martedì 20 maggio 2014

Elezioni europee Sole le lotte possono mettere fine ai sacrifici

Alberto Madoglio

Le liste della Lit-Quarta Internazionale in Spagna e Portogallo




Le elezioni per il rinnovo del parlamento europeo che si svolgeranno il 25 maggio, per la prima volta nella loro storia, sono al centro del dibattito politico in Italia, così come negli altri Paesi membri dell’Unione Europea.
Europa: dalla routine all’austerità
Fino alla scorsa tornata elettorale (nel 2009) si trattava in sostanza di un momento di secondaria importanza nella propaganda dei partiti politici di ogni Paese. Nella maggioranza dei casi, e certamente per quanto riguarda il caso italiano, erano un momento in cui definire i rapporti di forza tra le varie correnti e fazioni all’interno dei diversi partiti, e anche un modo per sistemare politici di secondo piano o avversari scomodi, sul piano nazionale, dei leader di partito.
Questa volta non sarà così.
La crisi del debito pubblico, sottoprodotto della crisi economica globale iniziata nel 2007, è esplosa nel Vecchio Continente solo quattro anni fa (era il maggio 2010), ma sembra passato un secolo per i cambiamenti epocali e per certi versi irreversibili che ha causato.
Alcuni Paesi sono stati commissariati dalle istituzioni finanziarie europee e mondiali (la famigerata Troika, formata dalla Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Commissione europea): è il caso di Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro. Altri, per il momento, hanno avuto una sorte differente, anche se le loro politiche in campo economico e finanziario sono lasciate sempre meno alla libertà di azione dei Governi nazionali: è il caso di Spagna e Italia.
Tutti i Paesi membri della Ue, a prescindere che adottino o meno la moneta comune, hanno imposto scelte draconiane alle loro popolazioni: taglio del welfare, privatizzazioni selvagge, licenziamenti, riduzioni dei salari, riduzione degli spazi democratici che la borghesia aveva concesso alle classi subalterne negli ultimi 60 anni. Questa è stata la ricetta imposta dai governi a Londra come a Atene, Berlino, Parigi, Madrid come a Lisbona e Roma.
In un quadro in cui le sorti di ogni Paese sono determinate dai rapporti di forza in ambito europeo, in cui le varie borghesie nazionali combattono non solo contro i lavoratori del loro Paese, ma anche contro quelli di altri Stati e contro le borghesie loro concorrenti, le elezioni europee assumono un’importanza che mai fino ad ora avevano avuto.
Cosa propongono gli schieramenti in campo
I vari schieramenti in campo sono noti.
Popolari e Socialisti sono la rappresentazione continentale di partiti e coalizioni che a livello nazionale si schierano a destra e a sinistra della politica borghese.
Al di là dei differenti toni usati in campagna elettorale, entrambi riconoscono e difendono le politiche di austerità adottate negli ultimi anni. Come in ogni campagna elettorale cercano di ingannare i lavoratori promettendo la fine dei sacrifici, incolpando i partiti dello schieramento avverso di aver causato la crisi in cui si trovano centinaia di milioni di lavoratori, disoccupati e giovani dei 28 paesi della Ue. In una polemica trasversale agli schieramenti, si incolpa, a seconda dei casi, la rigidità e l’egoismo dei Paesi del nord Europa, o la dissolutezza e lo spreco di quelli del Sud.
Popolari e Socialisti rappresentano una contraddizione insanabile: la necessità delle classi dominanti di ogni Paese di agire non più solo a livello nazionale e allo stesso tempo l’impossibilità di rinunciare ai privilegi, grandi o piccoli, che gli Stati garantiscono alle rispettive borghesie. Rappresentano in buona sostanza l’impossibilità di una vera unificazione europea sotto il dominio del capitalismo, in cui ogni borghesia nazionale abbandoni, volontariamente, parte del proprio potere in nome di un “interesse comune superiore”.
