giovedì 9 dicembre 2021

A night in Tunisia e una serata con "Bird" a Piazza Garibaldi

 Luciano Granieri


Domenica scorsa, 5 dicembre, si è tenuta da Spazio Arte Rigenesi, in Piazza Garibaldi a Frosinone il secondo appuntamento della rassegna “
Metti un disco, storie dal giradischi di musica&jazz”. Dopo Oscar Peterson e Stephane Grappelli, stavolta a girare sul piatto è stato il disco “Jazz series 4000 FC Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Bud Powell, Charlie Mingus Max Roach” Il titolo del vinile, edito dalla Fonit Cetra, non dice nulla. In realtà si tratta dell’edizione italiana, del più noto “Jazz at Massey Hall, The quintet”

 Parliamo dunque di una gran “BOTTA” di Be Bop, suonato dai suoi profeti Bird, Gillespie, Powell, con l’aggiunta di Mingus e Roach. Il bello di questi incontri è, a mio giudizio, il piacere di condividere una passione, in questo caso la musica jazz, con tanti altri amici, non tutti appassionati di jazz, ma sicuramente affascinati dalla bella musica in generale. Ed è proprio questo uscire dalla casta, un po’ chiusa e autoincensatoria di noi jazzofili, per cui Parker è un semi Dio, l’elemento più affascinante dell’incontro. 

L’apparente trasgressione formale, tipica del Be Bop, l’esuberanza delle esecuzioni giudicate mere esibizioni di virtuosismo fine a se stesso, hanno lasciato un po’ perplessi soprattutto colori i quali nel precedente incontro avevano apprezzato l’accuratezza delle interpretazioni di Peterson e Grappelli. 

 Altri invece si sono lasciati coinvolgere ed ammaliare dal magma sonoro che ci ha investiti, con tutte quelle note sparate alla velocità della luce. Ne è sortito un bel confronto che si è allargato a tutta la musica, fra classica, rock e prog. Comunque per me Charlie “Bird” Parker è un Dio.

Voglio ringraziare tutto gli intervenuti, Riccardo e Fabiana che hanno messo a disposizione “Rigenesi” e …...il giradischi, Maria Lucia che ha scattato le foto.

L’ALBUM

Il disco contiene le incisioni del concerto tenuto al Massey Hall di Toronto il 15 maggio del 1953 da,  Charlie Parker al Sax alto, Dizzy Gillespie alla tromba, Charlie Mingus al contrabasso e Max Roach alla batteria. La registrazione fu effettuata dalla Toronto New Jazz Society, con dei risultati estremamente modesti. Charlie Mingus chiese ed ottenei nastri. L’obiettivo era quello di utilizzare quel master al fine di realizzare un disco per la nuova casa discografica che il contrabbassista aveva appena aperto con Max Roach, la Debut. Tornati a New York, Mingus e Roach cercarono di migliorare la qualità del materiale sonoro. Reincisero le linee di basso, totalmente impercepibili, modificarono l’assolo di contrabbasso in “All the Thing You Are”. La prima produzione Debut era dunque pronta. 

Nacque un album doppio, dal titolo “Jazz at Massey Hall” in cui nel primo vinile erano raccolti i brani in quintetto, con Parker e Gillespie, nel secondo quelli in trio solo con Mingus, Powell e Roach . Nella primissima edizione non figurava il nome di Parker ma di Charlie Chan, pseudonimo scelto da “Bird” impossibilitato ad usare il suo nome per motivi di diritti discografici. La scelta fu ispirata ad un famoso personaggio di film gialli e al nome della moglie di Parker, Chan appunto. 

Purtroppo la Debut, ebbe vita breve. Nel 1957 dovette chiudere i battenti. L’intero catalogo venne prima acquisito in affitto da un libraio danese, che ripubblicò i dischi sotto la denominazione Danish Debut, poi nel 1960 Mingus cedette l’intera produzione al compagno della sua ex moglie Clelia, Saul Zaentz, futuro capo della Fantasy Record . Del resto i soldi per aprire la Debut provenivano in gran parte dalla madre di Clelia. Fu proprio la Fantasy ripubblicare il catalogo ex Debut. 

