giovedì 30 aprile 2015

La festa del lavoro mancante o schiavizzato


Luciano Granieri


Il lavoro non solo come mezzo per vivere, ma come diritto di cittadinanza. Lavoro come promozione della propria dignità determinata dalla partecipazione  all'evoluzione sociale ed economica della propria comunità.Questo si dovrebbe festeggiare il primo maggio. In realtà dal 1984 ad oggi attraverso una puntuale e devastante  azione legislativa  esercitata da tutti i governi succedutisi al potere, il lavoro si è trasformato da mezzo di promozione della dignità umana a strumento di schiavizzazione dell'uomo da parte della  perversione del capitalismo finanziario.



Di seguito la lista delle leggi della vergogna: 


Legge n.863 promulgata nel dicembre del 1984. Il primo di un serie di provvedimenti esito del protocollo Scotti sulla riduzione del costo del lavoro. Nel provvedimento furono allargati i criteri per l’introduzione del part - time, i contratti di solidarietà e di formazione lavoro.
Legge 56 del 1987: diede la possibilità di estendere i contratti a termine a tutti i settori.
Legge 146 del 12 giugno 1990   sulla limitazione diritto di sciopero: sancisce l’obbligatorietà del preavviso due settimane prima della dichiarazione di sciopero e il mantenimento dell’attività lavorativa per i lavori di pubblica necessità
 La  legge 236 del 19 settembre 1994: aggiunge la possibilità di assumere lavoratori con contratto di stage in apprendistato.
La legge 299 del 16 maggio 1996: estende l’uso della mobilità e dei contratti di formazione-lavoro e disciplinato, i contratti di solidarietà ( i lavoratori in parte si fanno carico a loro spese delle eventuali difficoltà economiche dell’azienda).
L’ennesima combutta  tra le parti sociali, (sotto un governo di centro-sinistra) produce  “l’accordo per il lavoro” del 24 settembre 1996. Grazie a questa concertazione si approva una legge che dà il via libera definitivo alla flessibilità totale della domanda di lavoro da parte delle imprese. E’ la legge 196 del 24 giugno 1997 denominata “pacchetto Treu” dal nome del ministro del lavoro allora in carica. Si introduce il lavoro interinale, si estende ulteriormente l’uso dei contratti a termine e a tempo parziale, si allunga la durata dei contratti di formazione lavoro nelle aeree depresse. Lo scopo di questa legge è di flessibilizzare  le modalità di entrata nel mercato del lavoro favorendo l’occupazione. Di fatto invece si determina un costante e crescente processo di sostituzione del lavoro a tempo indeterminato con il lavoro precario, cioè il vero obbiettivo della legge in seguito al quale si assiste al  boom della contrattazione atipica soprattutto nella fase d’ingresso.
Legge 469 del 23 dicembre 1997, si impone il decentramento e la privatizzazione del collocamento e il predominio della chiamata individuale su quella numerica.
Il 3 ottobre del 2001 irrompe il “Libro Bianco” sul mercato del lavoro redatto dal leghista Maroni allora ministro del lavoro  , patrocinato da Maurizio Sacconi e  dal giuslavorista Marco Biagi. Le misure vertono su tre punti principali:
Incrementare la flessibilità di assunzione tramite l’introduzione del lavoro a progetto. Sviluppare la flessibilità in uscita tramite la revisione dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori (legge 300 del 20 maggio 1970). Ridurre la contrattazione collettiva a vantaggio della contrattazione individuale.
Legge 30 del 14 febbraio del 2003 (detta impropriamente legge Biagi)  e i decreti attuativi:  recependo le indicazioni  del “Libro Bianco” sancisce la definitiva scomparsa del collocamento pubblico e quindi la sua privatizzazione,  la liberalizzazione della agenzie internali, la revisione della normativa sul trasferimento del ramo d’azienda e l’ammissibilità della somministrazione di mano d’opera  (legge 1369/1960 che vietava la “mera somministrazione di mano d’opera). Le conseguenze di questo ultimo provvedimento sono devastanti. La cessione del ramo d’azienda consente alle imprese  di medie

dimensioni, che operano nel terziario, di costituire nuove società più piccole con meno di 15 dipendenti in modo da rendere inapplicabile l’art.18 dello Statuto dei lavoratori, alle quali cedere fittizziamente parte della produzione, per poi chiuderle e procedere al licenziamento dei lavoratori trasferiti dall’azienda centrale. In relazione all’orario di lavoro   si favorisce il tempo part - time agevolando forme flessibili ed elastiche del tempo parziale. Viene istituito il lavoro a chiamata , cioè la disponibilità allo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo  intermittente.

le norme più recenti:


Legge 138 del 2011 art.11 nota anche come Decreto Sacconi: di fatto si sancisce la fine del contratto collettivo dei lavoratori. Nel senso che nella aziende possono realizzarsi specifiche intese in deroga al contratto su materie relative a:   modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, trasformazione e conversione dei contratti di lavoro modalità  del recesso dal rapporto di lavoro.
Legge 92/2012 la legge Fornero, per la  quale  l’azienda non ha più l’obbligo di indicare la causale di un eventuale stipula di un contratto a tempo determinato,  e  si introduce la modifica dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori per il quale le tutele per il licenziamento senza giusta causa non si applicano  ai licenziamenti dovuti a difficoltà economiche dell’azienda.
 Decreto Poletti, n.34 20 marzo 2014. Si modifica il contratto a tempo determinato senza causale. L’impianto è simile alla legge Fornero ma la durata del rapporto di lavoro passa da uno a tre anni con la possibilità per le aziende di reiterarlo per otto volte. Ciò significa che è possibile rinegoziare il contratto con il lavoratore  dopo solo 5 mesi e non dopo un anno, aumentando, così il potere di ricatto del datore di lavoro. Per i contratti in apprendistato viene eliminato l’obbligo per le aziende di assumere almeno il 20% dagli stagisti.
Decreto n.23 del 4 marzo 2015, meglio noto come Jobs Act. contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Si concedono agevolazioni fiscali per tre anni alle aziende che assumono con il nuovo contratto . Tale rapporto di lavoro prevede, per i primi tre anni  l’abolizione totale dell’articolo 18. Cade l’obbligo di reintegra in caso di licenziamento ingiustificato per tutte le cause salvo che per motivi discriminatori. La nuova norma si applica anche ai licenziamenti collettivi. La reintegra viene sostituita da una sanzione pecuniaria da parte del datore di lavoro che dovrà indennizzare il lavoratore ingiustamente licenziato per un importo pari a due mensilità per anno lavorato. Tutto ciò comporta la totale esclusione dell’intervento dei giudici per valutare se il licenziamento sia giustificato o meno. E’ prevista libertà di demansionamento ai danni del lavoratore, aumenta in questo modo la ricattabilità del lavoratore che per non subire il licenziamento accetterà riduzioni salariale ed aumento di orario.


BUON PRIMO MAGGIO A TUTTI

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