Sabato
1 marzo presso la saletta dei soci Coop, in via Monti Lepini a Frosinone, a partire dalle 16,30 si
terrà la seconda parte del seminario “Il reddito rende liberi”. Nel primo
incontro del 22 febbraio scorso, abbiamo visto come la crisi quantitativa e
qualitativa del lavoro, combinata con una forma di welfare inadeguato, abbia
contribuito ad incrementare i livelli di povertà delle famiglie italiane rendendo
quindi indispensabile una forma di
sostegno al reddito. In particolare, nel corso del primo appuntamento, abbiamo ripercorso la storia del lavoro e la sua incidenza sul
progresso, o regresso, civile e sociale nelle
società occidentali dalla rivoluzione
francese ad oggi. Congiuntamente a quest’analisi sono state illustrate le inefficienze e le inadeguatezze del nostro welfare state.
In questo secondo incontro, ci concentreremo sulle diverse forme di protezione
al reddito. Ripercorreremo l’evoluzione
storica di questa misura , dalle prime
espressioni arcaiche del ‘600, fino ad oggi. Analizzeremo le differenze fra reddito
minimo garantito, reddito di cittadinanza universale, reddito base
d’inserimento e dividendo europeo, specificando l’efficienza, in termini di
protezione sociale, i costi e le
coperture finanziarie necessarie per ognuna di queste forme. Illustreremo inoltre le varie posizioni , favorevoli
o contrarie a questa misura, espresse
da economisti e personalità del mondo accademico.
Di seguito
pubblichiamo i video proiettati nel corso del primo appuntamento. La base di partenza, nel discutere sulla crisi
del lavoro, riguardava la funzione sociale che questo ha rivestito dalla sua
forma liberata, cioè dalla rivoluzione francese, fino ad oggi. Il lavoro era ed è elemento distintivo del
diritto di cittadinanza e di inclusione sociale, o è strumento di controllo
sociale al servizio del capitalismo? La
frase emblematica “Il lavoro rende liberi” evoca la libertà civile, o l’immagine
dei campi di concentramento? E’ questo
il senso della prima video clip, con le musiche degli Area, in particolare il
brano Arbeit macht frei. La seconda clip con le musiche di Daniele Sepe su un frammento del film di Charlie Chaplin “Tempi
moderni” è una rapida ma efficace illustrazione del modello di fabbrica
fordista. Il paradigma
taylorista-fordista-keynesiano è stato oggetto di un’attenta analisi nel
seminario, inserito in un percorso partito dall’operaio di mestiere ottocentesco, all’operaio di massa, fino al lavoratore
precario figura tipica dell’era dell’accumulazione flessibile. Altri video saranno proiettati anche nel
secondo appuntamento di sabato prossimo.
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