giovedì 3 marzo 2011

Briganti

di Giovanni Morsillo


Caro Luciano,
a proposito del post  da voi pubblicato (giustamente e doverosamente) a firma dell'Ass. "20 Ottobre" riguardante la conferenza sul brigantaggio che si svolgerà ad Arce, vorrei esprimere qualche considerazione personale, pur non essendo esperto di storia né avendo altro titolo che quello di cittadino meridionale figlio di emigrati al nord.
Le tesi sviluppate nel documentario che verrà presentato, e che ho avuto la fortuna di vedere in una precedente iniziativa, tesi legittime e legittimamente discutibili, sebbene offerte al pubblico in modo frammentario hanno un filo conduttore che le rende organiche. Tali tesi, infatti, tendono a sostenere che il brigantaggio fu una guerra civile (tesi ripetuta con troppa sicurezza anche nel post della "20 Ottobre") di resistenza all'occupazione piemontese del Regno di Napoli.
Ora, siamo tutti consapevoli che il Risorgimento assunse caratteri rivoluzionari solo in parte e quasi solo al Nord, sebbene l'accoglienza popolare ai garibaldini sia stata tutt'altro che ostile, basta dare uno sguardo alle cronache sui fatti di Palermo e via via risalendo lo Stivale. Certamente una guerra di ocupazione, di liquidazione del vecchio regime borbonico, non fu organizzata dalle masse contadine del mezzogiorno; altrettanto sicuramente le politiche di spoliazione e di segregazione del Sud da parte del Regno d'Italia sono documentate sia dalle analisi di meridionalisti seri come Guido D'Orso o Giustino fortunato, o ancora dalle inchieste governative e non dell'epoca successiva, e del resto non si sono arrestate nemmeno con la fine del Regno e la caduta del fascismo.
Tuttavia, questo non basta a definire il brigantaggio come forza rivoluzionaria o anche solo resistente nel senso di una coscientizzazione meridionalista dei contadini del Sud. Ad esempio, se nel filmato si enunciano (anche con qualche esagerazione di alcuni intellettuali intervistati) le grandezze borboniche, peraltro con una lettura parziale (ad esempio: è verissimo che la prima ferrovia italiana, se così si può dire, è la Napoli-Portici, ma come tutti sanno non fu ideata e costruita per la mobilità dei sudditi e nemmeno delle merci, ma semplicemente per il divertimento del re), ma si tralascia in buona parte il fatto che i cosiddetti combattenti del brigantaggio furono non solo ben visti, ma potentemente foraggiati oltre che dalla Casa Reale come ovvio, da potenze straniere interessate per diverse ragioni al mantenimento dello statu quo, prima fra tutte lo Stato Pontificio. E sembra anche non siano esistiti il sanfedismo e la cruenta repressione dei giacobini a Napoli; Luisa Sanfelice è forse una leggenda? Lo Stato borbonico era davvero così benevolo con i suoi sudditi? Le ricchezze enormi di cui dispooneva e di cui ancora oggi vediamo le fastose vestigia, erano a disposizione del popolo?
Parlare quindi del processo unitario come guerra di annessione nell'interesse della borghesia emergente del Nord è scontato e non aggiunge nulla a quanto i libri di testo dicono ampiamente, per tacere degli storici. Accreditare il brigantaggio come lotta rivoluzionaria o resistente dei contadini del Sud è quanto meno impreciso. 
Non so se le tesi che verranno espresse nel convegno saranno dello stesso tenore, ma la presentazione che ne fa la "20 Ottobre" non fa credere diversamente.
In ogni caso, il brigantaggio fu subìto dai contadini poveri, non certo sostenuto volontariamente. Le bande che scorrazzavano per le nostre montagne e campagne erano interessate a ben altro che la liberazione del Sud, agivano per fini propri e terrorizzavano le popolazioni. Il contorno di superstizione religiosa, di venerazione del re e di attaccamento alla terra non ne modificano la sostanza di ladroni senza scrupoli, il che ovviamente non assolve i piemontesi di alcuna delle loro malefatte ( a cominciare da quelle contro gli stessi garibaldini e contro Garibaldi in prima persona).
Leggere in questo modo la storia, però, presta il fianco inopportunamente alle tesi antiunitarie non solo del leghismo ignorante, ma anche di un certo clericalismo militante (CL) che da decenni va sostenendo che il Risorgimento e l'Unità d'Italia siano stati in realtà una criminale guerra coloniale e basta. Sul "e basta" direi che si deve riflettere molto.
Mi scuso per l'eccesiva schematicità della nota, ma la materia ha richiesto sforzi e pubblicazioni di ben altro livello, e non pretendo certo io di chiarire le cose. Sento però il bisogno di invitare tutti, per la serietà di ognuno degli illustri e qualificati partecipanti alla manifestazione, a non concedere nulla al romanticismo se si vuole fare un lavoro utile a chi voglia comprendere e non solo eccitarsi.
Saluti meridionali.
Giovanni.



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