Non si arresta l’ondata xenofoba e razzista in Europa. E’ della fine del mese di agosto la notizia dell’espulsione di massa di rom voluta dal governo di Sarkozy. Un’espulsione chiamata “rientro volontario” verso Romania e Bulgaria perché accompagnata da un misero incentivo economico (300 euro per gli adulti e 100 per i bambini). Da allora circa mille rom sono stati espulsi, ma il processo è iniziato ben prima: 8.200 rumeni e bulgari sono stati espulsi dall’inizio dell’anno e 11.000 rom sono stati espulsi nel 2009. Sarkozy, capo di un governo coinvolto in affari di corruzione ed in deficit di popolarità, il 28 luglio in un discorso a Grenoble, in occasione della cerimonia di insediamento del prefetto, aveva parlato di “guerra” agli stranieri ribadendo l’equazione immigrazione-criminalità, aveva promesso lo smantellamento dei campi rom presenti nel territorio francese e la revoca della nazionalità francese per i “delinquenti”. In verità il 16 luglio si era verificata una rivolta proprio nella banlieue di Villeneuve a Grenoble, in risposta all’uccisione di un giovane straniero ventiquattrenne: una rivolta in più contro la repressione poliziesca, e ancora il 18 luglio alcuni componenti di una comunità rom avevano attaccato una caserma in risposta all’uccisione di un rom da parte di un poliziotto.
In nome della “sicurezza” dei francesi sono stati proposti inasprimenti delle leggi sull’immigrazione che prevedono l’espulsione per chi “minaccia l’ordine pubblico in occasione di ripetuti atti di furto o di “mendicità aggressiva”, per chi soggiorna senza essere occupato in un lavoro o nello studio, o senza avere risorse sufficienti all’autosostentamento, per chi “rappresenta un carico irragionevole per il sistema di assistenza sociale”. Si tratta di espulsioni anche per i cittadini comunitari.
Ma dov’è la libera circolazione delle persone sbandierata dall’Unione europea?
Quel che sta accadendo in Francia, l’espulsione di massa di cittadini comunitari, ha avuto il plauso di altri governi europei. Se anche Zapatero ha giustificato l’operato di Sarkozy, soprattutto Maroni ha colto la palla al balzo per rivendicare una certa “primogenitura” dell’Italia nelle politiche anti-rom, dovendo però riconoscere che prima di lui era stato il sindaco Veltroni, durante il governo Prodi, ad iniziare con lo smantellamento dei campi rom, con l’espulsione di rom e rumeni. Come non ricordare poi la schedatura dei rom attraverso le impronte digitali, e il “piano nomadi” di Alemanno che sta portando allo smantellamento dei campi rom a Roma, sradicando le famiglie dai loro quartieri senza nuove sistemazioni dignitose. Maroni ha dichiarato che le espulsioni devono essere messe in atto anche nei confronti dei cittadini comunitari e che in questo senso si muoverà il governo.
Di fronte all’inasprirsi di pratiche e misure legislative contro immigrati e rom risalta tutta l’ipocrisia dell’Unione Europea: uno spazio in cui, se è prevista la libera circolazione dei capitali e delle merci a tutto vantaggio del capitalismo europeo, la libertà di circolazione delle persone è ridotta a variabile dipendente a seconda delle esigenze della borghesia europea e dei suoi governi. Le frontiere possono essere aperte o chiuse secondo una linea di classe che discrimina cittadini di serie A e si serie B, secondo criteri dettati dal mercato della forza lavoro e secondo obiettivi economici dei diversi capitalismi europei. Gli accordi di Schengen mostrano il vero volto di un’Europa “fortezza” pronta a proteggersi militarmente dall’esterno contro l’immigrazione clandestina (agenzia Frontex) e con la facoltà di controllare le frontiere interne a seconda dei rapporti di forza tra Paesi europei.
La stessa direttiva n. 58 del 2004 “relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri” fa emergere un quadro inquietante. Nel ribadire che “la cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto primario individuale di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”, man mano mette in luce condizioni sempre più ostative per un cittadino europeo: non può soggiornare per più di tre mesi a meno che non abbia un lavoro autonomo o dipendente, o disponga di risorse economiche sufficienti affinché non diventi un onere a carico dell’assistenza sociale o di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro; chi resta per più di tre mesi viene schedato perché lo Stato possa controllare la sua situazione lavorativa, abitativa, sociale, e quella della sua famiglia.
A queste norme si è appellato Sarkozy, e queste norme ha violato espellendo in massa i rom dalla Francia.
