di Alberto Madoglio e Massimiliano Dancelli (*)
Da diversi anni ormai le classi subalterne italiane sono costrette a subire i colpi delle manovre economiche di austerità decise dai vari governi che si sono succeduti nel tempo, dettate dalla Troika di comune accordo con le famiglie della grande borghesia italiana. Anche quest’anno il copione è lo stesso: tagli allo stato sociale, alla sanità e alla scuola pubblica, blocco degli aumenti salariali per milioni di dipendenti pubblici, aumento delle tasse dirette e indirette sui salari e sulle pensioni, mentre il grande capitale continua a beneficiare di aiuti e agevolazioni.
Di fronte a tutto ciò sembra che i sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil, abbiano avuto un sussulto di orgoglio, di dignità, e si siano finalmente decisi a proclamare uno sciopero generale. Tuttavia pensiamo che questa decisione non indichi una rottura con la politica seguita dalla Triplice negli ultimi anni, ma sia soltanto una scelta tattica, dovuta alla necessità di rispondere alle pressioni della base sindacale che rivendica una riposta dura e decisa davanti agli attacchi sferrati al mondo del lavoro.
Non dobbiamo dimenticare infatti che non solo si tratta di uno sciopero tardivo (il primo dopo due anni, il precedente fu indetto all’epoca della riforma Fornero), di sole quattro ore (tranne il pubblico impiego che sciopera 8 ore, mentre per la scuola lo sciopero è di una sola ora, nonostante si tratti del settore che negli ultimi anni è stato più colpito dai tagli di risorse), che in molti casi non prevede manifestazioni di lavoratori ma solo innocui presidi sotto le prefetture.
E’ indetto da quei sindacati che non più tardi di un mese fa erano disposti a mobilitarsi per “salvare il governo”, all’epoca sotto ricatto di Berlusconi e di alcuni dei suoi parlamentari, e che lo scorso 31 maggio hanno siglato con Confindustria un patto (chiamato della “rappresentanza”) che cerca di garantire la pace sociale sui luoghi di lavoro, proprio in un periodo in cui aumentano in maniera esponenziale licenziamenti, chiusure di fabbriche, ricorso alla cassa integrazione.
Nelle intenzioni delle burocrazie sindacali quindi lo sciopero non è convocato contro il governo, guidato da un alto esponente del Pd e da questo partito, sostenuto insieme al Pdl di Berlusconi e al Centro di Monti, ma per cercare di controllare la rabbia che giorno dopo giorno aumenta tra milioni di lavoratori, sempre più sfruttati e ridotti alla disperazione da un governo che, come i precedenti, vuol far pagare a loro il prezzo della crisi.
Il Partito di Alternativa comunista, mentre denuncia questa ennesima manovra delle burocrazie sindacali contro gli interessi delle classi sfruttate, fa appello ai lavoratori non solo perché partecipino in massa allo sciopero ma anche perché facciano fallire i piani di chi vuole che lo sciopero sia l’ennesima parata innocua, e lo trasformino nell’inizio di una lotta generalizzata contro il governo, i padroni e i burocrati sindacali che, alleati fra loro, ci vogliono condannare alla miseria.
Per questo crediamo indispensabile che anche i sindacati di base, che già hanno convocato lo sciopero lo scorso 18 ottobre, partecipino col loro programma e le loro parole d’ordine alle mobilitazioni dei prossimi giorni. Non lasciamo milioni di operai e lavoratori nella mani di Camusso, Landini, Bonanni, Angeletti.
Lotta a oltranza contro il governo del capitale, la Troika e le loro politiche di austerità!
Basta sacrifici per i lavoratori! La crisi la paghino i padroni!
(*) dirigenti Pdac e attivisti Rete 28 Aprile Cgil
Video a cura di Luciano Granieri
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