sabato 22 febbraio 2014

Governo Alfetta uguale al governo Alfonzie?

Luciano Granieri


Cosa cambia tra il governo Alfetta e il governo Alfenzi, anzi Alfonzie? Tutto cambia. Si realizza la duplicazione delle larghe intese: quella con i diversamente berlusconiani e le frattaglie centriste, sul fronte governativo, più  quella degli sgherri berlusconiani ,con  a capo il pregiudicato eccellente, sul fronte delle riforme. La doppia larga intesa dovrebbe allungare lo spettro di un siffatto governo fino a fine legislatura. Sempre che  qualche processo  non vada  storto al  pregiudicato eccellente, un Ruby bis uscito male o la compravendita dei senatori che va a schifio. In questo caso  è probabile che    il novello padre della patria arcoriano   faccia saltare nuovamente il banco, richiamando  nei ranghi  a suon di milioni i desaparasidos differentemente berlusconiani. Un po’ come l’operazione Kakà e chissà,  forse si potrebbe recuperare un Casini a parametro zero che, in scadenza di contratto, ha già dato la sua disponibilità, tutto sommato un tale scenario potrebbe essere gradito anche al superpresidente Toscano, che magari attraverso  nuove elezioni con la legge elettorale nuova si zecca  che poco cambia rispetto al progetto rigettato dalla Consuta, potrebbe disfarsi dei pesi morti che si porta appresso nel suo partito e nella compagine centrista . Un’altra novità è che   al gioco delle figurine ha partecipato anche Napolitano. Lo scambio fra Gratteri  sacrificato, alla giustizia per la Mogherini   al posto della Bonino agli esteri ,  ha visto il presidente molto attivo. Non sia mai che  la poltrona del ministero di grazia e giustizia vada ad un magistrato in prima linea nella  lotta alla N’drangheta.  Poi  come la mettiamo con la trattativa Stato-mafia? E se a uno così venisse in mente di ripristinare il reato di falso in bilancio? C’è  il rischio di compromettere quel virtuoso percorso delle riforme istituzionali a cui il grande statista pregiudicato sta lavorando così  diligentemente. Certo la Bonino agli esteri sarebbe stata scelta più gradita al colle, però, come si dice, io do una Bonino a te tu dai un Gratteri a me, una mano lava l’altra e tutte e due lavano la faccia. Un Cencelli esteso anche agli avversari interni ha spiazzato perfino Civati.  La sua sodale, Maria Carmela Lanzetta,  assegnata agli affari regionali, potrebbe spiazzare  Pippo nostro, il quale adesso non è più così convinto di votare contro super Renzi.   Con la rappresentante dei padroni, Federica Guidi,  allo sviluppo economico  e Giuliano Poletto  presidente di Legacoop  al lavoro, abbiamo dato una bella botta alla lotta di classe. Evviva le larghe intese anche  fra padroni  e lavoratori. In tutto questo bailamme vorticoso resta sempre e solo una certezza. Il ministro dell’economia lo sceglie la Troika. Ecco bello e pronto Pier Carlo Padoan. Neo presidente dell’Istat, nel suo curriculum spicca la permanenza al Fondo Monetario Internazionale dove ha ricoperto il ruolo di direttore esecutivo responsabile per i “Piigs” Grecia e Portogallo, fra gli altri. L’unico pregio?  E’  un tifoso sfegatato della Roma.  Ecco.  Alla   fine in tutto sto’ casino nulla cambia.  I cittadini camminano sempre più storti mentre l’austerity imposta dalla Troika trova autostrade sempre più larghe. Auguri a tutti noi. 

venerdì 21 febbraio 2014

Il regalo agli inquinatori sulle bonifiche è legge. Vergogna.

Forum Italiano Movimenti per l'Acqua
CNSC - Coordinamento Nazionale Siti Contaminati
Associazione A Sud
Stop Biocidio Lazio


Stop Biocidio Abruzzo

Se sei un semplice cittadino paghi la TARES e ti arriva Equitalia se non puoi pagare. Se hai devastato interi territori lo Stato ti paga profumatamente per i tuoi profitti. Il Destinazione Italia passa al Senato senza le modifiche richieste da movimenti e comuni dei Siti inquinati. Ora segnalazione alla Commissione Europea e battaglia sui singoli accordi di programma per le inaccettabili norme contenute nel decreto

E' ufficiale: da mercoledì chi inquina in Italia deve essere premiato. Dopo il passaggio in Senato è diventata legge dello Stato l'incredibile norma contenuta nel Decreto Destinazione Italia volta a regalare nei Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche miliardi di euro ai privati, anche ai peggiori inquinatori, pure se rei confessi e condannati in via definitiva.
 
La modifica apportata dalla maggioranza alla Camera non ha risolto nulla perché pone solo un limite all'uso delle risorse pubbliche da parte del privato che dovrà usare il denaro ricevuto solo per coprire le spese degli investimenti in nuovi impianti e non per le bonifiche che dovrebbero rimanere a suo carico. A parte il fatto che in ogni caso gli inquinatori più incalliti, responsabili delle devastazioni del paese e dei danni alla salute per i cittadini, si vedono premiati con il sostegno ai loro profitti, realisticamente sarà ben difficile assicurare il rispetto di tale previsione, visto che ogni giorno il Ministero dell'Ambiente non riesce neanche a far avanzare le procedure amministrative più importanti.
 
Inoltre resta in tutta la sua gravità il problema del condono mascherato contenuto nella norma, che prevede che una volta firmato l'accordo di programma che destina il denaro al privato la scoperta di una situazione più grave di inquinamento rispetto a quella finora accertata non potrebbe più essere messa a carico del privato inquinatore. E' una situazione comunissima nelle aree inquinate, da Brescia a Bussi a Taranto, dove nuove analisi puntualmente fanno scoprire contaminazioni più estese.
 
Infine resta la norma che fa diventare di interesse pubblico qualsiasi nuovo impianto proposto dal privato nell'area inquinata (anche inceneritori, raffinerie ecc.) con lo Stato che finanzierà sia con denaro a fondo perduto sia con credito d'imposta per la parte restante, interventi che condannano definitivamente ad un triste destino di devastazione aumentando la pressione antropica sui siti. Queste sono aree che invece dovrebbero rinascere con interventi di riqualificazione ambientale e che dovrebbero essere invece portate a nuova vita come accaduto in Germania e in altri paesi con azioni ben diverse,come la realizzazione di parchi tematici, aree verdi, ecomusei.
 
I prossimi passi delle lotte saranno presto condivisi con movimenti ed associazioni. In ogni caso provvederemo a denunciare alla Commissione Europea quanto accaduto per farne un caso nella comunità. Apriremo uno scontro sui singoli accordi di programma che dovessero essere approvati nelle singole aree nei prossimi mesi. La lotta è solo all'inizio.
 

XVII Congresso Cgil Quale è la vera posta in gioco (per i burocrati e per i lavoratori)