Anche a livello europeo il malcontento e l’odio che larghi settori di popolazione provano contro le istituzioni di Bruxelles, giustamente viste come la causa delle loro disgrazie, si indirizzerà verso formazioni populiste, xefonobe e razziste. Il Front National in Francia, l’Ukip in Gran Bretagna, il M5S di Grillo in Italia, Alba Dorata in Grecia, sono tutte formazioni politiche che, stando ai sondaggi, calamiteranno il malcontento popolare.
Come già abbiamo scritto in vari articoli e analisi apparsi sul nostro sito o sul giornale, questi partiti non rappresentano in nessun caso una soluzione per la crisi che sta devastando il continente. Il mix di demagogia razzista, di ricerca dell’uomo forte in grado di risolvere i problemi, di politiche economiche autarchiche, se mai risultassero vincenti, non farebbe altro che consolidare il potere della borghesia a livello continentale e condannare le classi subalterne in uno stato di prostrazione e demoralizzazione.
Il loro successo non era né è inevitabile: è il frutto principalmente dell’assenza di un’alternativa di classe, anticapitalista alle direzioni borghesi nazionali e europee. E’ favorito dal fatto che le maggiori organizzazioni del movimento operaio (partiti ma soprattutto sindacati) o si sono schierate al fianco dei Socialisti Europei oppure hanno dato vita all’ennesimo inganno riformista, illudendo e illudendosi che l’Unione Europa possa essere riformata, possa diventare più attenta alle esigenze delle popolazioni europee.
Contro tutte quelle forze che, in un modo o nell’altro, difendono lo status quo di un’Europa dominata dal capitale e dalla sua infinita sete di profitto, la Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale è la solo forza che si batte per un’alternativa di classe all’Europa delle banche e delle multinazionali. Non ci nascondiamo le difficoltà di questa nostra battaglia né siamo soddisfatti della nostra unicità di difensori di un programma rivoluzionario per le classi subalterne.
Questa situazione è frutto del fallimento storico dello stalinismo e del riformismo così come della scelta fatta da tutte quelle forze, che un tempo potevano dirsi parte della sinistra di classe, di abbandonare anche a parole oltre che nei fatti ogni prospettiva realmente rivoluzionaria (a puro titolo di esempio si pensi all'Npa in Francia e Sinistra Critica, ora divisa in due gruppi, in Italia). La lista Tsipras è l’esempio più chiaro di questo fallimento: una coalizione che dovrebbe, negli auspici dei suoi promotori, rappresentare l’alternativa di sinistra all’Europa del capitale, che in realtà non propone altro che una messa a punto del programma del capitale: democratizzare l’Europa, renderla più vicina ai cittadini, senza però toccarne i capisaldi: la moneta unica, il debito pubblico e infine, ma più importante, l’inevitabilità dell’economia di mercato. Rifondazione Comunista e Sel sono in Italia i protagonisti di questo ennesimo inganno ai danni dei lavoratori. Solo una consolazione: il quasi certo fallimento elettorale di questo ennesima truffa riformista molto probabilmente sarà la pietra tombale sui residui sogni di gloria di Ferrero, Vendola e soci.
Le liste della Lit in Portogallo e Spagna: un’Europa socialista è possibile
Tuttavia la nostra non è una scelta di pura testimonianza.
Le imponenti mobilitazioni e scioperi generali che hanno percorso le strade delle varie capitali europee, e che in alcuni casi hanno assunto un carattere pre-rivoluzionario, dimostrano che la lotta di classe in Europa non è un retaggio del passato, e che la classe operaia non è stata definitivamente battuta.
Riteniamo che oggi più che mai sia indispensabile per i rivoluzionari non solo intervenire in tutte le mobilitazioni che via via si creano in ogni Paese, ma che essi devono farlo con la chiarezza del programma, non nascondendo le difficoltà della situazione in cui si trovano a lottare, ma nemmeno le enormi possibilità che questa stessa situazione offre.
