domenica 16 dicembre 2012

Videocon: che lo stato sociale per gli operai sia efficiente come quello riservato ai padroni

Luciano Granieri


Venerdì scorso è scaduta la cassa integrazione per i 1.300 operai della Videocon di Anagni. Le lettere di licenziamento sono in partenza.  Sulla pelle dei 1.300 addetti dell’azienda, di proprietà della famiglia indiana plurimiliardaria dei Dooth , si sono realizzati profitti finanziari miliardari ottenuti  attraverso il rialzo delle quotazioni in borsa   a seguito della cessione della fabbrica  dalla Francese Thomson alla Videdocon.  Il saccheggio ai danni degli  operai e dei cittadini è proseguito con il finanziamento pubblico che gli indiani hanno ricevuto per gestire lo stabilimento di Anagni. I finanziamenti ottenuti non  sono stati minimamente utilizzati per il rilancio della fabbrica, ma hanno costituito la prima tranche di un tesoretto  implementato con la vendita al migliore offerente di  attrezzature e   macchinari  sofisticati in dotazione alla Videocon, non  più necessari ai piani dei Dooth.   Infatti ad Anagni non un solo televisore è stato prodotto ma ci  si è  limitati al semplice assemblaggio di parti provenienti da altre fabbriche extra europee, procedimento utile ad ottenere il marchio “made in EU” . Dopo tre anni i Dooth con le tasche piene di sodi pubblici e dei denari ottenuti con la vendita dei macchinari più tecnologicamente avanzati, hanno lasciato la fabbrica al suo destino, senza neanche pagare i creditori e gettando sul lastrico 1.300 famiglie. Gli  operai della Videocon sono stati utilizzati anche per far campagna elettorale. Molti politici si sono schierati affianco delle maestranze Videocon  promettendo impegno per risolvere la situazione  ma, una volta ottenuta la visibilità necessaria, tutti a casa e chi se ne frega se questi operai hanno pure dovuto pagare una multa per interruzione di servizio pubblico in quanto, nel corso di una protesta per  rivendicare il loro sacrosanto diritto al loro lavoro, avendo bloccato l’autostrada, hanno impedito ad un pullman  dell’Atac di proseguire il viaggio. Oggi le maestranze  Videocon con la pena nel cuore attendono di sapere se la  ministra Fornero  firmerà il decreto di proroga  di altri sei mesi di cassa integrazione richiesto dai sindacati e previsto da un accordo firmato con la regione Lazio il 5 dicembre scorso.  Il provvedimento  consentirebbe di concedere ulteriore ossigeno agli operai in attesa che si possa individuare un acquirente dell’azienda. Come  è noto lo stato sociale funziona benissimo solo per i padroni. Per consentire ai Riva, uno agli arresti domiciliari, l’altro latitante, di continuare ad avvelenare operai e cittadinanza di Taranto, si è varato un decreto che sovverte addirittura i provvedimenti della magistratura. Neanche Berlusconi con le leggi ad personam era  arrivato a tanto, o forse si,   inceneritore di Acerra  docet.  Dopo aver regalato ai Riva la più grande acciaieria di Europa lo Stato , non  solo non   si è curato che questi investissero nella messa a  norma degli impianti, non solo ha consentito a lor signori di speculare in borsa con i miliardi ottenuti sfruttando gli operai e avvelenando la cittadinanza di Taranto, ma oggi gli   concede di continuare ad avvelenare, ottenendo in cambio  la vana  promessa che un giorno, non si sa di quale anno, verranno investiti i  tre miliardi e mezzo necessari  al risanamento. Lo stato sociale, quello vero, quello che dovrebbe tutelare i poveri cristi invece è molto più lento e inaffidabile. Per i Riva si è trovato il modo, sconfessando le sentenze della magistratura, utile a  consentire lo sciagurato accumulo sulla pelle della gente di Taranto, e per i lavoratori della Videocon? La ministra  Fornero  sarà così solerte , come il suo omologo al ministero dell’ambiente Clini per l’Ilva,  nel firmare la proroga per altri sei mesi di cassa integrazione?  Francamene nutriamo molti dubbi in merito. La soluzione per risolvere le centinaia di crisi industriali che affollano la scrivania del ministro delle attività produttive Passera, ci sarebbe. Denunciando e pretendendo che  tutti gli squali privati beneficiari   di denari pubblici  per aprire  aziende che poi hanno chiuso  dopo averle spremute ben bene,  restituiscano  i soldi   indebitamente  intascati, con l’aggiunta del pagamento dei danni morali e ambientali  arrecati a territorio e lavoratori, si potrebbero reperire risorse così ingenti da assicurare la cassa integrazione a tutti gli operai coinvolti nelle crisi. Dall’Alcoa alla Videocon, dall’Ilva alla Jabil, alla Esselunga. Esiste un partito un movimento, un sindacato in grado di attuare una azione decisa  di denuncia e richiesta  risarcimento?  Ci sembra inutile rispondere, la realtà dei fatti è chiara a tutti.








Nessun commento:

Posta un commento