di Alberto Madoglio , Partito di Alternativa Comunista
 
Il 21 febbraio è il termine entro cui si possono svolgere le assemblee di base per il XVII Congresso Nazionale della Cgil. Al momento non è possibile fare un bilancio numerico dell’andamento delle assemblee: dati ufficiali ancora non sono stati pubblicati. Per esperienza diretta (dei compagni del nostro partito che sostengono il documento “Il sindacato è un’altra cosa”) e da notizie, poche, pubblicate dal sito della Rete 28 Aprile, sappiamo che la Cgil esce da questa assise molto indebolita. La partecipazione risulta essere molto bassa. Col sistema delle urne aperte anche dopo lo svolgimento dei congressi, si riesce “miracolosamente” a vedere aumentato il numero di chi partecipa al voto, ma ciò non toglie che il quadro sia sconfortante. I lavoratori che intervengono nei dibattiti manifestano disillusione e rabbia nei confronti del sindacato. Questo non sempre, né potrebbe essere diversamente, si trasforma in adesioni al documento alternativo, ma nei pochissimi luoghi di lavoro dove ai sostenitori del documento di Cremaschi è concesso partecipare, i consensi al secondo documento non sono per niente disprezzabili.
Certo che il regolamento congressuale, i brogli manifesti che vengono perpetrati (dove non sono presenti i due relatori o dove, dopo un dibattito a due voci, nel collegio elettorale i sostenitori del documento della Camusso pilotano, per usare un eufemismo, i risultati) faranno sì che, alla fine, il risultato delle assemblee confermino un plebiscito a favore dell’apparato sindacale, che a stragrande maggioranza (su 12000 funzionari solo una ventina ha sostenuto il documento alternativo) si è schierato sulle posizioni della Camusso.
Se il congresso doveva servire per ridare slancio, far recuperare la fiducia dei lavoratori nel sindacato, possiamo già dire che l’operazione è fallita. E non poteva essere diversamente, dato che la Cgil negli ultimi anni (non solo nei quattro che ci separano dallo scorso congresso) non ha messo in campo azioni di lotta che sole avrebbero potuto impedire uno dei più pesanti attacchi al mondo del lavoro che governi e padroni hanno sferrato negli ultimi tempi; ha viceversa contribuito a far sì che questi attacchi arrivassero a buon fine, si pensi in particolare all'accordo del 28 giugno 2011 (che nei fatti distrugge il valore universale e di garanzia minima del contratto nazionale di lavoro consentendo deroghe peggiorative) e all’accordo sulla rappresentanza (che mira non solo a espellere il conflitto dai luoghi di lavoro, e nel merito del quale rimandiamo ad altri articoli pubblicati sul nostro sito).
 
Una guerra senza quartiere tra le burocrazieSu quest'ultimo punto è esploso uno scontro tra la segretaria della Cgil e il leader della Fiom, Maurizio Landini.
Una premessa è obbligatoria. Il riavvicinamento tra la Fiom e la Cgil che si era visto negli ultimi tempi era l'approdo di un lungo percorso. 
Quando nell’estate del 2010 la Fiat passò all’offensiva, espellendo la Fiom dalla sua fabbrica a Pomigliano e dando il via a una svolta autoritaria volta a normalizzare le relazioni nelle fabbriche del gruppo, la Fiom aveva due opzioni: o chiamare i lavoratori della Fiat, e poi tutti i metalmeccanici, a una lotta contro i piani di Marchionne, oppure scegliere la via dei ricorsi ai tribunali per poter essere riammessa nei luoghi di lavoro da dove era stata cacciata (mentre allo stesso tempo si accettavano per le fabbriche dove le Rsu della Fiom erano maggioritarie accordi che ricalcavano il modello Pomigliano). Questa decisione, al di là delle conseguenze concrete che non sono oggetto di questo articolo, pose la base per un rientro dei metalmeccanici nella maggioranza della Cgil. La successiva condivisione dell’accordo della vergogna sulla rappresentanza sindacale è stato il tassello finale di questa opera di riavvicinamento, suggellata con la presentazione di un documento unitario al XVII congresso.
Tuttavia le tensioni tra le due ali della burocrazia (quella legata al Pd e quella in rapporto con vari spezzoni socialdemocratici, Sel in particolare) non si erano dissolte. Il differente posizionamento in occasione dell’elezione del nuovo segretario Pd (la Camusso schierata col vecchio apparato del partito, Landini interlocutore privilegiato del "rottamatore" Renzi), ha fatto esplodere il contrasto tra gli interessi non sempre omogenei dei due gruppi dirigenti. La miccia che ha innescato lo scontro è stata la firma da parte della Cgil di un regolamento attuativo dell’accordo sulla rappresentanza. Nonostante le affermazioni di Landini e dei dirigenti della Fiom, in realtà non si è trattato di uno "stravolgimento" dell'accordo di maggio accettato anche dalla Fiom ma di norme attuative che ne rendono evidenti le gravissime conseguenze. Ciò 
ha creato non pochi imbarazzi ai dirigenti dei metalmeccanici, in quanto si sono visti addebitare di fronte alla propria base, in termini chiari, quell'accordo infame che avevano condiviso e che di fatto estende il cosiddetto modello Pomigliano, a sua volta ideato per impedire ogni conflittualità operaia e legare mani e piedi alla stessa Fiom.
Ciò ha impedito a Landini di poter giocare sull’equivoco, come aveva fatto fino a quel momento spacciando l’accordo sulla rappresentanza come una conquista per i lavoratori. Ha dovuto alzare il tono della polemica. E in un crescendo rossiniano si è arrivati alla situazione odierna, nella quale lo scontro tra le due fazioni ha raggiunto livelli del tutto inaspettati. Da una parte abbiamo ascoltato l'appello alla disobbedienza delle decisioni prese dalla segreteria Cgil, dall’altra minacce di provvedimenti disciplinari (fino all’espulsione) per coloro che non sono disposti ad accettare il nuovo corso sindacale.
 
Una fragile treguaNel momento in cui scriviamo, da entrambe le parti si è cercato di abbassare la tensione e, in questo momento, la Camusso pare aver segnato un punto forse decisivo.
Il concedere, come richiesto dalla Fiom, una consultazione tra gli iscritti al sindacato sull’accordo sulla rappresentanza e più in generale sul modello sindacale da seguire, cioè un plebiscito pro o contro la Camusso. Le schermaglie ora riguardano la platea alla quale chiedere il voto. La Camusso punta all’intero corpo degli iscritti alla Cgil (potendo così contare sul voto di milioni di pensionati), mentre la Fiom vuole una consultazione riservata ai soli metalmeccanici ai quali si applica il contratto di Confindustria.
Al di là di queste schermaglie procedurali, pensiamo che Landini sia stato messo all’angolo. Una sua sconfitta, in entrambi i casi, pare molto probabile (certa se passerà l’opzione Camusso), dopodiché non rimarrà nessuna possibilità per non adeguarsi a quanto deciso.
 
Sui diritti non si votaIn questo dibattito i sostenitori del secondo documento (presentato da Cremaschi) hanno correttamente sostenuto la posizione che nessun voto possa cancellare diritti fondamentali dei lavoratori. Il diritto dei lavoratori di poter scegliere il sindacato a cui iscriversi, di crearne di nuovi, di poter mobilitarsi, anche se minoranza, nelle fabbriche o negli uffici per cambiare accordi ritenuti peggiorativi delle condizioni dei lavoratori, sono conquiste che il movimento operaio ha ottenuto in quasi duecento anni di lotte.
Le residue conquiste che i lavoratori possono vantare sono state ottenute col sangue e col sudore. Il fascismo le tolse col sangue e col sangue sono state riconquistate e difese anche nell’epoca della “democrazia borghese”. Questi diritti non sono a disposizione di nessuno, né di Landini né della Camusso, e nessuna consultazione potrà mai sancirne la perdita.
La sola possibilità che si ha per evitare quello che rischia di essere un colpo micidiale alla libertà sindacale e di sciopero nel Paese, è adoperarsi per creare una campagna di mobilitazione generale del mondo del lavoro. I compagni che in Cgil sono all’opposizione commetterebbero un errore fatale se delegassero le sorti della classe operaia al giudizio di 15 magistrati chiamati a esprimersi sulla costituzionalità di quell’accordo. E' necessaria una battaglia nelle piazze contro l'accordo sulla rappresentanza, altro che magistratura borghese!
Allo stesso tempo questa battaglia può avere speranze solo se si lega a una rivendicazione programmatica alternativa a quella di Cgil e Fiom e che allo stesso tempo rompa con le illusioni riformiste e keynesiane di uscita dalla crisi coltivate purtroppo anche nel documento alternativo.
Per parte nostra, come militanti del Pdac impegnati nella Cgil e sostenitori del documento alternativo, continueremo a lottare perché si diano le condizioni per la nascita in Italia di un sindacato di lotta, anticoncertativo e anticapitalistico, che miri a raggruppare tutte le avanguardie di classe combattive, presenti oggi sia in Cgil che nel sindacalismo di base.
 
