giovedì 17 novembre 2011

Danza la finanza

Giovanni Morsillo
C'è un nuovo governo. Nuovo nel senso di ulteriore. Un nuovo governo che in totale discontinuità con il passato innalzerà l'età lavorativa, taglierà i fondi alla scuola pubblica ed alla ricerca, abolirà qualche festa anche se solo simbolica (il Ministro Cancellieri, apparentemente donna, è per l'abolizione dell'8 marzo perché superato), raschierà stipendi e pensioni per rifocillare le banche e la speculazione finanziaria, rifinanzierà le guerre e le missioni che manteniamo in giro per il mondo petrolifero, rimetterà l'ICI sulla prima casa, aumenterà tariffe e tasse, lascerà ai privati la gestione del ciclo dell'acqua, privatizzerà le municipalizzate, manganellerà studenti e lavoratori se si azzarderanno a portare in pubblico le loro disperate situazioni sociali.
Farà anche altro, perché questi manager e professori competenti sono decisionisti, hanno dalla loro parte la virtù del fare e non lo squallore della burocrazia contrabbandata per politica che invece appartiene ai dirigenti dei comitati elettorali (a loro volta contrabbandati per partiti). Per esempio, farà la nuova legge elettorale, secondo le intenzioni di santa romana confindustria, dove - volete scommettere? - il potere del popolo svrano sarà ancor più annichilito di quanto già non sia oggi. E farà anche qualcos'altro per dare un segno della propria presenza nella storia, magari rinnovando i programmi scolastici a vantaggio di una cultura moderna e "tecnica", ossia fuori dalle fisime classiciste dell'umanesimo. Cultura che serva alle imprese, che sappia produrre oggetti da vendere, non riflessioni filosofiche sui destini umani, che tanto li conosciamo già, e comunque sappiamo chi li decide.
Ecco, un nuovo governo che farà meglio e di più le cose che la compagine del tiranno di Arcore non poteva fare. E non perché ingessato dalle regole politiche o dai magistrati rivoluzionari o golpisti a seconda del momento, ma perché tutto concentrato a non far scadere i tempi per realizzare l'ultimo capitolo del Piano di Rinascita gelliano mettendo sindacati e magistratura in castigo. Quello è un progetto sacrosanto che resta in stand-by, ma adesso i dividendi e le borse rivendicano l'urgenza assoluta. Lo spread convince anche i disoccupati che è ora di un governo saggio, che tagli a rotta di collo senza riguardo per nessuno, tranne per i ricchi, che sappia insomma far digerire l'ennesima politica di classe (sia nel senso che viene fatta con sobrietà e senza mignotte in giro, sia nel senso che è squisitamente padronale, che ha cioè il volto reale del padrone reale).
E tutti ad applaudire, a dire un gran bene di questo nutrito commando di espertissimi guerrieri del capitale, a sbracciarsi a sostegno di questa squadra speciale che rappresenta solo nell'immaginario il superamento di una fase nefasta della nostra storia sociale, civile ed economica.
Una domanda: se è vero che questa crisi non è una crisi di sovrapproduzione come quelle cicliche del modo di produzione capitalistico, se cioè non è una di quelle ricorrenti inflazioni dovute al sovrabbondare di merci prodotte che si risolvono con un pò di ristrutturazione (licenziamenti) o, se più gravi, con una bella guerra che "bruci" quanto in eccesso e ponga le basi per una redditizia ricostruzione (per chi resta, s'intende); se si tratta cioè di una crisi di sistema, essendo il modello post-industriale della finanziarizzazione economica venuto al dunque, perché mai degli illustri operatori e teorici di quel sistema dovrebbero rappresentare la soluzione alla crisi? Se il vostro medico vi prescrivesse degli infusi di grappa in presenza di una epatite, lo mandereste al diavolo, o meglio, se avete pruriti di responsabilità civile, lo denuncereste. Perché invece si applaude quando gli economisti (e che economisti: tutti liberisti, naturalmente) vengono imposti come soluzione al male della finanza?
