giovedì 14 aprile 2011

Algeri: irrompe la collera degli studenti

da Metalmeccanici Autorganizzati


Decine di feriti, di cui 5 gravi, numerosi arresti, eppure fino alla fine gli studenti e le studentesse algerine non hanno smesso un solo minuto di gridare “ulach smah ulach” (nessun perdono), “potere assassino”, “studenti mano nella mano”, “l’università non è un’azienda, il sapere non è una merce”, “stop alla repressione contro gli studenti”. E sono riusciti ad arrivare la dove le giornate della collera, le rivolte di gennaio, e le passate manifestazioni non erano mai riusciti ad arrivare: il palazzo della presidenza. Dopo scontri e tafferugli, provocazioni poliziesche, il grande corteo che contava più di 20000 manifestanti è riuscito a raggiungere l’avenue de Pékin. Sul lungo viale la manifestazione si è ricompattata per poi puntare verso la presidenza e raggiungerla.
Ieri ad Algeri la formazione in lotta ha rotto ogni divieto e il regime algerino in allarme rosso dalle rivolte dei primi di gennaio inizia ad avere buone ragioni per iniziare a preoccuparsi ancora di più. Il tabù dello stato d’emergenza e dell’intoccabile quartiere della presidenza è stato rotto da giovani e giovanissimi algerini scesi in piazza per contestare l’odiata riforma del sistema scolastico ed universitario. Il ministro dell’educazione Rachid Haraoubia ha imposto una riforma dai contenuti (e dalla propaganda) molto simili a quelli che il suo omologo tunisino del vecchio regime di Ben Ali, il ministro Ben Selem, aveva annunciato nell’autunno scorso. A quest’ultimo è andata male, malissimo e si sa dove è finita la sua riforma, nel caso algerino invece è proprio in questi giorni che la contrapposizione studentesca inizia a farsi più forte e determinata. E’ da tempo infatti che gli scioperi, i sit in, i cortei e le contestazioni  negli atenei e negli istituti superiori si susseguono e ripetono ovunque per tutta l’Algeria. La parificazione del sistema formativo algerino a quello europeo con cui la propaganda del Haraoubia pensava di vincere le resistenze dei sindacati dei docenti e delle organizzazioni studentesche non ha sortito alcun effetto. La standardizzazione dei programmi e dei cicli di studi che sta piegando la formazione algerina sull’asse del PROCESSO DI BOLOGNA , non garantisce altro che dequalificazione dello studio e inserisce alte quote di precarietà nel mercato del lavoro del grande paese magrebino. La possibilità di impiego coerente al proprio percorso formativo diviene impossibile e garantito solo ad un piccolissima elites (di classe) che può permettersi il raggiungimento degli ultimi livelli di alta specializzazione (nella stragrande maggioranza dei casi tramite corsi in istituti privati e legati ad aziende e multinazionali). D’altronde per un algerino, come per il resto degli studenti e studentesse nord africane, che valore ha lo scambio della dequalificazione degli studi per la standardizzazione dei cicli della formazione sul Bologna Process? I “cervelli in fuga” dalla costa sud del mediterraneo vengono affogati in mare, fatti oggetto di rimpatri forzati, oppure, come si augura per il futuro il ministro leghista Castelli, impallinati dalle baionette padane. Nel migliore, e raro, dei casi in Europa lo scambio tra dequalificazione e standardizzazione della formazione, i magrebini lo valorizzano raccogliendo pomodori o imbiancando le pareti di qualche appartamento.
Così ieri le tante lotte contro la riforma di Haraoubia hanno trovato una prima e forte convergenza sulla piazza della capitale. I contenuti del corteo partendo dalla contestazione al ministro dell’educazione si sono poi generalizzati tramite il rilancio dello slogan della collera “il popolo vuole la caduta del regime”, ed è un segnale importante che lancia il mondo studentesco algerino al resto della società. Infatti in Algeria le lotte sociali legate alla questione della casa, dei servizi, del welfare e contro la disoccupazione hanno una lunga storia di sedimentazione e accumulazione di forza, e negli ultimi 4 mesi, si è assistito ad un processo moltiplicativo quanto molecolare di lotta e organizzazione contro la povertà e la “mal vie” (la vitaccia) imposta dal regime. Eppure le rivolte di gennaio non sono riuscite ad andare al di là di una grande e potente espressione di rabbia e indignazione, così come i coordinamenti della società civile e delle organizzazioni della sinistra alternativa e rivoluzionaria non sono riuscite per ora a far convergere sulle parole d’ordine delle iniziative le soggettività sociali in rivolta. Certo con le giornate della collera algerina organizzate proprio da questi coordinamenti il regime ha fatto dei significativi passi indietro , annullando - formalmente - lo stato d’emergenza e promettendo riforme, ma ciò che colpisce è stata la mancanza di relazione e convergenza tra i ceti politici e le soggettvità sociali in lotta, che ha indebolito non poco un’agenda politica che si presentava  come iniziatrice di un grande processo di cambiamento radicale.
Su questo scenario il regime sta giocando la carta dell’apertura politica e formale, seguita poi dall’attacco repressivo. Iniziamo ad assistere anche in Algeria a quel “stop and go” di aperture e repressione che è stato fatale per Ben Ali e Mubarak? Ancora non possiamo dirlo, ma la grande manifestazione degli studenti di ieri è già riuscita la dove i rivoltosi di gennaio e i coordinamenti della sinistra non erano mai arrivati, e forse, come altrove chi più della formazione in lotta può “centralizzare” su di se, le tante istanze per la conquista di nuovi diritti e la fine della vitaccia? E’ una domanda a cui vogliamo tentare di rispondere a partire da lì, dalla riappropriazione della grande piazza di Algeri che ieri ha portato faccia a faccia il movimento studentesco con il regime di Bouteflika.

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