 Nel 1973 il materiale sonoro del concerto canadese venne rilevato dalla Prestige che riprodusse il doppio album. Nel 1978 la Fonit Cetra acquisì i diritti per l’Italia proprio dalla Prestige, e distribuì il primo vinile, quello con il quintetto al completo, nella Jazz Series 4000 FC, indicando semplicemente i nomi dei musicisti e il titolo dei brani, senza note di copertina. Nel 2004 la casa discografica Spagnola Jazz Factory ha rimasterizzato tutto il materiale raccolto in due Cd dal titolo “Complete Jazz at Massey Hall”.

COME VENNE REALIZZATO

L’esibizione al Massey Hall ci rivela un Charile Parker illuminato da uno dei suoi ultimi sprazzi di lucidità creativa. Era un periodo in cui Bird, era ormai sprofondato quasi definitivamente nel limbo della droga. Ma quando, come in questo caso, riusciva a emergere dall’abisso della dipendenza le sue straordinarie doti di strumentista e improvvisatore eruttavano prepotentemente come da un vulcano che si risvegliava in modo deflagrante. 

In realtà leggenda vuole che durante l’esibizione canadese, sia Parker che Gillespie fossero completamente ubriachi. Non solo, ma, e questa è più’ che una ipotesi, Bird ha suonato con un sassofono di plastica scovato all’ultimo minuto in sostituzione del suo Selmer impegnato per comprarsi la droga. Mingus, aveva cercato di rimediare a Parker qualche esibizione in un periodo in cui il sassofonista di Kansas City era sempre più schiavo della droga, forse per riconoscenza verso colui il quale lo aveva tirato fuori dall’ufficio postale in cui era finito a lavorare dopo le prime esperienze musicali negative passate a New York. 

 Un primo tentativo operato da Mingus di procurare una scrittura a Parker, accompagnato da Bud Powell fu per un concerto al Birdland, in cui anch’egli doveva essere della partita. Bird e Powell entrarono in scena inebetiti, incapaci di suonare, stravolti dalle sostanze e Mingus, dovette pubblicamente dissociarsi dalla performance. 

Il successivo tentativo al Massey Hall si rivelo’ invece un successo, nonostante la sala, fosse mezza vuota (non piu’ di 700 persone) perchè quella stessa sera l’attenzione popolare era calamitata dall’incontro di boxe per il titolo mondiale dei pesi massimi fra Rocky Marciano e Jersey Joe Walcott. Inoltre è da rimarcare che quella fu l’ultima occasione in cui Gillespie, Parker e Powell suonarono insieme. Il disco, quindi, segna una sorta di passaggio di testimone dalla generazione Bop (Parker-Gillespie-Powell) alla generazione Hard Bop con prodromi free (Mingus-Roach).



LATO 1

Perdido: E’ un brano scritto nel 1941 da Juan Tizo trombonista e arrangiatore dell’orchestra di Ellington. Guarda caso proprio a Tizol si deve l’esperienza fallimentare di Mingus nella formazione del Duca, ruolo quanto mai desiderato dal contrabbassista cresciuto in ghetto alla periferia di Los Angeles. Accadde che nel gennaio 1953, Mingus riuscì ad ottenere l’agognata scrittura nell’orchestra di Ellington dove ad arrangiare i brani era Tizol, un portoricano con la puzza sotto il naso e diffidente nei confronti dei musicisti neri. Il trombonista affidò al nuovo arrivato un assolo scritto da eseguire con l’archetto. Mingus lo traspose all’ottava superiore per renderlo piu’ cantabile e fare bella figura. Tizol non gradì e avendolo preso da parte sotto il palco lo apostrofò asserendo che “non sapeva leggere bene la musica come il resto dei negri della banda”. Mingus, in un moto di rabbia, prese a calci il trombonista portoricano fin sopra il palco, quindi si accomodò nella sua postazione. Ma nel momento in cui Ellington fece partire la musica, Tizol si avventò su Mingus con un truce coltellaccio. Questi, per evitare il colpo, saltò sul pianoforte con tutto il contrabbasso. Apparve chiaro che la carriera di un tale ribelle non poteva continuare nella elegante e rassicurante orchestra ellingtoniana. L’esecuzione del brano presenta un Assolo di Parker un po’ controllato, nonostante si senta Gillespie sollecitarlo con la voce. Dizzy riprende la sequenza melodica dell’ultimo chorus di Parker, sprigionando dei sovracuti spaventosi. Preziosa la poliritmia di Roach, affascinante i contrappunti finali di Parker e Gillespie che introducono l’assolo di Roach.

