Si erano proprio sbizzarriti, i politici torinesi, nell’associare il movimento No Tav alle violenze di Roma, nel descrivere uno scenario in cui centinaia di violenti d’Italia e d’Europa si sarebbero radunati a Giaglione per la manifestazione di oggi. Cota: “Abbiamo ragione di ritenere che ci sia una strategia per ripetere la violenza che abbiamo visto a Roma”. Fassino: “Il prefetto faccia luce sui black bloc in valle, le violenze di Roma siano un monito per tutti”. Saitta: “Il movimento No Tav annuncia di fare azioni eversive”. Idem i giornali, a partire da Repubblica: “I No Tav violenti pronti alla lotta”.
Tutto questo era sfociato in un imponente schieramento di 1700 agenti (pagati da tutti noi) e in una assurda ordinanza del questore che vietava di fatto il corteo: prevedeva “il divieto di accesso a tutti i sentieri… che conducano all’area di cantiere” e “divieti di transito ed accesso nelle strade comunali di Giaglione per Frazione San Rocco e Frazione San Giovanni”, quelle che portano a Chiomonte, con tanto di sparata: “le aree oggetto di divieto saranno comunque precluse da sbarramenti invalicabili”.
Oggi, (ieri ndr) il movimento No Tav non ha solo battuto lo Stato: l’ha reso ridicolo. Ha svilito politici e giornalisti, perché diecimila persone a volto scoperto sono sfilate per valli e sentieri, si sono schierate a due metri dal cantiere, hanno attraversato interi schieramenti di poliziotti senza che volasse in aria nemmeno una castagna - altro che black bloc e violenze.
E ha svilito i tutori dell’ordine: diecimila persone hanno imboccato tranquillamente la strada di San Giovanni, fregandosene del questore. Hanno attraversato la frazione, preso i sentieri vietati, tagliato la prima rete di recinzione, con la semplice forza del numero. Hanno aggirato il secondo sbarramento prendendo i sentieri, chi sotto verso il fiume, chi sopra verso la montagna.
A quel punto (13:05) la Digos ha detto ai giornali che il primo “sbarramento invalicabile” non era poi così importante, era “simbolico”, ma il terzo sbarramento, il ponticello sul rio Clarea, era insuperabile:“Il limite è inviolabile, chi tenterà di superarlo sarà denunciato”. Non hanno fatto nemmeno in tempo a dirlo e hanno scoperto che il corteo era già alle loro spalle, attraversando il rio presso uno dei tanti guadi. Si sono dovuti arrendere; mezz’ora dopo migliaia di persone erano davanti e dentro la storica baita “abusiva”, tre chilometri dentro la zona rossa e dentro l’area ufficiale del cantiere, dove hanno allegramente organizzato una grande polentata.
La polizia ha chinato la testa e ha addirittura rimosso i suoi stessi sbarramenti, permettendo il deflusso dei manifestanti per la via maestra; una marea umana ha sciamato sul ponte del Clarea in mezzo a uno schieramento di poliziotti scornati, a cui peraltro va la mia solidarietà, perché la figuraccia è solo la conseguenza delle scelte insensate dei loro capi e dei politici.
Il movimento No Tav ha dato una grande prova all’Italia: con la disobbedienza civile, nonviolenta e determinata di migliaia di persone unite, anche le barriere militari diventano inefficaci. Ora gli uomini dello Stato dicono che i divieti da loro imposti erano simbolici, che in fondo non è stata violata l’ultima recinzione interna del “cantiere” (che, ricordiamo, è solo un piazzale pieno di camionette, perché non c’è traccia di lavori in corso, e peraltro occupa terreni privati mai espropriati ma occupati grazie a una ordinanza “di emergenza” che si trascina da mesi), che se non è successo niente è merito di politici e questure (dopo che hanno soffiato sul fuoco per una settimana).
Così facendo, si rendono sempre meno credibili, da soli. Se sapremo mantenere questa via, presto lo Stato saremo di nuovo e davvero noi; e una risata seppellirà il Tav.
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