giovedì 23 maggio 2013

llva e Fiat il gatto e la volpe

Luciano Granieri

Siderurgico e industria automobilistica sono da sempre considerati due settori  fondamentali  per l’economia di una Nazione.  Ciò è probabilmente vero, anche se tali attività industriali andrebbero ripensate per produrre secondo procedure più consone ad uno sviluppo tecnologico  continuamente in evoluzione ed orientato verso un  migliore utilizzo dell’energia per quantità e qualità. 

Le acciaierie della Hyundai  Kia in Corea del Sud sono un tipico esempio di come si possa produrre dell’acciaio molto evoluto, con processi produttivi a basso impatto ambientale.  Seguendo questo ragionamento in Italia è obbligatorio  ritenere   Ilva e Fiat  indispensabili per lo sviluppo economico del nostro Paese. 

Ma siamo sicuri che ciò che vale in senso generale sia vero anche in Italia?  E'  possibile affermare che l’Ilva e la Fiat,  in base ai piani industriali e al loro modo di rapportarsi col tessuto economico e sociale italiano,  siano così indispensabili? In un ipotetico bilancio, siamo scuri che le  famiglie Agnelli e Riva con i loro manager d’assalto abbiano contribuito allo sviluppo economico  dello Stato, più di quanto lo Stato non abbia contribuito al loro personale profitto?  

Le domande sorgono spontanea proprio alla luce di quanto si è appreso in questi giorni. Il nucleo tributario della guardia di finanza di Milano ha sequestrato  un miliardo e duecento milioni ai Riva.  Un tesoretto che i fratelli Emilio e Adriano avrebbero sottratto all’azienda e posto sotto la propria disponibilità personale facendolo transitare in vari paradisi fiscali per poi farlo rientrare in Italia  grazie allo scudo fiscale di tremontiana  memoria.  

Ricordiamo quando qualche mese fa all’epoca dell’arresto di Emilio Riva per disastro ambientale si calcolava che per rimettere a norma lo stabilimento di Taranto e renderlo all’avanguardia come gli impianti della  Hyundai Kia, sarebbero serviti  tre miliardi e mezzo di euro.  Se quel miliardo e due anziché essere finito nelle capaci saccocce della famiglia Riva fosse stato investito per mettere a norma lo stabilimento, metà del lavoro sarebbe già stato portato a termine e probabilmente il mostro siderurgico, con nuove cocherie e altiforni  all’avanguardia, avrebbe prodotto di più e meglio senza uccidere  la gente  di Taranto. 

Per non dire che    su quel miliardo e rotti lo Stato ne ha ricavato la miseria del 5% di tributi, ossia il pagamento del privilegio di cui  i riciclatori ed  evasori hanno  goduto e godono  per scudare i loro capitali fatti rientrare dai paradisi fiscali. O meglio qualcosa i Riva hanno sborsato verso uomini  di Stato, nel 2006 hanno finanziato la campagna elettorale di Bersani e l’anno prima hanno foraggiato abbondantemente Berlusconi.  

Ma veniamo a Fiat.  Dopo aver goduto da sempre di contributi dallo Stato sotto varie forme, da ultimo gli eco incentivi, dopo aver trasferito gran parte dei propri dipendenti su libro paga della collettività con il ricorso alla cassa integrazione, dopo aver ridotto a carta straccia il contratto di lavoro nazionale  e distrutto la rappresentanza sindacale, il signor Marchionne decide di spostare in Inghilterra  la sede fiscale di una parte del gruppo. La FI Cbm,   nuova holding del gruppo quotata a Wall Street , che assorbirà Fiat industrial e Cnh  , verrà domiciliata nella City  dopo aver sfruttato i paradisi fiscali delle Antille  olandesi. L’operazione consentirà a Fiat di risparmiare ogni anno almeno 564 milioni di euro. Gettito fiscale che verrà a mancare nelle disastrate casse del nostro Bel Paese.  

Facendo due conti in pochi giorni abbiamo realizzato che Ilva e Fiat stanno sottraendo alla collettività quasi due miliardi. Con tali entrate trovare il miliardo per rifinanziare parzialmente la cassa integrazione in deroga sarebbe stato un gioco da ragazzi . Ma questa non è che la punta dell’iceberg,  perché molte altre grandi aziende e banche (l’ultima è Mediolanum)  hanno contenziosi aperti con il fisco per miliardi di euro. 

Basterebbe quindi impegnarsi a risolvere questi contenziosi  per scongiurare l’aumento dell’Iva l’imposizione della  Tares,   per assicurare sanità e scuole pubbliche efficienti. Non sarebbe  difficile trasferire un po’ di pressione fiscale dalle oberate spalle dei lavoratori alle grandi imprese e ai grandi manager. 

Purtroppo il vizio delle holding italiane di privatizzare i profitti e socializzare le perdite è radicato da decenni di combutte e accordi sotto banco  tra politica e mondo del capitalismo finanziario,  per cui stiamo parlando di roba vecchia. E allora per tornare al quesito posto all’inizio del testo  rispondo  che   i settori siderurgici e metalmeccanici sono sicuramente  fondamentali per lo sviluppo economico di una comunità  .  

Ma è necessario che le aziende operanti  in questi settori, come in altri,   che hanno ricevuto contributi dallo stato, possano essere nazionalizzate senza indennizzo nel caso in cui, non presentino un piano industriale efficiente,  delocalizzino, licenzino o adottino un comportamento fiscale non vantaggioso per la comunità.  Solo con un sistema di tutela "dell’utilità sociale e di difesa  dai danni che l’iniziativa economica privata può recare alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana", così come riportato nell’art.41 della costituzione, si può essere sicuri  che le aziende saranno in grado assicurare  sviluppo economico e sociale di un paese, il resto è fuffa.

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