martedì 14 giugno 2022

Aiutateci a non morire catto-fascisti-pidduisti.

 Luciano Granieri




Il risultato elettorale per le comunali di Frosinone ha confermato l’inossidabile certezza che il capoluogo è una città catto-fascista, anzi, non più tanto catto, solo fascista. E’ una città la cui cultura politica è figlia della secolare tradizione clientelare andreottiano-pidduista-gelliana.

L’”à Frà che te serve”, storica battuta attribuita a Giulio Andreotti rivolta a Franco Evangelista, deputato alatrese, democristiano di lungo corso, governatore occulto, ma neanche tanto, negli anni ‘60 e ‘70 della Ciociaria, su mandato del divino Giulio, è, con protagonisti diversi, sempre attuale. 

Non c’è dubbio, viviamo in una città conservatrice fino alle midolla. Chi non si trova a suo agio preferisce andarsene. Non è un caso che negli ultimi dieci anni gli abitanti di Frosinone siano diminuiti di 5000 unità. 

Se consideriamo che il Pd, (comunque primo partito a Frosinone) e liste collegate, festeggiano l’approdo al ballottaggio come una vittoria, pur con dieci punti percentuali in meno, si ha la misura di quanto l’obiettivo di poter scalfire un sentimento reazionario consolidato, anche e soprattutto nei quartieri più popolari -area che dovrebbe costituire blocco sociale dei progressisti  - sia stato considerato difficile se non impossibile. 

E ancora, per riuscire ad arrivare al ballottaggio, il campo largo, costruito da De Angelis a favore di Marzi, ha dovuto arruolare ex pretoriani di Ottaviani: Andrea Turriziani, Caparrelli, Mandarelli, Gagliardi ed altri, il cui apporto dai banchi dell’opposizione, qualora dovesse vincere Mastrangeli, sarà tutto da decifrare e decodificare, soprattutto sui risvolti sociali. 

Certo fa impressione vedere come a guidare la coalizione di destra sia la lista personale  di Ottaviani, l’ex sindaco, ma neanche tanto, il podestà, lo zar   - come viene apostrofato dalla stampa “tappetino”, e la seconda sia quella dei fascisti di Fratelli d’Italia…..fascisti certo, perché checchè ne dica la Meloni un partito che continua ad esibire nel suo marchio la fiamma mussoliniana è fascista! E la colpa è delle istituzioni che ammettono alle consultazioni elettorali una formazione con la fiamma tricolore sul simbolo, in barba ai dettami della costituzione. 

Del resto le dichiarazioni post-voto, rilasciate dal candidato a sindaco (pardon sindaco uscente) Ottaviani all’inviato di Tele Universo, non lasciano dubbi sul giudizio che costui ha dell’esercizio democratico. Alla domanda del giornalista che chiedeva un commento sul risultato elettorale, Ottaviani rispondeva dichiarandosi soddisfatto, rammaricandosi però, che il ricorso al ballottaggio porterà ad ulteriori spese per la città, spese che si potevano evitare qualora Mastrangeli ce l’avesse fatta al primo turno. Infatti, dico io, che le facciamo a fare le elezioni? Sono un inutile spreco di denaro, torniamo al podestà, si eviterebbe anche la fatica di trovare un facente funzioni di quel sindaco uscente che per la regola del doppio mandato non si può candidare. 

Ora per lenire la cappa antisociale di due consiliature così  reazionarie qualcuno al ballottaggio potrebbe anche votare Marzi, forse sarebbe pure  preferibile la sua vittoria al secondo turno. Ma anche in questo caso parliamo di una persona, per quanto stimata e circondata da una squadra di giovani, sempre e comunque compresa nella vecchia guardia, attore di un gioco delle alternanze stantio, dove certi interessi consolidati non verranno mai minimamente intaccati. 

Allora bisognerebbe pensare ad un qualcosa di veramente diverso. Un progetto che punti ad intaccare e poi rimuovere quella spessa placca di fascismo clientelismo che avvolge e soffoca la cittadinanza frusinate, spesso inconsapevole. Un progetto che sia prima culturale che politico,  teso a coinvolgere forze giovani che pure ci sono (anch’io dovrei farmi da parte).

