mercoledì 27 marzo 2013

PERCHE'IL MOVIMENTO OPERAIO IRROMPA NELLA CRISI POLITICA E IMPONGA LA PROPRIA SOLUZIONE DELLA CRISI

Marco Ferrando


La crisi politico/istituzionale della Seconda Repubblica si avvita senza trovare uno sbocco. Il populismo reazionario di Grillo è al centro della scena. Mentre il movimento operaio osserva in silenzio, con le mani legate dalle proprie direzioni politiche e sindacali, a fronte di una crisi sociale che va precipitando. Questa è la sostanza dell'attuale momento politico. 


LA CRISI POLITICA DELLA BORGHESIA 

La borghesia ha perso il controllo della crisi politica. Prima del voto puntava a un compromesso tra centrosinistra e Monti. Ma il voto ha spazzato via questa possibilità. Ed oggi i vecchi partiti dominanti sono alle prese con la propria crisi. 

Bersani cerca di salvare il suo gruppo dirigente del PD candidandosi a risolutore della crisi. Ma non è in grado di formare un governo. E prepara così, in prospettiva, il tappeto rosso per Matteo Renzi, col rischio serio di conflagrazione del PD. 

Berlusconi cerca di salvarsi dalle sentenze annunciate della magistratura, e per questo punta a un negoziato politico istituzionale col PD che gli possa garantire un salvacondotto. Ma cozza con le difficoltà insolute del PD a un compromesso pubblico col Cavaliere. E per questo accarezza in subordine l'idea di nuove elezioni con l'obiettivo di vincerle e dunque di procurarsi per questa via il salvacondotto istituzionale. 

La Lega, uscita malconcia e divisa dalle urne, vorrebbe evitare il voto ad ogni costo, e per questo ha lanciato segnali di disponibilità al PD. Ma è troppo debole per giocare una partita in proprio senza il benestare di Berlusconi. 

Il Centro di Lista Civica è a sua volta diviso dalle ambizioni frustrate di Mario Monti, col rischio di una clamorosa disgregazione parlamentare: indebolendo ancor più le fortune già precarie di Bersani. 

In sostanza: un ginepraio irrisolto e forse, nell'immediato, insolubile. 

Napolitano proverà forse a istruire ancora una volta “un governo del Presidente”, facendo leva sull'emergenza finanziaria e istituzionale. E certo non manca un programma comune di governo tra PD, PDL, Monti: una pioggia di 50 miliardi di “debiti” della pubblica amministrazione alle imprese ( prevalentemente alla industria farmaceutica e ai grandi costruttori); l'abolizione progressiva dell'Irap a vantaggio dei padroni ( 34 miliardi che oggi finanziano la sanità); l'ulteriore appesantimento delle norme Fornero sul mercato del lavoro. E' il programma ufficiale di Confindustria, sotto la guida dell'”illuminato” Squinzi. Cui tutti i partiti padronali si sono inchinati riverenti. 
Ma questo programma comune saranno in grado di gestirlo in un comune governo, fosse pure sotto l'egida presidenziale? Perchè questa è l'unica possibilità consentita dai numeri parlamentari. E questa è la drammatica difficoltà del PD. 


IL POPULISMO REAZIONARIO DI GRILLO CASALEGGIO 

Grillo e Casaleggio cercano di tenersi fuori da tutto. Per una ragione semplice: puntano in prospettiva al potere politico in proprio. 

Non si tratta anche in questo caso di differenze di programmi da un punto di vista di classe. Sul mantra del “taglio ai costi della politica” tutti pagano pegno al grillismo, col sostegno unanime della grande stampa borghese. E' il classico specchietto per le allodole: come si possono chiedere nuovi pesanti sacrifici sociali agli sfruttati senza dare una spuntatina d'immagine agli stipendi istituzionali? Quanto ai programmi sociali, nulla questio. Il M5S rivendica come Berlusconi ( e il PD) l'abolizione dell'Irap. E in fatto di mercato del lavoro, scavalca a destra, per alcuni aspetti, i vecchi partiti padronali: rivendicando un reddito di cittadinanza di 600 euro come indennizzo di licenziamento per lavoratori “esuberanti” delle fabbriche in crisi ( “da chiudere” come nel Sulcis) e del settore pubblico (.. per risparmiare i soldi con cui tagliare l'Irap ai padroni). “ Col nostro programma nei prossimi 5 anni saremmo più poveri, ma più felici” ha dichiarato il milionario Grillo a una TV turca. Del resto un soggetto politico che a Parma, dove governa, attacca frontalmente le prestazioni sociali per pagare il debito ai banchieri, non ha certo ostilità di principio verso i programmi padronali. 

Il punto è un altro. Grillo e Casaleggio rifiutano alleanze di coalizione coi vecchi partiti borghesi perchè mirano alla Repubblica di.. Grillo e Casaleggio. Fuori e contro la vecchia democrazia borghese e la sua tradizione costituzionale. Sulla base di un progetto ideologico reazionario, che punta all'abolizione del sindacato in quanto tale (“roba da 800”), alla soppressione di “tutti i partiti”, al dominio totalizzante della “Rete” come moderno modello plebiscitario. In attesa... dell'”ordine nuovo” universale di Gaia del 2054, secondo le farneticazioni di Casaleggio. 