 

Non diciamo che in Ucraina è in crisi la democrazia “slava”

Juan Cole – 21 febbraio 2014 fonte http://znetitaly.altervista.org/
I problemi che l’Ucraina sta vivendo (e che ebbero anche la Russia e l’ex Jugoslavia) nella sua politica post-sovietica, con una lotta tra autoritarismo e democrazia e tra un orientamento a Mosca e uno a Bruxelles, sono molto simili alle difficoltà che hanno assalito molti paesi del mondo arabo negli ultimi pochi anni.
Mi colpisce che normalmente non parliamo di tali difficoltà come di quelle di “slavi” o del “mondo slavo”. In inglese tendiamo a parlare di Europa orientale, usando una denominazione geografica. Russi, ucraini e servi, bosniaci e croati, parlano tutti lingue “slave” e nei passati decenni non era in effetti insolito parlare di loro come di slavi. (In qualche misura lo fa ancora la stampa russa). Robert Vitalis, dell’Università della Pennsylvania, sostiene che le categorie razziali sono state centrali, non per caso, in molte analisi di scienza politica negli Stati Uniti nella prima metà del ventesimo secolo.
Ma oggi la maggior parte del giornalismo sull’Europa orientale è più sofisticato di così. Questoarticolo di Euronews analizza le divisioni dell’Ucraina in termini generazionali e regionali. Così, i giovani sotto in trent’anni sono prevalentemente a favore dell’Unione Europea, mentre i più anziani che ancora sono in grado di ricordare l’Unione Sovietica, guardano spesso a Mosca. Quelli nell’ovest del paese favoriscono l’Europa, quelli nell’est favoriscono la Russia.
Alcuni giornalisti scelgono un terzo approccio, guardando all’economia. Questo articolo dell’IBT identifica problemi chiave nell’economia ucraina, tra cui scarsi investimenti stranieri diretti, alta disoccupazione, specialmente tra i laureati, una settore dei servizi gonfiato, dipendenza da combustibili importati, ecc. (Poiché l’Ucraina riceve il suo gas naturale dalla Russia, ciò dà a Putin una leva su Kiev).
Un’altra tendenza nella stampa occidentale consiste nel mettere in primo piano l’identità religiosa e nell’immaginare che le persone in Medio Oriente agiscano in base a “odi secolari”. Ogni volta che noi storici abbiamo esaminato odi secolari, abbiamo scoperto che la maggior parte delle volte le persone convivevano bene da decenni. Le lotte economiche sono più importanti di quelle settarie in Siria, ma si sovrappongono in modi che rendono facile scambiare i marcatori religiosi di identità per quelli importanti, quando è la classe sociale che è in discussione.
Immaginare che i problemi dell’Egitto risalgano ai suoi sultani mammalucchi o ai suoi califfi islamici non è molto utile. E’ molto più rilevante osservare i modi in cui i suoi problemi sono comuni all’economia del mondo post-sovietico.
L’economia dell’Ucraina mi pare particolarmente simile a quella dell’Egitto. Entrambi i paesi hanno un passato socialista, anche se lo stato egiziano probabilmente ha assorbito solo metà dell’economia, mentre in Ucraina  lo stato ne possedeva probabilmente il 95% nel periodo sovietico. Tuttavia entrambi hanno lottato in direzione di una maggior apertura dell’economia al mercato, con tutte le iniquità che il processo comporta. Entrambi hanno un’elevata disoccupazione, specialmente tra i giovani laureati. Entrambi dipendono dagli idrocarburi di stati stranieri (la Russia per l’Ucraina, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti per l’Egitto) i quei patroni percettori di rendita stanno spingendo in entrambi i casi politiche autoritarie perché sono minacciati dalla democrazia e non vogliono che essa si realizzi nei pressi perché altrimenti ci sarebbe il rischio che si estendesse a essi.
Una grande differenza è che l’Ucraina è in declino demografico, con pochi giovani che stanno crescendo e il pericolo di un rapido invecchiamento. L’Egitto, dopo la sua rivoluzione, è tornato ad alte percentuali di nascite.
Le analisi occidentali del Medio Oriente spesso s’incentrano sulla razza (chiedendosi implicitamente “che cosa c’è che non va con quegli arabi?”). Ma pochi oggi chiederebbero: “Che cosa c’è che non va con quegli slavi?”. Concentrarsi sugli aspetti razziali è sempreessenzialista e sempre sbagliato. Anche se ci sono differenze culturali e storiche tra i popoli che li fanno giocare giochi linguistici diversi, tali differenze non hanno nulla a che fare con tratti biologici o parentali.
La buona analisi sociale guarda alle differenze generazionali, a quelle geografiche, a problemi economici. Questi strumenti analitici sono non-essenzialisti, poiché le considerazioni implicate cambiano nel tempo e consentono a genti che hanno un linguaggio comune di differenziarsi, tuttavia, le une dalle altre per altri aspetti. Questa analisi evita la fallacia del carattere nazionale.
Non sto sostenendo che è necessario smetterla di parlare di arabi e del mondo arabo. Quest’ultimo ha un quadro istituzionale nella Lega Araba, che raggruppa 21 paesi prevalentemente di lingua araba più, per qualche strano motivo, la Somalia. Ma generalizzare a proposito degli “arabi”, come è tuttora comune nella stampa occidentale, significa rendere razziale una categoria linguistica. I marocchini e i kuwaitiani non hanno in realtà molto in comune, se non il loro uso dell’arabo. I loro dialetti parlati sono a malapena reciprocamente comprensibili. Il Kuwait è una piccola prospera città-stato prevalentemente urbana e istruita di 3,2 milioni di persone (un po’ più popolosa della Lituania). Il Marocco è ancora una società largamente rurale di 32 milioni con un tasso di analfabetismo ancora elevato, un po’ meno popolosa della Polonia. Le loro strutture sociale, economie ed ecologie sono completamente diverse. Non sono la stessa “razza”.
Non ci sono comunque “razze” nel senso romantico del diciannovesimo secolo, di un gruppo di appartenenza relativamente non mischiato con un insieme di tratti caratteriali condivisi e una lunga residenza in un particolare territorio. In realtà tutti i gruppi umani sono estesamente mescolati gli uni con gli altri e i gruppi si sono mossi parecchio.
Perciò paragonare l’Egitto all’Ucraina può essere più utile che paragonare l’Egitto alla Tunisia, e ovviamente gli ultimi due non hanno avuto risultati politici simili.
In modo interessante, sia i dimostranti ucraini sia quelli egiziani parlano di scendere nelle pubbliche piazze usando lo stesso termine, “maidan”. Perché la piazza di Kiev è definita un “maidan”? Probabilmente perché la città fu parte del regno dell’Orda d’Oro mongola, che sotto gli uzbechi adottò l’islam nel 1300, assimilando alcuni termini arabi e persiani. Il mondo è più piccolo di quel che sembra.

giovedì 20 febbraio 2014

Le lotte sociali non si arrestano! Liberare tutti vuol dire lottare ancora!

