mercoledì 13 aprile 2011

Napoli: costruire l'unità e il protagonismo di massa per dopo le elezioni

di Laura Petrone : Associazione culturale "Città del sole

A poco più di un mese dalle elezioni ormai le scelte sui candidati a sindaco, sulle liste, su alleanze e "apparentamenti" - almeno al primo turno - sono già fatte, giuste o sbagliate che si possano rivelare. Senza drammatizzazioni bisogna registrare che l'arcipelago delle (piccole) forze antagoniste o alternative ha preferito la strada del minoritarismo e dell'autoreferenzialità schierandosi con candidati e liste diverse, restando divisa e rinunciando ad una presenza comune significativa e, forse, condizionante. A questo punto è inutile recriminare, criticare o rinfacciare. Val la pena, invece, di pensare al "dopo", e possibilmente, attrezzarsi. Nessuno si aspetta l'elezione del sindaco al primo turno. La crisi che sta attraversando il berlusconismo e la candidatura del "terzo polo" tolgono probabilmente a Lettieri la possibilità di far "tombola" al primo turno, mentre, da quest'altra parte, il discredito e la frammentazione non lasciano soverchie speranze. Al ballottaggio, quindi, se i concorrenti del candidato berlusconiano riusciranno a trovare la formula di una "unità spartitoria", è possibile che Napoli abbia nei prossimi anni un governo non dichiaratamente di destra. In tal caso non sarà del tutto indifferente chi sarà l'antagonista di Lettieri. Il più recente sondaggio riportato da "Il Mattino" indica tre possibili competitori. Morcone o Pasquino rappresenterebbero la continuità, nel merito e nel metodo, con il sistema di potere del bassolinismo, semmai intersecato e
allargato al demitismo, con qualche spazietto e soldino per gli utili idioti di sostegno. Il problema sarebbe, in questo caso: cosa farebbero De Magistris e la sua coalizione? Avrebbero la voglia e la forza numerica di resistere e di condizionare in modo decisivo, o si farebbero risucchiare in
una scelta governista? La cosa più probabile è che i sostenitori dell'ex magistrato si dividerebbero drasticamente tra chi si abbandonerebbe a quel risucchio - anche volentieri - e chi si sfilerebbe dall'alleanza per coerenza o residuo senso del pudore. Nel caso che fosse De Magistris il competitore di Lettieri le cose si complicherebbero maledettamente. E non per speciosità dietrologiche, non perché l'ex magistrato sia o non sia affidabile, voglia o non voglia essere
alternativo o, almeno, "discontinuo". Trovarsi fianco a fianco con bassoliniani, demitiani e vendoliani sarebbe per molti difficile da ingoiare e il rospo potrebbe essere buttato giù soltanto se De Magistris tenesse ben salda la barra, senza concedere e promettere gran che a questi centristi e
falsi "sinistri" di cui, pure, avrebbe bisogno per vincere. Alcuni si sfilerebbero coerentemente dalla coalizione, altri resterebbero con il naso otturato e gli occhi spalancati. Ciò posto, se a prevalere dovesse essere Lettieri, non resterebbe che prepararsi alla opposizione più dura e intransigente nei limiti consentiti dai numeri scaturiti dalle elezioni, ma con la consapevolezza di dover fare i conti anche con la vocazione e gli interessi compromissori di una parte consistente della minoranza consiliare. La situazione comincerebbe a complicarsi se a prevalere nel ballottaggio fosse l'antagonista di Lettieri. Con Morcone o Pasquino sarebbe impossibile per molti arrivare ad un qualsiasi accordo di governo della città. Ma altri - nella stessa coalizione di De Magistris - sarebbero ben felici di farsi coinvolgere e accettare qualche strapuntino e qualche briciola. Molto
dipenderà dagli accordi - palesi o occulti - precedentemente intervenuti, ma, in ogni caso, sarà complicatissimo per De Magistris tenere insieme o, almeno, sotto controllo la sua coalizione (o i suoi resti). Nel caso, poi, che fosse proprio De Magistris a dover costituire la nuova giunta, la situazione si complicherebbe ulteriormente perché una parte della sua coalizione sarebbe, giustamente, ancora più intransigente e molto poco disponibile ad accordi compromissori con i centristi di PD e "terzo polo", mentre un'altra parte sarebbe favorevolissima a rinnovare, nelle nuove