Di fronte all’inasprirsi di pratiche e misure legislative contro immigrati e rom risalta tutta l’ipocrisia dell’Unione Europea: uno spazio in cui, se è prevista la libera circolazione dei capitali e delle merci a tutto vantaggio del capitalismo europeo, la libertà di circolazione delle persone è ridotta a variabile dipendente a seconda delle esigenze della borghesia europea e dei suoi governi. Le frontiere possono essere aperte o chiuse secondo una linea di classe che discrimina cittadini di serie A e si serie B, secondo criteri dettati dal mercato della forza lavoro e secondo obiettivi economici dei diversi capitalismi europei. Gli accordi di Schengen mostrano il vero volto di un’Europa “fortezza” pronta a proteggersi militarmente dall’esterno contro l’immigrazione clandestina (agenzia Frontex) e con la facoltà di controllare le frontiere interne a seconda dei rapporti di forza tra Paesi europei.
La stessa direttiva n. 58 del 2004 “relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri” fa emergere un quadro inquietante. Nel ribadire che “la cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto primario individuale di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”, man mano mette in luce condizioni sempre più ostative per un cittadino europeo: non può soggiornare per più di tre mesi a meno che non abbia un lavoro autonomo o dipendente, o disponga di risorse economiche sufficienti affinché non diventi un onere a carico dell’assistenza sociale o di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro; chi resta per più di tre mesi viene schedato perché lo Stato possa controllare la sua situazione lavorativa, abitativa, sociale, e quella della sua famiglia.
A queste norme si è appellato Sarkozy, e queste norme ha violato espellendo in massa i rom dalla Francia.
Occorre una risposta di massa e di classe
Perché l’attacco razzista si è particolarmente rivolto ai Rom che sono cittadini europei?
I Rom sono una minoranza in Europa (circa 12 milioni), in parte nomade, senza diritti. Si tratta di un popolo da sempre discriminato (ricordiamo l’Olocausto di circa 200-500 mila rom), perfino nei loro Paesi di “origine”, infatti il loro rimpatrio in Romania e Bulgaria creerà probabilmente ulteriori problemi sociali. La loro persecuzione in Francia ed in Italia principalmente, ma anche in altri Paesi rappresenta, in questa fase, una delle armi che i governi stanno usando per far fronte alla crisi economica. Rappresentano il capro espiatorio su cui convogliare il disagio sociale prodotto dalla crisi. Una crisi che, continuano a dirci essere alla fine, ma che mostra sempre più la barbarie di questo sistema ormai in decomposizione. Di fronte all’aumento della disoccupazione, alla perdita di ogni diritto sociale e sindacale, alla distruzione delle protezioni sociali, ciò di cui hanno timore il capitalismo europeo e i suoi governi è un’esplosione sociale, di cui peraltro vediamo avvisaglie in paesi come Francia, in Grecia, in Spagna e potenzialità in tutta Europa. Cosa c’è di meglio allora che approfondire la divisione nelle classi sfruttate, tentare di “governare” quell’esercito di mano d’opera di riserva che Marx già centocinquanta anni fa aveva previsto, attraverso l’incitamento al razzismo e alla xenofobia tra lavoratori europei e immigrati, e tra gli stessi lavoratori europei.
Non ci sono scorciatoie: per la libera circolazione dei lavoratori, per l’abrogazione di tutte le leggi razziste, contro gli alti costi della crisi pagati da tutti i lavoratori europei ed immigrati occorre una sola lotta!
I Rom sono una minoranza in Europa (circa 12 milioni), in parte nomade, senza diritti. Si tratta di un popolo da sempre discriminato (ricordiamo l’Olocausto di circa 200-500 mila rom), perfino nei loro Paesi di “origine”, infatti il loro rimpatrio in Romania e Bulgaria creerà probabilmente ulteriori problemi sociali. La loro persecuzione in Francia ed in Italia principalmente, ma anche in altri Paesi rappresenta, in questa fase, una delle armi che i governi stanno usando per far fronte alla crisi economica. Rappresentano il capro espiatorio su cui convogliare il disagio sociale prodotto dalla crisi. Una crisi che, continuano a dirci essere alla fine, ma che mostra sempre più la barbarie di questo sistema ormai in decomposizione. Di fronte all’aumento della disoccupazione, alla perdita di ogni diritto sociale e sindacale, alla distruzione delle protezioni sociali, ciò di cui hanno timore il capitalismo europeo e i suoi governi è un’esplosione sociale, di cui peraltro vediamo avvisaglie in paesi come Francia, in Grecia, in Spagna e potenzialità in tutta Europa. Cosa c’è di meglio allora che approfondire la divisione nelle classi sfruttate, tentare di “governare” quell’esercito di mano d’opera di riserva che Marx già centocinquanta anni fa aveva previsto, attraverso l’incitamento al razzismo e alla xenofobia tra lavoratori europei e immigrati, e tra gli stessi lavoratori europei.
Non ci sono scorciatoie: per la libera circolazione dei lavoratori, per l’abrogazione di tutte le leggi razziste, contro gli alti costi della crisi pagati da tutti i lavoratori europei ed immigrati occorre una sola lotta!
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