giovedì 19 maggio 2011

Elezioni amministrative e illusioni a sinistra

di Francesco Ricci , Pdac.


Premesso che le elezioni borghesi costituiscono, per i marxisti, solo uno specchio deformato della lotta di classe (1), pure è possibile scorgere nello specchio alcuni elementi della realtà, verificare il rapporto tra borghesia e proletariato, tra i diversi settori borghesi, ecc.
Dalle elezioni amministrative parziali del 15-16 maggio emergono alcuni elementi che in qualche modo influenzeranno, seppure parzialmente, lo scenario politico del prossimo periodo.
Il recinto dell'alternanza borghese
Prosegue e si aggrava in Italia la situazione di difficoltà politica della borghesia che non dispone ad oggi di un governo efficiente, in grado di attuare fino in fondo le politiche necessarie al padronato per affrontare (a danno dei lavoratori) la grave e perdurante crisi dell'economia capitalistica internazionale. I settori principali della grande borghesia da tempo non considerano adeguato il governo Berlusconi e al contempo non trovano nello schieramento di centrosinistra un cavallo di ricambio. Nemmeno il tentativo (sostenuto da importanti settori borghesi) di investire sul "terzo polo" (Fini, Casini, Rutelli) si è finora rivelato vincente.
Il voto di questi giorni, in continuità con tutte le ultime elezioni, registra un ulteriore calo di consensi assoluti ad entrambi i poli: se infatti il colpo principale è quello subito da Berlusconi (specie per l'esito del primo turno a Milano), il centrosinistra non raccoglie i voti persi, che continuano piuttosto ad andare verso l'astensione e soprattutto verso alcune forze che demagogicamente si presentano come estranee ai giochi di palazzo: a partire dall'ampia fetta di voti raccolta dal comico qualunquista Beppe Grillo. Tutto ciò avviene nel consueto gioco di alternanza borghese, che tendenzialmente sfavorisce lo schieramento che porta la responsabilità del governo nazionale.
Pisapia, candidato dei banchieri e degli industriali
Significativamente i candidati che riscuotono maggior successo sono quelli che appaiono come portatori di istanze nuove, in apparente rottura o perlomeno contraddizione con la politica di sacrifici sostenuta da entrambi i poli e in particolare quei candidati che appaiono capaci di rompere il perdurare del soffocante governo berlusconiano. In questo senso si spiegano i risultati di De Magistris a Napoli e quello di Pisapia a Milano. Quest'ultimo, presentato dal centrodestra come "estremista" e "amico dei comunisti", è in realtà un ottimo amico di fondamentali settori borghesi: dal gruppo di De Benedetti (di cui è stato avvocato di fiducia) a banchieri come Profumo (ex dirigente di Unicredit), non a caso attivissimi nel sostenerlo. La vittoria di Pisapia è fortemente voluta da importanti settori di grande borghesia che sperano di abbreviare la vita del governo Berlusconi (a favore di un governo più efficace, in termini anti-operai, perché non vincolato dalle note contraddizioni del berlusconismo) e al contempo trovano in Pisapia un eccellente interprete del loro programma avvolto da una retorica che può confondere i lavoratori: la famosa "narrazione" della vendoliana Sel, ultima creatura di Bertinotti, messa a disposizione del gioco dell'alternanza borghese.
Tanto più per questo appaiono grotteschi i proclami di vittoria del Manifesto e soprattutto di quello che resta della sinistra socialdemocratica (Rifondazione) per il risultato di Milano. Non meno incredibili le affermazioni di Sinistra Critica secondo cui la vittoria di Pisapia sarebbe "salutare e importante" (2).
L'ennesima sconfitta della sinistra governista
Prima ancora che nei numeri, la sconfitta della sinistra governista (la Fed, in sostanza Rifondazione e Pdci) sta nella disastrosa scelta politica di allearsi nuovamente, per l'ennesima volta, ovunque accettati, con il Pd, portando acqua alle politiche anti-operaie delle giunte di centrosinistra, in vista di un sospirato nuovo accordo nazionale per il post-Berlusconi che riammetta nel gioco due partiti (Prc e Pdci) ormai sull'orlo della bancarotta (sia politica che economica).
Il risultato numerico (ancora una volta disastroso, con la perdita di oltre 100 mila voti), confermando l'esclusione di Rifondazione da gran parte dei Consigli comunali (Bologna, Torino, ecc.) e segnando l'uscita da diverse amministrazioni in cui manteneva una presenza, è solo il suggello di una crisi irreversibile di quanto rimane della socialdemocrazia italiana, lacerata da scissioni, crollo di militanza, scomparsa quasi completa dal panorama politico e soprattutto dalle piazze e dalle lotte.
