiunta di Jamie Mc Goldrick (  Ufficio Coordinator Umanitario) di Gwyn Lewis ( Direzione UNWRA delle operazioni in Cisgiordania) e di James Heenan ( Capo Uffcio Diritti Umani nei Territori Palestinesi Occupati) . GERUSALEMME 22 luglio 2019

Oggi stiamo seguendo con tristezza la distruzione delle abitazioni nella comunità palestinese di Sur Bahir da parte delle autorità 
 israeliane.
Informazioni provvisorie emergenti dalle comunità  indicano che centinaia di militari israeliani sono entrati nella comunità' questa mattina ed hanno demolito numerosi edifici residenziali, incluse case abitate nelle zone A, B, C della Cisgiordania sul versante Gerusalemme Est del Muro. 
L' operazione in larga scala è iniziata nelle prime ore del mattino, prima dell' alba e ancora al buio, forzando fuori dalle loro case le famiglie che vi risiedevano creando grande stress tra i residenti.  Tra coloro espulsi a forza o coinvolti vi sono rifugiati palestinesi che affrontano nuova espulsioni, già avvenute nella loro vita. 
Le Organizzazioni umanitarie si preoccupano di dare una risposta di emergenza chi è espulso o coinvolto nella distruzione delle loro proprietà private. Ma non esiste alcuna assistenza umanitaria che possa sostituire una casa o ripianare l’enorme perdita economica subita dai proprietari. Molti di coloro che sono coinvolti riferiscono di aver investito i risparmi di una vita in quelle proprietà, dopo aver ottenuto i regolari permessi  di costruzione da parte dell' Autorità Palestinese. Quello che è successo oggi in Sur Bahir e' allarmante anche perché molte altre abitazioni e strutture ora rischiano la stessa distruzione.  


La politica israeliana di distruggere le proprietà palestinesi non è compatibile con gli obblighi dettati dalla legge internazionale. Tra i vari punti, la distruzione delle proprietà private nei territori sotto occupazione militare è solo permessa se assolutamente necessaria per operazioni militari, cosa che non riguarda oggi.  Per di più provoca espulsioni e  contribuisce al rischio di ulteriori trasferimenti forzati di molti palestinesi in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est.

Nel 2004 la Corte Penale Internazionale ( CPI)  ha dichiarato illegale la costruzione del Muro e ha definito ingiustificata da emergenze militari le parti del Muro  erette all' interno della Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, come vediamo a Sur Bahir. Questo viola gli obblighi di Israele dettati dalla legge internazionale.
Appena 15 anni fa, quasi nello stesso giorno di luglio, l' Assemblea Generale ONU con la Risoluzione ES 10 / 15 del 20 luglio 2004 richiedeva ad Israele  il rispetto degli obblighi legali  definiti dalla Corte Penale Internazionale. Se fossero rispettati questi principi, la legge internazionale umanitaria e dei diritti umani, la popolazione di Sur Bahir non avrebbe subito i traumi di oggi e la violazione dei loro diritti. 

domenica 21 luglio 2019

Visita alle Cascate dello Schioppo con sorpresa finale

Luciano Granieri




A volte dei  corsi d’acqua che passano dentro le città si ritagliano un loro spazio al riparo dai liquami e dalla sporcizia  che li vessa ogni giorno. E’ il caso del fiume Cosa a Frosinone. Un corso d’acqua  che dai Monti Ernici, passando da Alatri,  attraversa il Capoluogo , si carica d’inquinanti  urbani,  industriali e si tuffa nelle acque già mefitiche del  Sacco. 

Esiste un luogo dove sembra che il Cosa si apparti, per rifuggire dalle velenose  aggressioni,  per respirare per godere di quel poco che gli rimane di acqua pulita. E’ la Cascata dello Schioppo un posto situato quasi al centro della città vicino a Piazzale De Matthaeis  dove l’acqua, sfruttando la conformazione del terreno , forma una cascata quando ci sono situazioni di piena o, in caso di portata  idrica limitata, produce  suggestive cascatelle.   Un posto in cui ci si rinfranca  godendo di una piccola oasi in mezzo al caos e al traffico.  

