venerdì 30 luglio 2010

La bomba ad orologeria di Veltroni – da Luciano Granieri

Veltroni colpisce ancora. La furia distruttrice  del Walter , quello famoso, come dice la mia amica e redattrice di AUT Fausta, è arrivata a travolgere anche il Pdl. Che c’entra Veltroni con la cacciata di Fini e i suoi sodali dal partito del Presidente? C’entra  eccome. Se non ricordo male nel 2007, a governo Prodi agonizzante,  la smania del correre da soli, con la riesumazione dell’allora mezza salma Berlusconi , impantanato nel rigurgito di AN , dell’Udc di Casini e dell’insoddisfazione della Lega, determinò l’elimninazione dell’ala estrema nella coalizione di centro sinistra per costruire un partito nuovo, dialogante con tutti anche con i gaglioffi che gli si contrapponevano. Lo scopo  era di arrivare con tali fini statisti  all’accordo per la redazione di una nuova legge elettorale diversa dalla “porcata” in vigore , e quindi  andare tutti  allegramente   a votare. Il risultato è noto, grazie alla spallata di Mastella niente legge elettorale, batosta nelle elezioni anticipate e nelle seguenti tornate amministrative, partiti della sinistra alternativa (o presunta tale) fuori dal Parlamento. La decisione di Veltroni di costruire un nuovo partito, quel PD che ha già cambiato due segretari, liberandosi dagli orpelli dell’ultra sinistra, ha indotto Berlusconi a fare altrettanto nel suo schieramento. MAI IMITARE  CHI PER SUA VOCAZIONE HA LA TENDENZA A DISFARE PIUTTOSTO CHE A FARE!!!.  Il precorso del “predellino” , pur con gli stessi obbiettivi,  è stato diverso rispetto alle dinamiche che hanno determinato la costituzione del PD. Berlusconi, in virtù della gestione padronale della coalizione, ha intimato a Fini e Casini di sciogliere i propri movimenti e di confluire nel partito unico, modello PD, di cui sarebbero stati i cofondatori ma di fatto ancora di più sottomessi al padrone. Con la Lega (L’Idv della coalizione opposta)  le cose sono andate diversamente . La richiesta non è stata neanche formalizzata, non era necessaria perché la fedeltà dei beoti nordici era assicurata dalla promessa di approvare quel federalismo che da 16 anni i Padani, pur sedendo nei banchi della maggioranza, non sono mai riusciti ad ottenere.  Dopo il “no grazie “ di Casini, la poco spontanea adesione di Fini, che scioglieva AN per confluire, nasceva il Pdl. Ma nasceva già malato perché inglobava un contrasto profondo che prima era esterno alla sua organizzazione, quello con Fini. Il quale riteneva vantaggioso per la sua affermazione l’ingresso nel Pdl allo scopo di  logorare da dentro il suo ex alleato. E così è puntualmente avvenuto. Purtroppo la vittoria elettorale di questo organismo malato, ottenuta grazie al nuovo assetto,  e il conseguente suo governo, hanno devastato ulteriormente l’Italia . Il dispotismo berlusconiano è dilagato depredando ancora di più la Costituzione, i diritti dei cittadini, espropriando  il Parlamento di ogni sua funzione, partorendo “leggiacce” come il Lodo Alfano, la riforma Gelmini,  e meno male che l’iter di approvazione della legge sulle intercettazioni si è allungato. Berlusconi ha acuito i contrasti con i vertici istituzionali , Presidente della Repubblica e Presidente della Camera, guarda caso proprio Gianfranco Fini. Gli scandali, le cricche, la P3, il furore padronale di Marchionne, non hanno fatto altro che esasperare la situazione e dare nuove motivazioni a Fini e i suoi per  attaccare l’ex capo riuscendo a determinare, più dell’opposizione,  la dismissione  di pezzi importanti del governo: Scajola, Brancher, Cosentino. Ed è arrivato il “redde rationem”. Fini fuori dal Pdl con l’intimazione di dimettersi da presidente della Camera. Intimazione  che non  sta ne in cielo, ne in terra. L’estromissione di un Presidente della Camera,  eletto dal Parlamento,  non è atto che risiede  nelle prerogative del Capo del Governo. Ma state certi che le bocche di fuoco mediatiche delle truppe berlusconidi sono già pronte a sparare tonnellate di fango sul dissidente. Il “Giornale” di oggi ad esempio avvisa Fini che chiunque si azzarda a massacrare attraverso il discredito o il semplice dissenso il Presidente del Consiglio è destinato a subire massacri ancora peggiori con conseguenze devastanti. Nel frattempo il Paese è allo sbando. Il Pd oltre che richiedere a Berlusconi di riferire in Parlamento non riesce a fare. Chissà se Bersani riuscirà ancora una volta nell’impresa di resuscitare la controparte in via di decomposizione come il suo predecessore Veltroni? Dovrà comunque prestare una maggiore attenzione perché come abbiamo dimostrato Walter, quello famoso, nell’attuare il primo intervento di rianimazione ha innescato una bomba a tempo nelle fondamenta del Pdl, ordigno che oggi è scoppiato.

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