venerdì 17 giugno 2011

Le terme romane bene comune come l'acqua

Luciano Granieri

In queste ultime settimane il concetto di beni comuni, grazie alla  campagna referendaria, è assurto a protagonista delle cronache politiche e sociali . L’acqua è un bene comune perché è un elemento naturale  e un diritto umano universale. La disponibilità e l’accesso individuale e collettivo all’acqua potabile sono garantiti in quanto diritti inalienabili ed inviolabili della persona. Altri beni comuni come l’acqua sono definiti in modo simile. Personalmente ho la convinzione che un bene comune è tale quando se ne ha percezione  nel momento in cui viene a mancare   .  Si ha consapevolezza  dei benefici  di acqua, aria, cibo, salute, qualità ambientale solo quando questi elementi vengono sottratti . L’accesso a tali beni si  acquisisce dalla nascita  non deve essere comprato  , ecco petche  i beni comuni non possono rientrare nella categoria dei SERVIZI PUBBLICI DI RILEVANZA ECONOMICA. E’ come se una cosa che spetta per diritto universale venga sottratta  e diventi necessario  riacquistarla  spendendo dei soldi e assicurando profitti  al colpevole del furto.  Tutto questo vale per i diritti inalienabili  della persona. Esistono però beni comuni che attengono alla  comunità intera  perché nascono con essa, costituiscono parte integrante della sua identità collettiva. Anche questi beni non possono essere sottratti alla libera fruizione della società che li possiede sin dalla sua nascita . Non può accadere che la libera fruizione venga limitata o negata per il profitto di pochi.  Ci riferiamo in particolare al patrimonio storico archeologico  che è parte integrante di un popolo    definisce l’appartenenza e l’identità non ai suoi  confini territoriali, ma ai sui  capisaldi culturali . Questo patrimonio deve appartenere alla collettività la quale deve liberamente usufruirne senza pagare dazio.  A Frosinone  il caso dei reperti archeologici sepolti sotto il suolo cittadino costituisce un classico esempio di appropriazione indebita di un bene comune da parte del settore privato con la complicità dell’anmministrazione comunale.  Tra via Giacomo De Matthaeis e la Villa Comunale, si sviluppa  un importante impianto termale di epoca Romana.. Nel bel mezzo di questo comprensorio esiste un’area  nella quale è prevista l’edificazione da parte di soggetti privati di un complesso polifunzionale residenziale e destinato ad ospitare    edifici commerciali.  Oggi la quesitone aperta riguarda la presenza o meno sotto l’area destinata  ai privati, di reperti ad elevata valenza  archeologica. In base al valore dei reperti che eventualmente si troveranno si potrà autorizzare Le Imprese Vellucci del Gruppo Zeppieri Costruzioni a iniziare i lavori. La manfrina che si sta consumando su questa faccenda  ha dell’incredibile. Dopo perizie della sovraintendenza ai beni culturali, che ieri affermavano una cosa e oggi ne sostengono un’altra, c'è stata la scampagnate organizzate dal sindaco in mezzo al fango degli scavi sul suolo privato  per dimostrare  a stampa, cittadini e comitati che ad un primo esame la zona destinata ai privati ha il sottosuolo privo di reperti ad alta rilevanza archeologica.   Dunque anche dopo delle ricerche più approfondite questa sarà  destinata ad essere sepolta dal cemento. In  ogni caso dopo diversi ripensamenti e strumentalizzazioni  lo scippo del "BENE COMUNE TERME ROMANE" alla popolazione frusinate si sta consumando in maniera irreversibile, con la complicità di alcuni consiglieri  di maggioranza che innanzi ai comitati a favore delle  terme hanno sostenuto  una mozione salvo poi modificarla in seduta consiliare stravolgendone il significato. Il punto vero della questione non è relativo al fatto che la costruzione del complesso edilizio sia condizionata alla presenza di reperti , ma concerne la libera fruibilità dei cittadini del BENE COMUNE TERME ROMANE.  Un tale colata di tonnellate e tonnellate di cemento nel bel mezzo di un area che che nasconde questi tesori, deve essere impedita. Perché oltre a togliere valore al sito contaminato da un insediamento urbano enorme, IMPEDISCE LA COMPLETA FRUIBILITA’ DEL SITO STESSO DA PARTE DEI CITTADINI.  Questo sacrosanto principio è il pilastro della mozione (il testo è nel post seguente),  presentata dal Compagno Francesco Smania  della Lista  la Sinistra in Consiglio Comunale. Una documento che come è nel costume della politica assoggettata al potere economico è stato snobbato dai consiglieri di maggioranza di minoranza, alcuni dei quali, pur facendosi belli davanti alle associazioni assicurando il pieno appoggio alla lotta per le terme, dinanzi al rischio di inimicarsi  un imprenditore illuminato come Zeppieri hanno preferito darsela a gambe facendo mancare il numero legale. Vogliamo però avvertire questi signori che il vento è cambiato. Anche in Ciociaria il 57% dei cittadini ha  votato un referendum in cui si afferma il principio che un BENE COMUNE non può essere fonte di profitti da parte di privati né può essere sottratto alla disponibilità della collettività. LE TERME ROMANE in quanto patrimonio storico culturale della cittadinanza SONO INDUBITABILMENTE  UN BENE COMUNE. E’ necessario dunque tenere conto che a seguito del referendum questo  bene deve essere gestito e controllato da tutta la comunità e nessun Zeppieri o chi per lui può incrinare questo principio.

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