Mentre la maggior parte delle organizzazioni della sinistra si limita a rivendicare un ritorno alla sovranità nazionale in materia economica, a una moratoria nel pagamento del debito pubblico, a un intervento dello Stato in economia, un sorta di keynesismo del XXI secolo (versione europea del socialismo del XXI di venezuelana memoria), noi diciamo chiaramente che la sola e possibile Europa dei popoli può nascere attraverso una rivoluzione che abbatta a livello continentale il dominio della grande borghesia.
Contro le politiche di austerità che impoveriscono i lavoratori italiani come quelli tedeschi (milioni di proletari di quel Paese vivono con salari di poche centinaia di euro, frutto dei mini job creati dalla Spd che nelle parole di qualcuno sarebbe la vera alternativa alle politiche della Merkel!), contro l’aumento del debito pubblico, frutto non delle concessioni fatte ai lavoratori, ma dei regali che i governi hanno fatto a banche e imprese per salvarle dalla crisi, noi rivendichiamo la fine della precarietà e la trasformazione dei contratti precari in contratti a tempo indeterminato. Rivendichiamo aumenti salariali per il recupero del potere d’acquisto perso negli anni a causa delle crisi.
Respingiamo il pagamento del debito pubblico che è lo strumento principe dello sfruttamento dei lavoratori europei di quelli del sud come quelli del nord del continente. Di fronte alle politiche di delocalizzazione delle imprese nei Paesi dell’Est, così come all’aumento dell’immigrazione non diciamo: prima i lavoratori italiani (o tedeschi, francesi ecc.) ma rivendichiamo l’occupazione sotto controllo operaio delle imprese sia dove chiudono le fabbriche, sia dove le aprono, sfruttando manodopera sottopagata e senza quelle minime garanzie sindacali che, sempre in maniera minore, i lavoratori dei Paesi occidentali hanno. Dobbiamo lottare per la totale apertura delle frontiere, per la distruzione dell’Europa di Schengen e per il pieno riconoscimento dei diritti civili a tutti gli immigrati senza nessuna restrizione.
Queste sono le parole d’ordine del nostro programma e su queste rivendicazioni si presenteranno alle elezioni i compagni del Mas del Portogallo e di Corriente Roja in Spagna. Sono le due sezioni della Lit in Europa che sono riuscite a superare gli sbarramenti che le legislazioni borghesi usano per impedire ai rivoluzionari di partecipare alle elezioni. Sono partiti che difendono un programma rivoluzionario perché consapevoli che le elezioni sono un momento, fra i tanti, in cui i comunisti possono propagandare le loro posizioni.
Sono liste in cui sono presenti giovani, donne, lavoratori che hanno avuto un ruolo di primo piano nelle mobilitazioni che si sono avute in quei Paesi: in Spagna il capolista è un compagno che ha diretto la lotta dei lavoratori dell’Ups, a dimostrazione che il settore della logistica è oggi all’avanguardia delle lotte, come i casi dell’Esselunga, Ikea e Coop in Italia hanno dimostrato.
Al momento queste rivendicazioni appaiono in grado di essere comprese solo da settori di avanguardie della classe operaia e dei giovani. Siamo tuttavia convinti che la crisi in cui sono precipitate le economie del Primo Mondo è lungi dall’essere risolta. Il rallentamento delle crescita nei Paesi in via di sviluppo, i segnali di guerra civile che si scorgono ai confini orientali della Ue provano che la borghesia non ha vie d'uscita: o ne ha solo colpendo ancora più ferocemente gli operai.
Gli avvenimenti si susseguono a una velocità impensabile fino a poco tempo fa. E così sarà anche dopo il 25 maggio, quando l’imbroglio di promesse mirabolanti si rivelerà per quello che è. Ai rivoluzionari il compito di far crescere le lotte, di unificarle su scala europea e mondiale e di dimostrare come l'unica prospettiva per i lavoratori è quella rivoluzionaria, la prospettiva di demolire l'Europa dei banchieri e degli industriali per sostituirla con 
gli Stati Socialisti d’Europa.

Nessun commento:

Posta un commento