COORDINAMENTO CITTADINO DI LOTTA PER LA CASA – BLOCCHI PRECARI METROPOLITANI – DEGAGE ACROBAX PROJECT – ALEXIS

Il percorso meticcio a cui hanno dato vita le giornate nazionali del 18 e 19 Ottobre  “Una sola grande opera: casa e reddito per tutti!” ha dato nuova energia e consapevolezza alle lotte e ai conflitti che in tutti i territori di questo martoriato paese uniscono i  mille volti della precarietà generalizzata con cui dobbiamo fare i conti nella quotidianità delle nostre vite.  In questi giorni numerose “misure cautelari” hanno colpito decine di attivisti, dai  disoccupati e precari napoletani ai facchini di Bologna, fino alle accuse pesantissime mosse verso i compagni dei movimenti per il diritto all’abitare romani. Si tenta così di indebolire e destabilizzare un movimento composto da migliaia di persone, che dalla Val di Susa a Palermo lottano giorno dopo giorno per strappare pezzetti di reddito e di dignità sociale, attraverso pratiche di riappropriazione diretta, di rivendicazione sui posti di lavoro, di resistenza  agli sfratti, attraverso la difesa dei territori contro le speculazioni e le privatizzazioni, contro questo modello di sviluppo.  I riflettori sono puntati sulle bagarre parlamentari, per la terza volta in un anno cambia il presidente del consiglio, in realtà per non cambiare niente. Un nuovo governo tecnico che,  eludendo ancora una volta la formalità elettorale,  si forma a partire da precise indicazioni politiche dettate dalla Trojka e dalla finanza, pronto a garantire i poteri forti che dalla  crisi e dalla nostra precarietà, lavorativa e di vita, traggono enormi profitti.  In questo scenario i movimenti non solo non arretrano davanti al tentativo messo in atto dagli apparati di potere di fermare il dissenso e l’autorganizzazione, ma rilanciano verso una  primavera ancora più calda.  Le lotte sono infatti determinate nel riportare, anche “a spinta” se necessario, nell’agenda politica la questione del “chi decide” sulla gestione delle risorse pubbliche, sui profitti per pochi ai danni dei tanti che pagano la crisi. Un movimento reale fatto di corpi e teste, che sappia parlare e stare nelle troppe e inaccettabili contraddizioni del sistema: questa è la vera minaccia che chi governa questo paese cerca di arginare in tutti i modi, attraverso  una repressione sempre più subdola, arrivando a muovere accuse di “terrorismo” per l’incendio di un compressore, di “devastazione e saccheggio” per una vetrina, agendo in nome di una  presunta “legalità” sempre meno legittimata nel tessuto sociale che trasforma la richiesta di lavoro in estorsione e l’autodifesa da una carica in rapina.  Sui nostri territori, delle nostre vite, VOGLIAMO DECIDERE NOI, e le lotte messe in campo in  questi mesi raccontano di come siamo capaci di organizzarci e reagire senza paura all’attacco sistematico che subiamo ogni giorno, di cui la repressione è solo l’aspetto più evidente. Reagire e agire, provando a disarticolare dal basso tutti quei dispositivi attraverso i quali tentano di plasmare “soggetti compatibili” a un sistema economico la cui riproduzione, tanto  sul piano cognitivo quanto su quello materiale, si esplicita principalmente sul piano dello  sfruttamento.  Dire che la sollevazione non si arresta è per noi guardare oltre la rabbia che le misure  repressive provocano, e continuare, come esplicitato da tutti nell’assemblea nazionale del 9  febbraio, a costruire quella prospettiva comune di lotta iniziata con la sollevazione del #19O e di cui quell’assedio del 31 ottobre è stata tappa fondamentale. Vogliamo rispondere tutti insieme, con la forza e la determinazione che ci hanno  contraddistinto in questi mesi, a partire dalle prossime tappe cittadine.  La giornata di giovedì 20 con il presidio contro le privatizzazioni davanti al Senato, l’assemblea pubblica nel piazzale della stazione Tiburtina contro gli arresti ai danni del  movimento no tav, il corteo in memoria di Valerio Verbano il 22 Febbraio e il saluto a Chiara  davanti al carcere di Rebibbia il 23.  Tutti appuntamenti che attraverseremo con la rabbia di questi mesi, la stessa con cui in  migliaia abbiamo assediato il lager di ponte Galeria sabato scorso.  Vogliamo riprendere questo percorso con la mobilitazione del 27 febbraio a Roma ribadendo che il patrimonio pubblico non si vende, che le occupazioni in tutto il territorio urbano sono una risposta certa e immediata all’emergenza abitativa. Il comune di Roma risponde ai problemi  sociali con un maggior controllo nei confronti delle occupazioni abitative invece di colpire i palazzinari, sfugge alle proprie responsabilità sul censimento degli stabili che permetterebbe l’attuazione della delibera regionale sulla casa attaccando gli “abusivi” e scaricando di  fatto ancora una volta sui propri cittadini il problema dei buchi in bilancio.  Non vogliamo sentire rimpalli tra Regione e Comune perciò il 27 ci verremo a prendere quelle risposte che ancora non abbiamo ricevuto, quelle prese di responsabilità che tardano ad  arrivare.  Il 31 ottobre c’eravamo tutti e tutte, e continueremo ad esserci: nelle strade, nelle piazze, continueremo ad assediare quei palazzi che non ci rappresentano, a rivendicare e a  riappropriarci di reddito, a riprenderci i nostri diritti, ad aprire spazi di conflitto  nelle contraddizioni di questo paese verso il corteo per la libertà e contro la repressione del 15 marzo, verso l’esondazione del 12 aprile e del 1°Maggio, verso il vertice sulla disoccupazione giovanile.

Perchè liberare tutti vuol dire lottare ancora, vuol dire organizzarsi senza perdere un’ora.

I DIRITTI SI CONQUISTANO A SPINTA!  LE LOTTE SOCIALI NON SI ARRESTANO FEDERICO-IVANO-LUCA-MARCO-MATTIA-OTMANI-PAOLO LIBERI  LIBERI TUTTI SUBITO!

mercoledì 19 febbraio 2014

Aquino. Costituito il comitato a sostegno della lista Tsipras

Comitato a sostegno della lista Tsipras


Anche ad Aquino si è costituito il comitato a sostegno della lista TSIPRAS, in quanto si è ritenuto importante, affinché in Europa ci sia una revisione dei trattati europei, MES e FISCAL COMPACT che porteranno milioni di italiani verso la povertà.
Tra la demagogia di chi dice di uscire dall’Europa, e chi segue imperterrito le politiche di austerità della Merkel, una terza via è possibile, ed è quella di mettere in discussione questi trattati che costeranno 25 miliardi di euro il MES e 50 miliardi di euro i FISCAL COMPACT, cifre che sicuramente l’economia italiana non può assolutamente sostenere.
Secondo molti studi economici, se l’Europa continua con queste politiche di austerità, ci saranno altri 150 milioni di poveri oltre ai 50 milioni che già ci sono, soprattutto concentrati nella parte sud ovvero Italia,Spagna e Grecia. In Italia questo significherebbe passare da 5 milioni di poveri a 10 milioni, con una grave conseguenza anche per i nostri comuni e per la nostra provincia.
In questo quadro lanciamo l’appello  a sostenere la lista TSIPRAS mandando la propria adesione al sito www.lista@tsipras.ue . Se vuoi sconfiggere la futura povertà che ci perseguita, per cambiare le politiche sorrette dalle banche, l’unica strada percorribile è questa. Una via realistica, non demagogica ed è la vera risposta alla crisi economica, in sostanza rendere irragionevole possibile, grazie al tuo impegno e consenso.
Dopo un percorso di consultazioni online si è giunti al nome della lista per le prossime elezioni europee che sarà: L’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS.               

Lanciamo un forte appello a tutti i cittadini di Aquino che condividono con noi queste tematiche ad aderire al comitato a sostegno della lista Tsipras contattandoci su face book oppure tramite email listatsiprasaquino@libero.it.

Il pasticcio delle elezioni del presidente della consulta delle associazioni

Francesco Notarcola, Presidente pro-tempore della Consulta delle associazioni

Il 19 dicembre del 2013 sono stato eletto, per la seconda volta, Presidente della Consulta delle associazioni della città di Frosinone, nel corso di una regolare votazione, svoltasi alla Villa comunale,  superando il quorum previsto dal regolamento comunale (43) ricevendo 44 voti su 66 votanti.
Questa elezione non è stata affatto  digerita dai poteri occulti della Città e dai quei “gruppuscoli” politici di partito, alleati trasversalmente, che da sempre ambiscono ad impossessarsi della Consulta per meri fini personali e di parte.
Così, dopo essere stato proclamato Presidente  da parte dei competenti Uffici comunali una prima volta con un messaggio personale  (e-mail del 20/12/2013 ore15,07) e un’altra con una comunicazione formale  (e-mail del 24/12//2013 ore 10,11) inviata a tutte le associazioni iscritte all’albo comunale, sono stato defenestrato d’autorità.
Questo atto di arbitrio e di autoritarismo politico e giuridico mi è stato comunicato, sempre dai competenti uffici con e-mail del 13 gennaio 2014  ore 13,50.  Dopo  25 giorni dalla data dell’elezione del 19 dicembre 2013 sono state annullate le proclamazioni  formali  ed ufficiali dell’elezione del presidente. Con questo stesso provvedimento sono state sospese le elezioni indette per il 22 gennaio 2014, che erano state confermate qualche giorno prima con e-mail dell’8/01/2014 ore 17,27, per eleggere il vice presidente e il segretario della Consulta.
Nel documento che segue , inviato al Procuratore della Repubblica, al Prefetto, al Sindaco ed al Segretario generale del Comune, c’è una ricostruzione minuziosa di tutta la vicenda.
A queste Autorità si chiede di ripristinare la legalità e la correttezza democratica e giuridica.
A tutte le associazioni rivolgo un accorato appello affinché si impegnino e vigilino attentamente
Per salvaguardare l’autonomia della Consulta.


