giovedì 30 settembre 2021

La solidarietà non può essere criminalizzata

 Dichiarazione del costituzionalista Massimo Villone, a nome della presidenza

del Comitato per la democrazia costituzionale




La condanna ad oltre tredici anni di carcere inflitta dal Tribunale di Locri all’ex sindaco di Riace Domenico Lucano rappresenta una pagina nera nella storia della Repubblica.

 Con questa condanna, che inasprisce persino le richieste del Pubblico Ministero, viene criminalizzata un’esperienza di solidarietà umana, di accoglienza, di integrazione culturale che ha costituito un esempio ed un modello apprezzato in tutto il mondo.

 Il Tribunale ha obiettivamente trasformato eventuali irregolarità amministrative e contabili in una condotta criminale e lucrativa, quando è a tutti evidente la finalizzazione a favore degli ultimi di ogni attività del sindaco Lucano e la finalità altruistica del suo agire.

 In questo modo, attraverso un percorso tortuoso è stato introdotto nell’ordinamento un inconcepibile reato di solidarietà. La solidarietà è uno dei fondamenti della Repubblica e non può essere criminalizzata, tantomeno dai giudici che sono i guardiani della Costituzione.

Esprimiamo la nostra più sincera solidarietà umana e politica a Domenico Lucano, confidando che la macchina giudiziaria saprà correggere i suoi errori.

Roma, 30 settembre 2021


martedì 28 settembre 2021

Un insopportabile "Silent Way" che dura da trent'anni

 Luciano Granieri



Credo di aver suonato con i due musicisti più logorroici di tutta la musica jazz". Questo soleva dire Miles Davis, riferendosi a Charlie Parker e John Coltrane. Ed era vero. Due personalità geniali, debordanti e rivoluzionari.  Ma,  per certi versi, contrastanti con la poetica di Miles. Una poetica, forse ancora più geniale,  basata sulla magneticità del fraseggio, fatto di note taglienti, o soffuse dalla sordina Harmon. Una genialità che  travalicava i flussi melodici per andare oltre, indirizzando la ricerca verso nuove soluzioni nel campo armonico, ritmico.

Ma, a fronte di un approccio melodico misurato, Miles Davis è stato logorroico a modo suo, vulcanico, per meglio dire, nell’inventare, nel rivoluzionare forme e stilemi. Impareggiabile nello  scoprire nuovi talenti dalle doti straordinarie inizialmente incomprese, il già citato Coltrane ne è un esempio. Un iperattività creativa ed innovativa che non ha eguali. 

Volendo intraprendere un viaggio in  trent’anni dall’attività di Miles, a partire dalla collaborazione con Parker, si possono apprezzare: una nuova variazione nel fraseggio bop, più riflessiva rispetto a quella di Gillespie, si ascoltino le registrazione del 1948; l’invenzione di un nuovo stile basato sulla creazione di melodie ed armonie meno frenetiche, più ricercate, improvvisazioni meditate, intime. Parliamo ovviamente della nascita del Cool Jazz, dove “cool” non sta per “freddo”, ma per “calmo”. “The Birth of the Cool”, col nonetto diretto da Gil Evans, è il disco manifesto di questo nuovo stile, che avrà uno sviluppo nel jazz della West Coast. Non a caso, insieme con Miles suonavano Gerry Mulligan e Lee Konitz, icone della corrente bianca sviluppatasi negli anni ‘50 a Los Angeles e dintorni. 

Non finisce qui. Nel passare in rassegna i protagonisti della rivincita nera dell’hard bop newyorkese, come non aggiungere,  ad Horace Silver, i Messanger di Art Blakey, Sonny Rollins, la nuova vena creativa di Davis? Rinnovato sia nel morale che nel fisico, dopo essere uscito dalla tossicodipendenza, Miles sfoderò una serie di dischi fenomenali per la casa discografica Prestige, con un  quintetto destinato ad entrare nella storia. Coltrane al Sax tenore, Red Garland al pianoforte, Paul Chambers al contrabbasso e Philly Joe Jones alla batteria. Relaxin’ with the Miles Davis quintet, Steamin’with the Miles Davi quintet, Workin’ with Miles Davis quintet, Cookin’ with the Miles Davis quintet furono album straordinari registrati tutto d’un fiato necessari per assolvere gli impegni con la Prestige prima di passare alla casa discografica Columbia, anche in questo caso stabilendo un record, quello di essere il primo jazzista a registrare per una grande etichetta dal fatturato milionario il cui catalogo era composto da dischi di sicuro successo in ambito commerciale

Non bastava. Da qui iniziò la sperimentazione per la nuova rivoluzione. Quella dell’armonizzazione modale basata su scale e non su accordi. Preannunciato dalle musiche per il film “Ascensore per il patibolo” di Louis Malle, irruppe nello scenario discografico quello che ad oggi viene considerato l’album di jazz più bello in assoluto,Kind of Blue”, con Coltrane, Julian Cannonbal Adderley, al sax alto, Jimmy Cobb alla batteria Paul Chambers al contrabbasso  e il nuovo astro nascente del pianoforte Bill Evans, oltre a Wynton Kelly.

L’evoluzione del modale contraddistinse tutti gli anni ‘60 con un altro quintetto storico: Wayne Shorter al sax tenore e soprano, Herbie Hancock al pianoforte, Ron Carter al contrabbasso e Tony Williams alla batteria. Fu il gruppo che mosse i primi passi verso la rivoluzione elettrica. Infatti l’irrequietezza di Miles spinse il trombettista verso altri orizzonti: la contaminazioni con sonorità elettrificate, frutto dell’apprezzamento verso il re di Woodstock Jimi Hendrix .

In a Silent Way e, soprattutto, il capolavoro Bitches Brew, costituirono l’ennesima rivoluzione: la musica Fusion. I protagonisti saranno  destinati a diventare le nuove stelle nel firmamento musicale: Chick Corea, Jack De Johnette, Keith Jarrett, Joe Zawinul, John McLaughling e molti altri . Bitches Brew segna un altro record è il primo disco di jazz ad entrare nelle classifiche degli album più venduti. 

 Sono passati più o meno trent’anni dall’inizio del nostro viaggio. L’attività di Miles continuerà ancora con altre scoperte e sperimentazioni, magari non tutte riuscite. Ma il confronto di quei trent’anni mette in risalto il sordo silenzio dell’oggi. Il silenzio creativo di altri trent’anni passati senza Miles che veniva a mancare il 28 settembre del 1991. Poco prima di morire egli aveva in animo di riproporre, con arrangiamenti nuovi, proprie esecuzioni degli anni ‘50-’60. Forse il fisico, minato da una salute precaria, aveva fiaccato il musicista dell’Illinois, e lo aveva convinto che il tempo delle rivoluzioni era finito, era il momento di guardarsi indietro. 

Non fece in tempo. A Miles Davis, non era concesso di fermare il suo impulso rivoluzionario.