In questo quadro appaiono farseschi i tentativi di Ferrero di presentare un proprio risultato positivo sommando i voti di Rifondazione e Pdci a quelli di Vendola...
Il quadro a sinistra di Rifondazione
Modesti come sempre i risultati elettorali delle tre forze principali a sinistra di Rifondazione (Sinistra Critica, Pcl, Pdac) che si presentavano alle elezioni di domenica scorsa. Ma con qualche elemento di novità.
In tutte le precedenti elezioni (comunali, politiche, regionali) tutti e tre i partiti hanno sempre conseguito circa un mezzo punto percentuale a testa. Con qualche decimale più in alto o più in basso dell'uno o dell'altro a seconda della situazione.
Come Alternativa Comunista abbiamo più volte proposto, a tutte le forze di sinistra che si considerano a favore delle lotte dei lavoratori, di verificare la possibilità, pur nelle rispettive differenze, di una presentazione comune su un programma di classe. Sempre negative sono state le risposte. Per parte nostra abbiamo sempre considerato le elezioni solo come un momento secondario (rispetto alle lotte dei lavoratori e dei giovani) del conflitto di classe, solo un momento favorevole per amplificare la propaganda per un programma rivoluzionario. Per questo non abbiamo mai dato al momento elettorale l'enfasi che altri hanno utilizzato né abbiamo mai considerato i decimali elettorali come scopo del nostro agire.
A queste elezioni Sinistra Critica si presentava in un numero ristretto di situazioni (come noi) ma stringendo accordi a dir poco disinvolti (peraltro in contrasto con un ricercato profilo "movimentista"): a Napoli si presentava con l'ultra-istituzionalista Marco Rizzo e con il piccolo gruppo neo-stalinista (e pro-Gheddafi) della Rete dei Comunisti; a Torino insieme a Rifondazione Comunista; a Casoria persino con Sel. Quale messaggio coerente potesse emergere da una simile "tattica" elettorale non è chiaro. E lo stesso risultato numerico (che magari si pensava potesse essere facilitato da queste alleanze, e che appare come l'unica spiegazione di simili scelte politicamente disastrose) è risultato nettamente inferiore alle medie precedenti. Sc si attesta su percentuali più o meno dimezzate rispetto al passato. A Torino, storicamente uno dei suoi punti relativamente più forti, città di Turigliatto (una delle figure più note di Sc), raccoglie lo 0,3%. A Napoli, la somma di Sc, Rete dei Comunisti e Rizzo dà lo 0,18 (3).
Ma il dato peggiore - perché maggiori erano le aspettative che aveva alimentato con proclami altisonanti - è quello del Pcl. Il gruppo di Ferrando, che da sempre vede nelle elezioni uno dei momenti principali della propria attività, ha proclamato nelle scorse settimane di essere "l'unico partito a sinistra di Rifondazione in grado di una presentazione elettorale nazionale" (in realtà anch'esso si è presentato in un ristretto numero di città). Salvo rare eccezioni, i programmi del Pcl erano spesso indistinguibili da quelli di una qualsiasi lista civica o di centrosinistra. Esemplari, in questo senso, sono il programma di Savona (città di Ferrando), incentrato sul verde cittadino e il wi-fi e soprattutto la campagna elettorale di Milano. A Milano, il candidato sindaco Montuori ha basato la sua presentazione su questioni come le piste ciclabili, i gradini troppo alti della metropolitana, senza nessun riferimento (nemmeno generico) a questioni di classe o a un programma anche vagamente rivoluzionario. Montuori ha persino sottolineato come con il Pd il Pcl ritenga che vi possa essere "un fronte di collaborazione" su "questioni come il lavoro, l'immigrazione" (vedere, per credere, il filmato di cui riportiamo il link: 4).
Non è chiaro se questo profilo, del tutto indistinguibile da quello, ripetiamo, di una qualsiasi lista civica, spesso nettamente più arretrato persino di quello esibito dalla sinistra governista, sia frutto solo dell'orientamento prevalente in quel partito o il prodotto anche di una qualche illusione di poter così raccimolare voti (5). Fatto sta che il risultato per il Pcl è, parafrasando Ferrando, davvero "unico": nel senso che per un partito che da sempre alimenta aspettative elettorali e vanta una propria "consistenza elettorale dell'1%" (dato mai raggiunto nemmeno in passato), è davvero un tonfo doloroso raccimolare lo 0,1% a Torino, lo 0,1% a Cagliari, lo 0,2% a Napoli, ecc. Per tacere del doppio zero a Milano, città dove è la sede centrale del partito: qui infatti il Pcl prende lo 0,06%.
