L’indegno mercimonio in atto per decidere il prossimo
presidente della Provincia del nostro territorio, mostra tutte le nefaste
conseguenze dell’investitura di una
istituzione pubblica sottratta al voto popolare. Non che in precedenza, quando consiglieri e presidente della
Provincia venivano eletti dai cittadini, non esistessero accordi sottobanco, ma
adesso liberati,dal giudizio della sovranità popolare i nostri amministratori stanno dando sfogo
alle peggiori derive consociativo-lobbistiche.
Tutto questo non è altro che l’anticipazione
di quanto potrebbe avvenire in occasione dell’elezione del nuovo Senato, altra
istituzione la cui composizione è sottratta alla scelta dei cittadini. La
speranza è che essendo questa riforma, scritta da incompetenti, piena di
strafalcioni costituzionali, passata in prima lettura al Senato con una
maggioranza fittizia, estorta a suon di minacce e soprusi, essa non sopravviva all’iter
costituzionale dell’art.138 e in ultima analisi venga bocciata dai cittadini
attraverso il referendum conservativo.
In
realtà, fra la nuova determinazione delle giunte provinciali e le mire che si
dispiegano sul Senato è in atto nel Paese un vero e proprio tentativo di
esautorare ulteriormente i cittadini dalle decisioni, prese ormai sulle loro teste dai comitati elettorali
che compongono lo sciagurato quadro istituzionale.
L’ultimo baluardo democratico rischia di
restare il Comune, (personalmente preferirei usare la parola Municipio) . Un
presidio di prossimità democratica in cui il cittadino ha ancora un minimo di
possibilità per scegliere chi amministrerà la propria città, facendo che cosa.
Mi piacerebbe inoltre pensare che nelle potenzialità democratiche insite nella
gestione dei Comuni possa rinascere quel famoso sistema di democrazia
partecipata ormai sepolto e dimenticato dalla deriva autoritaria imposta alle
istituzioni dal potere economico e finanziario globalizzato. Mi piacerebbe
pensare che il Municipio - gestore per
conto dei cittadini proprietari e fruitori di opere e servizi pubblici, oggetto delle
fameliche mire speculative del capitale finanziario, transfuga ormai dal
mercato delle merci, già pienamente saccheggiato e lasciato esangue - possa
costituire l’ultima fortezza a difesa
dei beni comuni non commercializzabili.
E il pensiero non può non andare
alla gravissima situazione della sanità
in Provincia di Frosinone. La distruzione della sanità di un’intera Provincia
non può non interessare massicciamente sindaci e consigli comunali dei comuni
in essa compresa. Nell’incontro organizzato il 25 agosto scorso dal
coordinamento provinciale per la sanità, si è tentato di coinvolgere affianco
delle associazioni, proprio i sindaci. Membri fra l’altro, della conferenza sulla sanità. Un organo ufficiale il quale una parola autorevole a contrasto
del disastro , soprattutto se supportata dal coinvolgimento dei cittadini, può dirla.
A loro è stato illustrato il letale
piano aziendale con cui la Regione ha intenzione di dilaniare la sanità del
territorio dividendone i resti fra la gestione privata e il pagamento delle cambiali elettorali
romane. I 21 primi cittadini partecipanti, insieme con consiglieri e assessori
comunali, hanno mostrato di capire la gravità della situazione e alcuni di loro
hanno promesso un forte impegno nel portare avanti questa battaglia di dignità con i
proprio cittadini. Restano i sindaci assenti , la provincia di Frosinone conta 91 comuni, a loro
non interessa assicurare il diritto alla salute costituzionalmente sancito ai
propri cittadini?
In realtà ci sarebbe comunque poco da fidarsi. L'esperienza vissuta con la consulta dei sindaci in ATO 5, nell’ambito
della questione dell’acqua è stata drammatica. In un quadro in cui i primi cittadini coinvolti hanno
preferito perorare gli interessi del gestore privato, piuttosto che difendere i
propri amministrati, la casta dei sindaci non meriterebbe molto credito. Ma
sono loro ormai gli ultimi paladini dei diritti democratici di una comunità.
Un
sindaco può scegliere del tutto legittimamente se amministrare, in presenza, fra l’altro, di
continui tagli di fondi dallo Stato centrale,
risparmiando sui servizi, privatizzandoli, eliminandoli, svendendo la
propria città ai privati, tenendo i
conti in ordine, oppure fare politica. Questa seconda opzione è forse meno comoda
e più rischiosa. Prevede qualche strappo alle algide regole, perchè si tratta
spesso di mettersi contro le altre istituzioni per difendere i cittadini. E' necessario finanche assumere atteggiamenti di disobbedienza civile, magari
rifiutandosi di applicare il dettami del patto di stabilità. Ma in realtà è il
fine vero per il quale sono stati eletti, cioè assicurare il benessere della
comunità a tutti i costi.
Ora nella difficile situazione della sanità
provinciale ai sindaci del nostro
territorio si pone il dilemma: amministrare o fare politica? Fare i ragionieri,
o porsi a fianco dei cittadini privati del diritto alla salute? Non sappiamo
quale sarà la decisione. Una cosa è certa, noi cittadini non possiamo subire
delle decisioni così gravi sulla nostra pelle. Andremo avanti lo stesso. Se i
sindaci saranno al nostro fianco, i più
numerosi possibile, bene altrimenti ce ne faremo una ragione e ce ne ricorderemo
al momento di rivotarli.
Bella riflessione, grazie Luciano.
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