Per arrivare alla cascata  bisognava farsi largo fra una fitta  vegetazione  di piante infestanti, e guadare piccoli rivoli di liquami sorgenti da tombini fatiscenti. Quel  luogo dove i sessantenni di oggi ricordano di essere andati a giocare e  a divertirsi  da bambini, era caduto nell’oblio. Fino a quando associazioni civiche  ed ambientaliste  hanno deciso che la tana dove il fiume provava a respirare doveva tornare al suo  antico splendore.  

Attraverso un grande impegno  il popolo dei volontari  ha ripulito la via d’accesso dagli arbusti, ha reso in qualche modo la Cascata dello schioppo accessibile all’intera popolazione frusinate.  Il Comune ha ringraziato ma si è guardato bene dal prendersi l’impegno, anche minimo, di tutelare e salvaguardare il posto.  

La Cascata dello Schioppo negli ultimi anni è stato il luogo simbolo di ogni lotta all’inquinamento che sta soffocando Frosinone. Spesso le associazioni ambientalista coinvolgono i cittadini conducendoli li dove il Cosa salta, per discutere su quali azioni intraprendere per fare in modo che Frosinone perda il primato di città fra le più inquinate d’Italia.  Alcune decisioni  di buon senso, li concordate,    sono state  riportate ad un sorda e distratta amministrazione comunale.  

L’ultima di questa passeggiate è stata organizzata il 14 luglio scorso. A seguito dell’incendio della Mecoris ,   stabilimento per lo smaltimento rifiuti speciali  situato vicino alla città a poche centinaia di metri dall’ospedale,  Frosinone e zone limitrofe sono state invase da fumi nocivi, esalazioni malsane. Per confrontarsi su come l’amministrazione comunale e le altre istituzioni locali avrebbero dovuto fronteggiare l’accaduto i cittadini sono stati invitati ad una pedalata  che, dall’ex stadio Matusa arrivava proprio sulle rive dello Schioppo. 

Nel corso dell’evento, oltre che dell’emergenza Mecoris, si è discusso dell’opportunità di  istituire l’isola pedonale in Via Aldo Moro.  Siamo arrivati allo Schioppo dove la cascata era divisa in piccoli ruscelli visto la limitata portata del fiume a causa della carenza di pioggia. Lo scenario era magnifico come al solito anche se l’acqua, un po’ stagnante, non era così limpida. 

Tutto bene dunque? Neanche per idea. Il sentiero che conduce alla cascata  era inumidito  da una perdita d’acqua che usciva da un tombino.  Non solo,  sulla via del ritorno una vera e propria discarica dava l’arrivederci al viandante ristorato dalla visione della cascata. Facevano bella mostra di se, oltre che rifiuti sparsi in terra, due carcasse di automobili e svariati elettrodomestici. Una visione spoetizzante e disarmante che non può non indurre ad alcune riflessioni. 

Il fatto che associazioni e cittadini propongano soluzioni per combattere l’inquinamento è meritorio e necessario, ma non sufficiente. Alla  fase propositiva va accompagnata la pressione e la denuncia  verso le istituzioni locali affinchè si assumano la responsabilità di eventuali  politiche ambientali inefficaci ed inutili.  E’ necessario che le associazioni provvedano al controllo affinchè  le azioni concordate  trovino puntuale ed efficiente applicazione.

 E qui il discorsi si trasferisce piè pari da una fase di volontariato, pur efficace,  ad una vera e propria azione politica. In realtà sembra che un passo in questo senso, dopo il devastante incendio della Mecoris,  si sia compiuto, ma c’è bisogno di maggiore coraggio nella rivendicazione di politiche orientate alla salvaguardia ambientale.  

Questo coraggio, unito ad una campagna culturale di sensibilizzazione verso la cura dei beni collettivi - tesa   ad indurre i  cittadini  a non  sfregiare ed  inquinare in modo incontrollato aree pubbliche - sono fondamentali, altrimenti, per ogni metro di sentiero dello Schioppo bonificato dalle erbacce, sorgerà una discarica abusiva con carcasse di macchine ed elettrodomestici.