 Ricominciare da capo nel diffondere i valori fondanti della nostra comunità: l’antifascismo, la partecipazione, promuovere il “mi interessa” in luogo del “me ne frego” favorire aggregazioni di ragazze e ragazzi, attorno a proposte culturali stimolanti  da cui poi costruire una coscienza politica e non lobbistica. Ci vuole tempo e pazienza, forse io stesso neanche riuscirò a vederlo questo nuovo sol dell’avvenire, ma bisogna cominciare da ora e continuare per gli anni a venire in modo costante. Attivarsi sempre, non solo in vista delle elezioni. Aiutatemi, aiutateci a non morire Marziani, o peggio Ottavianei.

lunedì 13 giugno 2022

Come si combatte l’inflazione?

 Luciano Granieri



L’Istat ci dice che, secondo stime preliminari, nel mese di maggio 2022 l’inflazione è al 6,9%. L’inflazione programmata, al netto del prezzo dei prodotti energetici, è al  3,7%. Quindi se si rinnovassero i contratti di lavoro, basati sull'indice di inflazione programmata, la perdita del potere d’acquisto dei lavoratori sarebbe del 3,2% .

 Un salasso causa di vizi strutturali che ci portiamo dietro da anni. Rimandano  al tempo della  decisione di abolire la scala mobile, con lo storico protocollo siglato il 31 luglio del 1992, fra il governo Amato (già proprio quell’Amato che, da presidente della Corte Costituzionale, ha bocciato i referendum sull’eutanasia legale, cannabis, e concesso il via libera agli inutili ed ideologici referendum sulla giustizia naufragati nella nullità del quorum), e le parti sociali: confindustria , con i maggiori sindacati  CGIL CISL e UIL  i quali si lamentano oggi, che i salari sono troppo bassi non consentendo a chi lavora di campare dignitosamente. Non potevano pensarci prima? Nel lontano 1992?. Comunque le chiacchiere stanno a zero. I contratti non si rinnovano, il lavoro precario ed il part-time involontario dilagano, per cui la perdita del potere d’acquisto, se ancora questo potere esiste per qualcuno, è di fatto pari all’intera inflazione: 6,9% . 

L’Istat rileva anche che l’aumento dei prodotti energetici è passato dal 39,5% di aprile al 42,2% di maggio. Colpa della guerra. Non proprio, anzi proprio no. Il prezzo con cui il gas viene scambiato in Europa fa riferimento ad un mercato virtuale, il Title Transfer Facility, (TTF) con base in Olanda. Tale fantomatico TTF, come il NYMEX (New York Mercantile Exchange) l’ICE (Intercontinental Exchange) fa capo a banche d’investimento operanti presso le principali borse mondiali in cui il gas viene venduto tenendo conto delle aspettative sui profitti dovuti alla speculazione, o sulla semplice scommessa relativa all’andamento del prezzo. 

Per fare un esempio il gas doganale, cioè quello valorizzato semplicemente dai costi di produzione e vendita da parte delle compagnie, ad inizio anno, quindi prima che la guerra iniziasse, costava 38 euro per MWh, dopo il passaggio presso le borse TTF il suo valore  di scambio passava a 70 euro per MWh, quasi il doppio. Che c’entra la guerra?

 Proposta: possiamo fare in modo che i prezzi dei prodotti energetici, vengano decisi fra i produttori e gli utenti senza passare dalla borsa? Si realizzerebbe un bel risparmio, per il gas 32 euro per MWh, ovvero il 45% in meno. Un indice che da solo potrebbe raffreddare significativamente l’inflazione. Ma guai toccare i profitti della speculazione finanziaria. E poi gli ideologici saremmo noi! Che ci azzardiamo a condannare lo svuotamento dei redditi da lavoro verso il profitto di pochi!!!

 Tornando al lavoro, sarebbe facile proporre l’aumento dei salari per adeguarli al carovita. Facile per noi ideologici. Ma guai ad intaccare l’indice di profitto. E’ una bestemmia costringere qualche magnate a comprarsi uno yacht meno mastodontico, per salvare dalla povertà un po’ di famiglie con bambini al seguito! 

