giovedì 16 settembre 2010

TURBOGAS TRA COLLEFERRO E ARTENA

dalla Rete per la tutela della Valle del Sacco



Mancanza di informazioni:

La mancata tempestività e trasparenza dell’amministrazione nell’informare i cittadini sul progetto della turbogas, ha impedito quel processo di partecipazione democratica del quale tanto si parla e che mai si applica. Un diritto leso ai cittadini. Le prime notizie sulla stampa non hanno lasciato tempo né per percorsi democratici condivisi, né per possibili osservazioni al progetto, impedendo così anche l’accesso alla giustizia in materia ambientale. Una palese violazione alla convenzione di Aarhus (riconosciuta dall’Italia già dal marzo 2001). In questa vicenda emerge la portata del messaggio culturale “dell’inevitabilità del danno” ambientale, sanitario ed economico. Per resistere a quest’insana e sempre più diffusa cultura, esponiamo alcune delle considerazioni che la lettura dei documenti progettuali inducono a fare e che avremmo avanzato, se ce ne fosse stata data l’opportunità.

Energia:

La realizzazione della centrale turbogas di Colleferro non risulta inserita né sul Piano Energetico Regionale, né su quello Provinciale, strumenti di pianificazione istituzionale in materia energetica. La richiesta, dunque, sembra attribuibile alla sola società proponente e senza precise linee guida con cui tutelare ambiente e salute dei cittadini, il rischio di trasformare Colleferro in terreno di conquista è alto. Questo impianto, infatti, è il terzo proposto per Colleferro, le altre due turbogas a ciclo combinato sono state proposte rispettivamente da Edison - Fiat Energia per una potenza di 846MW e da Italgen – Italcementi per una potenza di 800MW. Dalle nostre informazioni ferme al 2008, il primo ha il procedimento sospeso, il secondo ha ottenuto parere favorevole alla VIA (Valutazione Impatto Ambientale) ma non ancora autorizzata. Allora, come ora, l’esclusione dei cittadini dalle scelte ambientali, si conferma una consuetudine. Vale la pena ricordare, che questi progetti erano proposti all’indomani del 2005, anno in cui si dichiarava l’emergenza ambientale per tutta la “Valle dei Veleni” individuando in Colleferro l’epicentro del disastro. Alla faccia della sostenibilità! Sarebbe interessante visionare sia i documenti di quei progetti, che speriamo definitivamente tramontati, sia i pareri rilasciati all’epoca dal Comune con le relative espressioni di voto dei singoli consiglieri.

Imprecisioni

La motivazione del progetto, è messa in stretta relazione al fabbisogno energetico/termico degli insediamenti operanti nel comprensorio ex Snia BPD. La società proponente nel redigerne l’elenco, non distingue, però, quelli in attività da quelli dismessi ormai da anni, come la Caffaro, quasi ci fosse necessità d’ispirarsi al principio, meglio abbondare che scarseggiare. Menzionare tra i bisognosi di energia, società in stretta relazione con i termocancrovalorizzatori che dovrebbero produrla, ha del paradossale, smascherando in maniera irriconoscente un assioma che a Colleferro impera da un decennio, la valorizzazione dei rifiuti attraverso la produzione di energia. Un clamoroso autogol. Spetta solo stabilire in quale porta, se in quella della turbogas, per eccesso di enfasi nel magnificare i vantaggi della sua realizzazione, o in quella dell’amministrazione che quell’assioma lo ha sempre esposto come il fiore all’occhiello.  In ogni modo si metta, il punto è da assegnare ai difensori dell’ambiente. Nello studio comunque rimane l’oggettiva assenza dei dati del fabbisogno elettrico e termico. Sul versante termico, si legge solo che la turbogas avrà una potenza complessiva dello stesso ordine di grandezza dell’attuale, 82 MW termici contro gli attuali 66MW quantificando la differenza in circa il 20%. Per noi la differenza, se la matematica non è un’opinione, è più prossima al 25% (66 x 25% = 82,5). Questo è un dettaglio rispetto al versante elettrico, sul quale la società eclissa dal fornire percentuali e allora le facciamo noi. La turbogas produrrà circa 40 MW elettrici contro gli attuali 3,5 MW, un incremento di oltre il 1150%, certamente non un dettaglio ed anzi, come vedremo più avanti, è questo dato il cuore dell’intero progetto.