Nell’orbita del Perigeo

Un incontro con Giovanni Tommaso e Claudio Fasoli . La band jazz rock italiana torna insieme dopo 40 anni per un solo concerto, il 23 a Firenze




Marc Tibaldi: fonte "alias del 20 luglio 2019


In quel geniale testo sociologico che è Retromania, Simon Reynolds mette in guardia dalla «dittatura della nostalgia» e si chiede se la musica ha smesso di evolversi e perché. Non è certo la preoccupazione dei componenti del Perigeo, che hanno continuato a sperimentare, cercare, creare con grande prolificità. Abbiamo incontrato Giovanni Tommaso e Claudio Fasoli in occasione della preparazione del prossimo concerto di Firenze, martedì 23 in piazza Ss. Annunziata, per farci raccontare la storia del gruppo e questa nuova avventura.




Giovanni Tommaso, oltre a essere l’ideatore dei Perigeo, è contrabbassista, compositore, direttore d’orchestra. Ha collaborato con Sonny Rollins, Dexter Gordon, Gil Evans, Max Roach, Chet Baker, Kenny Clarke, John Lewis, Steve Lacy e molti altri. Ha scritto colonne sonore per cinema e televisione e dirige i seminari di Umbria Jazz Clinics in gemellaggio con il Berklee College of Music. In ambito pop, come produttore e come arrangiatore, ha collaborato con Dalla, Cocciante, Mina, Morandi, Rino Gaetano, Ivan Graziani. «È uno dei musicisti che maggiormente hanno contribuito allo sviluppo del jazz italiano. Ha vissuto i momenti e i luoghi che hanno contrassegnato la parabola ascendente del nostro jazz», sostengono i critici Gaspare Pasini e Maurizio Franco. 

Giovanni Tommaso


Giovanni, partiamo dall’oggi: le notevoli carriere solistiche dei componenti del gruppo confermano – oltre che il tuo fiuto nell’individuazione dei musicisti – la validità della ricerca del Perigeo. Quali sono le caratteristiche del gruppo, le peculiarità che lo contraddistinguono da altre esperienze in ambito jazz rock?


Come gruppo, avevamo intuito tre strade interessanti, che abbiamo cercato di approfondire nel tempo. La prima era un linguaggio jazzistico, improvvisativo, realizzato con un suono «elettrico» di sapore rock, che ci serviva come una sorta di passaporto per parlare con i giovani di allora. La seconda era una ricerca compositiva, rivolta alle origini stilistiche di ognuno di noi. La terza era una sperimentazione di tipo timbrico effettistico, libera, cui davamo vita negli intermezzi fra le varie composizioni. Inoltre, da un punto di vista compositivo c’è sempre stato un interesse per la melodia, con alcune ballad senza un groove ritmico specifico. Questa era un’apertura di una strada nuova, originale. Il gioco di melodie «a cappella» di voce e sax in un pezzo come Respiro a distanza di tanti anni lo trovo molto originale.

Vi dava fastidio essere definiti i Weather Report italiani?
Un po’ sì, anche perché siamo nati nello stesso anno e quando abbiamo iniziato non conoscevamo la loro musica. Però, avendoci suonato fianco a fianco, posso dire che era una band pazzesca. Musicisti stratosferici e un sound dal vivo che era ancora migliore di quello su disco. Massima stima.

Negli anni Settanta il Perigeo ebbe – nonostante le ritrosie di alcuni conservatori – riconoscimenti internazionali di critica, con articoli importanti, e di pubblico, che vi seguiva numerosissimo. Si dice che Zawinul chiese ai manager di non farvi suonare più come spalla dei Weather Report perché in alcuni concerti riscuoteste troppo successo.
Risponde tutto a verità! Te lo posso assicurare perché Zawinul – con cui sono rimasto sempre grande amico – nell’occasione di un tour europeo, in maniera molto confidenziale, chiese direttamente a me di comprendere questa richiesta. Il contratto non lo permetteva, ma prima del concerto all’Olympia di Parigi il loro manager riuscì a trovare un cavillo nel regolamento del teatro e ci fu impedito di suonare. Con i Soft Machine, durante una tournée italiana, il loro manager cercò di ridimensionare la nostra partecipazione, senza riuscirci. Non facevamo il gruppo «di spalla» ma eravamo co-protagonisti, fu un successo incredibile. Alcuni critici scrissero che noi «facemmo del male» al gruppo inglese, che dal confronto usciva bastonato. Insomma, che si creda o meno ai giornali di allora, noi suonavamo veramente con grande forza e originalità.