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                                                    Al Sig. Procuratore della Repubblica
                                                    Al Sig. Prefetto di Frosinone
                                                    Al Sig. Sindaco del Capoluogo
                                                    Al Sig. Segretario Generale del Capoluogo
          
Il sottoscritto Francesco Notarcola, Presidente della Consulta delle Associazioni del Comune di Frosinone, regolarmente eletto in data 19 dicembre 2013, richiama la Loro cortese attenzione su  quanto     segue:

- in data 20/11/2013 il Comune di Frosinone - con email a firma del dott. Cristiano Ranalli e della dott.ssa Paola Vespasiani richiedeva alle associazioni, iscritte all’albo comunale, di comunicare il nome del presidente o delegato al fine della partecipazione alle imminenti elezioni per il rinnovo delle cariche della Consulta delle associazioni della Città, pena l'esclusione dalle stesse. Procedura valida per sapere il numero reale delle associazioni interessate a partecipare alla vita della Consulta e soprattutto per stabilire il numero dei votanti e il consequenziale quorum per l'elezione alle varie cariche. A tale comunicazione rispondevano 84 associazioni, legittimando così, a differenza delle associazioni rimaste silenti, la loro regolare partecipazione alle stesse elezioni.

- con determina dirigenziale n.2868/2013, a firma della dott.ssa Palmira Bruni, vengono resi noti, mediante avviso pubblico (allegato B  della det.) la data e le modalità di svolgimento delle elezioni
nonché l’elenco degli aventi diritti al voto per la elezione del presidente, del vice presidente e del segretario. Secondo quanto contenuto nella determina l’assemblea si compone di 84 associazioni (allegato A della det. citata)

- in data 19 dicembre 2013 venivano regolarmente svolte le elezioni. La commissione elettorale era composta da: dott. Cristiano Ranalli – Presidente; dott.ssa Paola Vespasiani – Segretario verbalizzante e Componente; Sig.ra Silvana Germani Componente. Tale Commissione confermava e  comunicava quanto stabilito nella determina e cioè che il numero delle associazioni ammesse al voto era di 84 e che il quorum per essere eletti alle varie cariche era di 43 voti.
- alle ore 18, come da decisioni della determina, il seggio viene chiuso. Dopo regolare scrutinio,  da nessuno contestato, il presidente del seggio dott. Cristiano  Ranalli comunica ai presenti che risultava  eletto alla carica di presidente il Sig. Francesco Notarcola, avendo raggiunto e superato il quorum richiesto  riportando 44 voti.

- in data 20 dicembre 2013, il dott. Cristiano Ranalli, in qualità di Presidente della Commissione elettorale per il rinnovo delle Cariche dell’Assemblea della Consulta, comunicava formalmente al sottoscritto, a mezzo email, di essere risultato eletto alla carica di Presidente della Consulta  delle Associazioni avendo ottenuto n. 44 preferenze.

- in data 24 dicembre 2013 il dott. Cristiano  Ranalli Presidente della commissione elettorale , comunicava ufficialmente, a mezzo email, a tutte le associazioni la  elezione del sottoscritto, alla carica di presidente e contestualmente la mancata elezione del vice presidente e del segretario omettendo, però, di rendere di pubblico dominio i risultati completi della votazione. Infatti, ancora oggi, non si conoscono tutti i voti attribuiti e le persone che li hanno ricevuti.
- l’8 gennaio, sempre a mezzo email, inviata a tutte le associazioni, il dott. Cristiano Ranalli, confermava la data del 22 gennaio 2014, data della 2° convocazione per l’elezione delle cariche di Vice Presidente e Segretario della Consulta delle Associazioni, invitando le associazioni interessate, a trasmettere i rispettivi nominativi dei soggetti che saranno candidati qualora siano sopravvenute modifiche, entro e non oltre il 13 gennaio 2014. Si ricorda che la data del 22 gennaio 2014 era indicata nella determina su richiamata.

- in data 13 gennaio 2014 sempre il dott. Cristiano Ranalli, comunicava che  “……a seguito di verifica approfondita sollecitata da alcune associazioni è risultato che il quorum fissato dalla commissione, potrebbe essere stato calcolato a seguito di una interpretazione eccessivamente rigoristica tale da poter configurare un pregiudizio per alcune associazioni. Per tali motivi, il quorum richiesto a seguito della recente revisione sale a 46 voti, risultando così essere maggiore di quello prospettato nella precedente seduta di dicembre 2013 (43). Per tali motivi non essendo stata effettuata formale proclamazione con determina dirigenziale, di alcun candidato a nessuna delle tre posizioni, possiamo affermare che le tre cariche risultano al momento ancora vacanti.   P.S. Nell’ottica della condivisione generale di obiettivi e finalità del nuove regolamento, si considerano sospese le elezioni indette per la giornata del 22 gennaio 2014”.

Tutto cio' premesso e considerato, si contesta quanto segue:

-          la decisione di annullare l’elezione del presidente appare al sottoscritto come un atto di arbitrio  e di autoritarismo politico e giuridico.

-          infatti l’annullamento viene deciso senza alcuna argomentazione valida, ma usando il condizionale e non specificando e provando se ci sono associazioni che hanno fatto reclamo e se sono state danneggiate. Ci sono voluti venticinque giorni di riflessioni per arrivare ad una decisione assurda, antidemocratica ed illegale, con pretesti campati in aria per annullare un voto espresso secondo il dettato del regolamento.

-          Il sottoscritto sottolinea ancora che per prassi di ogni elezione è impossibile ed assurdo cambiare le regole in corso d’opera.

-          L’argomentazione che si può arrivare alla defenestrazione di un Presidente regolarmente eletto solo perché “non c’è stata una proclamazione con determina dirigenziale” non ha alcuna validità. La validità degli atti sottoscritti dal dott.Cristiano Ranalli è confermata dal fatto che alla data odierna, cioè due mesi dopo le elezioni, non esiste alcuna determina che sancisca i risultati delle votazioni del 19 dicembre con l’attribuzione dei voti.  E’ ampiamente documentato che tutto l’iter procedimentale e tutti gli atti ricevuti dalle associazioni sono stati comunicati e sottoscritti dal dott. Cristiano Ranalli, di fatto, vero ed unico responsabile amministrativo del procedimento.

-          Il dott. Cristiano Ranalli ha agito di sua iniziativa personale senza il consenso del suo diretto superiore? Se questo fosse vero si porrebbero interrogativi inquietanti.

Per tutti i motivi suesposti, il sottoscritto, individuato dalle associazioni come loro legittimo presidente, chiede alla SS.LL. un autorevole intervento affinché siano ripristinati correttezza democratica e legalità e sia annullata la votazione preventivata per il 10 marzo 2014 per la sola carica del Presidente, ritenendo che il sottoscritto sia stato legalmente eletto e legittimamente  proclamato. Inoltre il sottoscritto dichiara la propria disponibilità a fornire ogni ulteriore chiarimento richiesto.

