giovedì 19 luglio 2012

repubblica prostituzionale

Giovanni Morsillo


Dopo decenni di mistificazioni in termini su concetti come riformismo, democrazia, legalità ecc., siamo ormai sufficientemente intossicati da accettare supinamente qualsiasi stravolgimento anche eversivo della base costituzionale del nostro paese se l'apparato mediatico che chiamiamo politica (anche questo assai impropriamente) ne diffonde una interpretazione falsa ma univoca e quindi convincente.
Dal ventennio delle leggi ad personam e pro domo reo alla definizione guzzantiana di mignottocrazia applicata al nuovo corso delle istituzioni repubblicane, siamo però ormai pervenuti non solo ad un inquinamento gnerale di tutti i livelli del potere collegiale rappresentativo e non, cosa percepita in maniera abbastanza corretta perfino dall'opinione pubblica notoriamente più informata sui gossip e le imprese calcistiche che sugli indirizzi della politica sociale, economica ed istituzionale, ma alla radicale trasformazione (eversiva) delle basi stesse dello Stato in qualcosa di profondamente diverso. Dai tempi in cui Giuliano Ferrara predicava l'urgenza di gettare nel cestino dei rifiuti la Costituzione intera senza troppi rovelli sulle parti da salvare, da modificare o da cancellare, avendo preso atto del fatto che il capitalismo liberista (mercato) vincente non ne aveva più alcun bisogno, fino ad oggi di strada se ne è fatta, all'indietro. Allora gli anticorpi residui ancora vivi nell'organismo sociale italiano, superstiti elementi di autodifesa iniettati nel nostro sangue dalla Resistenza, reagivano e ribattevano con prese di posizione informate e determinate; oggi semplicemente non ci si fa troppo caso, e si scivola su queste questioni considerate tutto sommato secondarie rispetto al costo della benzina. Qualcuno dice che questi gruppi dirigenti siano incapaci, ma ci chiediamo: se riescono a costruire questo livello di egemonia su politiche tanto nefaste quanto palesemente inique, come non dar loro l'attestato di grandi dirigenti di massa?
Ormai, dicevamo, l'inquinamento sembra aver dismesso i panni del fenomeno distorsivo, dell'aberrazione inaspettata sebbene fisiologicamente presente in qualsiasi sistema umanamente concepito, per indossare quelli della scelta consapevole, del disegno progettato e costruito coerentemente con fini prima ripugnanti, oggi trionfanti.
Il massimo livello della trasformazione istituzionale è segnato simbolicamente - ma non solo - dall'intervento di Napolitano sui magistrati di Palermo. Se le istituzioni fossero quelle che la Costituzione descrive, il Presidente non avrebbe dovuto ordinare extra legem la distruzione delle registrazioni, benché penalmente irrilevanti, ma se ci fu pressione di Mancino denunciarla immediatamente alla magistratura competente, se non ci fu, far pubblicare su tutti i quotidiani a diffusione nazionale il testo integrale delle intercettazioni.
Ma la trasformazione della Repubblica costituzionale in repubblica prostituzionale viene percepita dalle masse come qualcosa che fa schifo, sì, ma non ci riguarda più di tanto. Lo scambio di favori e protezioni a tutti i livelli delle istituzioni (non siamo certi che Napolitano e Mancino abbiano fatto ciò che si dice, ma non è certo da questo caso che dipende un giudizio più generale e complessivo) sembra essere diventato una questione di basso spettacolo di intrattenimento, con costi che nessuno conosce e che nessuno, soprattutto, mette in relazione con il debito e la crisi. E' più comodo dire che il peso insopportabile della nostra economia sia quello dei lavoratori e dei pensionati, che peraltro hanno pagato profumatamente ed in anticipo le loro misere pensioni da sopravvivenza. E siccome lo dicono tutti in coro, e quelli che dicono il contrario non vanno in telelvisione perché non ammessi, quella diventa la verità, come Goebbels insegna.
Non è solo questione di decoro, né siamo impegnati nella contabilità del tasso di maitresses e di trote presenti nei banchi dei consigli di governo ai vari livelli, ché già buttando un'occhiata veloce se ne coglie l'esuberante quantità, ma più in generale è la concezione stessa delle istituzioni come merce di scambio e luogo di impiego assai privilegiato per faccendieri in realtà utili a ben altre cause che quelle proprie del ruolo quello che dovrebbe togliere il sonno ad ogni cittadino dotato di discernimento. E', cioè, l'occupazione e compravendita successiva dei seggi e la loro conseguente sottomissione ad interessi particolari che definisce con chiarezza la trasformazione almeno controriformista della struttura democratica dello Stato.
Cianciare quindi di riformismo per coprire ogni passo criminale di questa infame marcia eversiva può forse divertire dirigenti autoreferenziali che come balene spiaggiate consumano la loro agonia al sole senza potersi rendere conto che l'acqua in cui nuotare è fuori dalla portata, e che la sabbia su cui pensavano di poter vivere è in realtà un terreno mortifero per loro. Ma non si avvicina neppure ad una idea seria e concreta di alternativa, rimanenedo a pascolare pigramente in una capricciosa pretesa di alternanza. Essi parlano del mare, di navigazioni fantastiche, ma sono pesantemente rovesciati su un fianco sulla sabbia e non si muovono nemmeno per scacciare le mosche che li divorano.
Abbiamo già invitato a rileggere le pagine di Gramsci sul sovversivismo delle classi dirigenti. Oggi ci sembra quanto mai urgente, altrimenti si continueranno a scambiare i tecnici per gente imparziale, i politici per degli inetti e la politica per una sciagura.
 
Saluti insubordinati

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