Tutte le nefandezze della legge Delrio sulla
riorganizzazione delle Provincie si sono manifestate nella miserrima vicenda delle
candidature, per le elezioni di presidente
e consiglio della nostra Provincia. Un triste campionario di lotte
fratricide, di sordidi opportunismi, ha invaso giornali, social-media. Vecchi e nuovi attori del
panorama politico-affaristico locale si
sono uniti in una indegna recita da fratelli coltelli senza pudore e senza vergogna. Sono sicuro che
gli stessi squallidi scenari si riprodurranno anche in altre realtà
provinciali. Frosinone non sarà né la prima né l’ultima.
Non oso pensare a cosa
potrebbe accadere, qual’ora dovesse andare in porto la disgraziata riforma del
Senato non elettivo! Un seggio senatoriale, lavacro di fedine penali, per
coloro i quali (consiglieri regionali e sindaci) dovessero approdarvi, con la
possibilità di incidere sull’elezione del Presidente della Repubblica, sarà
oggetto del desiderio di molti. Altro che trattativa fra una poltrona di
presidente e la guida di un ente intermedio!
Quello che è accaduto per la Provincia, in confronto a ciò che potrebbe
succedere nelle elezioni di II livello al
Senato, rischia di diventare una innocua disputa fra indisciplinate e innocenti
mammolette.
Ma torniamo alle faccende locali. Ora che le squadre sono formate i
candidati definiti, come si svolgerà la campagna elettorale? A parte la compagine
“Acqua, Rifiuti, Sanità, Lavoro", che già nel nome ha insito una sorta
di programma, le altre variegate e deideologizzate liste, raccolte
da Scalia a sostegno di Antonio Pompeo, e quella dello schieramento antagonista,
facente capo all’altra anima del Pd in appoggio ad Enrico Pittiglio, non hanno reso
noto alcun obbiettivo programmatico. Sulla carta, considerando gli schieramenti
politici di sindaci e amministratori
chiamati al voto, la vittoria del
primo cittadini di Ferentino Antonio Pompeo dovrebbe essere scontata.
Ma non è da escludere che la campagna elettorale possa giocarsi su
altri e ben più intricati terreni. Cioè
la capitalizzazione in consenso dell’immenso patrimonio, di beni e servizi
pubblici, nella disponibilità dell’ente provinciale.
Un affare prolifico che fa gola a molte organizzazioni imprenditoriali pronte a
mobilitare i propri sindaci di riferimento per strappare il vantaggioso appalto, o la ricca gestione di un determinato servizio. Non
sono cosette da nulla. Si va dalla viabilità provinciale all’edilizia
scolastica, all’erogazione dell’acqua. Toccherà al candidato presidente confezionare l’offerta migliore in grado di aggregare il consenso del maggior numero di consiglieri
comunali e sindaci a loro volta capaci di strappare gli appalti migliori per i loro
sponsor elettorali. Della serie “Se mi voti, mi fai votare e vinco, l’appalto
sulla manutenzione della viabilità provinciale sarà nella disponibilità dei
tuoi amici palazzinari che già sono padroni nella tua città e ti
ringrazieranno ulteriormente impegnandosi a farti diventare deputato”
La
conseguenza per noi "popolo monnezza", privati del diritto di voto, è scontata: aumento di tariffe e abbattimento
della qualità del servizio. Qualcuno potrà obbiettare certe trattative
esistevano anche prima, quando cioè per il consiglio provinciale votavano i
cittadini. E’ vero. Ma almeno con le vecchie regole anche il "popolo monnezza" poteva rimediare qualche osso spolpato da rosicchiare. Che so’ un buono di benzina, piuttosto che una bolletta
pagata, o anche i semplici 50 euro comparsi magicamente sotto il piatto della cena
elettorale. Oggi non più. C’è la crisi e anche le briciole servono per assicurarsi
consensi ben più influenti. Ma non sarà che tutta stà moina delle elezioni di
II livello (per la Provincia e per il Senato) è stata architettata non per restringere l’
agibilità democratica, ma per risparmiare su buoni di benzina, bollette, e cene
popolose elettorali ?
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