Pare che la UE, colta da un inaspettato trasporto verso i suoi cittadini più deboli, si sia convinta ad imporre il salario minimo agli Stati Membri. Analizzando il provvedimento si tratta di una svolta di facciata fortemente populista. Infatti, in base al testo, si consiglia, ribadisco, si consiglia agli Stati membri,  che già hanno il salario minimo di adeguarlo, al costo della vita…...se lo vogliono, e con tutta comodità, almeno ogni quattro anni. Si consiglia invece agli Stati che non hanno il salario minimo garantito, di aumentare la contrattazione collettiva, ambito in cui deve definirsi questa misura sociale, alla copertura minima del 70% dei lavoratori. 

 Udite udite!!!!L ’Italia non rientra in nessun caso di specie: non ha da adeguare il salario minimo, perché questo non esiste,  e non deve adeguare la percentuale dei lavoratori coperti dalla contrattazione collettiva perché l’obbiettivo è già stato raggiunto essendo all’80%. Ma come abbiamo visto la contrattazione collettiva già dal 1992 ha prodotto i suoi danni presso i lavoratori,  con l’abolizione della scala mobile e ha continuato imperterrita a produrre sfaceli (ricordate il referendum scritto male dalla CGIL per abolire il Jobs Act?). 

E allora? Quando il gioco di fa duro i duri iniziano a giocare. Ci pensa l’Europa, ma non Bruxelles, bensì Francoforte, ossia chi comanda veramente, la Bce. Dal prossimo primo luglio l’istituto bancario europeo, guidato da Christine Lagarde, sospenderà l’acquisto dei titoli di Stato dei Paesi membri, lasciandoli in balia del mercato. Si avrà  un primo rialzo dei tassi d’interesse dello 0,25% al 21 luglio, seguito da un successivo incremento dello 0,50% per settembre. In pratica è la sconfessione aperta del wharever it takes di draghiana memoria.

Il ragionamento è il seguente: se il denaro non verrà elargito gratuitamente come è oggi, ma comincerà ad avere un costo, ci sarà una diminuzione della liquidità disponibile dal lato della domanda, quindi l’offerta per far fronte al calo di richieste causate  da una  liquidità più contenuta, dovrà abbassare i prezzi. Tutto giusto. Certo qualche usuraio comincerà a strillare perché non potrà più prestare denaro pagato zero a strozzo. Ma costoro qualche via speculativa per aumentare i loro profitti la troveranno sempre.

 Il problema riguarda una nazione, come l’Italia, dal debito pubblico elevatissimo, 147,9% rispetto al Pil, nel 2022. L’aumento del costo del denaro, ed in particolare la cessione del debito nazionale al furore dei mercati, porterà inevitabilmente ad un innalzamento ulteriore del costo di indebitamento e dello spread, già oggi è al 242% ad aprile era al 175%. Si  sa che tutto ciò è inviso al programma di moderazione fiscale , imposto dalla UE. Ricordiamo che dal 2023 verrà ripristinato il patto di stabilità sospeso per la pandemia . E che lo stesso per gli enti locali non è stato mai abrogato. Per cui si dovrà tendere a raggiungere il pareggio di bilancio contrastando un aumento del debito molto più elevato del previsto, tagliando in modo ancora più sanguinoso quel poco di servizi pubblici rimasti (scuola,  sanità) e privatizzando tutto ciò che c’è  rimasto da privatizzare. 

Tornando alla questione iniziale. Come si combatte l’inflazione? Semplice. Se vuoi arrivare a fine mese devi rinunciare a curarti e a far studiare i tuoi figli. Possibile che il monte profitti dei padroni debba rimanere inattaccabile anche mentre la gente muore di fame? 

 E’ urgente e necessario un aumento delle retribuzioni  che si può realizzare solo attraverso un salario minimo garantito vero, deciso per via politica, e non per concertazione. Non c’è altra soluzione altrimenti l’ortaggio oblungo finirà sempre nelle terga dei soliti noti che, con il passare del tempo, diventano sempre più numerosi.