giovedì 14 ottobre 2010

Il 16 ottobre a Roma, tutti in Piazza per ottenere tutto

di Davide Margiotta  operaio metalmeccanico, resp. nazionale lavoro sindacale Pdac.


Non esiste un rapporto meccanico tra crisi economiche e ascesa della lotta di classe. Affermare il contrario significherebbe trasformare il marxismo in una dottrina dozzinale e impotente. Certamente, il peggioramento delle condizioni di vita in seguito ad una crisi è qualcosa che oggettivamente può spingere il proletariato alla lotta. Ma ci sono numerosi altri fattori che possono essere decisivi. Innanzitutto il ruolo giocato dalle direzioni del movimento operaio, le tradizioni di lotta dei lavoratori, il grado di influenza della borghesia e dei suoi agenti, i riformisti, nel movimento operaio ecc.: tutti fattori soggettivi, e anch'essi determinanti.
Resta il fatto che oggi, nonostante il freno di grandi e piccole burocrazie riformiste, i lavoratori in tutto il mondo stanno dimostrando chiaramente la propria disponibilità a combattere. E, aggiungiamo, chi afferma il contrario non può che essere male informato o in malafede.
Come non vedere le immense potenzialità mostrate dalla classe lavoratrice negli scioperi in Francia, in Spagna (per la prima volta contro il governo Zapatero), in Gran Bretagna, nell'assedio al parlamento in Grecia, nello sciopero a oltranza in Sudafrica, nell'ondata di proteste cinesi, nella lotta degli operai di Pomigliano e della Fincantieri in Italia, e l'elenco potrebbe estendersi praticamente ad ogni Paese? Tutte queste lotte hanno un elemento in comune: sono state osteggiate e rinviate fino a quando è stato possibile rinviarle dalle attuali direzioni riformiste del movimento operaio.
Bene, nonostante questo, in tutto il mondo e contemporaneamente (alla faccia di chi irrideva la teoria della rivoluzione permanente e dunque mondiale!) la classe operaia ha alzato la testa e ha provato a scendere in campo. Non vedere questo fatto, nascondersi dietro i se e i ma, significa nel migliore dei casi non comprendere nulla della lotta di classe, nel peggiore dei casi lavorare per conto del nemico.
 
Una situazione esplosiva anche in Italia
In tutto il mondo il capitalismo sta mettendo in campo le uniche ricette che conosce per curare i suoi mali (che in realtà è uno e si chiama caduta del saggio di profitto): fare la guerra alle classi sfruttate, tanto all'estero quanto in patria.
In Italia il centro di questa operazione è il tentativo messo in atto da governo (il comitato d'affari della borghesia), Confindustria (cioè l'organizzazione principale della borghesia) e i sindacati gialli Cisl e Uil di cancellare il Contratto collettivo nazionale di lavoro. Che significherebbe mettere l'operaio solo di fronte al suo padrone, con una capacità di contrattare vicina allo zero. Se questo piano devastante avesse successo, comporterebbe una sconfitta storica di enormi proporzioni, per risollevarsi dalla quale sarebbero necessarie battaglie ancora più dure dell'attuale.
L'accordo separato sul nuovo modello contrattuale (che prevede la possibilità di peggiorare a livello aziendale il contratto nazionale), il ricatto della Fiat a Pomigliano, con la newco slegata da Federmeccanica, la disdetta del contratto dei metalmeccanici, il recente accordo sulle deroghe: sono tutti passi che vanno nell'unica direzione di demolire il Contratto nazionale, aprendo al capitale nuove possibilità di profitto, aumentando lo sfruttamento dei lavoratori sia tramite l'abbattimento del salario, sia tramite il peggioramento delle condizioni e dei ritmi lavorativi.
Tutto questo mentre i disoccupati aumentano sempre più e i fondi per cassa integrazione e mobilità stanno per esaurirsi.
 