La sostanza oltre gli zeri
Il Pdac prende un risultato numerico simile (lievemente maggiore) a quello conseguito alle precedenti elezioni: con punte dello 0,69% a Barletta e 0,85% a Latina. Se abbiamo citato gli zeri degli altri, dunque, non è certo per esibire gli zero (in genere di poco superiori) che abbiamo preso noi. Lo abbiamo fatto solo perché crediamo, e speriamo, che l'esito di queste elezioni possa favorire una larga comprensione, tra gli attivisti di sinistra, siano essi nel Prc o in altre forze, di un elemento fondamentale: una forza che si pretende comunista e di classe dovrebbe temere come la peste le illusioni elettoralistiche e utilizzare (come raccomandavano Lenin e Trotsky) le elezioni solo come momento, secondario, di propaganda: ma di propaganda rivoluzionaria, di classe, non per improbabili programmi di "buon governo" rivolti ai "cittadini". Così abbiamo cercato, nella limitatezza delle nostre forze, di fare noi, con risultati importanti sul piano realmente importante per i comunisti: quello della costruzione del partito. Per questo giudichiamo positivo il nostro bilancio elettorale: non certo per gli zero virgola ma perché abbiamo presentato un programma di classe, perché abbiamo organizzato assemblee cui hanno partecipato decine di lavoratori in lotta (vedi le foto pubblicate sul nostro sito); perché una parte dei lavoratori e dei giovani che hanno partecipato con noi alla campagna elettorale hanno deciso infine di entrare in Alternativa Comunista, come militanti. E' per noi un piccolo ma significativo passo avanti in direzione dell'unica cosa che realmente motiva i nostri sforzi: il processo di costruzione di quel partito rivoluzionario con influenza di massa che ancora manca nel nostro Paese e a cui pensiamo di poter dare un importante (e certo non esaustivo) contributo.
Quando, viceversa, ci si presenta alle elezioni con il solo scopo di raccogliere più voti, e a questo fine si stringono alleanze senza principi o si presentano programmi men che riformisti, non solo si perde ogni utilità di partecipare alle elezioni, non solo si cade in quello che con Lenin potremmo definire "cretinismo elettorale", non solo non si contribuisce in nessun modo alla crescita delle lotte operaie contro governi e giunte padronali, non solo non si favorisce la lotta reale per cacciare Berlusconi sottraendosi al gioco perdente dell'alternanza borghese, ma si finisce per ricevere sonore lezioni financo sul piano dell'aritmetica elettorale, visto che le elezioni borghesi sono, per loro natura, un gioco truccato (a favore dei padroni).
Sono, queste, lezioni della realtà, temiamo, che non insegneranno nulla sul piano politico ai boriosi leader della sinistra riformista e centrista (cioè semi-riformista). Lo dimostrano le paradossali dichiarazioni trionfalistiche dopo il voto di Ferrero ("non nascondo la mia soddisfazione" ha dichiarato) o il comunicato surreale di Ferrando (Pcl) che, pur dovendo riconoscere per una volta i tristi numeri, parla di avanzamento nella costruzione del suo partito... per i 127 voti presi a Bertinoro (delizioso comune di qualche migliaio di abitanti) e in non si sa quale altro paesino montano.
Sono dichiarazioni che ben illustrano la dannosità (o in qualche caso solo l'inutilità) dei gruppi dirigenti della sinistra riformista e centrista, tanto più in un momento in cui è urgente costruire nelle lotte operaie e studentesche quella direzione che possa far sviluppare anche in Europa e in Italia le rivoluzioni che stanno infiammando il mondo arabo.
Note
(1) La nostra posizione rispetto alle elezioni e una critica dell'atteggiamento delle altre forze si può leggere nell'articolo di Claudio Mastrogiulio, "Il senso della nostra partecipazione. E il desolante quadro a sinistra", pubblicato sul nostro sito web (alternativacomunista.org).
(2) La scelta di campo ("critica") di Sc per Pisapia è espressa in "Berlusconi sbatte il muso" di Salvatore Cannavò, su 
http://www.ilmegafonoquotidiano.it/news/berlusconi-sbatte-il-muso
(3) Va dato atto a Sinistra Critica di presentare i propri numeri elettorali nella loro realtà: evitando le ridicole acrobazie linguistiche di altri.
(4) V. l''intervista a Montuori (candidato sindaco del Pcl a Milano):
http://www.youtube.com/watch?v=Z45c1klGj0g&playnext=1&list=PL66DFD2E9956209D9
Dopo una parte prevalente dedicata dal candidato ad illustrare le proposte del Pcl sull'arredo urbano, spiccano affermazioni come "Il Pd non ha preso una posizione netta sulla questione della Fiat" (sic).
(5) Per un elenco delle numerose (e talvolta contrastanti) posizioni programmatiche presenti nel partito di Ferrando si veda "Lo strano caso di un partito virtuale", sul nostro sito.

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