sabato 6 novembre 2010

Il 7 novembre 1917 nel racconto di un testimone

di John Reed

Mercoledì 7 novembre, mi alzai molto tardi. Il cannone di mezzogiorno tuonava dal forte Pietro e Paolo mentre io mi avviavo lungo la prospettiva Nevsky. Era un giorno piovoso e freddo. Di fronte alla Banca di Stato alcuni soldati con la baionetta innestata montavano la guardia davanti alle porte chiuse.
"Di quale parte siete? Del governo?" domandai.
"Non c'è più il governo" mi rispose uno con un ghigno. 
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Davanti alla porta del palazzo Marinsky c'era una folla di soldati e di marinai. Un marinaio raccontava della fine del Consiglio della Repubblica. "Siamo entrati dentro" diceva "e abbiamo fatto guardare le porte dai compagni. Sono andato dal controrivoluzionario che sedeva nel seggio del presidente e gli ho detto: 'Non c'è più Consiglio, vattene a casa, ora."
Qualcuno rise.
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Quando arrivammo in vettura davanti allo Smolny, la sua massiccia facciata fiammeggiava di luci, e da tutte le strade vi facevano capo rapide correnti di forme indistinte nel buio. Automobili e motociclette andavano e venivano; un enorme carro armato, una specie di elefante multicolore, sormontato da due bandiere rosse ondeggianti sulla torretta, avanzava strepitando con la sua schiamazzante sirena. Faceva freddo e davanti alla porta esterna le Guardie Rosse avevano acceso un falò.  ...  Ai quattro cannoni a tiro rapido posti ai lati della porta d'ingresso erano state tolte le cuffie di tela e i nastri delle munizioni pendevano come serpi dalle culatte.  ...  
V'era nell'aria un senso di audacia. Già dalle scale si riversò un'ondata di folla, operai in camiciotto nero e berretto di pelliccia scuro  .... . La riunione del soviet di Pietrogrado era cominciata.  ... 
La sessione era stata importante: in nome del Comitato militare rivoluzionario, Trotsky aveva dichiarato che il governo provvisorio aveva cessato di esistere.
"La caratteristica dei governi borghesi" egli disse "è quella di ingannare le masse popolari. Noi, deputati del soviet degli operai, dei contadini e dei soldati, stiamo tentando un esperimento unico nella storia, stiamo ponendo le basi di un potere che non avrà altra mira se non quella di soddisfare i bisogni dei soldati, degli operai e dei contadini."
Lenin era apparso, accolto da una potente ovazione, e aveva preconizzato la rivoluzione socialista di tutto il mondo.  ... 
[Si apre il Secondo Congresso dei soviet, è eletta la presidenza, proporzionalmente ai diversi partiti sovietici: 14 bolscevichi, 7 socialisti-rivoluzionari, 3 menscevichi, 1 internazionalista. Ndr].
Improvvisamente si fa sentire un nuovo rumore, più cupo dello strepitio della folla, insistente, inquietante, il sordo rombo dei cannoni.  ...  Martov [dirigente riformista, ndr] domanda la parola e grida: "La guerra civile è cominciata, compagni! La prima questione deve essere la pacifica risoluzione della crisi. Per principio e da un punto di vista politico, dobbiamo urgentemente discutere i mezzi per allontanare la guerra civile. I nostri fratelli si stanno uccidendo nelle vie. In questo momento, prima ancora che il Congresso dei soviet sia aperto, la questione del potere è risolta coi sistemi di una congiura militare organizzata da uno dei partiti rivoluzionari [i bolscevichi di Lenin e Trotsky]."  ...  "Noi dobbiamo [continua Martov, ndr] formare un governo che sia riconosciuto da tutta la democrazia."    ...  
Il resto andò perduto in una tempesta di grida, di minacce, di maledizioni che si levò a un diapason infernale mentre cinquanta deputati [della sinistra governista, ndr] si alzarono e si fecero largo tra la folla per uscire.
Kamenev, che presiedeva, agitava il campanello gridando: "State ai vostri posti e seguitiamo il nostro lavoro!" Trotsky, in piedi, con il viso pallido e crudele, decretava con la sua voce potente e con un freddo disprezzo: "Sono i cosiddetti socialisti, menscevichi, socialisti-rivoluzionari, vigliacchi vari, lasciateli andare. Rappresentano quei rifiuti che saranno spazzati via nell'immondezzaio della storia!"

John Reed, da I dieci giorni che sconvolsero il mondo (pubblicato in varie edizioni).




Cosa ha rappresentato la rivoluzione russa

di Lev Trotsky



Con Lenin, siamo entrati nella rivoluzione d'Ottobre profondamente convinti che la rivoluzione in Russia non poteva essere portata a compimento indipendentemente dagli altri Paesi. Ritenevamo che questa rivoluzione non poteva essere che il primo anello della catena della rivoluzione mondiale e che la sorte di questo anello sarebbe dipesa dal destino di tutta la catena. Manteniamo questa posizione.  ... 

Arriviamo a questo anniversario come deportati, prigionieri, esiliati, ma vi arriviamo senza il benché minimo pessimismo. Il principio della dittatura del proletariato è entrato saldamente nella storia. Ha mostrato la formidabile potenza di una giovane classe rivoluzionaria diretta da un partito che sa quello che vuole e che è capace di accordare la propria volontà al passo dell'evoluzione obiettiva. 
Gli anni trascorsi hanno mostrato che la classe operaia di un Paese anche arretrato non solo può fare a meno di banchieri, di proprietari e di capitalisti, ma è pure capace di assicurare all'industria uno sviluppo assai più rapido di quello avutosi sotto il dominio degli sfruttatori. Questi anni hanno mostrato che una economia centralizzata secondo un piano ha un netto vantaggio sull'anarchia capitalistica.
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Non abbiamo niente di cui pentirci e non rinunciamo a niente. Viviamo delle idee e della passione che ci animavano durante le giornate dell'Ottobre 1917. Attraverso le temporanee difficoltà possiamo guardare dinanzi a noi. Per quanto complicati siano i meandri del fiume, il fiume scorre verso l'oceano.

Lev Trotsky, da "Per il dodicesimo anniversario dell'Ottobre", 1929 (in Scritti 1929-1936, Einaudi, 1962








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