giovedì 19 aprile 2012

Quello che non poté la Gelmini, è uno scherzo per Monti.

di Monica Perugini fonte www.proletaria.it



  Lombardia sempre apripista: nonostante lo scandalo sanità che ha dimostrato come "privato non sia bello", in linea con la politica dello smantellamento dei servizi pubblici e quindi dell'esigibilità di diritti che la Costituzione, ormai garantisce solo sulla carta, è passata la legge Formigoni - Aprea sulla "chiamata diretta" degli insegnanti precari da parte dei presidi: l'intenzione è quella di renderla operativa già dal prossimo anno scolastico anche perché sta per diventare progetto nazionale.

In Parlamento, infatti, il trio di governo, composto da PDL, UDC e PD ha stipulato un accordo che diventerà legge fra poche settimane in base al quale le scuole pubbliche saranno trasformate in aziende, con la possibilità (sic!) della partecipazione finanziaria, gestionale e didattica da parte dei privati in ogni singolo istituto scolastico.
Quello che non poté realizzare Berlusconi, dunque, per Monti e i partiti che lo sostengono, non è un problema, del resto la cancellazione dell'art. 18 ne è la riprova.

Il Governo Monti col ministro dell'Istruzione Profumo ed ovviamente col consenso di tutto l'arco parlamentare, ad eccezione dell'IDV, si appresta a presentare una proposta di legge di modifica costituzionale del Titolo V (peraltro già massacrato ai tempi del centro sinistra Prodi / D’ Alema / Amato) per cui tutte le competenze sull'Istruzione pubblica verranno trasferite dallo Stato alle Regioni, proprio sul quel modello della Sanità (ex) pubblica a proposito della quale stiamo discutendo in questi giorni a proposito delle (ennesime) nefandezze emerse.

Nefandezze procurate solo alla popolazione e in particolare alle classi meno abbienti, non certamente alla pletora di aziende, cooperative, gestori di servizi - tutti privati - che ruotano attorno al giro miliardario.

Se ripercorriamo i risultati di tale politica partendo dalla privatizzazione della sanità e li applichiamo a quello che accadrà alla scuola, arriveremo direttamente alla scomparsa del diritto all'istruzione, alla riduzione di salario per gli insegnati, alla loro dipendenza, non solo economica ma anche culturale, dai nuovi padroni del vapore e dagli obiettivi aziendalistici (facilmente intuibili) che perseguiranno, agli eclatanti squilibri nella qualità dell'offerta formativa tra scuole pubbliche e private, tra regioni ricche e regioni povere, addirittura tra provincie e città della stessa regione, invertendo di fatto quella che era la consuetudine democratica dell'eccellenza delle scuole pubbliche italiane, dalle materne all'università; per arrivare alla colonizzazione del sistema scolastico da parte dei partiti attraverso le loro lobby confessionali ma anche "alternative", a cui qualche briciola verrà di certo lasciata, sull'esempio di quanto avvenuto sempre in sanità e nei servizi sociali e, peggio ancora, dei gruppi industriali e bancari (anche questi bipartisan) che hanno come scopo il profitto, oggi più che mai, attraverso l'accaparramento del denaro pubblico, visto come la crisi abbia di fatto spolpato quello che il privato poteva "rigenerare" in una società che gli chiedeva di pagare un prezzo, sia pur minimo, per l'immenso plusvalore, anche speculativo, accumulato sulla pelle dei lavoratori.

I consigli di istituto diverranno consigli di amministrazione ed è facile prevedere come nei posti di comando i partiti al governo, sia a Roma come nelle Regioni e senza differenza alcuna, insieme ai loro sostenitori, insedieranno uomini e donne di provata fiducia agli interessi liberisti: proprio come nella sanità, dove per cacciare i partiti che amministravano la cosa pubblica, sono arrivati direttamente i funzionari di partito, anche in corsia e molto spesso, senza competenza. Infine le tasse di iscrizione che non potranno che aumentare, come avvenuto coi tiket sanitari e con le devastazioni portate dal potere assoluto delle centrali farmaceutiche. La scuola pubblica ha iniziato ad essere aggredita e smantellata con la prima riforma Berlinguer che introdusse uno dei primi concetti falsamente ammantati di buoni proposito, quello dell'autonomia scolastica, vero preludio dei tagli economici e della voluta disorganizzazione che ha introdotto l'assurdità del criterio manageriale in una scuola bisognosa di cultura e non di burocrati, troppo spesso buoni solo a portare a casa il super stipendio ma non ad assumersi conseguenti responsabilità.

Si è poi passati alla controriforma della Moratti a cui il centro sinistra successivo nulla ha replicato (la doveva cancellare nell’arco di 24 ore…), per arrivare alla devastazione Gelimini. La più sgradevole dei ministri che la scuola abbia mai avuto, tuttavia, pur avendo operato tagli per oltre 8 miliardi e 150000 licenziamenti, non era riuscita a completare l'opera, ben disegnata nel progetto Aprea, ovvero regalare la scuola ai padroni, perché non fosse più istituzione libera, laica, indipendente.

Niente paura ci pensa il governo Monti / Napolitano, braccio armato di padroni e banchieri, rappresentato dai voti parlamentari di PD, PDL e UDC a cui nulla è impossibile. La manifestazione dei coordinamenti scuola indetta a Milano sabato 21 aprile alle 14.30 al Pirellone va sostenuta proprio perché non smette di porre al centro della lotta l'importanza della scuola come diritto articolato, oltre alla difesa dei posti di lavoro, delle garanzie e la lotta al precariato. Non servono però più ambiguità, compromessi al ribasso, accettazioni e mediazioni che così come hanno reso la sanità un pozzo nero di malaffare, potrebbero trascinare nello stesso vortice la scuola pubblica. Niente lezioni dal PD che condivide questa politica e da un sindacato che non contrasta apertamente e con decisione tale logica.

I nodi sono arrivati al pettine, non c'è più spazio per le ipocrisie e le doppie morali. La lotta deve essere per una società che si ispiri a diritti inalienabili, architrave portante dell’unica società che potrà difenderli sempre, quella socialista.

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