martedì 19 novembre 2013

La rivoluzione per i diritti naturali dell'uomo

Luciano Granieri

Giustizia e carità sono principi   che ogni uomo deve rispettare, perché costituiscono la base dei diritti naturali della persona umana . Gli uomini liberi danno vita ad uno Stato non per annullare  i diritti naturali, ma per salvaguardarli . Se il governo non agisce in conformità con questi fini, il popolo ha il diritto di ribellasi e di abbatterlo. La ribellione  è appunto la garanzia del rispetto dei diritti naturali. 

Questi concetti sembrano attualissimi ma risalgono alla fine del ‘600. Si trovano scritti nel “Trattato sul governo” di John Locke. E’ la prima teoria della rivoluzione basata sull’appello alla ragione e i diritti degli uomini. Circa quattro secoli dopo il concetto di dritti naturali della persona umana si è  riqualificato  nella definizione più generale    di diritto all’esistenza che racchiude al suo interno  l’entità dei  beni comuni. Ossia quei beni  giuridicamente definiti come indispensabili per la  soddisfazioni dei bisogni fondamentali delle persone. 

Ovvero   , l’accesso all’acqua, al cibo, alla conoscenza ,da diffondere   anche con l’utilizzo della rete, ai farmaci essenziali, alla tutela del territorio. Come al solito la nostra Costituzione è illuminante anche su questa materia. L’art 43 infatti sancisce che  la gestione dei servizi pubblici essenziali sia da affidare a comunità di lavoratori o utenti. 

 Attualizzando il pensiero di   Locke, non solo è possibile ribellarsi ad un governo che non legifera per la  difesa   del diritto naturale all’esistenza  sancito dalla tutela dei beni comuni, ma è doveroso, perché la ribellione è garanzia del rispetto di questi diritti. 

E' obbligo civico  e indispensabile ribellarsi a quei governi che hanno favorito la privatizzazione dell’acqua, che,  imponendo le regole ultraliberiste,  hanno concesso mano libera alle multinazionali in materia di imposizione di copyright sui semi genericamente modificati, sullo sfruttamento intensivo dei terreni agricoli, privatizzando di fatto la filiera agroalimentare, hanno consentito alle stesse multinazionali di speculare  e accumulare enormi profitti sulla diffusione  dei  farmaci essenziali,   hanno   promosso  la privatizzazione in generale della sanità.  E, infine, hanno  permesso il saccheggio del territorio fornendo  terreno  alle  scorribande cementizie degli speculatori fondiari colpevoli di    devastazioni  ambientali  che spesso presentano  il conto con alluvioni e frane.  Un conto salato in termini di danni alla comunità e di perdita di vite umane come testimonia l’ennesima tragedia di queste ore in Sardegna.  


Dal momento che questi governi sono emanazione politica di un potere più ampio e ramificato incarnato nel capitalismo finanziario ultraliberista, ecco che il dovere civile della ribellione si deve esercitare, per diventare realmente efficace,    contro il capitalismo in generale. Lo dicono i movimenti anticapitalisti, i vari movimenti occupy, ma soprattutto già quattocento anni fa lo diceva Locke  e con lui   Brauch, Spinoza, Pufendorf, tutti quei filosofi e giuristi  europei che alla fine del  ‘600 si battevano per il rispetto dei diritti naturali dell’uomo.  

E’ tempo quindi di riappropriarsi del vero concetto di difesa dei propri diritti, non più basato sulla loro elemosina quasi fossero privilegi , regalie elargite dai potenti ,  ma come patrimonio inalienabile naturale dell’umanità,  da difendere anche con la rivoluzione.  Una rivoluzione civile sancita dalla storia.


          


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