LA CRISI DRAMMATICA DEL MOVIMENTO OPERAIO 
LA PARALISI SUBALTERNA DELLE SINISTRE 

Il movimento operaio è il grande assente dello scenario politico, per responsabilità delle sue direzioni. E' clamoroso. Di fronte alla crisi dei vecchi partiti padronali e dell'intero edificio della seconda Repubblica, non esiste sul campo una proposta alternativa della classe lavoratrice. 

Le burocrazie sindacali difendono i propri interessi di burocrazie. CISL e UIL chiedono un governo di unità nazionale che dia continuità lineare alle politiche di Monti e al proprio asservimento alla Fiat. La burocrazia CGIL, orfana di un governo di centrosinistra su cui aveva puntato le proprie carte, cerca di salvaguardare il canale di dialogo con Confindustria. Mentre tace sul programma sociale del grillismo per coprire il gioco(vano) di Bersani verso i 5 stelle. Così all'incontro col presidente incaricato, Camusso, Bonanni, Angeletti, si sono presentati con..la piattaforma di Confindustria: “tagli ai costi della politica” ( per dare più soldi ai padroni), “taglio delle tasse” ( in primo luogo l'Irap per i padroni), pagamento degli “arretrati alle imprese”. Nulla che riguardi il mondo del lavoro, se non i penosi auspici per “ sviluppo e occupazione”. E questo nel momento della massima precipitazione dei salari, del blocco annunciato dei contratti del pubblico impiego, della carneficina dei posti di lavoro. Sullo sfondo della recessione italiana ed europea. 

Parallelamente ciò che rimane delle sinistre politiche balbetta una recita subalterna. 

SEL resta attaccata alla gonna del PD e di un suo improbabile governo ( borghese). Vendola chiede a Bersani l'accordo (irrealistico) con il M5S di cui beatifica le immaginarie virtù. Per il resto copertura totale dell'afasia della CGIL, e nessuna proposta d'azione per il movimento operaio. Il peggio del peggio. Col rischio oltretutto di trovarsi, a breve, di fronte al vicolo cieco un centrosinistra elettorale targato Renzi e alleato di Monti. In realtà la crisi del bersanismo trascina con sé la crisi del vendolismo e ne documenta la totale inconsistenza. 

Il PRC è nel vortice di una crisi drammatica dopo la disfatta di Ingroia. E mentre la sua ala “grassiana” cerca la ricomposizione..con SEL, il segretario Ferrero chiede a Bersani e al PD di “avere più coraggio”(?) e a Grillo/Casaleggio di “far valere i voti ottenuti per imporre una svolta”..al PD nella critica al “fiscal compact”. In altri termini chiede al populismo reazionario di premere sul polo liberal borghese per una svolta progressista ( il famigerato New Deal di Roosvelt). Il tutto, per la cronaca, nel nome della rifondazione..”comunista”. E' la misura di una crisi senza ritorno di una sinistra “radicale” sempre più allo sbando. 


PER UNA ALTERNATIVA OPERAIA ALLA CRISI POLITICA E SOCIALE 

C'è una sola svolta possibile dentro la crisi politica. E' quella che passa per una aperta irruzione sulla scena del movimento operaio e dei movimenti di lotta, in un grande fronte unitario contrapposto a tutti i loro avversari: liberali (Pd /Monti), reazionari (Berlusconi), populisti ( Grillo/ Casaleggio). 

E' necessario avanzare una piattaforma di lotta indipendente della classe operaia, contrapposta a tutte le soluzioni borghesi della crisi sociale: una piattaforma che parta dal blocco dei licenziamenti, dall'esproprio di tutte le aziende che licenziano, dalla ripartizione fra tutti del lavoro esistente, da un grande piano del lavoro finanziato con l'abolizione del debito pubblico verso le banche, con la tassazione progressiva dei grandi redditi, con una patrimoniale ordinaria e straordinaria. E su questa piattaforma indipendente va organizzato un piano di mobilitazione straordinaria e continuativa che unisca in un unico fronte l'insieme del mondo del lavoro, dei precari, dei disoccupati. Solo questa mobilitazione straordinaria può incidere sulle contraddizioni (enormi) del blocco sociale populista, capovolgere i rapporti di forza, aprire dal basso la prospettiva dell'unica possibile soluzione progressiva della crisi politica e sociale: quella di un governo dei lavoratori, basato sulla forza e l'organizzazione degli sfruttati. 
E viceversa, senza questa svolta unitaria e di lotta, la profondità della crisi politico istituzionale della seconda Repubblica, sommata con la drammatica crisi sociale, rischiano di creare, in prospettiva , le condizioni di svolte autoritarie. Quali che possano essere la loro dinamica e i loro canali di sviluppo. 

Di certo il PCL si batte e si batterà in ogni luogo di lavoro, in ogni movimento, in ogni organizzazione sindacale e di massa, per l'indipendenza del movimento operaio su un programma anticapitalista. Unico fattore possibile di una vera alternativa. 

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