sabato 20 luglio 2013

No Tav. Conferenza stampa sugli scontri del 19/20 luglio: la democrazia è in pericolo

TG VALLE  DI SUSA


 
Giornata pesante quella appena trascorsa: 124 fermati ai posti di blocco che hanno cinto la Val di Susa democraticamente d’assedio, ore prima che la annunciata marcia notturna avesse luogo, 9 fermi in attesa di convalida e decine di feriti che in mattinata han trasformato il Presidio di Venaus in ospedale da campo.

Il movimento No Tav ha risposto ai democratici accadimenti della notte con una conferenza stampa, indetta per oggi 20 luglio alle 15.00 al Presidio Gemma delle Alpi di Susa. Presenti Guido Fissore, Nicoletta Dosio, Marta – fermata e rilasciata – e Francesco Richetto.
È l’ennesimo episodio di violenza perpetrato a danno di persone che si recavano a protestare contro la zona rossa richiesta dal Prefetto di Torino e che di fatto espande i già ampi confini del cantiere-fortino della Val Clarea (dove hanno luogo i lavori per il tunnel geognostico per il progetto del tunnel della NLTL – Nuova Linea Torino Lione, ultima dizione di quella che doveva essere la tratta ad Alta velocità passeggeri prima, merci poi, Alta velocità prima, Alta capacità poi, N.d.R.). La prima a prendere la parola è Nicoletta Dosio, ferma nella denuncia dei pestaggi che han colpito a decine i manifestanti mentre indietreggiavano e cercavano una via di fuga in mezzo al fumo dei lacrimogeni. “Sventurata la terra che ha bisogno d’eroi” sostiene Bertolt Brecht, che N.D. cita dicendo: “La nostra terra purtroppo ha ancora bisogno di eroi” e gli eroi sono i ragazzi arrestati che pur di lasciare arretrare, uomini, donne, anziani e più giovani si sono sacrificati per la loro fuga subendo il pestaggio e l’arresto.
“Nessuno è tornato da Giaglione prima che tutti fossero rientrati. I violenti esistono e stanno al di là delle reti” dichiara N.D.: la violazione della Democrazia in Val di Susa è un fatto concreto ed è di questo che bisogna parlare.
Marta è una dei fermati. Interviene raccontando l’esperienza appena vissuta. Assieme a molti altri è rimasta chiusa, imbottigliata senza via di fuga – verrebbe da chiedere agli zelanti PM abili nel Diritto: esisteva topograficamente una via di fuga? E se no: una carica che non lasci vie di fuga può ancora legalmente configurarsi come carica? Agli occhi profani suonerebbe piuttosto come “pestaggio”? Una domanda come un’altra.
Marta viene catturata e presa a manganellate, trascinata sin dentro il cantiere a calci e pugni. Lì viene ripetutamente toccata nelle parti intime, al seno; una agente le sputa addosso apostrofoandola con “puttana!”, epiteto ricorso più volte, tra gli altri. Le viene contestata la presenza nello zaino di limone e flacone di acqua misto a Malox, per proteggersi dai lacrimogeni. Poi qualcuno passa e credendo che il lavoro non sia ancora fatto a dovere le assesta una manganellata in faccia (labbro rotto: 6 punti esterni e 3 interni). Marta sanguina ormai dappertutto, non sa neanche di preciso da dove sanguini perché gli abiti sono impregnati di sangue e chiede insistentemente di esser visitata da un dottore. Il dottore in forza alle FfOo arriva, ne richiede l’immediato trasferimento in Pronto soccorso. L’immediato si computa in 4 ore dopo. Prima avviene il trasferimento in Questura per la certificazione dei reati imputatile: resistenza, aggressione e lesioni a pubblico ufficiale. Poi finalmente Marta viene prelevata da medici ospedalieri e trasferita al Cto di Torino.
Guido Fissorre sottolinea la premeditazione di quanto accaduto. Il cantiere-fortino è cinto da doppia struttura di jersey (reti fisse incastonate su basamenti di cemento, N.d.R.), reti semplici, filo spinato a profusione e in alcuni punti reti per caduta massi. Perché si possa intervenire dall’esterno ci vorrebbe un esercito munito di bulldozer, bombe a mano e dinamite, non certo un corteo di persone comuni. Far uscire i reparti antisommossa per fermare il troncone centrale della manifestazione centinaia di metri prima delle recinzioni, sparare lacrimogeni in abbondanza, caricare e inseguire pare consono alla presenza stessa, e anomala, dei due magistrati che seguono le indagini relative agli inquisiti del movimento No Tav. Il sentore è che, annunciata la manifestazione, ci si fosse non già preparati ad arginare eventuali disordini, ma preventivamente disposti a provocarli per giustificare gli arresti. Il momento storico, percorso da difficoltà economico-finanziarie di ogni sorta, rende rocambolesco il reperimento dei fondi per il prosieguo del tanto ambito tunnel e giace sullo sfondo, in attesa di poter giustificare il blocco qualora il capro espiatorio dovesse servire all’uopo e divenire, come l’assordante vociferare richiede, il cattivo di turno.
Domani, 21 luglio, saranno gli amministratori comunali – di Meana, Bussoleno, Condove, Sant’Antonino di Susa, San Didero, Giaglione, Villarfocchiardo ecc. – a dirigersi in corteo alle recinzioni, per reclamare il libero transito sulla propria libera terra.
N.D. ricorda infine come su alcune testate sia comparsa la notizia che “nonostante” i tafferugli, i lavori nel cantiere siano proseguiti, esattamente come quando Luca Abbà nel febbraio del 2012, cadde dal traliccio, senza soccorsi, con il rischio di rimetterci la vita. Non è l’orgoglio del lavoro a prevalere, ma l’infamia dell’interesse che fa del lavoro una leva per passare sopra tutto e sopra tutti.

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