Il lavoro non solo come mezzo per vivere, ma come diritto di cittadinanza. Lavoro come promozione della propria dignità determinata dalla partecipazione all'evoluzione sociale ed economica della propria comunità.Questo si dovrebbe festeggiare il primo maggio. In realtà dal 1984 ad oggi attraverso una puntuale e devastante azione legislativa esercitata da tutti i governi succedutisi al potere, il lavoro si è trasformato da mezzo di promozione della dignità umana a strumento di schiavizzazione dell'uomo da parte della perversione del capitalismo finanziario.
Di seguito la lista delle leggi della vergogna:
Legge
n.863 promulgata nel dicembre del 1984. Il primo di un serie di provvedimenti
esito del protocollo Scotti sulla riduzione del costo del lavoro. Nel
provvedimento furono allargati i criteri per l’introduzione del part - time, i
contratti di solidarietà e di formazione lavoro.
Legge
56 del 1987: diede la possibilità di estendere i contratti a termine a tutti i
settori.
Legge
146 del 12 giugno 1990 sulla
limitazione diritto di sciopero: sancisce l’obbligatorietà del preavviso due
settimane prima della dichiarazione di sciopero e il mantenimento dell’attività
lavorativa per i lavori di pubblica necessità
La legge 236 del 19 settembre 1994: aggiunge la
possibilità di assumere lavoratori con contratto di stage in apprendistato.
La
legge 299 del 16 maggio 1996: estende l’uso della mobilità e dei contratti di
formazione-lavoro e disciplinato, i contratti di solidarietà ( i lavoratori in
parte si fanno carico a loro spese delle eventuali difficoltà economiche
dell’azienda).
L’ennesima
combutta tra le parti sociali, (sotto un
governo di centro-sinistra) produce
“l’accordo per il lavoro” del 24 settembre 1996. Grazie a questa
concertazione si approva una legge che dà il via libera definitivo alla
flessibilità totale della domanda di lavoro da parte delle imprese. E’ la legge
196 del 24 giugno 1997 denominata “pacchetto Treu” dal nome del ministro del
lavoro allora in carica. Si introduce il lavoro interinale, si estende
ulteriormente l’uso dei contratti a termine e a tempo parziale, si allunga la
durata dei contratti di formazione lavoro nelle aeree depresse. Lo scopo di
questa legge è di flessibilizzare le
modalità di entrata nel mercato del lavoro favorendo l’occupazione. Di fatto
invece si determina un costante e crescente processo di sostituzione del lavoro
a tempo indeterminato con il lavoro precario, cioè il vero obbiettivo della
legge in seguito al quale si assiste al
boom della contrattazione atipica soprattutto nella fase d’ingresso.
Legge
469 del 23 dicembre 1997, si impone il decentramento e la privatizzazione del
collocamento e il predominio della chiamata individuale su quella numerica.
Il
3 ottobre del 2001 irrompe il “Libro Bianco” sul mercato del lavoro redatto dal
leghista Maroni allora ministro del lavoro
, patrocinato da Maurizio Sacconi e
dal giuslavorista Marco Biagi. Le misure vertono su tre punti
principali:
Incrementare
la flessibilità di assunzione tramite l’introduzione del lavoro a progetto.
Sviluppare la flessibilità in uscita tramite la revisione dell’art.18 dello
Statuto dei lavoratori (legge 300 del 20 maggio 1970). Ridurre la
contrattazione collettiva a vantaggio della contrattazione individuale.
Legge
30 del 14 febbraio del 2003 (detta impropriamente legge Biagi) e i decreti attuativi: recependo le indicazioni del “Libro Bianco” sancisce la definitiva
scomparsa del collocamento pubblico e quindi la sua privatizzazione, la liberalizzazione della agenzie internali,
la revisione della normativa sul trasferimento del ramo d’azienda e
l’ammissibilità della somministrazione di mano d’opera (legge 1369/1960 che vietava la “mera
somministrazione di mano d’opera). Le conseguenze di questo ultimo
provvedimento sono devastanti. La cessione del ramo d’azienda consente alle
imprese di medie
dimensioni,
che operano nel terziario, di costituire nuove società più piccole con meno di
15 dipendenti in modo da rendere inapplicabile l’art.18 dello Statuto dei
lavoratori, alle quali cedere fittizziamente parte della produzione, per poi
chiuderle e procedere al licenziamento dei lavoratori trasferiti dall’azienda
centrale. In relazione all’orario di lavoro
si favorisce il tempo part - time agevolando forme flessibili ed
elastiche del tempo parziale. Viene istituito il lavoro a chiamata , cioè la
disponibilità allo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo intermittente.
le norme più recenti:
Legge
138 del 2011 art.11 nota anche come Decreto Sacconi: di fatto si sancisce la
fine del contratto collettivo dei lavoratori. Nel senso che nella aziende
possono realizzarsi specifiche intese in deroga al contratto su materie
relative a: modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro,
comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite
IVA, trasformazione e conversione dei contratti di lavoro modalità del recesso dal rapporto di lavoro.
Legge 92/2012 la legge Fornero, per la quale
l’azienda non ha più l’obbligo di indicare la causale di un eventuale
stipula di un contratto a tempo determinato,
e si introduce la modifica
dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori per il quale le tutele per il licenziamento
senza giusta causa non si applicano ai
licenziamenti dovuti a difficoltà economiche dell’azienda.
Decreto Poletti, n.34 20 marzo 2014. Si
modifica il contratto a tempo determinato senza causale. L’impianto è simile
alla legge Fornero ma la durata del rapporto di lavoro passa da uno a tre anni
con la possibilità per le aziende di reiterarlo per otto volte. Ciò significa
che è possibile rinegoziare il contratto con il lavoratore dopo solo 5 mesi e non dopo un anno,
aumentando, così il potere di ricatto del datore di lavoro. Per i contratti in
apprendistato viene eliminato l’obbligo per le aziende di assumere almeno il
20% dagli stagisti.
Decreto
n.23 del 4 marzo 2015, meglio noto come Jobs Act. contratto a tempo
indeterminato a tutele crescenti. Si concedono agevolazioni fiscali per tre
anni alle aziende che assumono con il nuovo contratto . Tale rapporto di lavoro
prevede, per i primi tre anni l’abolizione
totale dell’articolo 18. Cade l’obbligo di reintegra in caso di licenziamento
ingiustificato per tutte le cause salvo che per motivi discriminatori. La nuova
norma si applica anche ai licenziamenti collettivi. La reintegra viene sostituita
da una sanzione pecuniaria da parte del datore di lavoro che dovrà indennizzare
il lavoratore ingiustamente licenziato per un importo pari a due mensilità per
anno lavorato. Tutto ciò comporta la totale esclusione dell’intervento dei
giudici per valutare se il licenziamento sia giustificato o meno. E’ prevista
libertà di demansionamento ai danni del lavoratore, aumenta in questo modo la
ricattabilità del lavoratore che per non subire il licenziamento accetterà
riduzioni salariale ed aumento di orario.
BUON PRIMO MAGGIO A TUTTI
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