giovedì 10 novembre 2011

Golpe e lotta di classe

Luciano Granieri

 E golpe sia. Come chiamare quello che sta accanendo in Italia?  Quando un capo di governo viene destituito, non per sfiducia  parlamentare, ma per un colpo di mano violento non è golpe? Sicuramente la natura della violenza cui mi riferisco è  diversa da quella comunemente intesa:  si tratta di ferite   chirurgiche  e asettiche  operate sul tessuto sociale  dalla speculazione finanziaria. E’ una violenza che non produce carneficina fisica, ma macelleria sociale. Tutta l’operazione è stata messa in atto con una prontezze e un’efficienza incredibili. A differenza dei creduloni, in buona o in mala fede, che affollano il parlamento e i loro cicisbei giornalisti, i mercati non hanno creduto all’escamotage delle dimissioni a tempo concordate dal Presidente uscente Berlusconi con l’altro Presidente Napolitano.  Era del tutto evidente che il passaggio di mano, da concretizzarsi dopo l’approvazione del documento di stabilità, sarebbe stato l’ennesimo bluff. Dopo il passaggio parlamentare, calendarizzato abbastanza in là nel tempo sulle norme economiche pretese  dalla Bce e dalla comunità europea, cui un' opposizione insipiente mai avrebbe posto i bastoni fra le ruote,  il presidente del consiglio si sarebbe sicuramente rimangiato la parola. A fronte di tracolli parlamentari scongiurati e con il tempo a disposizione per ricompattare la sua maggioranza a suon di ulteriori prebende regalie e sottosegretariati, Berlusconi sarebbe risorto più forte che pria vanificando le promesse e le aspettative del presidente Napolitano. Ma come detto, i mercati, fiutato l’imbroglio, hanno scatenato l’offensiva, lo spread è salito alle stelle portandosi dietro i tassi d’interesse sui btp. Il presidente Napolitano si è visto costretto a firmare la resa formalizzando, contro ogni logica costituzionale,  il governo dei super economisti a guida Mario Monti. Tutto si è svolto secondo i piani promuovendo,  non l’incapacità buffonesca del nano di Arcore, né le lungaggini di elezioni anticipate dall’esito quanto mai incerto, ma il governo tecnico, un esecutivo affidabile, impermeabile ad ogni istanza sociale, pronto a sacrificare il benessere dei cittadini italiani al pensiero unico neoliberista.  Contro ogni logica istituzionale il regista di questa operazione è stato il Presidente della Repubblica  Giorgio Napolitano.  Colui il quale, proprio  in virtù della sua prerogativa di garante della Costituzione, avrebbe dovuto impedire che un potere sovranazionale, esterno alla dinamica parlamentare, avesse voce in capitolo sul governo del Paese . Eppure Napolitano aveva avuto l’occasione di far cadere il governo avvalendosi della Carta Costituzionale. La non approvazione del rendiconto economico nella prima seduta parlamentare del 14 ottobre scorso sarebbe stato un motivo più che sufficiente per far valere gli effetti dell’articolo 81 in merito alla non approvazione del bilancio e del rendiconto consuntivo presentati dal governo  e del conseguente art. 88 sulle prerogative del Capo dello Stato di sciogliere le camere in presenza di un  atto eccezionale. Questa  decisione però difficilmente avrebbe aperto le porte al governo dei banchieri,  e si sarebbe dovuto affrontare lo spauracchio delle elezioni anticipate.  Ormai il vulnus è stato inferto e ha aperto le indecorose danze dei parlamentari. Il Pd è pronto a rivotare il patto di stabilità prima schifato  che dissanguerà ulteriormente i cittadini ,   solerte  nell’ assistere le spericolate azioni della Bad Company Monti/Draghi/Bini Smaghi, sperando in qualche poltrona di riconoscenza.  Nel Pdl sono tutti in libera uscita. La granitica compattezza a favore  delle elezione anticipate si sta sfaldando in nome dell’occupazione dello scranno parlamentare e della maturazione dei vitalizi a seguito del governo dei banchieri.  