giovedì 24 febbraio 2011

Chi comprende e chi no

di Giovanni Morsillo

Gita vietata a studente down ma i compagni si ribellano


Il link che riportiamo sopra riguarda una notizia così bella da essere insolita.
Una intera classe di studenti di un Istituto Comprensivo della Calabria ha rifiutato di andare in giat scolastica perché la dirigente scolastica ne aveva impedito la partecipazione ad un loro compagno affetto da sindrome di Down. La dirigente ha motivato la decisione (del tutto arbitraria e fuorilegge, oltre che  a nostro avviso immorale) con l'incapacità ad apprendere del giovane. 
Ma i giovani non hanno accettato quello che i docenti avevano subìto, non hanno permesso che questa dirigente da campo di sterminio insultasse la dignità del loro compagno. Questo gesto fa strame per una volta di una lunga serie di pregiudizi che nel nostro Paese da qualche tempo la fanno da padroni: non solo si oppone allo sciovinismo tardo-nazista della dirigente pubblica, non solo per questo stesso motivo difende la Costituzione nello spirito e nella lettera, ma questo atto dei giovani studenti calabresi riscatta dal luogo comune i "terroni" ormai divenuti sinonimo di felloni, individualisti, egoisti quando non addirittura tutti delinquenti senza distinzione.
Bravi, ragazzi, ancora una volta, bravi!
Adesso però una proposta: si premino questi giovani, si incoraggi la loro scelta, la loro determinazione, il loro esempio di impegno solidale concreto in modo altrettanto concreto. Qualche proposta: 
1) Inviamo una petizione al Ministro dell'Istruzione, per quanto arrangiato sia, per un premio anche simbolico a quella classe (ad esempio una dotazione di libri contro il razzismo e per la solidarietà alla biblioteca della scuola cui appartengono, una targa da pochi euro da far affiggere d'autorità nell'ingresso della stessa, un libro a ciascun ragazzo, una copia del "Manifesto della Razza" del '38), oltre ovviamente alle sanzioni ai sensi di legge che sacrosantamente spettano alla dirigente che le ha conquistate sul campo;
2) Invitiamo i ragazzi in blocco a trascorrere una breve vacanza gratuita nei nostri territori, magari con la sponsarizzazione (intesa come aiuto logistico) di qualche agenzia sensibile alla civiltà. Questo come risarcimento della società civile alla loro rinuncia e come valorizzazione del loro gesto attraverso incontri a tema che potrebbero essere organizzati nel corso del soggiorno;
3) In subordine, proponiamo alle scuole del territorio di organizzare incontri o scambi con i giovani protagonisti della vicenda.
 
Può sembrare banale e sentimentale, è ovvio. Lo scopo, però, non sarebbe quello di strumentalizzare (a che fine, poi?) la vicenda, né di mitizzare queli ragazzi ed il loro sano gesto: al contrario, si umanizzerebbe e renderebbe normale (non banale) un comportamento di cui tutti avvertiamo il bisogno e che tutti dovremmo contribuire a stimolare.
 
Se ci sono idee migliori (chissà quante ce ne saranno), tiriamole fuori, ma soprattutto realizziamone qualcuna. Quei ragazzi devono sentire che hanno fatto quello che si deve fare.
Un saluto solidale



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