mercoledì 3 giugno 2015

Comitato di liberazione contro la menzogna

Luciano Granieri

Ottime notizie sul fronte dell’occupazione. L’Istat (non il governativo ministero del lavoro) registra ad aprile  un aumento del numero degli occupati di 159mila unità rispetto al  mese di marzo. Il tasso di disoccupazione scende dello 0,2 %,  l’occupazione aumenta dell’ 1,2%. Ribadiamo sono dati Istat, non le stime propagandistiche dei cortigiani renziani , dunque degne del massimo credito. 

Personalmente non posso che salutare con favore questi dati. La notizia della creazione di un solo posto di lavoro in più va presa con entusiasmo. “Merito del jobs act” twittano le truppe cammellate di regime, Capo in testa. Anche l’Ocse “l’organizzazione per la cooperazione economia e lo sviluppo” avanza l’ipotesi che la riforma del lavoro di Renzi possa aver avuto un ruolo determinante sulla crescita dell’occupazione. E’ immaginabile  che il risparmio fiscale di 8mila euro per ogni assunto  concesso alle aziende, secondo il contratto a tutele crescenti,  possa  essere stato   un fattore determinante per l’aumento dell’occupazione, o quantomeno per la trasformazione di contratti precari, in rapporti di lavoro  ancora "precari", ma con una denominazione diversa (tutele crescenti). 

A mio avviso la differenza fra un lavoro precario e un’occupazione a tempo indeterminato riguarda le tutele sul  licenziamento, sul salario, sull’orario di lavoro che caratterizza la seconda forma . Ebbene l’abolizione dell’art.18 , la normativa sul demansionamento , introdotte nel jobs act, non rendono diverso il contratto a tutele crescenti da un normale rapporto a termine che pone sotto ricatto il lavoratore. Dunque la prima menzogna che va smascherata è che il contratto a tutele crescenti  NON E’ un contratto a tempo indeterminato. Per cui  l’essenza del jobs act si riduce alla semplice regalia di 8mila euro per precario alle aziende che decidono di imbarcare altra schiavitù o di trasformare i lavoratori già nell'organico  in nuovi schiavi. 

Però se l’occupazione aumenta, pur in presenza della spoliazione del Re, in questi tempi di magra, c’è poco da fare gli schizzinosi. Non per fare il gufo, ma vorrei ricordare che all’indomani dell’approvazione del jobs act, gli stessi padroni, Marchionne in testa, ebbero a precisare che, pur apprezzando l’omaggio fiscale governativo, non avrebbero aumentato il proprio organico nemmeno di mezzo schiavo, se non ci fosse stato il minimo cenno di ripresa. Ripresa che, grazie alla marea di liquidità immessa nel sistema da Draghi, al crollo del prezzo del petrolio, e alla svalutazione dell’euro, si sta flebilmente concretizzando. Da qui la minima inversione di tendenza in positivo sull’occupazione. 

Il jobs act dunque non c’entra nulla. E’ l’ennesima prebenda che un governo al soldo del capitale elargisce ai suoi mandanti.  Ma chi paga?  Questa è la novità vera. Per la prima volta dopo il ’95 uno sgravio inerente le politiche del lavoro, in questo caso a tutto vantaggio delle aziende, non è a carico dell’Inps ma della fiscalità generale. E la fiscalità generale per il 75% è finanziata da pensionati e lavoratori  dipendenti. Al netto dunque delle stronzate governative sulla rilevanza del jobs act  in relazione alle recenti dinamiche di debole aumento occupazionale, la politica renziana sul lavoro è l’ennesimo  atto di una strategia, in corso  da trent’anni, finalizzata  al trasferimento di risorse economiche dai salari ai profitti. Molti governi di centro destra e seducenti riformisti, dal 1984, con la legge Scotti sulla riduzione del costo del lavoro, si sono cimentati in questo percorso e oggi siamo alle battute finali.  

Ma tornando all’incipit di questo intervento, cosa importa tutto ciò di fronte all’aumento dell’occupazione? Importa. Infatti la favorevole congiuntura economica determinata dalla diminuzione del prezzo del petrolio e dall’euro debole, forse  avrebbe ugualmente prodotto un aumento dell’occupazione senza ulteriori regalie dei contribuenti a soggetti che fanno profitti anche attraverso l’evasione fiscale. 

E poi, scusate la crudezza, ma la protervia, l’ignoranza, la cialtroneria di Renzi e dei suoi cortigiani, merita la puntuale sconfessione delle menzogne che, grazie ad uffici stampa da regime, vengono diffusi sui media mainstream asserviti. E’falso   che il jobs act incrementa l’occupazione, non è vero che il decreto Buona Scuola migliora l’istruzione pubblica, è falso che la legge elettorale e la riforma del Senato, aumentano  la qualità istituzionale del paese.

 Questi signori vanno smascherati, vanno sbugiardati sistematicamente. Urge un comitato di liberazione nazionale contro la menzogna. L’odierna  bugia al potere sta facendo più danni di quanto abbia  fatto il precedente  ventennio arcoriano, perché è scagliata con inaudita crudeltà, più delle cortigianerie del bunga bunga, contro la gente comune. Ieri la volgare  la gnocca e i patetici  guitti, oggi  le finte,  perfide, supine  sophisticated ladies e i servi strateghi pronti a morire per il capo senza neanche far ridere. Lotta dura contro il Pd di Renzi dunque ne va della nostra sopravvivenza.

Nessun commento:

Posta un commento