giovedì 1 marzo 2012

Pecorelle e lupi smarriti

Giovanni Morsillo 


Il video e la notizia sul militante NO-TAV che provoca il carabiniere in Val di Susa ha scatenato una specie di campionato dell'aria fritta, dove si gareggia nel dire la banalità più grossa, cercando di schivare ogni riferimento alla realtà. Naturalmente, chi si affanna in questa fatica, non lo fa per dabbenaggine o per rispetto delle istituzioni (i carabinieri), ma con ogni evidenza si premura di far passare una versione addomesticata e funzionale ai disegni delle stanze alte in merito alla vertenza TAV. Tralasciando l'evidenza di un giovanotto disarmato e a volto scoperto che, mentre manifesta una idea ed una esigenza (discutibili, come ogni cosa)  con la sua presenza in un luogo di conflitto, provoca un militare armato di tutto punto e addestrato a reprimere proprio questo tipo di manifestazioni, ci sono due aspetti che invece andrebbero visti meglio, tanto per non cadere prigionieri della trappola propagandistica che utilizza un episodio pur sgradevole, ma sicuramente assai lontano dalle descrizioni che ne sono state fatte anche da prestigiosi giornali di orientamento democratico, definendo l'atteggiamento del giovane "violento e pieno di odio".
Intanto, il conflitto: vogliamo una buona volta parlare seriamente di quali siano gli interessi in gioco, prima di stabilire se abbiano ragione il Ministero, gli imprenditori (fra cui le Ferrovie), l'Europa o i cittadini della Valle? Si può stabilire in un onesto confronto come mai tali interessi siano così in conflitto, e soprattutto perché debbano prevalere, con la forza, quelli di tutti tranne di chi ci vive, in quel posto? Tacciare di brigatismo le signore anziane che bivaccano nei pressi dei cantieri per difendere una loro idea di libertà e di diritto ci sembra almeno eccessivo. Possibile che lo Stato non abbia soluzioni accettabili per quelle persone che in quei posti hanno costruito le loro vite di sacrificio? O abbiamo speso tutta la nostra diligente solerzia per dare giustizia agli Afghani, ai Libici e agli Irakeni?
Secondo: la strumentalizzazione della contrapposizione fra cittadini e forze dell'ordine è cosa, sebbene assai stantìa, ancora molto utilizzata sia da chi ha in testa un'idea repressiva dello Stato, sia da coloro che ne approfittano per parlare d'altro.
La domanda vera, infatti, non è di chi sia figlio il carabiniere, lo sappiamo tutti che i rampolli dell'alta società non vanno a faticare in caserma o di pattuglia nelle strade per 1300 Euro al mese! Ma sappiamo anche che i carabinieri non sono agli ordini dei loro genitori; pertanto, la domanda è: chi li manda a rimuovere i blocchi in assetto antisommossa? Non ha certo colpa il singolo carabiniere, spinto dal bisogno o anche, perché no, da sentimenti di giustizia e di onestà ad abbracciare il lavoro di tutore dell'ordine, se le intenzioni di chi lo utilizza sono altre. E per favore, non scopriamoci ogni volta stupite verginelle alla vista di una situazione di conflitto sociale: chi spara sentenze sommarie degne di Mr. Lynch non ha mai visto un'occupazione, un corteo, un sit-in? O è per caso in malafede? E francamente parlare di violenza e odio per le frasi ingiuriose di un manifestante dopo le cariche, i lacrimogeni, i manganelli, le auto incendiate, i cantieri danneggiati da ambo le parti ed uno spiegamento di forze da campagna militare, se non fosse tragico il contesto, farebbe ridere di gusto. Lo stesso encomio ed i riconosciemnti ufficiali che sono già stati e saranno tributati al milite che è rimasto al suo posto, seriamente e con coscienza, non fanno presupporre che questo sia considerato come un fatto eccezionale? Non stride, tutto questo, con le dichiarazioni pompose dei capi militari e politici? Qualcuno si è avventurato a citare Pasolini e la sua invettiva dopo i fatti di Valle Giulia. Come si vede, tutto fa brodo pur di criminalizzare il dissenso e la lotta democratica, unificando in un solo polpettone le rivendicazioni di una massa enorme di cittadini, le provocazioni di un solo militante, l'analisi di classe di un fine intellettuale ma riguardante un contesto diverso (gli studenti di architettura del '68 erano davvero i figli dell'alta borghesia, che c'entra con la Val susa dove sciopera un'intera comunità?), il rigore, il diritto, fino a rispolverare la ragione di Stato in salsa moderna.
E poi, siccome la storia d'Italia è nota, siamo certi che le violenze e le provocazioni non siano almeno in parte frutto di solerti operatori della dottrina Cossiga? Qualcuno sa certamente se in Val Susa ci sono degli infiltrati, magari sarebbe interessante sentire il Copasir dell'On. D'Alema per vedere se ci può aiutare. Non ci riferiamo in particolare al giovane barbuto che sfotte il carabiniere, ma più in generale alle questioni emerse negli ultimi tempi, dalle scritte brigatoidi agli attacchi a Caselli, dagli incendi sospetti alle minacce.
Ecco, ci aspetteremmo questo dalle forze dell'ordine, perché l'ordine è garantire il sereno svolgimento della dialettica sociale, colpendo le violenze e le minacce vere alla dignità delle persone e delle comunità, non spianare il terreno all'avanzata dei profitti rimuovendo ogni ostacolo, comprese le stesse comunità.

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