lunedì 12 gennaio 2015

Jobs Art

Luciano Granieri


“Voglia di lavorare, voci dal disagio della disoccupazione e della precarietà” E’ il titolo di un’iniziativa organizzata dal blog Unoetre. Una no stop di 10 ore (dalle 10 alle 20)  in cui si sono succedute testimonianze sulla disoccupazione e la precarietà  che flagella la nostra Provincia. Hanno  partecipato  donne e uomini  della Provincia di Frosinone che hanno dovuto misurarsi con la perdita  del  lavoro.

 All’incontro, svoltosi domenica 11 gennaio presso la saletta delle arti di Corso della Repubblica , hanno anche presenziato esponenti sindacali,  politici eletti nel nostro territorio e amministratori per lo più di provenienza Pd.  Fra  un dibattito e l’altro si sono alternati esibizioni artistiche, musicali, teatrali e pittoriche. 

Sull’evento  artistico  vogliamo  focalizzare in primis la nostra attenzione. Come è noto la Ciociaria è stato un territorio ad alta vocazione agricola. Attitudine naturale smembrata dall’avvento della grande industria che ha invaso  le campagne , grazie ai finanziamenti pubblici resi disponibili dalla Cassa del Mezzogiorno negli anni ’60. Una sorta di colonizzazione industriale che ha divorato pezzi importanti di territorio. Uno sciame  di grandi aziende ha riempito il cielo, la terra e le acque di putrido inquinamento, fornendo un benessere volatile e limitato nel tempo. Imprese che   sono  poi scappate  con le tasche sature  di  soldi pubblici elargiti a piene mani, anche in epoche successive agli anni del boom, dagli enti locali, e hanno lasciato vuoto e devastazione. 

Campagne annientate e disoccupazione dilagante questo è l’epilogo della stagione delle grandi industrializzazioni. Le opere  pittoriche che Livio Antonucci e Paolo D’Amata hanno creato proprio sotto i nostri occhi, hanno reso in modo esauriente, con la loro espressività artistica,  la storia del lavoro in Ciociaria. Nel quadro di Paolo D’Amata è rappresentata  l’attività  dei campi, un’opera dai colori sgargianti  con una contadina intenta a lavorare la terra.  L’Opera di Livio Antonucci ritraeva  uno scorcio del centro storico di Frosinone animato da un corteo di protesta di lavoratori. Il soggetto era  tratto da una fotografia scattata durante una  manifestazione svoltasi negli anni ’70. Sul palco della sala,  i discorsi, le variegate descrizioni dello stato dell’arte dell’occupazione nel nostro territorio, le promesse, e gli impegni presi,  non sono state così potenti come l’espressività di questi due artisti.


Ma veniamo a quanto è emerso dagli interventi succedutisi nel corso della mattinata. Per verità di cronaca è necessario sottolineare che queste note si riferiscono esclusivamente  a quanto accaduto  la mattina di domenica, in quanto non mi è stato possibile partecipare all’evento pomeridiano. Gli ex dipendenti presi nella morsa del licenziamento dalle crisi aziendali succedutesi  nella nostra Provincia, hanno fornito un quadro desolante, ma significativo, su cosa significhi rimanere senza lavoro. Ma nella difficoltà di una vita in cui è difficile intravedere un’ipotesi di futuro, queste persone hanno conservato un briciolo di fiducia nei riguardi di chi li rappresenta in Parlamento, nelle istituzioni locali, nei sindacati. 

E’ fiducia ben riposta? Personalmente avrei qualche dubbio. Mi riferisco a quanto affermato con estrema sincerità dalla Senatrice Spilabotte in relazione all’Accordo di Programma messo a punto dal Ministero della Attività produttive in collaborazione con la Regione Lazio  relativo al comprensorio industriale di Anagni-Frosinone e al polo turistico di Fiuggi. Come si è appreso dalla Senatrice, membro, fra l’altro, della Commissione lavoro a Palazzo Madama, questo programma, affidato nella fase operativa ad Invitalia spa, prevede un contributo di 40 milioni di euro, suddivisi in 30 milioni a carico del Ministero e 10 milioni a carico della Regione Lazio. Per accedere a tali finanziamenti però è richiesto un contributo minimo delle entità interessate  compreso fra i 7 e i 20 milioni di euro. Una precondizione che solo grandi aziende  possono soddisfare e che non si confà alle esigenze produttive del nostro territorio composto da piccole e medie imprese. Infatti al bando hanno risposto solo due aziende. 

Dunque, o questo accordo è stato pensato senza tener in minimo conto il  tessuto produttivo  a cui andava applicato, o è l’ennesimo regalo alla grande imprenditoria. Sia nell' uno, che nell’altro caso, la risposta politica al grave problema della disoccupazione è stata più che insufficiente addirittura deleteria. In verità la senatrice Spilabotte è impegnata anche sul fronte della possibile integrazione di 300 ex lavoratori VDC nel programma di accompagnamento alla pensione determinato dalla legge di salvaguardia per gli esodati approvata nell’ottobre scorso. Ma come precisato dalla stessa Senatrice la proposta è stata avanzata direttamente dai lavoratori.  In buona sostanza le uniche proposte che hanno una possibilità di successo non sono state promosse della politica ma dai lavoratori stessi.  Come sempre più spesso mi capita di constatare, a curare gli interessi dei lavoratori devono pensarci i lavoratori medesimi . 

 In realtà sullo sfondo di questa interessante kermesse aleggiava un convitato di pietra che, pur presente,  nessuno, almeno nella mattinata, ha avuto il coraggio di evocare. Ed è il macigno del jobs act. Avrei avuto il piacere di sottoporre alla senatrice, nonché membro della commissione lavoro al Senato, il seguente quesito: Quale sviluppo avrebbero avuto determinate vertenze locali importanti,  inerenti a licenziamenti collettivi,  se fosse stato in vigore il jobs act, che annulla gli effetti a tutela dei lavoratori in caso di  licenziamento  senza giusta causa anche ai contratti collettivi?  

Sollevati dall’obbligo del reintegro i datori di lavoro non si sarebbero minimamente degnati di intavolare trattative,  a partecipare a tavoli di contrattazione. Avrebbero scucito quei quattro soldi di indennizzo e risolto il problema senza curarsi del dramma in cui avrebbero gettato migliaia di famiglie.  Plaudiamo comunque all’iniziativa dei colleghi di Unoetre che ha avuto il merito di portare all’attenzione di media e collettività la drammatica situazione occupazionale nella nostra Provincia, ma forse alla pur necessaria visibilità mediatica avrebbe dovuto essere  associato un discorso più realistico scevro da derive auto celebrative da parte del politico o amministratore di turno.

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