mercoledì 12 dicembre 2012

Esselunga: la lotta continua


Intervista a Luis Seclen  

a cura di Matteo Frigerio
Incontriamo Luis Seclen, tra le figure più conosciute dell'importante lotta dei lavoratori dell'Esselunga, recentemente diventato militante del Pdac.
Luis, abbiamo saputo che tu e altri due lavoratori licenziati dall'Esselunga avete vinto la causa. Cosa ha deciso il giudice?

Il giudice ha disposto in primo luogo la ricostituzione del rapporto associativo e di lavoro e ha conseguentemente condannato la cooperativa al pagamento delle retribuzioni maturate e non corrisposte dalla cessazione del rapporto di lavoro fino alla riammissione e l’iscrizione al libro dei soci a titolo di risarcimento.
Una vittoria chiarissima quindi. Che significato ha questa sentenza per la lotta all'Esselunga e per le lotte dei lavoratori delle varie cooperative?
Il consorzio Safra (coop. S.G.I., Apollo e Asso) considerava la S.G.I. come lo zoccolo duro della lotta, e i tre delegati di questa cooperativa come promotori della mobilitazione all’interno dei magazzini drogheria: infatti, il numero maggiore dei lavoratori in lotta sono usciti da qui. In tutte le tre riunioni che abbiamo avuto con l’amministrazione del consorzio, sostenute prima dagli scioperi, circolavano nell’aria delle voci su noi tre come "elementi da eliminare subito", eravamo, cioè, le teste del movimento. Il tempo gli ha dato ragione (solo a metà visto che ci sono altri compagni con grandi capacità, Ilir , Miah , Bamba, Lingad ed altri), e questa opinione su di noi ha fatto sì che questa causa diventasse più politica che legale, e quindi la vittoria o la sconfitta potevano dare dei risultati importanti per il futuro della lotta, che non è ancora finita; in questo caso la sentenza, nel senso della legislazione borghese, ci apre una superstrada politica da percorrere. I nostri licenziamenti sono frutto di una concezione reazionaria e fascista da parte di Caprotti, padrone di Esselunga, per esserci organizzati in un sindacato, per avere scelto un sindacato che cammina in piedi e a testa alta come noi, che non si vende ai padroni, e soprattutto perché abbiamo protestato con scioperi che hanno fatto fare una brutta figura sia alla sua immagine personale che a quella dell’azienda Esselunga nelle sue operazioni di marketing.
Caprotti ha usato la cooperativa come suo braccio risolutivo e ci ha cacciati via, come se fossimo degli esseri indesiderati nel loro mondo "perfetto e imparagonabile" . Ed era vero: noi siamo brutti, bestiali, tosti, duri, trascurati, rivoltosi, violenti, immigrati di merda, extracomunitari del cazzo, sporchi; ma siamo operai, siamo proletari e abbiamo tanta dignità e tanta voce per urlare ai quattro venti con tutte le nostre forze: "libertà!", perché vogliamo scegliere liberamente un nostro sindacato e non un tuo porcellino (Cgil, Cisl, Uil). Vogliamo protestare e fare scioperi perché tu padrone non ci rispetti, perché rubi nelle nostre buste paga e perché la Costituzione che la tua classe (dominante) ha partorito ci dà il diritto di farlo e tu, Caprotti, non sei il padrone della nazione per fare capricciosamente quello che vuoi! Caprotti la pensa così: "Questa è casa mia e faccio quello che voglio!". Ma non esiste proprio! Rispetta le leggi della tua classe!
Siccome noi sosteniamo che siamo stati licenziati per aver fatto sciopero e per avere scelto un nostro sindacato liberamente, mentre la cooperativa sostiene di averci licenziati per bassa produzione (o per aver fatto sciopero quando ero in malattia nel mio caso!), allora la giustizia borghese stessa ci dà ragione e ritiene illegittimi i licenziamenti.
Ma se il giudice ci dà ragionem secondo la loro Costituzione e le loro leggi borghesi, e quindi sancisce che siamo stati licenziati per avere fatto sciopero e per avere scelto un sindacato non gradito al padrone, allora il colpevole è il padrone che ha ordinato il nostro licenziamento: Caprotti!  La lotta ricomincia e faremo vedere a Caprotti come morde un animale operaio! Gli faremo vedere come attacca un proletario ferito nella propria dignità!
Anche se ci manda contro i suoi cani militari, come ha fatto nel giorno dello sgombero del presidio! Adesso la lotta è politica, adesso noi operai faremo rispettare la sua Costituzione e le sue leggi borghesi. Noi rivogliamo il nostro posto di lavoro dentro casa sua con il nostro sindacato, il SI Cobas, non con i suoi servi (Cgil, Cisl, Uil).
Luis, parteciperai, come oratore, ad una assemblea operaia autoconvocata da lavoratori e attivisti di lotte importanti (compagni della Fiat Ferrari di Maranello, della Jabil occupata, delle lotte degli immigrati, dei precari, della Marcegaglia, della Same, della Irisbus, ecc.) che si terrà il 15 dicembre a Cassina de’ Pecchi (in via Roma, 81, per chi fosse interessato: a 400 mt dalla fermata della M2), un'assemblea lanciata dai lavoratori e che sta crescendo in questi giorni. Pensi che possa essere importante per rilanciare le lotte?Di sicuro! Durante tutto quest'anno di lotta ho girato tanti bellissimi posti portando la parola d’ordine dell’unità della classe operaia! Ci devo essere per forza, e ci devono essere tutti i nostri compagni, i nostri fratelli della classe sfruttata. Questo è il momento per costruire l'unità, non solo per rilanciare le lotte, ma per collegarle e farle diventare una sola, cioè, non la lotta contro un borghese padrone della fabbrica in cui lavoro. No, la crisi è in tutta Europa, per cui la lotta è contro un sistema capitalistico internazionale che ci sta ammazzando, che ci sta negando il nostro futuro, il destino delle nostre famiglie e dei nostri figli. Ci sarò eccome, sono già lì insieme a tutte le speranze di vittoria dei miei compagni, dei miei fratelli proletari di lotta. El pueblo unido jamas serà vencido!   

Nessun commento:

Posta un commento