mercoledì 18 maggio 2011

Una notizia cattiva dalla Sardegna

Giovanni D'Ambrosi Fonte il Minatore Rosso




Le riserve naturali sarde: basi per radar anti-immigrati


I mezzi utilizzati per l'avvistamento delle navi profughi ampliano le basi militari dell'isola. I cittadini vogliono difendere la loro terra

Quattro siti di interesse paesaggistico ed archeologico sono stati scelti per installare radar che contrasteranno gli sbarchi degli extracomunitari. Per questo in Sardegna sono in corso presidi continui: gli abitanti stanno occupando i 4 cantieri militari scelti sul territorio. Oltre ai danni all'ambiente e alla salute, dovuti alle onde elettromagnetiche che gli strumenti di avvistamento rilasciano, il “Comitato No Radar Capo Sperone” denuncia la speculazione economica e finanziaria sottesa alla costruzione dei nuovi strumenti bellici. «È una truffa. Noi sardi siamo stanchi di essere colonizzati», commenta dall'isola il referente del Comitato No Radar Capo Sperone Antonello Tiddia (VIDEO). 14 le installazioni che dovrebbero riguardare l'intera penisola.

Le aree prescelte
Le zone individuate per la costruzione di tralicci e parabole, dell'altezza di 36 metri, si trovano sulla costa occidentale dell'isola, nei comuni di Sant'Antioco, Fluminimaggiore, Tresnuraghes e Sassari. Le proteste dei cittadini hanno lo scopo di respingere le ruspe e bloccare l'opera di fortificazione. Agli atti comunali l'intervento si configura «come un'opera militare di interesse nazionale che sebbene ricada in una zona di elevatissimo pregio ambientale, è compatibile con la destinazione di zona urbanistica».

Avanti con le deroghe
Tresnuraghes, ad esempio, è un territorio protetto dalle ferree norme della Zps e sebbene alcune vietassero i lavori di innalzamento dei radar (dal 30 marzo al 30 giugno) per consentire il ripopolamento della fauna selvatica, una deroga ottenuta dalla Regione ha permesso l'avvio dei lavori. «Deturpano il territorio, la fauna, l'ecosistema e la salute. Questi radar produrranno onde elettromagnetiche che ammazzeranno i sardi». Questo è l'allarme lanciato dal Comitato No Radar.

Soldi, soldi, soldi
«Nessuna amministrazione ci aveva informato di questi sistemi, benché avessero già dato le concessioni per la costruzione» denuncia Tiddia, componente del Comitato. La militarizzazione del territorio sardo rientra nel progetto dell'Unione Europea per il potenziamento delle frontiere in difesa dai flussi migratori provenienti dal Nord Africa. I radar possono individuare imbarcazioni veloci di piccole dimensioni sino ad una distanza dalla costa di 50 chilometri.

Tra appalti e produttori
Sono prodotti dalla Elta Systems, società controllata dal colosso industriale militare ed aerospaziale israeliano IAI. La ditta appaltatrice è, invece, Almaviva del gruppo Finmeccanica: «Azienda che produce armi e morte». L'opera è affidata alla Guardia di Finanza. «Prima del blocco per le proteste - spiega Tiddia -, i lavori proseguivano celermente. Hanno verificato con delle ruspe la solidità del terreno. Innalzeranno i radar in 10 giorni. Se poi non funzionano, non fa niente. L'importante è prendere i soldi».

«Ci vietano di godere del nostro territorio»
Sull'isola, il 62% del demanio è sottoposto a servitù militare. «Ci sono interessi economici enormi - prosegue il referente del Comitato No Radar Capo Sperone -. Sono milioni gli euro gestiti da Almaviva. I radar saranno alti 36 metri, recintati e consegnati alla Guardia di Finanza. Queste opere belliche non porteranno lavoro. Siamo stanchi di essere colonizzati dall'Italia, senza avere nessun tornaconto. Qui la gente sta morendo di fame. Useremo tutti i mezzi affinché questi radar non vengano costruiti ed installati in Sardegna».

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