L'autunno: la montagna non deve partorire il topolino
Di fronte a una montagna di simili proporzioni, di fronte a una classe operaia che, come detto, tra mille difficoltà ha già dimostrato di essere potenzialmente disponibile alla lotta, le direzioni del movimento operaio partoriscono il topolino.
La Fiom, che nella situazione attuale potrebbe e dovrebbe per prima mobilitare i lavoratori, si limita alla convocazione di una manifestazione nazionale a Roma di sabato, con l'obiettivo di... non si sa bene cosa in realtà! Forse che vedendo milioni di lavoratori in piazza Marchionne si spaventerà e deciderà di fare retromarcia? Nessuno può crederlo seriamente. La manifestazione dovrebbe avere l'unico senso (almeno nella testa di qualche burocrate) di mostrare alla controparte i numeri della Fiom, al fine di aumentare il proprio potere contrattuale e tornare a sedere a quei tavoli insieme ai padroni e ai loro lacchè e da cui i lavoratori non otterrano mai nulla! Nonostante questo, nonostante cioè le intenzioni di Landini (già esplicitate nelle dichiarazioni di questi giorni), la manifestazione del 16 è un'occasione importantissima in cui i lavoratori possono dimostrare ancora una volta la propria forza e la propria voglia di essere protagonisti: nonostante e oltre le burocrazie subalterne al Pd.
Dal canto suo, nel suo piccolo, il neonato sindacato di base Usb arriva a convocare una manifestazione a Torino una settimana prima di quella della Fiom e della Cgil. Invece di essere in piazza a Roma al fianco degli operai con cui si dice di voler lottare (perché è a Roma il 16, come è noto, che saranno in maggioranza gli operai), la direzione di Usb sceglie l'autoisolamento nel nome della propria "autonomia" (viene da chiedersi: dalla burocrazia Fiom o dagli operai?). Giuste sono le critiche che si fanno alle burocrazie confederali: ma proprio l'esigenza di guadagnare gli operai in gran parte ancora egemonizzati da quelle organizzazioni richiederebbe la capacità di non autoisolarsi, di partecipare (con le proprie piattaforme) a momenti di mobilitazione generale come quello del 16.
Noi saremo comunque a entrambi gli appuntamenti: sia a quello del 16 a Roma, che consideriamo centrale, sia a quello del 9 a Torino, che raccoglierà tanti attivisti del sindacalismo di base. Compatibilmente con le nostre forze che sono (come quelle ormai di tutti i partiti a sinistra, anche se gli altri non lo ammettono) limitate, crediamo sia importante essere nelle piazze in cui ci sono i lavoratori che manifestano per i propri diritti. Indipendentemente da chi ha convocato la manifestazione, se questa mobilita la classe lavoratrice su basi potenzialmente conflittuali, noi saremo lì, rifiutando steccati di appartenenza a questa o quella sigla sindacale. Ma lo faremo con le nostre parole d'ordine e le nostre proposte.
 
Tutti in piazza!
Per queste ragioni, nonostante tutti i limiti della manifestazione di sabato 16, priva di una piattaforma adeguata - una piattaforma che dovrebbe unificare tutte le lotte attorno alla questione centrale della Fiat e di Pomigliano - di fronte al pesantissimo attacco dei padroni, diciamo: tutti in piazza! E' fondamentale che il proletariato sia nelle piazze in questo autunno cruciale e noi ci saremo perché è quella l'arena naturale in cui i rivoluzionari propagandano il proprio programma di classe.
I lavoratori sono stanchi degli scioperi rituali (che gli svuotano le tasche senza poter ottenere alcun risultato, se non quello di tenere in sella la burocrazia che ad ogni passo li svende), sono stanchi delle proteste senza possibilità di successo.  Vogliono i fatti!
E i fatti, da che mondo è mondo, non si ottengono coi tavoli, ma con la lotta. Per questo diciamo: occupazione delle fabbriche, a partire da Fiat, Fincantieri e da tutte quelle in cui il capitalismo ha già dimostrato il suo fallimento storico, licenziando e mettendo in cassa integrazione; e sciopero a oltranza fino al ritiro dei piani e delle manovre padronali che mirano a farci pagare la loro crisi, fino alla riassunzione di tutti i lavoratori licenziati, fino all'assunzione di tutti i precari e di tutti i disoccupati, fino a ottenere tutto quello che la classe operaia sarà in grado di ottenere con la lotta: e potenzialmente, come la storia ci ha insegnato, siamo in grado di ottenere tutto!

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