Confronto mancato:

Gli impianti di cogenerazione a ciclo combinato, sono presentati come valida scelta rispetto alle vecchie centrali alimentate ad olio o a carbone, potendo vantare in questo confronto, un favorevole saldo energetico ed ambientale. Nel caso di specie, evidenziamo che a Colleferro, non sussiste la necessità di dismettere alcun impianto con simili caratteristiche. L’affermazione, inoltre, evidenzia due aspetti: il primo è un’ovvietà, le migliori tecnologie disponibili sono più efficienti che quelle obsolete del passato, l’altro è connesso alla possibilità di un confronto oggettivo tra tecnologie diverse. Su questo punto rileviamo che sui tetti degli insediamenti presenti nel comprensorio in questione, salvo errori, non è installato alcun pannello solare, né tanto meno, a terra, sono presenti impianti geotermici. Queste tecnologie rinnovabili, che rappresentano concrete alternative che in questa vicenda non sono state considerate, oltre ad aprire inquietanti interrogativi hanno impedito l’oggettivo confronto tra cogenerazione e fonti rinnovabili. La priorità da perseguire, a nostro avviso, è produrre energia attraverso fonti rinnovabili da realizzarsi su superfici già esistenti per non consumare altro territorio e congiuntamente adottare strategie di efficientamento dei consumi energetici a partire dagli immobili. Un ordine di priorità coerente all’attuale normativa europea ed a quella derivata dei Paesi membri. Le fonti di energia non rinnovabili, sono da considerarsi una seconda scelta ed il metano non è fonte rinnovabile. Con questa scelta Colleferro si conferma sempre più “capitale dell’inferno”, dopo i termocancrovalorizzatori e l’impianto a biomassa, ora, anche la turbogas.

Ambiente e Salute:

Sul versante sanitario Colleferro non ha bisogno di presentazioni, le criticità ambientali per anni taciute, sono emerse in tutta la loro drammaticità nell’indagine epidemiologica svolta a seguito dell’emergenza ambientale del 2005. Tra amianto, betaesaclorocicloesano, PM10, diossina, mortalità e morbosità tumorali fuori media regionale, eccesso di ricoveri in età infantile ed il pessimo stato dell’acqua e dell’aria, ci domandiamo come s’inquadri il progetto turbogas e quale etica possa aver accompagnato la sua proposta e peggio ancora la sua autorizzazione. Lo studio d’impatto ambientale riporta come unico inquinante emesso l’ossido di azoto (Nox), come agente clima-alterante l’anidride carbonica (CO2), mentre è considerato ininfluente il contributo sulla concentrazione di particolato (PM 10). Per queste tecnologie, invece, riscontriamo pareri non univoci nella comunità scientifica. La turbogas di Mantova è l’esempio italiano per eccellenza, nonostante gli impegni progettuali la centrale Enipower, ha incontrato problemi a contenere nei limiti di legge gli inquinanti emessi, difficoltà riconducibili al sistema di abbattimento polveri che utilizza ammoniaca, la stessa proposta per Colleferro, anziché a secco considerata troppo costosa. Anche dai dati dello studio del dott. Armaroli, (ricercatore del CNR di Bologna) e del dott. Po (medico dell’unità operativa rischio ambientale di Bologna), queste tecnologie risulterebbero meno “pulite” di quanto ritenuto sinora. Conferme sulla dannosità per la salute arrivano anche da uno studio congiunto delle Università di Trento e Padova sulla turbogas di Montecchio Maggiore (Vicenza) dal quale si evincono rilevanti emissioni di ossidi di azoto, ossidi di carbonio e polveri. Alla luce di quanto detto, l’analisi sulle emissioni presentate per la turbogas di Colleferro risultano superficiali, fumose e bisognose di seri approfondimenti. Per quanto riguarda gli agenti clima-alteranti (CO2), lo studio promette di rispettare, almeno teoricamente non avendo ancora scelto la tecnologia, i limiti imposti dalla Legge, che moltiplicati per le ore di funzionamento dell’impianto (h 24) saranno pari a 340.000 mg/Nm cubo annui. Il dato, ammesso che sia rispettato, rientra nei limiti previsti dalla normativa, ma in assenza di un parametro di riferimento con il quale confrontarlo, non è possibile conoscere se contribuisce o no al miglioramento rispetto a quelle attuali. L’unica certezza ci è fornita dallo studio effettuato dalla società proponente l’impianto, quando afferma che la qualità ambientale (definita pessima) non subirà sostanzialmente alcuna variazione. Senza rievocare gli studi sulle turbogas di Mantova e Montecchio Maggiore, se gli effetti sono questi, viene da interrogarsi sull’effettiva utilità del progetto.

