mercoledì 25 maggio 2011

DOPO LO SCIOPERO DEL 6 PER UNA VERA AZIONE DI FORZA CONTRO PADRONATO E BERLUSCONI

FINCANTIERI-S.PONENTE          MAGGIO 2011

I lavoratori stanno subendo l'attacco più pesante di tutto il secondo dopoguerra: sul terreno sociale, per mano della Fiat e del padronato; sul terreno politico, per mano di un governo reazionario che domina un Parlamento di nominati e di corrotti. Eppure le “opposizioni” liberali (a partire dal PD) si limitano al chiacchiericcio. Volendo rimpiazzare Berlusconi con un governo gradito a Marchionne e Bankitalia, non solo non possono mobilitare le masse, ma finiscono col sostenere la Fiat contro i lavoratori e col salvare il governo in votazioni cruciali (come sulla guerra e sul federalismo antioperaio).
La direzione della Cgil, nel mentre “denuncia” il governo, continua intanto a ricercare una riconciliazione col padronato e con i sindacati asserviti di Cisl e Uil, e si dispone al negoziato sull'alleggerimento del contratto nazionale. Si tratta dell'ennesima sponda utile alle “opposizioni” liberali e alle loro relazioni coi padroni. Un modello sindacale corporativo già operante a Treviso con la firma il 7 Febbraio 2011 del “Patto per lo sviluppo e la competitività” sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil e Unindustria Treviso. Un patto sociale che vede la burocrazia sindacale dirigente fare in azienda gli interessi del padronato e nel sociale occuparsi dei servizi ai cittadini (Enti bilaterali, patronato,ecc.).
Le sinistre politiche (Sel e FDS), dal canto loro, a parole difendono il lavoro, nei fatti si accodano ai liberali: continuando a sognare assessorati, ministeri, premierati.
Il solo risultato è che Berlusconi continua la sua opera reazionaria e anticostituzionale e i padroni proseguono la loro offensiva contro i lavoratori e i loro diritti sindacali.
Per questo diciamo che lo sciopero del 6 Maggio deve essere l'inizio di una vera svolta di lotta che miri a bloccare l' Italia: con mobilitazioni di massa, prolungate, per rivendicare innanzitutto il blocco dei licenziamenti, la piena difesa del contratto nazionale di lavoro, l'abrogazione delle leggi di precarizzazione, un salario dignitoso per i disoccupati.
GRAVE  IL  SI'  DELLA  FIOM  ALLA  EX  BERTONE
Il Sì della dirigenza Fiom all'accordo con Fiat nella ex Bertone segna un arretramento grave del principale sindacato dell'industria: ben al di là della specifica vicenda di quella fabbrica.
Dire Sì alla Fiat “per non subire il ricatto” significa contraddire clamorosamente la battaglia di Pomigliano e Mirafiori, e fare un regalo insperato a tutti gli avversari della Fiom: la Confindustria, i sindacati asserviti di Cisl e Uil, la stessa direzione della Cgil. Ma non solo.
La Fiom ha rappresentato nell'ultimo anno una forma di resistenza al padronato e alla concertazione, e questo è stato un fatto di incoraggiamento per milioni di lavoratori: ma senza tradurre questa resistenza in una linea d'azione unificante e in una prospettiva radicale complessiva di carattere alternativo per il movimento operaio. Questa gestione empirica del conflitto paga oggi, nella vicenda ex Bertone, un prezzo salato, anche nel rapporto con l'immaginario dei lavoratori.
Ammainare la bandiera del No a Marchionne non significa solo disarmare la resistenza negli altri stabilimenti Fiat, ma disorientare e indebolire la lotta di classe dell'intero movimento operaio italiano, nel momento di massima difficoltà. La verità di bilancio è che non si può reggere isolatamente fabbrica per fabbrica. Ma questo deve significare generalizzare e radicalizzare il fronte di lotta, come il nostro partito ha sempre rivendicato; non ripiegare al'indietro e in ordine sparso.
La svolta del Sì nella ex Bertone dimostra dunque, una volta di più l'esigenza di una svolta radicale del movimento operaio, oltre la soglia del sindacalismo tradizionale. Il bivio è sempre più netto: o una svolta unitaria e radicale per rompere l'assedio, o il rischio di un' arretramento disastroso.
O si avanza o si arretra: in mezzo al guado non si può restare.!


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