Fiducioso invia distinti saluti

Frosinone 19 febbraio 2014
Francesco Notarcola – Via Cese 52 – Frosinone – Cell.3397507504

Il reddito rende liberi: primo appuntamento

Osservatorio Peppino Impastato Frosinone

Sabato 22 febbraio, a partire dalle ore 16,30  presso la sala  dei soci Coop in via M.ti Lepini a Frosinone   si terrà il secondo seminario della Scuola di formazione politica e sociale “Don Gallo” curata dell’Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone.  Il titolo è  “Il reddito rende liberi”, relatore Luciano Granieri.  Come il primo seminario, dedicato alla storia delle mafie e del movimento antimafia, anche questo,  si svilupperà su tre appuntamenti.  Oltre a quello del 22 febbraio si terranno altri due incontri il 1 e l’8 marzo alla stessa ora e nello stesso luogo.  “Il reddito rende liberi” più che un seminario vuole essere un’occasione di confronto sulla attuale drammatica situazione  sociale ed economica.   Prenderemo spunto dalla discussione  sull’opportunità di introdurre forme di sostegno al reddito nel novero delle protezioni sociali,  per analizzare  le cause che hanno determinato l’attuale aumento delle condizioni  di  povertà.   Dall’analisi   delle diverse  forme di occupazione succedutesi a partire dalla fine  del’700 e  delle protezioni sociali connesse, arriveremo ad illustrare alcune proposte di introduzione di sostegno al reddito avanzate da economisti ed analisti. Passeremo in rassegna   i disegni  di legge sull’erogazione di un sostegno al reddito  avanzate da partiti e movimenti e ,infine,  andremo a descrivere come sono strutture forme di welfare in quei paesi che già adottano un sistema di sostegno al reddito.  



martedì 18 febbraio 2014

Sanità: la mobilitazione paga

Francesco Notarcola – Presidente della Consulta delle associazioni.

Dopo le ripetute proteste e la mobilitazione delle associazioni e dei cittadini, qualcosa si è mosso per mettere fine alla vergognosa situazione del pronto soccorso dell’ospedale del Capoluogo. C’è voluto l’intervento  dei NAS per scuotere l’immobilità e l’insensibilità della dirigenza della ASL.
 I provvedimenti adottati vanno considerati come  primi timidi passi che devono essere seguiti da altre urgenti decisioni per restituire piena dignità e diritti ai cittadini,  ai pazienti ed al personale sanitario.
Il 6 febbraio, 34 associazioni hanno richiesto  incontro con il nuovo direttore generale della Asl per discutere le otto  proposte avanzate per ripristinare  normalità e legalità alle attività del pronto soccorso.
Dal nuovo manager ci si attendeva un intervento molto più sostanzioso dal momento che l’ex direttore generale della Asl, generale Vincenzo Suppa, aveva pubblicamente dichiarato di aver ricevuto il nulla-osta della Regione per il trasferimento dell’Unità Operativa Complessa di lungo degenza dall’ospedale del Capoluogo ad Alatri. Ciò allo scopo di reperire una ventina di posti letto a disposizione del pronto soccorso e dell’intero presidio ospedaliero.
Sottolineiamo ancora una volta  il danno enorme che si produce a tutte le Unità Operative dell’ospedale ed agli operatori sanitari sul piano della qualità e dell’efficienza dal momento che sono impossibilitati a programmare i loro interventi, perdurando l’emergenza del pronto soccorso.
Ribadiamo la validità delle proposte sotto elencate, avanzate dalle associazioni:
 1) Garantire la presenza nel pronto soccorso, di un cardiologo, un radiologo, un pediatra ed un ortopedico, così come prescritto dalla legge; 
2) Aprire in via sperimentale almeno 4 punti di Pronto soccorso H24 dislocati nelle strutture dismesse di Anagni, Frosinone Umberto I°, Cassino o Pontecorvo e Sora o Isola del Liri o Atina, strutture che potrebbero  essere gestite dai medici di famiglia o assumendo medici giovani senza lavoro a tempo determinato;
3) Potenziare in modo adeguato l'assistenza domiciliare, realizzando ed estendendo anche l'assistenza socio sanitaria integrata oltre all'istituzione di un'anagrafe assistenziale e del registro dei tumori;
4) Attivare percorsi riservati e programmati per i pazienti affetti da patologie croniche;
5) Costituire un coordinamento tra i pronto soccorso di Frosinone ed Alatri;
6) Istituire degli hospices, presso le strutture dismesse di Anagni, Alatri, Ceccano e Pontecorvo, per i malati terminali, per alleggerire la pressione sui pronto soccorso e nei reparti ospedalieri;
7) Attivare decine e decine di nuovi posti letto:
    a - trasferendo il reparto di lunga degenza dal "Fabrizio Spaziani" ad Alatri o Ceccano;
    b - recuperando spazi, arredi e posti letto della riabilitazione ortopedica dell'ospedale Fabrizio Spaziani;
    c - utilizzando tutti gli spazi disponibili adiacenti il pronto soccorso;
8) Le associazioni ritengono inoltre opportuno e necessario attivare strumenti di valutazione da parte del cittadino che si rivolge al pronto soccorso. Questa importante attività potrebbe essere gestita con il contributo volontario delle associazioni in un apposito ed attrezzato sportello, messo a disposizione dalla ASL.
Non è da trascurare il fatto che nella ASL di Frosinone vengono impiegati decine di medici per attività burocratico-amministrative. Tali risorse, considerato il periodo eccezionale di emergenza economica, dovrebbero tornare ad essere impiegati nelle attività sanitarie di loro competenza.
Al Presidente dell’Ordine dei Medici ed a tutti i Sindacati dei medici e del personale sanitario dichiariamo, ancora una volta, la disponibilità delle associazioni  ad incontrarci per decidere insieme la riprese delle iniziative da assumere a  tutela della sanità pubblica e del personale sanitario costretto a lavorare in condizioni difficili e di grave rischio.

Video di Luciano Granieri

lunedì 17 febbraio 2014

La bellezza secondo l'Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone

Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone.
Video di Luciano Granieri


Mentre nei palazzi romani si stavano consumando le ultime trattative per il cambio del presidente del consiglio,  con una squallida scenografia in cui il popolo non era per nulla contemplato, presso la casa del volontariato di Frosinone, sabato scorso 15 febbraio, era di scena la bellezza. La festa della legalità, organizzata dall’Osservatorio Peppino Impastato si è rivelata  un campionario di buona politica. Un circolo virtuoso in cui idee, arte, tradizione culturale, si sono fuse in una ventata di salvifica bellezza.  Un scenario, al contrario di quanto si stava consumando Peppino Impastato nel suo celebre discorso trasmesso dai microfoni di  radio Aut.  A queste forti  sollecitazioni di impegno civile  e  sociale, proposte dai membri dell’Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone, nei palazzi romani, in cui il cittadino  era figura principale, soggetto partecipativo e propositivo.  Quando l’impegno sociale riesce a declinarsi in condivisione, solidarietà e convivialità, si realizza la bella politica. Si percepisce la bellezza   come “arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà”,  così come la descriveva hanno riposto in molti. Persone  stanche della misera e vuota dialettica elettoralistica pregna di arrogante egolatria  che,  attraverso i nuovi  presunti  “Conducador”, sta infestando il clima sociale e sta esautorando le coscienze dal diritto di decidere del proprio futuro. Nel corso della festa, ad esempio,  la lezione di Peppino Impastato, attraverso le sue poesie,  è arrivata intatta a tutti noi. Grazie alla sapienza del professor Alfoso Cardamone, che ha letto  alcuni componimenti poetici  di Peppino,  l’intimismo, i dubbi ,  le speranze di un giovane siciliano che aveva assunto la lotta alla mafia come prezioso e irrinunciabile veicolo di liberazione civile e umana, si sono manifestate  potenti  e  prorompenti , cariche di forza rivoluzionaria. Come ci ha ricordato Alfonso, Peppino aveva messo in conto di morire per mano mafiosa, ma non per questo la sua lotta fu meno vitale, anzi, fu proprio quella consapevolezza   a dargli la forza di combattere la sua battaglia.  Grazie alle poesie in dialetto frusinate di autori come Giuseppe Alessio  Di Sora, Paolino  Colapietro e del professor  Ercole Marino  Martire,  il quale ci ha onorato della sua forza espressiva  nel leggere i componimenti,  abbiamo potuto inoltre apprezzare quanta forza di rinascita e di ribellione al nichilismo imperante ci sia nella saggezza popolare frusinate che ancora indefessa  cerca di emergere dal torpore generale.  A questa prorompente esibizione di bellezza non poteva mancare la musica. I Bifolk di Dino Dell’Unto,  attraverso le evoluzioni armoniche, melodiche e ritmiche delle cornamuse, degli organetti e dei tamburi, ci hanno accompagnato in un viaggio nella musica popolare italiana, dalle Sicilia al Salento, dalla Calabria del Pollino, in cui il  folk locale  si contamina  anche con espressioni di musica popolare albanese,  alla Calabria del Cosentino, dal sud della Campania fino alla valle dell’Aniene.  Non poteva mancare, ovviamente un ampio repertorio  dedicato alle ballarelle  ciociare, in particolar modo della contrada di Santa Francesca presso Veroli, terra d’origine dei Bifolk. Durante la festa sono state raccolte molte adesioni attraverso la campagna di tesseramento.  Il fatto che diverse persone abbiano deciso di entrare a far parte dell’Osservatorio   ci rende fiduciosi. Esiste una possibilità dunque. E’ possibile ricucire una tessuto con il filo  di solidarietà e condivisione. Le uniche armi, queste, insieme alla bellezza, per tornare a sperare in un futuro di legalità e giustizia.
Grazie a tutti.