Anche il capo fatica a tenere i suoi sodali, traditori della prima della seconda e della terza ora: da Frattini a Schifani a Scajola a Formigoni è tutto uno svincolarsi dal capo ormai caduto in disgrazia, il quale cerca almeno di ottenere che Nitto Palma rimanga a guardia degli affari giudiziari per firmare una resa onorevole. Bossi cerca di rifarsi una verginità assicurando che tornerà all’opposizione. E’ certo che il senatur non vuole cedere lo scettro di condottiero del partito di lotta a Maroni.  Di Pietro indefesso vuole vedere la carte prima di cedere e per questo si sta beccando gli improperi dei suoi compagni di viaggio che impazzano su internet. Vendola si è affabulato da solo e sostiene che in cambio di una patrimoniale fatta come Cristo comanda si potrebbe appoggiare il governo Monti, come se un tale esecutivo morisse dalla voglia di intaccare i grandi patrimoni detenuti dalla congrega d’affari che ne ha decretato la legittimità. Insomma, tutti insieme appassionatamente ad osannare il nuovo corso di autorevolezza e moralità del professor Monti e della ritrovata credibilità all’estero. Come se cambiasse qualcosa farsi saccheggiare da un guitto o da una persona seria. Come se lo scempio sociale, l’attentato ai diritti per una vita dignitosa fatta di lavoro, istruzione e salute, si potessero  accettare se portati avanti  da un professore della Bocconi piuttosto che da un puttaniere!!! Ah dimenticavo e la sinistra-sinistra?  Ferrero sostiene, e a ragione,  che sono necessarie elezioni anticipate e che l’attuale soluzione economicista altro non farebbe che facilitare l’attacco ai diritti ordito dalle istituzioni finanziarie e dalle banche. A questo punto però chiedo al MIO segretario nazionale : alla luce della nuova situazione, la tanto agognata unità della sinistra, prefigurata dalla prima mozione congressuale da lui firmata e redatta dalla maggioranza del partito, con chi andrebbe realizzata?  Con il Pd?  Che non vede l’ora di osannare il governo dei banchieri ed entrarvi a pieno titolo ? Con Vendola che in preda ad un processo di auto-affabulazione tutto sommato non lo disdegna? Con lo sbirro Di Pietro?  Ormai è chiaro che Berlusconi era solo una parte del problema, neanche tanto fondamentale  e che la questione vera riguarda l’intero sistema di potere. E’ fondamentale sapere se si vuole una nazione governata da  un  potere trans nazionale esercitato dagli organismi finanziari internazionali in dispregio delle scelte del popolo,  oppure  si desidera  la forza di uno stato che basa la sua organizzazione  sulla partecipazione democratica dei cittadini e sul dettato costituzionale.  Lo si voglia o no questa è la devastazione provocata  della nostra sconfitta nella lotta di classe.  Il lavoro è stato schiavizzato e sottomesso, il capitale si è sviluppato, è cresciuto enormemente fino a travalicare una rappresentanza politica liberale, ad inglobarla  ed arrivare direttamente al potere. E’ dunque necessario riorganizzarsi per tornare a combattere una lotta che dalle macerie possa trovare un nuova  linfa. Ma per far questo bisogna aggregare non pezzi  di una finta e fantomatica  sinistra moderata politicista  succube del mercato , ma gli operai, gli studenti, i precari, tutte quelle categorie che hanno lottato e stanno lottando per riconquistare i propri diritti . E’ necessario ricostituire una forza di classe che trovi in un partito di classe, quale potrebbe essere Rifondazione Comunista  il giusto strumento organizzativo. Su questo inviterei a riflettere i compagni della prima mozione. In particolare i compagni del nostro circolo, minoritari nel congresso. Riflettete seriamente sui fatti politici anziché usare vizi procedurali per cercare di  invalidare un congresso che vi ha visto sconfitti cerchiamo di confrontarci sul merito. Il rosicamento non serve a nessuno.

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