di Michele Rizzi Pdac
Quella degli ex somministrati dell'Ilva è una vertenza in atto ormai da più di un anno e che al momento non trova ancora una soluzione dignitosa per questi lavoratori, sfruttati e scaricati dal potente capitalista dell'acciaio, Emilio Riva.
L'Ilva (ex Italsider) fu un regalo fatto dal primo governo Prodi, nell'ambito del primo pacchetto di privatizzazioni che doveva portare in pochi anni alla svendita di buona parte del settore industriale italiano. La gestione Riva diventa poi la storia del ricatto padronale e di confinamenti punitivi di lavoratori combattivi in palazzine abbandonate dell'enorme struttura industriale, di tantissime cause per mobbing e per articolo 28, di cause contro l'inquinamento e di una diossina che ormai avvolge l'aria della città jonica e che causa ogni anno decine e decine di morti, oltre alle morti bianche continue.
L'Ilva è anche la lotta di un gruppo di precari (gli ex somministrati) che dopo averci lavorato per mesi con contratti a tempo determinato, decidono di dire basta ai contratti "a chiamata" delle agenzie di lavoro interinale e iniziano (quasi un anno fa) una lotta per ottenere una stabilizzazione che desse loro un minimo di garanzia lavorativa e di prospettiva di vita. Così occupano un ponte esterno all'azienda che passa sulla strada statale 100 Bari-Taranto e vi rimangono per sei giorni e sei notti, costringendo la regione Puglia a fare un accordo con sindacati confederali e direzione aziendale per la stabilizzazione di tutti gli ex somministrati che avevano lavorato in azienda per almeno due anni.
Da quell'ottobre 2010, solo una parte di precari sono riusciti realmente ad essere assunti, mentre la gran parte rimane ancora fuori, nonostante un accordo e tante promesse. La Fiom e Rifondazione, che avevano strumentalmente sostenuto la loro lotta, li hanno scaricati al loro destino, in ossequio alle direttive aziendali e al loro opportunismo politico-sindacale per cui non bisogna scontrarsi con Riva e la direzione aziendale.
Da quell'ottobre 2010, solo una parte di precari sono riusciti realmente ad essere assunti, mentre la gran parte rimane ancora fuori, nonostante un accordo e tante promesse. La Fiom e Rifondazione, che avevano strumentalmente sostenuto la loro lotta, li hanno scaricati al loro destino, in ossequio alle direttive aziendali e al loro opportunismo politico-sindacale per cui non bisogna scontrarsi con Riva e la direzione aziendale.
Qualche settimana fa, le avanguardie di lotta dei precari rimaste ancora fuori dalla stabilizzazione, decidono di riprendere la lotta, rioccupando lo stesso ponte che aveva visto cominciare la loro vertenza. La richiesta è sempre la stessa, ossia la stabilizzazione in azienda.
I compagni del Pdac pugliese si sono recati sul ponte al fianco dei precari per sostenerli e verificare con loro nuove coordinate di lotta, anche perché nel frattempo filtravano voci secondo quali la direzione Ilva non avrebbe intenzione di reintegrare i capi della lotta, quale forma di ritorsione nei confronti della lotta stessa. Il tutto mentre dalla regione i vendoliani si lavano le mani, le stesse con le quali concedono spesso ricchi finanziamenti pubblici a Riva su fantomatiche "riduzioni dell'inquinamento" dell'aria tarantina.
La vertenza dei precari sta proseguendo, seppur in altre forme, anche in questi giorni. L'obiettivo è quello di ottenere la riassunzione di tutti i lavoratori ex somministrati e sconfiggere l'arroganza della direzione Ilva, come così già ottenuto con la Bar.sa a Barletta e con altre aziende pugliesi dove il Pdac ha partecipato in prima fila alla lotta per sconfiggere la precarietà, il padronato e i suoi uomini nelle giunte (che qui è incarnata dalla sinistra riformista e governista).
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