venerdì 31 luglio 2015

ALI, BRUCIATO VIVO

Samantha Comizzoli

E’ 31 luglio, venerdì. I nostri notiziari servi dei sionisti passano la notizia che in Palestina, a Nablus, coloni israeliani “estremisti” hanno ucciso un bambino palestinese. Pochi minuti dopo, quando vedo la reale notizia tramite facebook, l’orrore (che già era grande) diventa di misura non immaginabile alla mente umana.
I coloni israeliani, dell’insediamento illegale di Yahya, hanno attaccato due case palestinesi nel villaggio di Duma con le molotov e altro materiale per la combustione. All’interno delle due case ci sono le due rispettive famiglie, entrambi della famiglia Dawabesh.
Conosco quella famiglia perchè conosco Wael Dawabesh, lo psicologo che segue i palestinesi (soprattutto i bambini) vittime di traumi. 




La prima casa attaccata brucia, brucia il padre del bambino, Saad Dawabesh, brucia la madre, Reham e il fratellino di 4 anni Ahmed. Riportano tutti ustioni di terzo grado. Brucia il piccolo Ali Saad Dawabesh, un anno e mezzo. Brucia vivo........
Sulla casa due scritte con le quali i coloni israeliani si sono firmati “Yahya vendetta” e “rappresaglia”.


Questa mattina ero piena di messaggi e quasi tutti dicevano quello che ho pensato anch’io... “dejavù al piccolo Mohammed bruciato vivo dai coloni un anno fa”.
Così come per il piccolo Mohammed la stampa divulga la notizia usando il termine di “coloni estremisti”. Mi spiace, io devo scrivere la verità: sono coloni israeliani, che vivono, pregano, dormono e cagano con il fucile in mano e non è reato se sparano ai palestinesi.

Buio dentro di me in questo momento, che sono qui e non posso nemmeno abbracciare le vittime.


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