Ieri sera sono andate in onda due partite: la versione manipolata trasmessa dalla tv spagnola della finale tra Barça e Bilbao, e quella che decine di migliaia di baschi e catalani hanno potuto vedere con i propri occhi dalle gradinate del Vicente Calderòn.
Alle dieci in punto lo stadio ha letteralmente subissato di fischi le prime note dell’inno nazionale spagnolo. I tifosi del Barça e dell’Athletic Bilbao si sono dovuti impegnare, perché molti dei fischietti che si erano portati sono stati sequestrati ai tornelli dello stadio. E anche perché i previdenti organizzatori dell’evento hanno sparato la Marcia Reale ad un volume incredibile, per tentare di contrastare il boato critico della folla. Ma non c’è stato niente da fare, perché anche questa volta i fischi sono stati assai più rumorosi dell’amplificazione del Vincente Calderòn.
Poi tutto è andato avanti tranquillo, mentre i tifosi delle due squadre avversarie sedevano l’uno accanto all’altro ammantati delle loro bandiere e cantando le proprie canzoni. Finché l’arbitro non ha fischiato la fine del match e i giocatori del Barcellona hanno omaggiato i propri avversari portando in trionfo non solo la loro bandiera, quella gialla e rossa della Catalogna, ma anche l’Ikurrina basca. Per la cronaca, l’incontro è finito con uno schiacciante 3 a 0 della squadra di Guardiola su quella di Bielsa. Un risultato annunciato. Ma in realtà la vera sfida non era quella durata per i 90 minuti dello scontro in campo, bensì quella ingaggiata dagli spalti durante i 27 secondi in cui l’attenzione dei media, degli analisti, dei politologi era tutta concentrata sulla reazione dello stadio all’inno nazionale. E il risultato è stato chiaro: popoli in lotta 1, Regno di Spagna 0.
Ma la televisione spagnola ha deciso di censurare quello che accadeva in campo, inquadrando più volte il Principe Felipe di Borbone in tribuna d’onore. E appena le prime note dell’inno nazionale sono cominciate a risuonare la regia ha abbassato al minimo i fischi e i rumori provenienti dalle gradinate ed ha alzato al massimo la Marcia Reale. Un trucchetto vile, e annunciato. Ma che ha avuto il suo effetto, tanto che oggi molte delle cronache della partita di ieri sera che i lettori spagnoli possono leggere sui loro quotidiani parlano di ‘pochi fischi’ e di ‘flop della contestazione’.
Una censura e una manipolazione che non sono andate giù a baschi e catalani. Che ieri hanno anche dovuto subire l’affronto di una marcia fascista autorizzata dalle autorità spagnole in pieno centro cittadino, a Madrid. Centinaia di estremisti di destra hanno sfilato con saluti romani, bandiere franchiste e striscioni che reclamavano la liberazione dal carcere del nazista Josué Estébanez. Il militare dell’esercito spagnolo che l’11 novembre del 2007 accoltellò a morte, all’interno di un vagone della metropolitana di Madrid, il sedicenne Carlos Palomino, reo di essere uno skin head antifascista e di essere in viaggio per raggiungere una manifestazione convocata contro un’organizzazione dell’estrema destra. In molti avevano chiesto che la marcia convocata dalla Falange e da altri gruppuscoli nazionalisti spagnoli fosse proibita o almeno posticipata a lunedì, ma alla fine chi di dovere ha deciso di stendere un tappeto rosso ai fascisti con le bandiere spagnole adornate con l’aquila imperiale che hanno cominciato a sfilare dopo le 18 da Piazza Alonso Martínez. Protetti da un numero quasi pari di poliziotti, i 'coraggiosi' fascisti hanno scaricato la loro rabbia con insulti e minacce nei confronti dei tifosi del Barça e dell'Athletic, protetti dai cordoni di Polizia. Gli slogan quelli truci di sempre: “Euskal presoal (Prigionieri baschi), camera a gas”, “Non ci ingannate, le province basche sono Spagna”. In testa al mortifero corteo uno striscione che recitava: «Contro il separatismo, una bandiera». E poi un'altra, poco dietro che tuonava: "L'unità della Spagna non si vota e non si negozia"...
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