SALT PEANUTS: Classico del repertorio Be Bop, pezzo, non a caso, scritto da Gillespie e Kenny Clarke i padroni di casa del Minton’s dove il Be Bop era nato. Salt Peanuts, ovvero, noccioline salate, punta a prendere in giro i gestori di locali che offrivano agli avventori noccioline salate, con lo scopo di fargli venire sete ed indurli a comprare bevande per lenire l’arsura, in particolare alcolici. L’esecuzione è al fulmicotone, con il tema sparato in alternanza con le parole ‘’Salt Peanuts’’ gridate da Dizzy. Sontuosi gli assoli di Powel e quello di Max Roach che con i tamburi imita l’intonazione vocale della frase “Salt Penauts” .L’uso della cassa di Roach durante la sua sortita anticipa figurazioni ritmiche che saranno usate , in futuro, da batteristi prog e rock, come Karl Palmer e Ian Paice. A giudicare dai rumori di fondo, il pubblico sembra divertirsi come non mai.

ALL THE THINGS YOU ARE . L’esecuzione del classico composto da Jerome Kern e Oscar Hammerstein, scritto nel 1939 per il musical Very Warm for May, e’ il tipico esempio di come Parker e Gillespie si impegnavano  a stravolgere le linee melodiche, a partire dall’esecuzione del tema suonata in alternanza. Gli assoli successivi chiariscono meglio il concetto con arpeggi velocissimi su un giro armonico moderato. Particolare la performance di Gillespie con la sordina. Particolari gli scambi, fra Parker e Gillespie, all’unisono, che lanciano l’assolo di Mingus prima del tema finale. Tema che presenta un’inaspettata quanto improvvisa coda velocissima.

LATO 2

WEE: Scritto da Gillespie e’ il manifesto del Be Bop, armonizzazioni blues, improvvisazioni velocissime, se stavano ubriachi nessuno se ne era accorto.

HOT HOUSE: Classico Bop composto dal pianista Tadd Dameron sfruttando la struttura armonica dello strandard di Cole Porter ‘’What is this thing called love” Degno di attenzione il growl di Parker in assolo. L’accompagnamento di Roach è assolutamente futuristico. L’assolo di Mingus viene un po’ penalizzato da una registrazione non perfetta, e comunque mette in risalto le straordinarie doti del contrabbassista.

A NIGHT IN TUNISIA: Composto da Gillespie nel 1941 quando militava nell’orchestra di Earl Hines. Come co-autore viene indicato Frank Paparelli. Ma Gillespie ha sempre rivendicato la paternita’ totale del pezzo perche’ Paparelli ne ha solo curato la trascrizione per l’orchestra. Bellissimo lo stacco nel tema fra la parte in tempo di rumba, qui Gillespie è alla tromba con sordina, e l’esplosione in quattro a piena sonorità. La struttura stessa di Night in Tunisia è assolutamente magnetica. L’introduzione di Parker senza accompagnamento e bellissima. Così come la performance di Powell. Se posso permettermi un rilievo personale, direi che questo è il brano che preferisco del disco.

Di seguito HOT HOUSE