Claudio Fasoli

Il sassofonista e compositore Claudio Fasoli è, come ha scritto Maurizio Franco, «la voce lirica del quintetto, ma oltre all’aspetto solistico, il suo apporto è ancor più prezioso nel completare la tessitura timbrica e poliritmica che caratterizza, ad alto livello, la proposta del gruppo». Dopo la fine del Perigeo ha portato avanti una incessante ricerca musicale, collaborando tra gli altri con Lee Konitz, Mick Goodrick, Manfred Schoof, Kenny Wheeler, Mario Brunello. Così lo definisce il Dizionario del Jazz di Comolli, Clergeat e Carles: “Uno dei più lungimiranti e perspicaci compositori in circolazione, oltre che solista dallo stile personalissimo e riconoscibile». Premiato nel 2018 come Musicista dell’anno, il suo libro Inner Sounds (Agenzia X Edizioni) è giunto alla seconda edizione. I suoi cd più recenti sono Haiku Time e Selfie. Nel 2018 è uscito il film Claudio Fasoli’s Innersounds, del regista Angelo Poli, premiato in vari festival internazionali.


Claudio, quali sono le originalità dei Perigeo?

Premetto che Giovanni, Franco D’Andrea e Bruno Biriaco erano all’epoca, e lo sono tutt’oggi, dei musicisti top a livello internazionale, che costituirono una delle ritmiche più forti al mondo, lo dico senza tema di smentita. Tony Sidney era giovanissimo all’epoca e poco conosciuto, ma portò un contributo importante e gli sviluppi posteriori della sua musica hanno confermato la cognizione rigorosa dello strumento. Sono felice di aver avuto la possibilità di prender parte a quella esaltante esperienza. La genialità compositiva di Giovanni, la sua grande intuizione nel fondere con il jazz non solo l’elettronica e le sonorità rock, ma anche un forte aspetto melodico mediterraneo erano la base su cui tutti innestavamo le nostre sensibilità. Sul piano timbrico l’originalità era data da un impasto sonoro che non era debitore di altri modelli, per esempio la chitarra elettrica abbinata al sassofono contralto e soprano erano veramente unici a quei tempi. E poi c’era questo altalenarsi tra contributi rock e i momenti di jazz assoluto, come quando io e Franco suonavamo Naima di Coltrane, a rivendicare le nostre radici.

Dopo il Perigeo la tua ricerca non tocca più il jazz rock…
Credo che l’essenza del jazz risieda proprio nell’essere disponibili a esperienze espressive in contesti diversi, cioè affrontando il problema «dove e come» gestire un linguaggio in maniera espressiva e possibilmente innovativa secondo opportunità e sollecitazioni differenti. È un virus di libertà, che si è diffuso sulla terra, ibridando tutto ciò che ha trovato lungo la sua storia. È la vitalità che ci permetterà di riproporre in divenire le musiche del Perigeo.

Qual è il senso di una reunion a 40 anni di distanza dallo scioglimento del gruppo? Avete in programma altri concerti o dischi?
Abbiamo avuto molte richieste nel corso degli anni, mai abbastanza serie, se non nell’occasione di Umbria Jazz nel 1993 e di Firenze nel 2008. Anche per il concerto del 23 luglio prossimo, a Firenze, gli organizzatori ci hanno garantito la massima serietà. Le ragioni invece sono queste: i nostri dischi hanno continuato a essere venduti in ogni parte del mondo, i brani su youtube hanno un numero di visualizzazioni altissimo e spesso ci arrivano apprezzamenti che sottolineano l’attualità di quella musica. Abbiamo deciso che saranno delle interpretazioni non filologiche ma vivificate dal percorso artistico che ognuno ha evoluto negli anni. C’è grandissimo entusiasmo e non vediamo l’ora di metterci alla prova. E se alla prova verificheremo che si possono percorrere strade nuove, nulla osta che si verifichi le possibilità di nuovi dischi o altri concerti.