Sostenibilità o investimento?

Sono 42 i milioni di euro che le banche sono disposte ad investire, chiunque conosca la loro proverbiale prudenza, è legittimato a chiedersi da chi o cosa questo importo possa essere garantito. La risposta è a pagina 2 dello studio presentato dalla proponente, dove si afferma che l’energia elettrica prodotta in eccesso sarà esportata sul libero mercato nazionale. In un rigo si concentra il cuore dell’intero progetto. In altre parole, l’eccedenza sarà venduta sul mercato elettrico attraverso il meccanismo dei certificati verdi, ma ad ulteriore garanzia c’è un’anomalia tutta italiana. I certificati verdi non veduti saranno ritirati dallo Stato ad un prezzo addirittura maggiore rispetto a quello di mercato. Assurdo eppure è così, senza entrare in complessi tecnicismi, la garanzia alle banche e l’utile certo per la turbogas è assicurato dai nostri soldi, tutti, infatti, paghiamo una maggiorazione di oltre il 7% nella bolletta elettrica (componente A3), che costituiscono i vecchi CIP 6 oggi certificati verdi (CV), soldi che dovrebbero incentivare l’energia prodotta da fonti rinnovabili e che invece, in modo truffaldino, sono impiegati in modo anomalo come nel caso di Colleferro. Risorse pagate dai cittadini e sottratte alle fonti rinnovabili per andare nelle tasche dei soliti furbetti. Le banche investono perché garantite da un rientro certo e veloce del prestito, le società propongono per la certezza dei loro utili, (interessante sarebbe prendere visione del piano finanziario) ed a noi cittadini, come già accaduto in passato, non rimarrà che pagare anche il danno ambientale e sanitario che ci sarà lasciato.


Si salvi chi può:

Il sito individuato per la turbogas è a ridosso ad un recente insediamento abitativo nel quale risiedono principalmente giovani coppie con bambini in tenera età. Per questi neo residenti che non vedono garantita la tutela della loro salute, si prefigura anche un rilevante danno patrimoniale. Molti sono impegnati con mutui onerosi e di lunga durata e l’impianto, che occuperà oltre 4 ettari con un camino alto 40 metri, temiamo li condurrà in un vicolo cieco, senza via di fuga. Chi cercherà di portare in salvo almeno i propri figli vendendo la casa, farà i conti con la difficoltà nel trovare acquirenti e con un valore dell’immobile drasticamente abbattuto. Situazione ulteriormente aggravata dall’esistenza del debito contratto. Inoltre, quel confine amministrativo così prossimo con Artena, se funzionale alla turbogas per evitare la ricaduta delle emissioni sulla martoriata popolazione colleferrina, lascia presagire un futuro nefasto per quella artenese. Ancora una volta Colleferro si conferma esportatore di nocività, dopo il betaesaclorocicloesano con il quale ha inquinato acqua e terreni di interi paesi della provincia di Frosinone, ora allarga i suoi insani commerci puntando su Artena.           

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