Ma c'è un altro aspetto, fra i tanti, che merita di essere tenuto presente, se non si gode a fare le sabbiature al cervello e agli occhi: per un quarto abbondante di secolo, gli italiani si sono fatti infilare in testa la formula magica secondo cui non è in Parlamento che si fanno le alleanze, ma in campagna elettorale. Ciò presuppone la possibilità di riempire il Parlamento stesso di gente che raccoglie altre qualifiche ma è priva di qualsiasi affidabilità e capacità politica, come è successo. Presupporrebbe anche che a quel punto il Presidente del consiglio venisse eletto direttamente, ma così non è, anche se con stile tutto italian-imbroglione, da tempo viene impropriamente chiamato Premier, il che è una falsità mostruosa ma passa nel senso comune con una non-chalance impressionante. In ogni caso, una domanda forse ingenua prorompe: quando mai qualcuno ha votato non dico per questo governo, che è legittimo anche se poco opportuno, ma per questa maggioranza? Non ci hanno detto che rinunciavamo alla rappresentanza per avere in cambio il dono prezioso della stabilità, che avrebbe attirato gli investiitori di mezzo mondo, affascinati dalla sicurezza che un governo immortale anche se pro-tempore gli avrebbe dato? Ma la stabilità doveva essere garantita, in un sistema bipolare, dalla maggioranza uscita dalle urne, senza ribaltoni o altre trovate geniali. Invece, in un fritto misto di nomine senza elezioni, proporzionali che puzzano di plebiscito lontano un miglio, ministri che vanno e vengono, tradimenti e "responsabili" di tutte le taglie (nel senso di ricompensa) e di tutti i prezzi, questo ceto dirigente accuratamente selezionato con i più moderni ritrovati dell'ingegneria elettorale, una ne dice e cento ne fa, alla faccia della Costituzione, dei poteri costituiti, della sovranità, della democrazia.
Che cosa si aspetta il popolo, lo sappiamo: crede ancora una volta che adesso è la volta buona, anzi la svolta buona, che adesso non c'è più trippa per gatti, che ora vedrai come ti rimettono a posto questi che non fanno parte della razza politica! E fra qualche tempo (non molto, ché i mercati hanno fretta) cominceranno a grattarsi le parti dolenti per l'ennesima partecipazione forzata al festino in qualità di pietanza, e continueranno a sperare che venga un messia qualsiasi a dire "Non vi preoccupate, ora ci penso io. Vi faccio piangere un po', ma poi vedrete che tutto rifiorirà".
E tutto sarà fatto, ancora una volta, in via del tutto eccezionale, in forma verticistica (non solo senza partecipazione, ma senza consultazioni perfino) in nome e per conto della democrazia, del bene del paese, del rispetto degli impegni europei (perché noi siamo galantuomini, e gli impegni li manteniamo, a costo di afrli pagare a qualcun altro).
Nei giorni scorsi ci hanno gonfiato tutto il gonfiabile con la storia di fare presto perché i mercati vogliono segnali, la finanza vuole fiducia, la borsa deve avere risposte. A qualcuno è capitato, per caso, di sentir dire da uno qualunque dei milioni di presidenti che infestano il paese o da qualche giornalista o dirigente politico, magari sottovoce, se fosse il caso di sapere cosa si attendono i cittadini? Forse freudianamente questo concetto è stato rimosso dalle loro aristocratiche capocce, tutte prese in questioni serie e importanti, affannate a ricercare modi nuovi per continuare i vecchi giochi.
Intanto i poliziotti continuano a picchiare, e i ricchi continuano a brindare. E Napolitano è orgoglioso.



O la borsa o la vita
Apres la classe

La casta dei politici è solerte nell'appoggiare la casta degli austeri cattedratici tutti banca e chiesa. C'è più soddisfazione a farsi fregare dalle persone serie che dall'alto della loro aura infallibile ti asciano con una mano davanti e SOPRATTUTTO CON UNA MANO DIETRO.


Luc Girello

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