Di seguito i video della festa.

Lettera aperta a Guido Viale

 Fonte: Resistenza, organo del partito dei Carc

I lavoratori e le masse popolari hanno bisogno che chi come te ha ascolto e influenza osi fare un passo avanti!
Caro Guido Viale,
da tempo seguiamo con attenzione e interesse i tuoi interventi (su il manifesto e altri canali di informazione e controinformazione che pubblicano normalmente i tuoi scritti) e l’attività che hai svolto (almeno fino a poco prima delle elezioni politiche del febbraio scorso) nell’ALBA.
I tuoi scritti sono sempre ricchi di proposte e progetti per rimettere in piedi l’economia reale, fanno vedere bene che è possibile rimetterla in piedi tutelando (e anzi allargando) l’occupazione, i diritti dei lavoratori e la loro sicurezza, difendendo il territorio e l’ambiente, rispondendo alle esigenze della collettività, valorizzando competenze e professionalità. Progetti e proposte che spaziano a 360 gradi: dalla mobilità sostenibile alle energie rinnovabili, dalla riconversione delle fabbriche dismesse o in via di dismissione ai servizi pubblici, dalla FIAT a Fincantieri, dalla spending review alla ri-territorializzazione dei processi economici, dalla finanziarizzazione ai modelli di consumo, dal sistema pensionistico all’autogestione delle aziende, dal recupero del patrimonio immobiliare al sistema degli incentivi pubblici.
Ogni volta indichi nella cittadinanza attiva, nei comitati, movimenti, associazioni, forum e reti, nei lavoratori, nelle amministrazioni locali i soggetti su cui si fonda la “fattibilità” di questi progetti e in generale di ogni programma per rimettere il nostro paese su una via di progresso.
Però ogni volta a questo punto ti fermi… e tutto resta come sospeso a mezz’aria. Facciamo un esempio. Di recente (il manifesto del 9.01.14) hai opposto alla spending review di Cottarelli, il neocommissario del governo Letta succeduto a Bondi (che nel frattempo è diventato amministratore delegato dell’Ilva e contemporaneamente commissario del governo all’Ilva!) una “spending review utile e popolare”. “(…)Se si vuole fare - e bisogna farla- una vera spending review che non si traduce in un ennesimo strangolamento dei servizi pubblici, non c’è altro modo di procedere che partire dal basso: in ogni ufficio, in ogni servizio, in ogni istituzione, in ogni reparto bisogna chiamare a raccolta i lavoratori (quelli che ci stanno: all’inizio forse pochi, ma destinati a crescere man mano che il processo va avanti) e fare in modo che si interroghino reciprocamente per individuare, da un lato, le operazioni inutili, gli sprechi e il malaffare che tutti conoscono, il personale superfluo; dall’altro, le carenze di organico, di professionalità, di formazione, di risorse, di strumenti, di prospettive di progressione di carriera. Poi questo confronto va esteso includendovi anche una consistente rappresentanza dell’utenza: che si tratti di sanità, di igiene urbana, di trasporto pubblico, di istruzione o di semplici pratiche amministrative (quelle che impegnano imprese e singoli con intere giornate di coda, con montagne di pratiche e di spese inutili, con caterve di personale addetto solo a tenervi dietro). Allora sì che i risultati comincerebbero a saltar fuori. (…) Già bravo, diranno in molti. Ma se pensi che i mandarini non collaboreranno con il commissario e, anzi, imbroglieranno le carte, perché mai non dovrebbero fare altrettanto anche i dipendenti pubblici in posizioni non apicali? Innanzitutto perché per loro non si tratterebbe di collaborare con un commissario che ha il solo obiettivo di tagliare loro l’erba sotto i piedi, ma di collaborare tra loro e con l’utenza per rendere il loro servizio più efficiente, ma anche il loro lavoro più soddisfacente e i loro rapporti reciproci e con il pubblico più trasparenti e meno competitivi (…)”. Non fa una grinza. Ma chi può dare il via a questa spending review dal basso? Tu stesso dici che non sono i commissari governativi alla Cottarelli e neanche i mandarini della Pubblica Amministrazione, che hanno ben altri obiettivi e interessi. Però, dirai tu, un qualunque dipendente pubblico che legge il tuo articolo e dice “caspita, ha ragione Viale, bisogna fare proprio cosìi” potrebbe mettersi insieme ad altri per iniziare… Certo, e qui sta l’utilità di quello che tu scrivi, però è chiaro che quella pattuglia di dipendenti pubblici coraggiosi si troverà davanti una marea di ostacoli, pressioni, minacce provenienti dall’alto, avrà da fare i conti con il lecchino del capo (qualcuno ce n’è sempre) e con chi si arrangia mettendo le mani sulle briciole dei mandarini, dovrà far fronte ai colleghi che gli fanno obiezioni di vario genere e tipo: “sarebbe bello, ma cosa possiamo fare noi piccolo Davide contro un grande Golia?”, “ma chi ve lo fa fare, si rischia il posto e con i tempi che corrono…”, “siete degli illusi, qui siamo in Italia ed è tutto un magna magna”, “ma se neanche i sindacati si muovono”, “ci sono tante altre cose che non vanno, anche più gravi”, “se lo facciamo solo noi è una goccia nell’immenso mare”, “sì, noi possiamo anche iniziare, ma poi?”… tutte obiezioni che hanno un fondamento reale. Insomma, quella pattuglia dovrebbe iniziare una lunga marcia in mari tempestosi, con i collegamenti tutti da costruire e senza neanche un’idea chiara della meta. Intendiamoci, è quello che fanno tanti operai e lavoratori, di partire e avanzare come tante pattuglie isolate l’una dall’altra, e in alcuni casi quelle pattuglie sono diventate negli anni un movimento forte e autorevole come in Val di Susa, non è che tutti partono da zero a organizzarsi, i social network offrono molte possibilità per unirsi e coordinarsi con altri... Ma la crisi si aggrava, le pretese dei Marchionne, dei Cottarelli e dei mercati finanziari crescono, “le politiche di risanamento”- come dici anche tu - “ hanno ridotto, oggi la Grecia e domani l’Italia, a una condizione peggiore di quella di un paese devastato dalla guerra”, i venti di guerra soffiano, la disperazione cresce e le Albe Dorate soffiano sul fuoco della guerra tra poveri…
Quella pattuglia sarebbe in una situazione ben diversa se tu insieme ad altri come te che hanno ascolto, seguito, influenza (e non occorre partire in tanti: l’importante è mettere in moto il processo) oltre a lanciare l’appello per una lista di sostegno a Tsipras alle elezioni europee, chiamaste i dipendenti pubblici e gli utenti a organizzarsi per fare la spending review dal basso partendo dai mandarini e non da chi si intasca le loro briciole; se Accorinti che è sindaco mobilitasse i dipendenti del comune di Messina e i comitati No Ponte a farla nonostante e contro regole buone solo a legare le mani e i risultati venissero resi pubblici; se chiamaste i sindaci arancioni (o giù di lì), quelli della Val di Susa, quelli virtuosi, ecc. a fare lo stesso e a usare i soldi bloccati dal Patto di Stabilità a favore dei cittadini e della collettività; se ci fosse un legal team che difende gratuitamente quei dipendenti pubblici che vengono denunciati per aver osato sfidare mandarini e commissari governativi; se Perino, che è stato condannato a pagare migliaia di euro, non pagasse e chiamasse pubblicamente a non pagare tutti quelli che sono stati condannati a multe, sanzioni pecuniarie e spese processuali per la loro attività sociale, sindacale, politica...
Un comitato promotore della crociata dei dipendenti pubblici e degli utenti di buona volontà? No, un comitato, un centro autorevole (noi lo chiamiamo Comitato di Salvezza Nazionale, altri hanno parlato di nuovo Comitato di Liberazione Nazionale, ma il nome conta quel che conta) che promuove la formazione di organismi popolari a ogni livello e in ogni zona e sostiene l’azione di quelli che già esistono (pensa agli occupanti di case, agli operai che autogestiscono l’azienda, ai comitati ambientalisti, ai collettivi studenteschi, ai comitati di immigrati…) praticamente e politicamente, che chiama a disobbedire alle misure di questo governo illegale oltre che illegittimo e alle leggi che violano lo spirito e la lettera della Costituzione, che indica l’obiettivo di formare un governo di emergenza delle organizzazioni popolari. Sarebbe una lunga marcia, sì, però non attraverso le istituzioni che, dove porta, lo abbiamo già visto, ma in rottura con le istituzioni dei poteri forti italiani e della loro comunità internazionale che ci stanno portando al disastro.
Tanti se? Forse. Ma non pensi che solo così la spending review dal basso non resta un bel sogno nel cassetto? Non pensi che una cosa del genere darebbe un senso anche all’appello per una lista pro Tsipras, perché sarebbe la garanzia, l’unica garanzia, che non finirebbe come con Rivoluzione Civile?

