martedì 4 giugno 2013

I lavoratori della logistica bloccano il centro di Bologna

di Matteo Bavassano
 
Sabato primo giugno si è tenuta l’ennesima iniziativa di lotta dei lavoratori delle cooperative del settore della logistica, che hanno organizzato un corteo nel centro di Bologna per protestare contro gli oltre 40 licenziamenti subiti dai lavoratori della Granarolo e della Coop Adriatica e contro l’attacco al diritto di sciopero nel settore del trasporto merci, dichiarato illegittimo dalla Commissione di Garanzia sullo sciopero in quanto ritenuto “servizio pubblico essenziale”. Ancora una volta, questi lavoratori, che nella quasi totalità sono immigrati, si confermano essere protagonisti delle lotte più radicali che si portano avanti oggi in Italia.
I facchini, arrivati anche da Milano e Piacenza, hanno dato vita a un corteo molto combattivo, che, partendo da piazza del Nettuno, è passato sotto la sede della Cgil, pesantemente contestata dai lavoratori per il ruolo di sostegno alla repressione che ha avuto in tutte le vicende della logistica, e sotto la Prefettura, per poi concludersi nuovamente in piazza del Nettuno con vari interventi e un comizio di Mohamed Arafat, uno dei principali protagonisti di questa lotta.
 
I lavoratori hanno fatto ancora una volta la loro parte nella lotta di classe. Lo stesso non si può dire purtroppo delle forze della sinistra, sindacale e politica. Al corteo infatti, oltre ai lavoratori e ad alcuni centri sociali, unica organizzazione presente con un proprio spezzone era il Pdac, mentre erano assenti o si contavano sulle dita di una mano le presenze di altre organizzazioni politiche della sinistra, che evidentemente ritengono questa lotta (come si è visto anche ai picchetti e alle precedenti manifestazioni) meno importante delle scadenze fissate dalle burocrazie sindacali.
Ancora più grave la sostanziale assenza degli altri sindacati di base o conflittuali: a parte qualche bandiera isolata della Cub, di Usb e della Confederazione Cobas, era presente soltanto il Si.Cobas, che ha un ruolo dirigente in questa lotta. Totalmente assenti la Fiom e la Rete 28 aprile di Cremaschi.
 
Di fronte ad un attacco di questa portata, la risposta dovrebbe essere invece unitaria e di classe: le logiche settarie e autoreferenziali dovrebbero essere accantonate per favorire la più ampia solidarietà ai lavoratori lincenziati. Licenziare dei lavoratori per aver scioperato significa colpire al classe lavoratrice nel suo complesso, tanto più in un momento in cui padroni e burocrati sindacali intendono ridimensionare fortemente il diritto di sciopero (vedi accordo sulla rappresentanza siglato da Cgil, Cisl, Uil e Confindustri).
Nel prossimo periodo di lotte che sta per aprirsi in Italia l’unità di classe sarà fondamentale: ad imporla alle diverse sigle sindacali dovranno essere i lavoratori che dovranno in realtà 
battersi su due fronti: contro i padroni e contro le direzioni sindacali burocratiche o autoreferenziali.
 
Alternativa comunista continuerà ad essere al fianco della lotta esemplare -oggi la più importante in Italia- dei lavoratori delle cooperative, in gran parte immigrati: anche contro il tentativo di dividere le lotte dei lavoratori nativi e immigrati. La battaglia va sviluppata anche contro tutte le leggi razziste votate da centrodestra e centrosinistra che facilitano il doppio sfruttamento degli immigrati. E per questo saremo in piazza in occasione della "giornata della collera" il 15 giugno promossa dal Comitato Immigrati in Italia e dalla Cub Immigrazione.
 

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