condizioni, le compromissioni di sempre. Con le buone intenzioni non si cambia la realtà e neppure si governa una città. Ancor più se tutte le scelte e i giochi verranno fatti esclusivamente nel chiuso dell'aula consiliare, dove bisognerà, in definitiva, fare i conti con una maggioranza consiliare di - almeno - 25 consiglieri su 48. Che De Magistris possa vincere un eventuale ballottaggio è possibile; che la coalizione che lo sostiene possa spuntare una maggioranza autosufficiente, è molto improbabile. E, allora, delle due, l'una: o si fa una "coalizione" di compromesso, o, prima o poi, si va tutti a casa e si ricomincia con una nuova campagna elettorale. Naturalmente in questo bailamme ognuno farà le sue scelte e sarà assolutamente legittimo che, chi prima e chi poi, prenda le distanz in nome della discontinuità che tutti proclamano, ma che pochi avranno la coerenza di praticare. Tutto questo - è ovvio - se si lascerà la politica nel palazzo, abbandonando alla sterile meccanica dei numeri usciti dalle urne i rapporti di forza. Perché i poteri forti - da quelli camorristici a quelli imprenditoriali, passando per il garbuglio delle clientele, etc. etc. - saranno ampiamente rappresentati nel nuovo consiglio comunale, e non soltanto dalla parte di Lettieri. Ad avere una rappresentanza esigua o, comunque, inadeguata saranno gli interessi popolari. È una strada senza uscite, a meno che non si cominci - senza illudersi di poter fare tutto e subito - a spostare la politica fuori del palazzo riequilibrando il rapporto di forze con la partecipazione attiva e il protagonismo di lotte di massa con cui i signori del palazzo dovrebbero fare i conti. È superfluo dire che siamo in terribile ritardo. E, tuttavia, dobbiamo e possiamo avviare questo percorso perché resta l'unico giusto sul piano strategico e il solo praticabile su quello tattico. E allora, invece di continuare a restare divisi e, semmai, anche a scambiarci randellate impietose, perché - mantenendo in questo mese ciascuno la coerenza con le scelte già fatte - non proviamo ad attrezzarci per il "dopo"? Naturalmente ripartendo dai contenuti e dalla linea di intransigente discontinuità con il passato che ci accomuna, mettendo un attimino in ombra le soggettività e, invece, concentrando tutti gli sforzi per dare forma e consistenza al protagonismo di massa. La nostra proposta è di fare ora quello che si sarebbe dovuto fare prima: incontrarci - a prescindere da quale candidato o lista sosteniamo intanto - per definire i contenuti di un programma e i metodi di sua realizzazione su cui ricomporre l'unità di tutte le forze anticapitaliste e popolari un attimo dopo la fine della kermesse elettorale. Si tratta di articolare il programma per aree tematiche e strutturare degli organismi comuni (consulte, forum, o quello che vi pare) in cui, accanto a tecnici e politici sia essenziale e maggioritaria la presenza di esponenti dei diversi movimenti di lotta ed espressione dei bisogni popolari. Queste strutture dovrebbero esser realizzate oggi prescindendo dalle divisioni elettoralistiche e, domani, esistere e operare indipendentemente dalle connotazioni istituzionali che scaturiranno dalle elezioni. Il cemento unitario sarebbe dato dalla comune esigenza di operare effettivamente sui bisogni della città e a stretto contatto con i portatori di questi bisogni e i protagonisti delle lotte. Nel caso fortunato di una giunta "amica" questi organismi sarebbero strumento di riferimento – di consultazione e di controllo - dell'operato degli amministratori. Nel caso di giunte ostili sarebbero eccellenti strumenti di coordinamento e di direzione delle lotte. Se riusciremo a dar vita questi organismi avremo fatto un passo in avanti per superare le nostre divisioni e avviare un percorso comune basato su cose molto concrete, tra le masse e non sull'astrazione delle buone intenzioni.
Avremo anche un progetto e un programma, un metodo e criteri di governo da sottoporre a candidati, eletti e coalizioni e verificare, prima, chi si dichiara d'accordo e, dopo, chi è effettivamente disponibile a mantenere gli impegni presi.


Sergio Manes


Renato Sellitto



Eugenio Giordano



Mario Maddaloni





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