mercoledì 26 dicembre 2012

Vengo o non vengo alla festa del Pd ? Vengo

Luciano Granieri





Dopo  molte  titubanze tattiche  finalmente il Presidente  del Consiglio uscente Ha sciolto la riserva: Sale in politica . Notare come ci sia chi scende (Berlusconi scende in campo)  e chi sale  (Monti sale in politica).  Gran parte della stampa e dei media che si occupano di politica  restano perplessi  su questa scelta e affermano che il quadro prima delle elezioni si complica. A me sembra invece che la situazione sia più che evidente. Mario Monti, non potendo candidarsi al Parlamento  perché già  Senatore a vita,  offre il suo software ultraliberista a tutte quelle forze che sono disposte a sostenerlo nella corsa  a prossimo Presidente del consiglio. Assicurare una continuità legittimata dal voto popolare,  questa è l’intenzione. Il premier uscente, candidato a rientrare, ha già in mente anche lo scenario  delle alleanze post elettorali. Se si mettono insieme alcune dichiarazioni del presidente bocconiano il quadro è chiaro. Monti ha sostenuto che: Berlusconi è inaffidabile, Bersani è stato leale nel supportare l’esecutivo tecnico ed è un leader responsabile, Vendola è un conservatore, attaccato alla  vecchia politica. Tradotto. Dopo le elezioni, sicura l’alleanza  fra i centristi  - riuniti dietro il software montiano - con il Pd, il quale,  in nome della governabilità, che tanto auspicano i mercati, butterà a mare Vendola  e  i suoi. Al massimo verrà concesso al dirigente di Sel una poltrona da Presidente della Camera o del Senato dietro la quale  dovrà stare buono e zitto. E’ già successo con Bertinotti.  Uno scenario più che lampante dunque in cui Berlusconi, per quanto urli e strepiti dalle Tv controllate o occupate, non potendo più organizzare l’ennesimo referendum “CON ME O CONTRO DI ME”  a causa del terzo incomodo Monti, non ha molte chance. L’unica incognita è quanti consensi la stupidate  assolutistiche di Grillo abbiano eroso nelle preferenze del Movimento 5 Stelle. Infatti ancora oggi questo è il secondo partito dopo il super favorito Pd, che le elezioni può solo perderle. Rimane il movimento arancione. Il carrozzone guidato da De Magistris e Ingroia, ha imbarcato il variegato mondo ostile all’agenda Monti. Quel mondo popolato dalle macerie dell’Idv, dai partiti della sinistra extra parlamentare, che tentano  di usare questa aggregazione per rientrare in Parlamento. Sono disposti a tutto anche a sacrificare il simbolo della falce e martello, così come chiesto da Ingroia. Un orrendo baratto fra un possibile, ma poco probabile, scranno, con  95 anni di storia.  Nel calderone finisce sia Il Casini dei poveri  (Oliviero Diliberto), capo dell’Udc dei poveri  ( Il Pdci), già firmatario del manifesto  “Italia bene Comune” per le primarie del Pd, sia Rifondazione Comunista contraria alle politiche liberiste di Monti  ma, sotto sotto,  disponibile, se necessario, a seguire gli ex compagni sfederati  e gli autorevoli magistrati ed ex magistrati nella responsabile alleanza con i democratici. Non è un caso che i dieci punti del programma di “Cambiare si può”   restano molto sul  generico, ricalcano  per sommi capi alcuni articoli della costituzione che già lo Stato dovrebbe rispettare , evitano  di affrontare quegli argomenti, come la limitazione dello strapotere della finanza, o la nazionalizzazione delle fabbriche che licenziano per delocalizzare ,  indigesti al Pd.  Il punto sei in cui si vuole liberare l’impresa dai lacci e lacciuoli della “finanza e dalle tasse” è sintomatico di come si tenda a sostenere tutto e il contrario di tutto, perché quei lacci e lacciuoli che si vorrebbero eliminare non sono altro che gli strumenti per assicurare la piena applicazione del  punto uno del programma arancione, cioè la parte  in cui si vuole che “la legalità e la solidarietà siano il cemento per la ricostruzione del paese”.  Fra le incertezze del “Casini dei poveri” Diliberto, che prima va alla festa del Pd, ma poi partecipa anche alla festa di “Cambiare si può” ,  fra Rifondazione Comunista che rinuncia alla falce e martello per assicurarsi qualche strapuntino in parlamento attraverso la probabile alleanza post elettorale con il Pd, fra la dissoluzione di Sel triturata nelle trattative impostate sull’asse Pd -  Monti -  centristi, un cosa è più certa delle altre. E cioè il dissolvimento assoluto di quella forza che dopo il G8 di Genova si era imposta nel quadro anticapitalista italiano ed estero. Tutto dilapidato in dodici anni di scelleratezze. COMPLIMENTI

2 commenti:

  1. Diliberto, che prima va alla festa del Pd, ma poi partecipa anche alla festa di “Cambiare si può”

    ma quando mai???
    ci sono delle inesattezze su tutto l'articolo.
    I dieci punti che citi non sono di cambiare si può ma di io ci sto... (che è un altra cosa)


    (laura)

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  2. Mi scuso con tutti i compagni per le inesattezze. E’ vero, i dieci punti da me citati nel post sono stati proposti da Ingroia, il movimento Arancione è altra cosa da”Cambiare si può”. E’vero altresì che la discussione in “Cambiare si può” è stata aperta e svoltasi attraverso assemblee e proposte in rete. E’ vero che si è arrivati alla votazione di due mozioni in un assemblea tenutasi il 22 dicembre. TUTTO GIUSTO. Ma santo iddio, nella prima mozione approvata a maggioranza ( e non all’unanimità) non c’è forse scritto che “L’Assemblea di “Cambiare si può”, riunita a Roma il 22 dicembre 2012, ribadisce la necessità – e riconosce ora la possibilità – di “una proposta elettorale autonoma e nuova, anche nel metodo, capace di parlare a un’ampia parte del Paese” così come si prefigura nella convergenza con il “Movimento arancione”, con le espressioni della società civile e con quelle forze politiche che si riconoscono nelle modalità proposte da Antonio Ingroia”?. E la seconda mozione al punto due recita che “ a seguito della proposta di percorso politico elaborata da Antonio Ingroia vi è necessità di decidere delle regole per la presentazione di una lista unitaria in forma condivisa e coinvolgendo tutti i soggetti che sono protagonisti del percorso”. Cambiare si può sarò altro dalla lista Arancione, (quella capitanata da Ingroia che non chiude ad una possibile alleanza con il Pd e quella in cui Diliberto e Di Pietro vogliono aderire), ma ne condivide il percorso programmatico e organizzativo. Ora se vogliamo prenderci per il culo facciamolo pure. La forma del post sarà inesatta ma la sostanza non cambia di una virgola. Diliberto non sta dentro Cambiare si può, ma sta con gli arancioni che assieme a “Cambiare si può” stanno organizzando il quarto polo. Certo che se già fra i movimenti che compongono il quarto polo c’è gente che si schifa reciprocamente il successo sarò assicurato.

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