“Un mare così ampio. I racconti-in-romanzo di Julio Monteiro Martins” di Rosanna Morace, Libertà Edizioni (www.libertàedizioni.it), Lucca, 2011, pp.177.
Questo testo di Rosanna Morace si inserisce in un più ampio progetto della Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell'Università di Sassari “Scrittori migranti” e ha il merito innanzitutto di evidenziare la complessità e la ricchezza della cosiddetta “letteratura migrante”: a partire dalla definizione di autori e autrici che scrivono in una lingua diversa dalla madrelingua, verso il superamento di una chiave di lettura puramente sociologica dell'esperienza dei migranti, del racconto-denuncia dell'emigrazione, sottolinea il valore letterario e la pluralità di temi degli scritti
e individua la forza dirompente di questa “letteratura migrante” che esce dagli schemi linguistici e stilistici e inventa forme nuove.
Il libro presenta il percorso letterario ed esistenziale dell'intellettuale Julio Monteiro Martins, nato nel 1955 a Niteroi (Brasile), cofondatore del partito verde brasiliano, del movimento per l'ambiente “Os Verdes”, della casa editrice Anima, avvocato dei diritti umani, responsabile dell'incolumità dei “meninos de rua” ; autore di opere in lingua brasiliana e italiana. In Italia ha pubblicato “Il percorso dell'idea”, Pontedera, 1998; con Besa “Racconti italiani”(Nardò, 2000), “La passione del vuoto” (2003), madrelingua (2005) L'amore scritto (2007) e il racconto “L'irruzione”nell'antologia“Non siamo in vendita. Voci contro il regime”, Arcana Libri, L'Unità, con scritti di Erri De Luca, Dario Fo, Antonio Tabucchi, Bernardo Bertolucci, Gianni Vattimo; insegna all'Università di Pisa, dirige la rivista on line Sagarana (www.sagarana.net) cui rinvio per la bibliografia dell'opera completa in portoghese e in italiano.
In quest'opera, la letteratura migrante viene valorizzata sia dal punto di vista stilistico, sia per la complessità di contenuti, che non si limitano al racconto di un esilio o di un esodo; lo stile si fa ampio, diverso dagli schemi preesistenti, evapora, straripa, smaterializza strutture per crearne altre, per raccontare la complessità delle “Vite-letterature”, come le definisce Mia Lecomte.(1).
Diventa “Un mare così ampio” - appunto - in cui percorsi letterari si intersecano a quelli esistenziali. Il titolo del testo trae origine da un racconto in cui Fernao de Magalhaes è alle prese con la difficile decisione di partire per l'ignoto e circumnavigare per la prima volta il globo terrestre; in una taverna di Lisbona apre il suo animo tormentato all'amico astronomo Ruy Faleiro, esprimendo il concetto del viaggio verso l'ignoto, verso l'altrove: “E se è vero che ho lasciato me stesso dietro di me, questo non mi spaventa, perché so che il mondo è una sfera e perciò è proprio allontanandomi dal punto di partenza che potrò fare il giro completo che va da me a me stesso”(2). Migrazione come metafora dell'unico vero viaggio che ogni essere umano compie, all'interno di se stesso. Viaggio geografico, esistenziale, letterario, stilistico,
A questo proposito la ricchezza dello stile di Monteiro è emblematica: frammenti di romanzo, romanzo in racconti, raccolta di racconti, poesia narrativa, metaromanzi, poemi in prosa, racconti dialogici, antiromanzi. Segnalo ai lettori di AUT il gioiello ”madrelingua”- antiromanzo in cui frammenti metaletterari descrivono frammenti (e rovine) ideali, linguistici e progettuali della nostra epoca assopita dal consumismo devastante, esplodono oltre i confini della forma romanzo e compongono qua e là caleidoscopi di luci , colori, possibilità, (il desiderio ossessivo di Salvo di sfuggire al berlusconismo appiattente si realizza in un viaggio in Colombia).
L'esilio di Salvo rispecchia quello di Julio Monteiro dal Brasile degli anni 90, in cui si era riaffermata la democrazia dopo la dittatura militare, ma mancavano spazi culturali e politici anche nelle sinistra-oligarchica e chiusa- e possibilità di cambiamento.
Questa appassionata denuncia della situazione italiana da parte di un intellettuale che si è contrapposto ad una dittatura ,che ha definito il suo esilio “un suicidio amministrato”, ci dovrebbe far riflettere.
Completa il testo una lunga intervista allo scrittore, in cui “migrante”(3) viene definita la “situazione esistenziale necessaria dell'uomo contemporaneo. Siamo tutti migranti, quelli che cambiano migrano in avanti, mentre migrano a ritroso quelli che si illudono di essere riusciti a non migrare, a rimanere fermi mentre ogni cosa si spostava, pietrificati quando in verità si sbriciolavano, preoccupati di aggrapparsi a origini e radici che gli sfumavano fra le dita. L'ha capito benissimo Karl Marx già nell'Ottocento, intravedendo un nuovo tempo nel quale tutto ciò che è solido si scioglie nell'aria. Ero migrante prima di emigrare, ero migrante già quando la mia anima libera era spiazzata nel paese straniero della dittatura (dove tutti sono stranieri, e tanti sono stranieri e nemici), sono migrante oggi in un tempo che non mi riconosce e forse non ha più gli strumenti per capire i miei valori, le mie priorità, i miei gusto ormai incomprensibili. ...Ogni letteratura, che non è complice, che non collabora, è migrante.
Seguono cinque brevi racconti inediti.
(2)Un mare così ampio” in Racconti Italiani, Besa editore, Nardò, 2000, pag. 21.
(3)pag.130.
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