La firma di Monti per conto dell’Italia sul fiscal compact europeo fa parte del golpe morbido che stiamo vivendo da alcuni mesi. Quell’accordo, imposto dalla Germania, stabilisce che ogni paese deve rientrare del proprio debito pubblico superiore al 60% in vent’anni. Per l’Italia, che ha il 120%, significa il 3% l’anno: in altre parole il debito deve essere tagliato di circa 45 miliardi l’anno. Visto come suggerisce di tagliarlo l’Europa delle banche (tasse inique, tagli al sociale e privatizzazioni), significa una manovra Monti all’anno per vent’anni. Cioè la recessione per un ventennio. Ma se crolla il Pil (recessione) anche il rapporto debito/pil – che è quello che conta – peggiora. E quindi tutte questa storia è inutile. Ma ci sono o ci fanno? Entrambe le cose. E’ un mix di folle ideologia liberista e di interessi di classe da parte di chi, come banche e multinazionali, vogliono la fine degli investimenti pubblici e del welfare state per privatizzare tutti i beni comuni e i servizi pubblici rimasti. E’ allarmante che il Parlamento voti compatto questa camicia di forza, mentre in altri paesi si farà il referendum. Come Rifondazione Comunista chiediamo a tutti i cittadini di informarsi e di dare battaglia insieme a noi prima che sia troppo tardi.
Quindi, i banchieri di governo sono all’opera. Mario Draghi dichiara la fine del modello sociale europeo e nessuno muove una piega. Mario Monti prepara nuove controriforme del diritto del lavoro (e qualcuna già la attua, come il decreto sulla causale del lavoro interinale). Intanto è certificato che i salari italiani sono tra i più bassi d’Europa. Infatti Eurostat “certifica” la miseria dei salari italiani. In Italia un lavoratore percepisce la metà dei suoi colleghi tedeschi , olandesi e lussemburghesi. Tutto ciò è scandaloso! Ma ancora più scandalose sono le politiche del governo Monti che attraverso la cosiddetta “modernizzazione” del mercato del lavoro e manomissione dell’articolo 18 vuole ridurre il potere contrattuale dei lavoratori ed aumentare il loro sfruttamento. In realtà si vuole scaricare su di essi i costi di una crisi che ha all’origine proprio l’impoverimento di massa e le enormi diseguaglianze sociali (per fare un solo esempio basti guardare tanto i redditi e i patrimoni dei nostri sobri governanti). La redistribuzione delle ricchezze e il riequilibrio dei redditi oltre ad essere obiettivi ineludibili di giustizia sociale, sono quindi presupposti indispensabili per uscire dalla crisi!
L’attacco al mondo del lavoro continua a dispiegarsi. Marchionne si rifiuta di reintegrare i tre operai di Melfi: è un reato previsto dal codice penale ma nessuno batte ciglio. L’Unità viene tolta dalle bacheche di fabbrica e Confindustria plaude. E nessuno mette in discussione l’art. 8 della manovra dell’anno scorso. Come si fa a non opporsi a un governo così?
Siccome il posto fisso è monotono, adesso lo vogliono rendere anche pericoloso. Il governo Monti attacca anche la sicurezza sul lavoro, dopo quella del lavoro. L’art. 14 del Decreto Semplificazioni stabilisce infatti la “soppressione o riduzione dei controlli sulle imprese in possesso della certificazione del sistema di gestione per la qualità (UNI EN ISO-9001), o altra appropriata certificazione emessa, a fronte di norme armonizzate, da un organismo di certificazione accreditato.” Peccato che queste certificazioni non hanno niente a che vedere con la sicurezza nei luoghi di lavoro. Quindi ciò significa mettere una pietra tombale sui controlli. E anche qualora qualche controllo venisse fatto, sarebbe da condurre in “collaborazione amichevole con i soggetti controllati”: un eufemismo forse per dire di chiudere un occhio?
Dopo aver varato la più pesante controriforma previdenziale della nostra storia, senza un reale confronto con le parti sociali e senza una risposta politica e sociale minimamente proporzionale alla sua iniquità, il governo Monti sembra inesorabilmente avviato a manomettere l’art.18 e gli ammortizzatori sociali…
Ciò avviene in un contesto pesantemente devastato da crescenti disoccupazione, povertà e precarietà e mentre il “modello Marchionne” rischia di estendersi a tutto il mondo del lavoro, mettendo a repentaglio la stessa azione democratica dei sindacati e la possibilità dei lavoratori e delle lavoratrici di avere rappresentanza.
Se è in primo luogo necessario stare in modo forte e visibile al fianco della Fiom, che con coraggio e determinazione porta avanti una battaglia per arginare la folle applicazione dei dettami della Bce e della Confindustria, dall’altro lato non possono sfuggirci le nostre dirette responsabilità politiche. Anche in relazione alla travagliata e disarmante paralisi del Pd, le forze democratiche e della sinistra non impantanate nelle sabbie mobili del sostegno al governo Monti, non possono limitarsi ad un mero appoggio “di opinione” nei confronti delle lotte della Fiom e della tenuta della Cgil, oggettivamente in difficoltà. La portata storica dell’attacco in atto deve far prevalere su ogni altra possibile valutazione di tattica politica le forti ragioni dell’unità a difesa dei diritti del lavoro, della democrazia, della civiltà.
Occorre quindi concordare percorsi unitari di mobilitazione. Costruire insieme, ed in forma aperta, un’iniziativa politica forte e capillare volta alla difesa ed all’estensione delle tutele sociali nei confronti dei soggetti più colpiti dalla crisi e contro gli attacchi governativi e padronali ai diritti del lavoro, sarebbe un segnale importantissimo, che potrebbe avere una qualche efficacia nella situazione attuale e che potrebbe costituire un punto di riferimento rispetto alla sofferenza e al disagio sociale crescenti.
Per questo abbiamo organizzato un presidio in data mercoledì 21 marzo dalle ore 9.00 alle ore 11 nei pressi della sede della CGIL di Cassino, in occasione, della venuta a Cassino del ministro Gnudi (in sostituzione di Monti, impegnato in altre vicende istituzionali) per chiedere al governo se la manovra che loro giudicano equa, debba essere pagata per l’80% dai lavoratori e pensionati, per il 15% dai redditi alti e solo del 5% dai ricchi. Abbiamo chiesto ai partiti di SEL e di IDV di Cassino di aderire all’iniziativa. Non hanno aderito. Chiediamo agli iscritti e simpatizzanti delle forze sane di essere presenti comunque all’iniziativa perché i provvedimenti del governo vanno ben oltre le visioni strategiche elettoralistiche del loro gruppo dirigente e producono effetti devastanti sulla qualità della vita delle cittadine e dei cittadini di questo paese. Hanno invece aderito la FIOM di Cassino, il Centro dei Diritti e l’associazione “Peppino Impastato”, Invitiamo tutti i cittadini a partecipare. Facciamo sentire la nostra voce.
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