Anche solo perché qualche migliaia di persone scendano in piazza a manifestare occorre un centro autorevole, perché per fare una spending review dal basso, per fermare la distruzione dell’apparato produttivo, la catastrofe ambientale e la disgregazione sociale, insomma per rimettere in piedi questo nostro paese dovrebbe essere diverso?

Tutela della lingua madre

http://www.oltreloccidente.org/

21 febbraio Giornata Internazionale della Lingua Madre istituita dall’UNESCO nel 1999 su proposta del Bangladesh, per ricordare la sollevazione avvenuta nel 1952, nell’allora Pakistan orientale, in difesa del bengalese, madre lingua di quella parte del paese, contro l’imposizione della lingua urdu.
Il 21 febbraio ad Arce, in provincia di Frosinone, si tiene un incontro dal titolo Tutela della lingua madrepresso la sala conferenze del museo Gente di Ciociaria, dalle ore 16.

Messaggio del Direttore Generale dell’ UNESCO, Irina Bokova, in occasione della Giornata Internazionale della Lingua Madre, UNESCO, 21 febbraio 2012
Nelson Mandela ha detto “parlare a qualcuno in una lingua che comprende consente di raggiungere il suo cervello. Parlargli nella sua lingua madre significa raggiungere il suo cuore”. La lingua dei nostri pensieri e delle nostre emozioni è il nostro bene più prezioso. Il multilinguismo è nostro alleato per garantire un’istruzione di qualità per tutti, promuovere l’integrazione e combattere la discriminazione. La costruzione di un dialogo autentico presuppone  rispetto per le lingue. Ogni aspirazione ad una vita migliore, ogni aspirazione allo sviluppo si esprime in una lingua,  con parole precise per farla vivere e trasmetterla. Le lingue sono ciò che noi siamo, proteggerle significa proteggere noi stessi.
Sono 12 anni che l’UNESCO celebra la Giornata Internazionale della Lingua Madre e si adopera in favore della diversità linguistica. Questa 13a edizione è dedicata al multilinguismo per l’istruzione inclusiva. Gli studi dei ricercatori e l’impatto delle politiche a sostegno del multilinguismo  hanno dimostrato quello che le popolazioni intuitivamente già percepivano: la diversità linguistica accelera il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, in particolare gli obiettivi dell’Istruzione Per Tutti. L’uso della lingua madre nelle scuole rappresenta un potente strumento contro l’analfabetismo. La sfida, tuttavia, è assicurare che questa verità si traduca nei fatti. Le popolazioni autoctone sono spesso quelle la cui madrelingua viene ignorata dal sistema educativo.  Far sì che esse apprendano, sin  dalla più tenera età, nella loro lingua madre e in seguito in altre lingue (quella nazionale, quella ufficiale o un’altra),  vuol dire promuove l’uguaglianza e l’integrazione sociale.
L’UNESCO Mobile Learning Week ha dimostrato che l’uso delle nuove tecnologie  nell’educazione costituisce  una potenzialità per l’istruzione inclusiva. In combinazione con il multilinguismo, queste tecnologie moltiplicano la nostre capacità d’azione. Approfittiamone al massimo. La nostra generazione trae vantaggio dai nuovi mezzi di comunicazione e dal nuovo spazio comune mondiale reso disponibile da Internet: non può dunque accettare un impoverimento delle lingue.
La diversità linguistica è il nostro patrimonio comune, ed è fragile. Delle oltre 6.000 lingue parlate in tutto il mondo, quasi la metà rischia di scomparire entro la fine del secolo. L’Atlante UNESCO delle lingue in pericolo nel mondo fornisce una mappa per comprendere questa lotta. La scomparsa di una lingua  costituisce un impoverimento per l’intera umanità, un passo indietro nella difesa del diritto di ciascuno ad essere ascoltato, ad apprendere e a comunicare. Ogni lingua è portatrice di un patrimonio culturale che accresce la nostra diversità creativa. Questa diversità culturale è tanto importante quanto la  biodiversità lo è in natura, ed esse sono strettamente collegate. Le lingue di alcune popolazioni indigene sono portatrici di conoscenze uniche  sulla biodiversità e sulla gestione degli ecosistemi. Questo potenziale linguistico è un motore di sviluppo sostenibile che merita di essere condiviso; l’UNESCO porterà  questo messaggio anche alla Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile di Rio de Janeiro.
La vitalità delle lingue è affidata a  tutti coloro che le parlano e che si adoperano per proteggerle. L’UNESCO rende loro omaggio e veglia affinché le loro voci siano ascoltate nella formulazione delle politiche educative di sviluppo e di coesione sociale. Il multilinguismo è una risorsa viva – utilizziamola a vantaggio di tutti.

domenica 16 febbraio 2014

Solidarietà della associazioni con i lavoratori della Multiservizi

Francesco Notarcola - Consulta delle associazioni

Le associazioni del Capoluogo  esprimono pieno sostegno ai lavoratori  della Multeservizi denunciati a seguito dell’occupazione del tetto del Comune  e  propongono di organizzare insieme ai lavoratori per sabato 22 o domenica 23 una giornata di mobilitazione  e di solidarietà  con la loro lotta.
Salire sul tetto del comune, in uno stato di necessità, per difendere il proprio posto di lavoro e la sopravvivenza  delle proprie famiglie, secondo la Costituzione repubblicana, non è  reato, quando non si producono violenza e danneggiamenti a cose o persone.
Chiediamo alla Procura di Frosinone ed alla Corte dei conti di indagare sulla  legittimità e sulla legalità degli atti che hanno permesso di distribuire a destra e a manca posti molto ben remunerati  nei vari consigli di amministrazione succedutesi alla guida della Multiservizi per  soddisfare il proprio bacino elettorale.
Di chi è la responsabilità dell’accumulo di  8 milioni di  debiti in capo ad una società in cui i lavoratori erano tenuti a pane e acqua, mentre i manager percepivano parcelle fino a 80.000 euro? 
Nei giorni dell’occupazione del tetto abbiamo assistito alla  passerella dei vari politici locali, di destra, sinistra e centro, che in quei caldi giorni del luglio 2013 si susseguivano in processione  sul  tetto occupato a promettere impegni per la soluzione della vertenza.
Dobbiamo purtroppo constatare con amarezza che tutto ciò non si è verificato. Anzi, il tentativo dei lavoratori non solo non ha evitato il licenziamento, ma su di loro si è abbattuta ingiustamente l’accusa di avere violato la legge. Vittime e perseguitati, oggi questa è la situazione.

La Città sta già pagando un conto molto salato, dopo aver visto sperperare denaro pubblico in una società che era divenuta serbatoio, senza fondo. La Città paga anche caramente l’aver affidato a ditte private i servizi che venivano espletati dai lavoratori licenziati.